Cucurbita

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Zucche
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Superrosidi
(clade) Rosidi
(clade) Eurosidi
(clade) Eurosidi I
Ordine Cucurbitales
Famiglia Cucurbitaceae
Genere Cucurbita
L.
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Ordine Violales
Famiglia Cucurbitaceae
Genere Cucurbita
Specie

vedi testo

Cucurbita L.è un genere di piante erbacee appartenente alla famiglia delle Cucurbitaceae.[1]

Comprende un gruppo di specie coltivate per i loro frutti, i loro fiori e i loro semi commestibili: tra queste molto popolari in Italia sono le zucchine.
Originarie del Centro-Sud America, sono conosciute nei loro paesi di origine con i nomi di ayotes (dal Náhuatl ayotli), zapallos, calabazas, calabacines, auyamas (Repubblica Dominicana, Colombia e Venezuela).

La diversità delle varietà coltivate e la facilità con cui le specie di Cucurbita si ibridano portano a molta confusione nella loro nomenclatura.

Storia e domesticazione[modifica | modifica wikitesto]

Le specie ancestrali del genere Cucurbita erano presenti nelle Americhe prima dell'arrivo dell'uomo e sono specie originarie del Nuovo Mondo. Il probabile centro di origine è il sud del Messico, da qui si ebbe una diffusione a sud attraverso quella che oggi è conosciuta come Mesoamerica, da lì in Sud America e verso nord in quello che oggi è il sud-ovest degli Stati Uniti[2].

Dal punto di vista evolutivo, il genere Cucurbita è di origine relativamente recente, risale infatti solo all'Olocene, mentre la famiglia delle Cucurbitaceae risale al Paleocene: sono stati ritrovati dei semi di una specie simile alla attuale Bryonia.

Esistono sufficienti testimonianze archeologiche per affermare che le Cucurbitaceae cominciarono a essere coltivate, per la prima volta in maniera sistematica, negli stati di Puebla, Oaxaca, e Messico.

La coltivazione si praticò in epoche preispaniche praticamente in tutta l'America centrale, in una trilogia detta milpera, costituita dalla cucurbita in combinazione con il mais e i fagioli. Tale coltivazione si conosceva anche in altre culture americane, come nel caso del Perù, dove si è trovata ceramica Mochica con rappresentazione della pianta. Più tardi, a partire dal secolo XVI, si diffuse in Europa, Asia e Africa.[senza fonte]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Le specie del genere Cucurbita sono piante erbacee annuali. In generale striscianti o rampicanti, raggiungono nella varietà silvestre vari metri di lunghezza col tallo, lanciando inoltre viticci con i quali si aggrappano alla vegetazione adiacente.

Le foglie sono in genere palmate.

I frutti, che sono il prodotto per cui di norma si coltivano, presentano una grande varietà di dimensioni a seconda della specie, arrivando a vari chilogrammi di peso, con notevoli variazioni anche nella forma: ve ne sono, infatti, di larghi, cilindrici, sferici, con colori che vanno dal giallo pallido al verde intenso. La parte esterna del frutto si indurisce e ingrossa con l'avanzare della maturazione.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

I nativi americani coltivavano varie specie di Cucurbita. Faceva parte delle tre coltivazioni sorelle, assieme con il mais e i fagioli, che costituivano la base dell'alimentazione delle culture mesoamericane.

Nel secolo XVI la sua coltivazione fu introdotta in Europa, però tardò a diffondersi; la facilità e lo scarso impegno nella sua coltivazione portarono a utilizzarla molto come alimento per animali.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Il genere Cucurbita è stato formalmente descritto correttamente secondo i requisiti della moderna nomenclatura botanica da Linneo in Genera Plantarum nel 1754[3]. Cucurbita pepo è la specie tipo del genere. Linneo inizialmente incluse le specie C. pepo, C. verrucosa e C. melopepo (oggi tutte sinonimi di C. pepo), nonché C. citrullus (anguria, ora Citrullus lanatus) e C. lagenaria (ora Lagenaria siceraria) che oggi non appartengono al genere Cucurbita ma appartengono alla famiglia delle Cucurbitaceae.

Sono stati proposti vari arrangiamenti tassonomici per le specie del genere Cucurbita, che comprendono da 13 a 30 specie[4]. Nel 1990, l'esperto del genere Michael Nee le classificò in 13 gruppi di specie (27 specie in totale)[5].

Secondo Plants of the World Online il genere Cucurbita comprende le seguenti specie:[1]

La filogenesi completa di questo genere non è ancora completamente chiarita, ricerche sono in corso dal 2014[6][7].

Il seguente cladogramma della filogenesi delle specie di Cucurbita si basa su uno studio del 2002 sul DNA mitocondriale di Sanjur e colleghi[8]:


Sechium edule

C. ficifolia

C. foetidissima

C. maxima e C. andreana

C. ecuadorensis

C. martinezii

C. pepo subspp. fraterna e ovifera

C. pepo subsp. pepo

C. sororia, in parte

C. moschata

C. sororia, in parte e C. argyrosperma

Coltivazione[modifica | modifica wikitesto]

Molto adattabili e di poche cure, richiedono in generale suoli leggeri e poco umidi, e molto sole. Non gradiscono temperature al di sotto dello zero, sopportano invece bene la scarsità d'acqua. Si coltivavano anche come piante secondaria nella coltivazioni di mais.
Varie specie di lepidotteri attaccano i frutti, soprattutto in autunno; tra i più aggressivi vi sono Agrotis segetum e Mamestra brassicae.

Usi[modifica | modifica wikitesto]

Da epoca remota, nella tradizione culinaria del Messico si preparano assieme con chili dolce e altre verdure. Tanto il suo frutto come il suo fiore sono diffusi nella cucina di Italia, Stati Uniti, Panama e del Cile. Le varietà estive, normalmente di C. pepo, ma anche di C. moschata, si usano anche immature, e si consumano immediatamente. Sono conosciute come calabacines (España), zucchine (Italia), o zapallitos (Argentina) e si usano in una gran varietà di preparazioni.

La fragilità della loro polpa comporta che le si sottopongano a cotture non prolungate o le si utilizzino crude, se si raccolgono in epoca molto iniziale. Altre specie, Cucurbita maxima e la Cucurbita moschata sono dette zucche invernali, perché si raccolgono e si consumano, verso la fine dell'autunno o inizio dell'inverno. La loro buccia dura e coriacea ne permette la conservazione di vari mesi fin durante l'inverno, se stipate in luogo fresco e asciutto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Cucurbita L., su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 25 gennaio 2021.
  2. ^ (EN) B. D. Smith, Eastern North America as an independent center of plant domestication, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 103, n. 33, 15 agosto 2006, pp. 12223–12228, DOI:10.1073/pnas.0604335103. URL consultato il 18 aprile 2020.
  3. ^ Carl von Linné e Lars Salvius, Genera plantarum : eorumque characteres naturales secundum numerum, figuram, situm, et proportionem omnium fructificationis partium., Ed. 5th, Impensis Laurentii Salvii ,, 1754. URL consultato il 19 aprile 2020.
  4. ^ Burrows, George E. (George Edward), 1935-, Toxic plants of North America, Second edition, ISBN 978-1-118-41339-5, OCLC 815970198. URL consultato il 19 aprile 2020.
  5. ^ (EN) Michael Nee, The domestication ofcucurbita (Cucurbitaceae), in Economic Botany, vol. 44, S3, 1990-07, pp. 56–68, DOI:10.1007/BF02860475. URL consultato il 19 aprile 2020.
  6. ^ (EN) L. Gong, M. Pachner e K. Kalai, SSR-based genetic linkage map of Cucurbita moschata and its synteny with Cucurbita pepo, in Genome, vol. 51, n. 11, 2008-11, pp. 878–887, DOI:10.1139/G08-072. URL consultato il 19 aprile 2020.
  7. ^ (EN) L. Gong, G. Stift e R. Kofler, Microsatellites for the genus Cucurbita and an SSR-based genetic linkage map of Cucurbita pepo L., in Theoretical and Applied Genetics, vol. 117, n. 1, 2008-06, pp. 37–48, DOI:10.1007/s00122-008-0750-2. URL consultato il 19 aprile 2020.
  8. ^ (EN) O. I. Sanjur, D. R. Piperno e T. C. Andres, Phylogenetic relationships among domesticated and wild species of Cucurbita (Cucurbitaceae) inferred from a mitochondrial gene: Implications for crop plant evolution and areas of origin, in Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 99, n. 1, 8 gennaio 2002, pp. 535–540, DOI:10.1073/pnas.012577299. URL consultato il 19 aprile 2020.

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