Yeti - Il gigante del 20º secolo

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Yeti - Il gigante del 20º secolo
Titolo originaleYeti - Il gigante del 20º secolo
Paese di produzioneItalia
Anno1977
Durata103 min
Generefantastico, fantascienza
RegiaGianfranco Parolini (come Frank Kramer)
SoggettoGianfranco Parolini
SceneggiaturaMario Di Nardo
ProduttoreWolfranco Coccia, Mario di Nardo, Gianfranco Parolini, Nicolò Pomilia
Casa di produzioneStefano Film
FotografiaSandro Marcori
MontaggioManlio Camastro
Effetti specialiErmando Biamonte (come Ermanno Biamonte; effetti ottici)
MusicheSante Maria Romitelli
ScenografiaClaudio De Santis
CostumiClaudio De Santis
Interpreti e personaggi

Yeti - Il gigante del 20º secolo (scritto anche Yeti il gigante del XX secolo, ma solo in alcune opere di consultazione) è un film fantastico del 1977 diretto da Gianfranco Parolini con lo pseudonimo di Frank Kramer con colonna sonora di Sante Maria Romitelli.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Un maremoto che ha sconvolto l'Artico riporta alla luce, ibernato in un blocco di ghiaccio, un esemplare di Yeti, l'abominevole uomo delle nevi. L'industriale canadese Morgan Hunnicut, che vorrebbe servirsene per far pubblicità alle sue imprese, affida all'amico paleontologo Harry Wassermann il compito di rianimare il gigante. Tornato a vivere, lo Yeti dimostra di non gradire le folle che gli si assiepano intorno, mentre si affeziona a Wassermann e soprattutto ai due giovani nipoti di Morgan, Jane e Herbie, rimasti orfani. Herbie, in particolare, a causa del trauma, non parla più, trovando conforto nella compagnia di un collie di nome Indio.

Hunnicut sfrutta lo Yeti per fare pubblicità alle sue numerose imprese finché i concorrenti, con la complicità di Cliff, dipendente di Hunnicut che vorrebbe approfittare di Jane, decidono di eliminare sia il gigante sia Wasserman che in qualche modo lo custodisce. Lo Yeti decide allora di vendicarsi schiacciando i suoi avversari. La bella Jane, nel finale, riuscirà ad impedire che la polizia di Toronto lo uccida convincendo tutti che lo Yeti non è pericoloso.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

A Natale 1976 il remake di King Kong, diretto da John Guillermin e prodotto dall'italiano Dino De Laurentiis, aveva riscosso, soprattutto in Italia, grande successo[1]. Parolini, espertissimo confezionatore di imitazioni a basso budget dei film di genere più diversi, volle cimentarsi in un rip-off del mito ispirandosi al film di De Laurentiis e mettendo in cantiere un progetto intitolato all'inizio Yeti Big Foot, la cui uscita fu anticipata da una serie di articoli su giornali diversi[2]. Poiché in Italia il successo del King Kong del '76 era dovuto soprattutto alla fama ottenuta dagli effetti speciali curati da Carlo Rambaldi che, come si credeva all'epoca, era riuscito a realizzare un gigantesco animatronico in grado di sostenere l'intero ruolo dello scimmione Kong, anche Parolini volle avere il proprio protagonista meccanico, magnificando in ogni occasione un gigante artificiale di quasi nove metri di altezza che sarebbe stato impiegato nel film: oltre a vari servizi su riviste non specialistiche[3] persino il programma televisivo L'altra domenica trasmise un breve special[4] mostrando il goffo pupazzo presentato come una meraviglia tecnologica benché, in realtà, fosse stato fabbricato da pupari del carnevale di Viareggio[5] con le medesime tecniche (tiranti e qualche semplice snodo per far muovere un po' gli arti).

Parolini, infatti, - come del resto aveva fatto Guillermin nel film su King Kong, in cui il gigantesco gorilla meccanico, alla fine, non compare sullo schermo che per pochi secondi - avrebbe utilizzato un attore opportunamente mascherato. Scelse per il ruolo dello Yeti Mimmo Crao (non Mimmo Craig, come erroneamente si legge in molti siti web), un giovane calabrese con espressivi occhi azzurri che aveva da poco sostenuto il piccolo ruolo dell'apostolo Taddeo nel Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, andato in onda nel 1976. Nel frattempo la casa di produzione che finanziava la pellicola, la Stefano Film di Nicolò Pomilia e Wolfranco Coccia, fu invischiata in una polemica: lo sceneggiatore Giorgio Moser sostenne infatti di aver parlato mesi addietro con Parolini di un soggetto sullo Yeti, che avrebbe dovuto sviluppare per De Laurentiis, e che Parolini gli aveva rubato l'idea[6]: la vicenda finì in tribunale[7] anche se poi De Laurentiis rinunciò a realizzare la propria versione.

Buona parte del film di Parolini fu girato a Cinecittà e nei dintorni di Roma, ma alcune sequenze furono realizzate in Canada, perché, come era frequente all'epoca e per Parolini in particolare, non si voleva tradire l'origine italiana della produzione, che sarebbe stata presentata come internazionale. Un numero assai elevato di scene utilizzava la tecnica del blue screen, supervisionata da Ermanno Biamonte[3], che però ottenne risultati assai scadenti, tanto che in molte inquadrature il gigantesco umanoide risulta trasparente. Il film, intitolato definitivamente Yeti il gigante del 20º secolo, fu pronto per il Natale 1977, arricchito da una roboante e assai invasiva colonna sonora di Sante Maria Romitelli il cui main theme ricorda assai da vicino il brano O fortuna dai Carmina Burana di Carl Orff. La pellicola conobbe lancio e distribuzione internazionale, ma il successo vero non venne mai.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Traballante nella sceneggiatura e povero nei mezzi, il film venne immesso sul mercato per poter sfruttare una fetta del successo di King Kong. Alla pellicola di John Guillermin, Yeti il gigante del XX secolo è debitore negli sviluppi della vicenda e nell'impostazione di alcune sequenze cruciali (il rapporto tra la bella e la bestia, lo sfolgorio dei flash che disorientano il mostro). A sottolineare i buoni sentimenti cui si ispira l'assunto, non mancano un ragazzino ed il cane "Indio" simboli di una innocenza non ancora soffocata in un mondo governato dalle ragioni del capitalismo più cinico e sfrenato.»

«Il film è stato girato a bassi costi (i trucchi, puerili, sono ottenuti con evidenti sovrapposizioni di immagini), tanto che al confronto i fratelli Taviani sembrano Cecil B. DeMille. Ma non è solo qui il punto: […] manca proprio la storia, la sceneggiatura; è assente il mistero, la suspense, a tutto vantaggio invece del ridicolo, che spadroneggia».»

Premi[modifica | modifica wikitesto]

Il film, che ricevette una candidatura al Giffoni Film Festival, fu girato a Cinecittà, presso il lago di Campotosto in provincia dell'Aquila e a Toronto in Canada.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Secondo i dati pubblicati dal Corriere d'Informazione del 7 luglio 1977, p. 3, il film di Guillermin fu il campione d'incassi del 1976 con 2.423.470.000 lire.
  2. ^ Yeti, mostro del cinema sulle orme di king Kong, Corriere della sera del 3 maggio 1977; Yeti, un altro mostro in arrivo sullo schermo, La stampa del 30 aprile 1977
  3. ^ a b Giovanna Grassi, Non bastava King Kong: adesso arriva lo Yeti, in La Domenica del Corriere, n. 31, agosto 1977, pp. 22-27.
  4. ^ Il filmato è visibile su YouTube: "Io e lo Yeti" da L'altra domenica (1977)[1]
  5. ^ Alberto Bevilacqua, Il Carnevale di Viareggio, Mondadori, 1989, p. 165-166.
  6. ^ F. Piccolo, Guerra di cineprese per il misterioso Yeti, in Famiglia Cristiana, n. 27 luglio 1977.
  7. ^ Notizia ne Il Corriere della sera del 21 ottobre 1977, p. 17: due diverse case cinematografiche, la Famous Film di Moser e Filmtelestudio avevano chiesto che Kramer non potesse usare il vocabolo "Yeti" nel titolo del suo film, ma un pretore della prima sezione civile di Roma diede torto ai ricorrenti. Diffidò però Parolini dall'usare il titolo Yeti Big Foot originariamente selezionato.
  8. ^ Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis (a cura di), Yeti il gigante del XX secolo, in Fantafilm. URL consultato il 3 gennaio 2013.
  9. ^ M.Po., Il figlio della colpa, Corriere della sera del 24 dicembre 1977, p. 11.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]