Yeshe De

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Yeshe De (ཡེ་ཤེས་སྡེ, Wylie: ye shes sde; anche Ye śes sde), noto anche come སྣ་ནམ་ཡེ་ཤེས་སྡེ་ sNa-nam ye-shes sde (pr.: Nanam Yeshe De) e come ཞང་གི་བྷན་དྷེ་ཡེ་ཤེས་སྡེ་ Zhang gi bhan dhe Ye-shes sDe (Zhang Yeshe De) (... – ...; fl. VIII-IX secolo) è stato un monaco buddhista tibetano che visse tra la fine dell'VIII secolo e l'inizio del IX secolo.

Fu monaco buddhista tibetano[1], traduttore (lotsawa) dal sanscrito al tibetano di oltre duecento opere, saggista e discepolo di Padmasambhava.

Nato nella famiglia tibetana dei Jang (Byan), fu inviato in India da Trhisong Detsen ad apprendere il sanscrito per poter tradurre i testi necessari all'introduzione del Buddismo in Tibet.[2]

Tra i suoi saggi il lTa-ba'i khyad-par (Differenze nelle dottrine)[3], trovato poi agli inizi del Novecento nelle Grotte di Mogao, dove descrive, con sorprendente competenza e con citazioni da numerosissime opere sanscrite[4], le varie scuole di buddismo allora conosciute in Tibet, e dove risalta l'importanza della tradizione Cittamātra[5]-Madhyamaka distinguendola dalla Sautrantika-Madhyamaka [6].

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

Tra le sue più importanti traduzioni, stupefacenti per la precisione pur essendo state composte un secolo prima che le regole di traduzione dal sanscrito al tibetano fossero formalizzate[7] :

  • Vajracchedikā Prajñāpāramitā, Derge bKa' 'gyur ka 121a1-132b7 (con Śīlendrabodhi).
  • Kāśyapaparivarta, Derge bKa' 'gyur cha 119b1-151b7 (con Jinamitra e Śīlendrabodhi).
  • Sthaviropanimantraṇa
  • Kāraṇḍhavyūha-sūtra [8]

Quest'ultima opera fu fondamentale per l'introduzione in Tibet del mantra Oṃ Maṇi Padme Hūṃ e il culto di Avalokiteśvara, che avrebbero avuto esito duraturo nel formare la religiosità e la cultura tibetana in tutti i secoli successivi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Da non confondersi col monaco suo quasi omonimo ye shes mdo Yeshe Do "Jñānasūtra".
  2. ^ Hans W. Schumann, Immagini buddhiste: manuale iconografico del buddismo mahayana e tantrayana, Edizioni Mediterranee, 1989, p. 337. ISBN 88-272-1567-0
  3. ^ John J. Makransky, Buddhahood Embodied: Sources of Controversy in India and Tibet. Albany, State University of New York Press, 1997
  4. ^ Ruegg, "lTa-ba'i khyad-par de Ye-Shes-sde" in: Journal Asiatique, 1981, pagg .226-227
  5. ^ David Snellgrove, Indo-Tibetan Buddhism: indian buddhists and their tibetan successors. Boston, Shambala, 2002. p. 439
  6. ^ Kajiyama Yūchi Mādhyamika in Encyclopedia of Religion vol.8. NY, MacMillan, 2004 pag. 5555.
  7. ^ David Snellgrove, Indo-Tibetan Buddhism: indian buddhists and their tibetan successors. Boston, Shambala, 2002. p. 443
  8. ^ Alexander Studholme, The Origins of Oṁ Maṇipadme Hūṁ: A Study of the Kāraṇḍhavyūha-sūtra. Albany, State University of New York Press, 2002
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