Willemetia

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Lattugaccio
Willemetia stipitata (Lattugaccio palustre)
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Superasteridi
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi
(clade) Campanulidi
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Cichorioideae
Tribù Cichorieae
Sottotribù Chondrillinae
Genere Willemetia
Neck., 1790
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Cichorioideae
Tribù Cichorieae
Sottotribù Chondrillinae
Genere Willemetia
Specie

Willemetia Neck., 1790 è un genere di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Asteraceae.[1][2]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome del genere (Willemetia) è stato dato in onore del botanico di Nancy P.R. Willemet (1735 - 1807)[3] ed è stato proposto dal medico, botanico e micologo belga Noel Martin Joseph de Necker (1730–1793) nella pubblicazione "Elementa Botanica Genera Genuina, Species Naturales Omnium Vegetabilium Detectorum Eorumque Characteres Diagnosticos ec PeculiaresExhibentia, Secundum Systema Omologium seu Naturale, Evulgata. - 1:50" nel 1790.[4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il portamento
Willemetia stipitata
Le foglie
Willemetia stipitata
Infiorescenza
Willemetia stipitata
I fiori
Willemetia stipitata

Habitus. La forma biologica è emicriptofita rosulata (H ros), ossia sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e hanno le foglie disposte a formare una rosetta basale. Il portamento può essere strisciante.[5][6][7][8][9][10][11]

Radici. Le radici (striscianti) sono secondarie da rizoma.

Fusto.

  • Parte ipogea: la parte sotterranea consiste in un rizoma obliquo e strisciante.
  • Parte epigea: la parte aerea del fusto è eretta con ramosità nella parte alta; gli steli sovrastano abbondantemente le foglie basali e ogni ramo è sotteso da una brattea fogliacea. Queste piante non sono molto alte (alcune decine di centimetri).

Foglie. Le foglie si dividono in basali e cauline e sono disposte in modo alterno; il colore è grigio-verdastro e la superficie può essere ricoperta di un indumento aracnoide. Quelle basali formano una rosetta; la lamina è intera-dentata a forma più o meno lanceolata. Le foglie cauline in genere sono più lineari e ridotte quasi tipo brattee.

Infiorescenza. Le infiorescenze sono composte da pochi capolini su peduncoli. I capolini, sottesi da una foglia simile ad una brattea, sono formati da un involucro a forma cilindrica composto da brattee (o squame) disposte su 2 serie all'interno delle quali un ricettacolo fa da base ai fiori tutti ligulati. Le brattee sono densamente ghiandolose per peli nerastri e la serie esterna è più breve di quella interna. Il ricettacolo è nudo, ossia privo di pagliette a protezione della base dei fiori. Larghezza dei capolini: 7 –12 mm.

Fiori. I fiori (più di 15 per capolino) sono tutti del tipo ligulato[12] (il tipo tubuloso, i fiori del disco, presente nella maggioranza delle Asteraceae, qui è assente), sono tetra-ciclici (ossia sono presenti 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e pentameri (ogni verticillo ha 5 elementi). I fiori sono ermafroditi e zigomorfi.

*/x K , [C (5), A (5)], G 2 (infero), achenio[13]

Frutti. I frutti sono degli acheni con pappo. L'achenio all'apice è provvisto di un lungo becco alla fine del quale è sistemato il pappo, mentre alla base del becco sono presenti alcuni dentelli (5) posizionati a corona. La forma dell'achenio è ristretta alla base; la superficie laterale è costata e squamosa. Il pappo è formato da setole semplici e fragili color bianco-sporco.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama tramite farfalle diurne e notturne).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi (gli acheni) cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). In questo tipo di piante avviene anche un altro tipo di dispersione: zoocoria. Infatti gli uncini delle brattee dell'involucro si agganciano ai peli degli animali di passaggio disperdendo così anche su lunghe distanze i semi della pianta.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

La distribuzione delle specie di questo genere è relativa all'Europa, al Caucaso e a oriente dell'Iran.[8] L'habitat tipico (limitatamente alla sola specie italiana) sono le paludi e le torbiere basse.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[16], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[17] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[18]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie.[1][8][9]

Il genere Willemetia comprende due specie, una delle quali è presente sul territorio italiano.

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

Il genere di questa voce appartiene alla sottotribù Chondrillinae della tribù Cichorieae (unica tribù della sottofamiglia Cichorioideae). In base ai dati filogenetici la sottofamiglia Cichorioideae è il terz'ultimo gruppo che si è separato dal nucleo delle Asteraceae (gli ultimi due sono Corymbioideae e Asteroideae).[1] La sottotribù Chondrillinae fa parte del "quarto" clade della tribù; in questo clade è in posizione "centrale" vicina alle sottotribù Crepidinae (insieme formano un "gruppo fratello").[9]

La sottotribù è formata da tre generi: Chondrilla, Willemetia e Phitosia dalle cui analisi molecolari risulta essere un clade ben supportato. All'interno della sottotribù il genere Chondrilla con il genere Willemetia formano un "gruppo fratello", mentre il genere Phitosia è in una posizione più "basale".[9][10][19] In precedenti studi i tre generi inclusi sono stati generalmente trattati come membri della sottotribù Crepidinae.[8]

I caratteri distintivi per le specie di questo genere sono:[8][11]

  • le foglie fondamentalmente sono disposte a rosetta basale;
  • l'infiorescenza è formata da pochi capolini;
  • i fiori per capolino sono più di 15;
  • le brattee dell'involucro sono disposte su due serie e sono densamente ghiandolose;
  • l'achenio è prolungato in un lungo becco alla cui base è presente una coroncina di dentelli.

Il numero cromosomico delle specie di questo genere è: 2n = 10 (le specie sono diploidi).[8]

Specie della flora spontanea italiana[modifica | modifica wikitesto]

In Italia nella flora spontanea italiana è presente solamente la seguente specie:[11]

Willemetia stipitata (Jacq.) Dalla Torre - Lattugaccio palustre: l'altezza massima della pianta è di 2 - 5 dm; il ciclo biologico è perenne; la forma biologica è emicriptofita rosulata (H ros); il tipo corologico è Orofita - Sud Europeo; l'habitat tipico sono le paludi e le torbiere basse; in Italia è una specie rara si trova al Nord fino ad una quota compresa tra 1.700 - 2.200 m s.l.m..

Specie della zona alpina[modifica | modifica wikitesto]

La specie Willemetia stipitata vive sull'arco alpino. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla sua distribuzione alpina.[20].

Specie Comunità
vegetali
Piani
vegetazionali
Substrato pH Livello trofico H2O Ambiente Zona alpina
Willemetia stipitata 7 (alpino)
subalpino
montano
Ca - Si neutro medio umido D1 D2 E1 F3 Alpi orientali
Legenda e note alla tabella.

Substrato: con “Ca/Si” si intendono rocce di carattere intermedio (calcari silicei e simili).
Zona alpina: vengono prese in considerazione solo le zone alpine del territorio italiano (sono indicate le sigle delle province).
Comunità vegetali:7 = comunità delle paludi e delle sorgenti
Ambienti: D1 = sorgenti e cadute d'acqua; D2 = bordi dei ruscelli; E1 = paludi e torbiere basse; F3 = prati e pascoli mesofili e igrofili.

Specie del genere[modifica | modifica wikitesto]

Questo genere comprende due specie:[2]

Sinonimi[modifica | modifica wikitesto]

L'entità di questa voce ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[2]

  • Calycocorsus F.W.Schmidt
  • Peltidium Zollik.
  • Zollikoferia Nees

Generi simili[modifica | modifica wikitesto]

Questo genere è simile a Hieracium, ma si distingue per le foglie fondamentalmente disposte a rosetta basale, per l'infiorescenza formata da pochi capolini, per le brattee dell'involucro disposte su due serie e per l'achenio prolungato in un lungo becco alla cui base è presente una coroncina di dentelli.[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ a b c World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 15 marzo 2022.
  3. ^ Pignatti 1982, Vol. 3 - pag. 253.
  4. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 17 giugno 2013.
  5. ^ Pignatti 1982, vol.3 pag.1.
  6. ^ Strasburger 2007, pag. 860.
  7. ^ Judd 2007, pag.517.
  8. ^ a b c d e f Kadereit & Jeffrey 2007, pag.186.
  9. ^ a b c d Funk & Susanna 2009, pag. 351.
  10. ^ a b Cichorieae Portal, su cichorieae.e-taxonomy.net. URL consultato il 18 dicembre 2021.
  11. ^ a b c d Pignatti 2018, Vol. 3 - pag. 1078.
  12. ^ Pignatti 1982, Vol. 3 - pag. 12.
  13. ^ Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 520, ISBN 978-88-299-1824-9.
  14. ^ Pignatti 1982, Vol. 3 - pag. 1.
  15. ^ Strasburger 2007, Vol. 2 - pag. 760.
  16. ^ Judd 2007, pag. 520.
  17. ^ Strasburger 2007, pag. 858.
  18. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 18 marzo 2021.
  19. ^ Wang et al. 2020.
  20. ^ Aeschimann et al. 2004, Vol. 2 - pag. 666.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]