Villaggio Belvedere

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Villaggio Belvedere
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneToscana
LocalitàPistoia
Coordinate43°56′52.13″N 10°54′26.9″E / 43.947813°N 10.907471°E43.947813; 10.907471
Informazioni generali
CondizioniIn uso

Il Villaggio Belvedere è un complesso residenziale situato nel comune di Pistoia in località Scornio, tra via dei Prati, 1-7, 2-8 , via della Pineta, 2-8 , piazza Belvedere, 1, 2, 3, 5.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il villaggio Belvedere nasce come insediamento di edilizia popolare, gestito dallo IACP (Istituto autonomo case popolari) in accordo con l'INA-Casa. Esso è parte di un quartiere satellite nella prima periferia nord della città, in prossimità dell'ottocentesco parco Puccini.

Alla metà degli anni Cinquanta, l'architetto Cantamessi elabora per la zona un piano di fabbricazione che prevede nel lotto quattro edifici sfalsati. Su incarico dell'Ina-casa vengono successivamente elaborati due progetti, firmati da Leonardo Ricci e Leonardo Savioli, relativi ciascuno a una parte del lotto. Il progetto di Ricci, ispirato a formule abitative di avanguardia e molto lontano dalla prassi edilizia della committenza, non è però accettato dalla commissione tecnica del comune. Il progetto di Savioli, elaborato nel 1957 con la collaborazione degli architetti Danilo Santi e Melucci, viene duplicato specularmente su tutto il lotto, ottenendo quattro blocchi allineati e simmetrici rispetto a un asse viario centrale.

Nel corso della realizzazione, che si conclude nel 1959, occorre rinunciare, per motivi tecnici, all'idea di lasciare a vista i plinti di fondazione e di attribuire un ruolo strutturale ad alcune pareti in pietra dei piani terreno. Gli infissi, previsti in abete verniciato, per problemi insorti soprattutto nelle grandi finestrature degli ambienti di soggiorno, vengono sostituiti, poco dopo il termine della costruzione, con finestrature in metallo di colore rosso. Il risultato, nonostante i limiti economici imposti dalla progettazione di edilizia economica e popolare, esula decisamente dalla consueta produzione Ina-casa. Il complesso, di quattro palazzine di tre piani, viene inaugurato nel 1960.

Non sono avvenuti nel tempo sostanziali cambiamenti nella volumetria degli edifici, mentre all'interno degli appartamenti sono state spesso modificate le finiture; molte delle piccole terrazze con lavatoio, corrispondenti alla cucina e al bagno, sono state chiuse con vetri e profilati in alluminio di colore diverso da quelli in metallo rosso che caratterizzano tutto il complesso. Un aspetto molto variegato e personalizzato hanno assunto le zone destinate a verde privato, sia nella scelta delle recinzioni, sia nella utilizzazione dello spazio a disposizione di ciascun appartamento. I quattro edifici sono stati ritinteggiati di recente ma ben visibili sono i segni del tempo sul cemento armato a faccia vista che mostra i ferri scoperti e rugginosi in più punti degli esili pilastri che sostengono il primo piano.

La critica[modifica | modifica wikitesto]

Il villaggio Belvedere, benché opera di sicuro interesse nel panorama dell'architettura italiana di metà secolo scorso, tuttavia non figura tra quelle più note della produzione di Leonardo Savioli. Paolo Portoghesi vede nel quartiere Belvedere la controfaccia ottimista dei disegni intimisti della fine degli anni Cinquanta e individua nell'opera un aspetto utopistico.[1] Secondo Fabrizio Brunetti, gli edifici del quartiere Belvedere costituiscono "un episodio tra i più significativi della continua ricerca di affinamento linguistico che caratterizza l'iter progettuale savioliano negli anni Cinquanta e che si manifesta nell'intenzione di far scaturire le soluzioni formali dall'esplicitazione dell'organizzazione strutturale e dall'accostamento sapiente dei materiali", da cui discende anche una attenzione all'aspetto coloristico. Brunetti inoltre evidenzia il "tentativo del progettista di dar vita a un complesso integrato grazie soprattutto all'uso di collegamenti pedonali a livelli diversi...".[2] Marco Dezzi Bardeschi individua nel progetto influenze di Le Corbusier "...ma piegato alla tradizione tardorurale toscana".[3]

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Le quattro palazzine si dispongono, nel lotto rettangolare, tra loro parallele, attestandosi con i lati corti sulla via dei Tigli, di principale percorrenza automobilistica. Da via dei Tigli partono tre strade carrabili che servono le residenze. Il percorso centrale spartisce il lotto a metà e gli edifici si collocano rispetto ad esso simmetricamente, a coppie. I percorsi, soprattutto quelli pedonali, sono il filo conduttore della progettazione: entrano a far parte degli edifici sia come percorrenze sopraelevate che come spazi coperti. Essi rispondono al tema, caro a Savioli, della creazione di luoghi, di occasioni d'incontro e di socializzazione e costituiscono inoltre un modo per accentuare il carattere unitario dell'insediamento. Il percorso aereo, parallelo alla via dei Tigli, lega i vari corpi, attraversa gli appartamenti del primo piano e dà accesso, con scalinate, agli appartamenti del terzo piano. Sul sottostante percorso pedonale, coperto lungo via dei Tigli, avrebbero dovuto affacciarsi box e negozi, poi non realizzati. Per i singoli alloggi viene studiata una distribuzione interna molto semplice e funzionale.

Oltre a quelle esterne, tre scale interne servono ciascuna palazzina. Due di esse terminano con una sorta di altana, di "loggia-belvedere della tradizione della casa toscana"[3], concepita dal progettista come stenditoio collettivo.

I due blocchi esterni usufruiscono di cantine concepite come corpi staccati e bassi, posti di fronte ai portoncini di ingresso, quasi a loro protezione. Tra ciascuna coppia di palazzine si trovano, al piano terreno, in corrispondenza dei prospetti posteriori, piccoli giardini separati da un percorso pedonale. Perpendicolarmente a questo ne corre un altro che prosegue all'interno degli edifici. I fronti lunghi risultano, quindi, tra loro, in stretto colloquio reciproco. La semplicità e l'economicità dei materiali utilizzati, cemento a vista per lo scheletro strutturale e per gli architravi delle finestre, muratura intonacata per i tamponamenti, convivono volutamente con una attenta cura del particolare, nonché con una ricercatezza nella progettazione delle aperture, degli aggetti delle coperture e delle aeree strutture verticali.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ FANELLI 1966
  2. ^ BRUNETTI 1982, 18-19
  3. ^ a b DEZZI BARDESCHI 1985

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Geno Pampaloni, 1962, Italian architecture 1950-1960, "Architect's Year Book", n.10;
  • BOTERO, M., 1966, Leonardo Savioli, "Word Architecture", n.3;
  • Marco Dezzi Bardeschi, 1966, Leonardo Savioli, "Marcatré", nn.26/29;
  • FANELLI, G., 1966, Leonardo Savioli, Firenze;
  • BECATTINI, M., 1977, Leonardo Savioli, Firenze;
  • BRUNETTI, F., 1982, Leonardo Savioli, Firenze;
  • PISTOIA 1985, L'architettura costruita. Il cantiere di Pistoia, cat. della mostra a cura di G.B.Bassi, Palazzo Comunale, settembre 1985, Pistoia;
  • SUPPRESSA, A. (a cura di), 1990, Itinerari di architettura moderna. Pistoia, Pescia, Montecatini, Firenze.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]