Diocesi di Padova

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Diocesi di Padova
Dioecesis Patavina
Chiesa latina
Suffraganea delpatriarcato di Venezia
Regione ecclesiasticaTriveneto
 
Mappa della diocesi
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
VescovoClaudio Cipolla
Vicario generaleGiuliano Zatti
Vescovi emeritiarcivescovo Antonio Mattiazzo
Presbiteri901, di cui 631 secolari e 270 regolari
1.110 battezzati per presbitero
Religiosi403 uomini, 1.474 donne
Diaconi53 permanenti
 
Abitanti1.046.855
Battezzati1.000.240 (95,5% del totale)
StatoItalia
Superficie3.297 km²
Parrocchie459 (32[1] vicariati)
 
ErezioneIII secolo
Ritoromano
CattedraleSanta Maria Assunta
Santi patroniSan Prosdocimo
IndirizzoVia Dietro Duomo 15, 35139 Padova, Italia
Sito webwww.diocesipadova.it
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia

La diocesi di Padova (in latino Dioecesis Patavina) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea del patriarcato di Venezia appartenente alla regione ecclesiastica Triveneto. Nel 2021 contava 1.000.240 battezzati su 1.046.855 abitanti. È retta dal vescovo Claudio Cipolla.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Il territorio diocesano presenta una conformazione a dir poco complessa, in quanto non corrisponde alla provincia di Padova e giunge a comprendere l'Altopiano dei Sette Comuni in provincia di Vicenza, la maggior parte della Riviera del Brenta in provincia di Venezia, l'area del massiccio del Grappa posta a cavallo tra le province di Vicenza, Treviso e Belluno, nonché alcuni comuni adagiati sul medio Piave nelle province di Treviso e Belluno. Le parrocchie fuori dalla provincia di Padova sono 36 nella città metropolitana di Venezia, 78 nella provincia di Vicenza, 13 nella provincia di Treviso e 15 nella provincia di Belluno.

Sede vescovile è la città di Padova, dove si trova la basilica cattedrale di Santa Maria Assunta.

Il territorio è suddiviso in 459 parrocchie.

Evoluzione storica[modifica | modifica wikitesto]

Gli storici fanno corrispondere i confini con quelli dei municipia romani di Patavium e Ateste e, nel primo periodo, di Vicentia, il che giustificherebbe l'appartenenza al territorio dell'Altopiano di Asiago. Il primo dato certo riguardo ai confini risale però all'897, quando il re d'Italia Berengario del Friuli donò al suo cancelliere, il vescovo Pietro, la vasta corte di Sacco, che comprendeva tutta l'area sudorientale dell'attuale provincia di Padova.

Berengario I e la sua corte

Pochi anni dopo, nel 917, trasferiva allo stesso vescovo il pieno dominio dell'intera valle del Brenta, fino al suo sbocco a Solagna, e delle zone adiacenti[2]. In tal modo veniva assegnato al vescovo di Padova l'impegnativo compito di "guardiano della Valsugana" e si dava al suo territorio una singolare configurazione "a due tronconi": quello meridionale più popoloso e pianeggiante, quello settentrionale montuoso, attorno all'asta fluviale del Brenta, che abbraccia il Pedemonte e tutto l'Altopiano di Asiago, il massiccio del Grappa e le Prealpi Feltrine.

Nel 1786, su pressione dell'arciduca d'Austria, Padova cedette alla diocesi di Trento (oggi arcidiocesi) la parrocchia di Brancafora (attuale Pedemonte)[3].

La geografia "a due tronconi" resistette fino alla riforma ecclesiastica asburgica del 1818, che puntava alla delimitazione di circoscrizioni diocesane territorialmente compatte.

Con la bolla De salute Dominici gregis del 1º maggio 1818 papa Pio VII stabilì il passaggio dalla diocesi di Padova a quella di Vicenza delle parrocchie pedemontane di Breganze, Friola, Marostica, Mason, Molvena, Nove, Pianezze San Cristoforo, Pianezze San Lorenzo, Schiavon e Villaraspa, mentre Padova ricevette in cambio Villa del Conte, Sant'Anna Morosina, Onara, Cittadella, Rossano, Lozzo e Selvazzano. Padova ricevette inoltre la parrocchia di Primolano dalla diocesi di Feltre (oggi diocesi di Belluno-Feltre), quella di Barbona dalla diocesi di Adria (oggi diocesi di Adria-Rovigo) e quella di Cinto Euganeo dalla diocesi di Verona. Per effetto di tali aggiustamenti, la diocesi che prima si componeva di due zone non contigue assunse l'attuale conformazione "a clessidra", con Cittadella a fare da congiunzione fra la zona alta e quella bassa.

Nel gennaio del 2024 la parrocchia di Mure di Colceresa è stata ceduta alla diocesi di Vicenza.

Vicariati[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Padova e Chiese di Padova.

Le 459 parrocchie della diocesi sono raggruppate in 32 vicariati.

Basilica di Sant'Antonio di Padova[modifica | modifica wikitesto]

La pontificia basilica del Santo non è compresa nel territorio diocesano poiché direttamente soggetta alla Santa Sede: è rappresentata da un delegato pontificio, carica attualmente ricoperta dall'arcivescovo Diego Giovanni Ravelli.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini e i primi secoli[modifica | modifica wikitesto]

Paolo Veronese, Il martirio di Santa Giustina, Galleria degli Uffizi, Firenze.

La fondazione della chiesa di Padova è tradizionalmente attribuita a san Prosdocimo che, inviato da san Pietro, avrebbe iniziato l'opera di evangelizzazione e di organizzazione ecclesiastica dell'entroterra veneto, opera continuata dai suo successori, i santi Massimo e Fidenzio; figura di grande rilievo nella prima storia cristiana di Padova è la conversione della giovane Giustina, martirizzata durante le persecuzioni di Diocleziano. Recenti studi tendono a ricondurre la fondazione della cattedra patavina e di una definita formazione ecclesiastica attorno al 250. Alla metà del IV secolo fu ospite a Padova, alla sede del vescovo Crispino, Atanasio di Alessandria; mentre, nel successivo concilio di Aquileia, era presente un certo Giovino, che alcuni studiosi identificano come vescovo di Padova.

Il Sacello di San Prosdocimo, il più antico luogo di culto di Padova, databile al V o VI secolo

Tra il V e VI secolo le testimonianze storiche si concentrano attorno al culto di santa Giustina e alla sua basilica extra moenia, centro spirituale di primaria importanza dove si raccolsero insigni reliquie, tra cui quelle dell'evangelista Luca e dell'apostolo Mattia e dei martiri padovani. Era pure luogo eletto alla sepoltura dei vescovi, mentre la cattedrale cadde vittima, con il resto della città, delle numerose invasioni dei visigoti, bizantini ed ungari. Di questa oscura stagione, che portò la Patavium romana all'aspetto di una rovina fumante (nella prima metà del VII secolo), sappiamo che i vescovi usarono rifugiarsi verso la laguna, a Malamocco[4], comportando un precipitoso decadimento della tradizione cristiana patavina tanto che la stessa cronotassi dei vescovi, prima del IX secolo, si fa imprecisa e fumosa, complice pure la scarsità delle fonti e la povertà delle testimonianze archeologiche.

Il vescovo Ursiniano, pur residente a Malamocco, si firmò come episcopus sanctae ecclesiae Paduanae negli atti del sinodo romano del 680. Al tempo del vescovo Domenico invece, che fu presente al concilio di Mantova dell'827, quasi certamente la sede era stata riportata a Padova, poiché a quel concilio non furono presenti vescovi lagunari[5].

Il medioevo[modifica | modifica wikitesto]

L'imperatore Enrico III, di cui il vescovo Bernardo fu cappellano mentre sedeva alla cattedra di Padova.

Dopo un buio periodo, legato alla totale decadenza della Patavium saccheggiata, con l'età carolingia si attua un lento restauro degli organismi ecclesiastici nella sintonia tra vescovi e casa imperiale. Le donazioni di Berengario del Friuli e la concessione di poter innalzare castelli per difesa propria e della popolazione resero responsabile i vescovi dell'ordine politico e territoriale rendendoli effettivi feudatari in contrasto col sorgere insistente di potenze signorili di ambito rurale. Per garantire l'assoluta indipendenza dell'Abbazia di Santa Giustina, ma anche dei monasteri di San Pietro e Santo Stefano alla metà del X secolo il vescovo Ildeberto concedette prebende e benefizi di notevole entità che andavano a sommarsi a quelli della schola sacerdotum, l'Amplissimo capitolo della cattedrale, già esistente nel IX secolo, a cui si aggregavano le pievi disseminate per l'intero territorio diocesano. Il prestigio della cattedra patavina impennò con la figura del vescovo Gauslino, vicinissimo ad Ottone II, che lo volle al concilio di Ravenna, tra i pochi episcopi mitrati italici presenti.

L'influenza imperiale culminò con la salita alla cattedra di Bernardo che aveva il titolo di cappellano di Enrico III e di Waltolff, proveniente dal capitolo canonicale della cattedrale di Augusta. Nel frattempo non sappiamo come venissero accolte le disposizioni canoniche provenienti da Roma per iniziativa dei papi Leone IX e Niccolò II, emanate ad arginare il fenomeno della simonia e del concubinato. Verso il XI secolo la curia dei vassalli vescovili, ricca di arimanni ovvero i ricchi aristocratici rurali che nel frattempo si erano stanziati in città (come i da Carrara, i da Fontaniva, i Maltraversi), riuscì ad isolare parte del proprio potere, preparando quello che sarebbe diventato il libero comune di Padova, nascente anche grazie al forte senso di civitas che la popolazione stava riscoprendo assieme ad un'elevata spiritualità diffusa soprattutto dai monaci e dalle monache dell'ordine di San Benedetto. Proprio alla fine del secolo XI vanno a collocarsi le grandi inventiones dei corpi santi Massimo, Giuliano e Felicita alla quale fu partecipe lo stesso Papa Leone IX, in passaggio per Padova, mentre nel 1075 venne ritrovato, sotto il pavimento della Basilica di Santa Giustina, il corpo di san Daniele levita, poi portato nella confessiones della cattedrale.

Papa Leone IX, presente all'inventio dei santi Massimo, Giuliano e Felicita

Il forte senso civico portò a corrompere i rapporti tra la chiesa padovana ed il potere imperiale. Non a caso Enrico IV soggiornò a Padova a più riprese tra 1090 e 1097 per sanare la frattura tra il clero riluttante ad accettare le nomine non provenienti dalla curia romana, tanto che il vescovo Pietro IV fu costretto a chiedere diretto intervento alla corte, che non riuscì a bloccare la sua deposizione al Concilio di Guastalla; fu sostituito dal vescovo Sinibaldo che però dovette rifugiarsi ad Este perché cacciato dalla città per violentiam regiam. Il ministero di Sinibaldo fu lungo, colpito dal grande terremoto del 1117 che portò al crollo di gran parte della città, fu legato profondamente a Matilde di Canossa. In questo periodo fiorirono le numerose comunità cenobitiche della diocesi, tra cui l'abbazia di Santa Maria a Praglia (dipendente dell'abbazia di San Benedetto in Polirone), l'abbazia di Santa Maria delle Carceri e l'abbazia di San Michele a Candiana. La situazione mutò soltanto in seguito al concordato di Worms, quando dopo la figura del vescovo Bellino Bertaldi si susseguirono episcopati legati alla sede romana, mentre in seguito alla formazione della Lega Lombarda andava ad inasprirsi il rapporto tra la chiesa padovana e quella primaziale di Aquileia, chiaramente filoimperiale: al concilio di Ravenna, il vescovo Gerardo dovette piegarsi a chiedere perdono al patriarca aquileiense. La chiusura del secolo XII fu caratterizzata dal progressivo riordino dei benefizi e dei confini delle pievi e delle chiese curaziali.

Il XIII secolo fu caratterizzato dai grandi movimenti del clero regolare: l'abbazia di Santa Giustina, guidata dal carismatico abate Arnaldo da Limena, nel 1239 accolse Federico II; l'ordine benedettino degli albi, fondato da Giordano Forzatè fiorì a San Benedetto Vecchio, San Benedetto Novello, San Giovanni di Verdara e Santa Maria in Vanzo. I canonici regolari si stanziarono nelle chiese di santa Sofia e san Michele mentre l'abbazia di Praglia fondò in città tra il 1185 e il 1186 l'ospitium e la chiesa di sant'Urbano. Anche la presenza degli ordini ospitalieri favorì il sorgere di numerosi hospitalia.

Ma fu il fiorire dei nuovi ordini mendicanti ad aprire una nuova stagione edificatoria, verso la metà del secolo: la costruzione della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo per la comunità degli Agostiniani, la chiesa di Sant'Agostino per i Domenicani, la chiesa di Santa Maria del Carmine per i Carmelitani, ma soprattutto lo sviluppo del grande complesso antoniano dopo la canonizzazione di Sant'Antonio, avvenuta nel 1232 tramutò la città in uno dei fondamentali centri del francescanesimo europeo.

Il periodo veneziano[modifica | modifica wikitesto]

Nel Cinquecento il vescovo decide di costruire una grandiosa villa a Torreglia, su un'altura ai piedi dei Colli Euganei, ispirata ad una domus romana. La villa nata come rifugio dalla calura nel periodo estivo e come cenacolo di artisti e letterati, ebbe varie ristrutturazioni e rimase proprietà della diocesi fino al 1962. Divenuta proprietà del Fondo Ambiente Italiano, è ancora oggi nota come Villa dei Vescovi.

Nel 1671 il vescovo Gregorio Barbarigo istituì il seminario diocesano, a cui nel 1684 aggiunse una tipografia.

Gli ultimi due secoli[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1908, per volere del vescovo Luigi Pellizzo, venne fondato il settimanale diocesano La Difesa del popolo.

Dopo aver acquistato il palazzo Trevisan-Mion di via Zabarella, nel 1974 la curia padovana lo assegnò al neonato Centro universitario vescovile, destinandolo ad attività pastorali nell'ambito dell'Università di Padova.[6]

Dal 2005 ha sede a Padova la Facoltà teologica del Triveneto, di cui il vescovo di Padova è per statuto vice-gran cancelliere.

Missioni diocesane[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi di Padova è presente con propri missionari fidei donum nei seguenti Paesi:[7]

Santi e beati legati alla diocesi[modifica | modifica wikitesto]

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Andrea Mantegna, San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, Pinacoteca di Brera.

La seguente cronotassi, fino alla fine del XIII secolo, ripete il catalogo dei vescovi di Padova, redatto in questa stessa epoca e menzionato nel Liber Regiminum Paduae, nella versione corretta da Ludovico Antonio Muratori.[8]

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi nel 2021 su una popolazione di 1.046.855 persone contava 1.000.240 battezzati, corrispondenti al 95,5% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1950 837.015 839.024 99,8 1.207 913 294 693 670 3.065 401
1970 860.000 860.051 100,0 1.344 902 442 639 602 4.334 432
1980 956.000 965.040 99,1 1.316 917 399 726 648 3.427 453
1990 982.777 986.387 99,6 1.222 843 379 804 10 601 2.845 459
1999 1.014.030 1.019.578 99,5 1.190 834 356 852 15 596 2.467 459
2000 1.008.967 1.018.354 99,1 1.167 834 333 864 18 558 2.455 459
2001 1.012.128 1.021.648 99,1 1.123 819 304 901 18 516 2.518 459
2002 1.027.874 1.036.547 99,2 1.249 811 438 822 19 492 2.428 459
2003 1.022.451 1.034.223 98,9 1.124 805 319 909 19 482 2.332 459
2004 1.027.662 1.039.117 98,9 1.111 782 329 924 25 479 2.256 459
2013 1.008.112 1.076.954 93,6 1.018 724 294 990 50 395 1.722 459
2016 1.029.000 1.075.698 95,7 958 685 273 1.074 53 330 1.713 459
2019 1.012.157 1.059.437 95,5 936 666 270 1.081 54 416 1.433 459
2021 1.000.240 1.046.855 95,5 901 631 270 1.110 53 403 1.474 459

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I 32 nuovi vicari foranei a servizio della Chiesa di Padova, su padovanews.it, 27 giugno 2018. URL consultato il 5 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2019).
  2. ^ Diocesi di Vicenza, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 16 settembre 2022.
  3. ^ Nel 1964 Pedemonte e Casotto (staccata dalla stessa nel 1945) furono assegnate alla diocesi di Vicenza.
  4. ^ Secondo Cappelletti, primo vescovo padovano trasferitosi a Malamocco sarebbe stato Tricidio seguito da Bergualdo (cfr. op. cit., p. 330).
  5. ^ Giorgio Arnosti, Lo scisma tricapitolino e l'origine della diocesi di Ceneda, in Il Flaminio, 11 (1998), p. 78
  6. ^ Cenni storici, su centrouniversitariopd.it. URL consultato il 18 luglio 2017.
  7. ^ Elenco dei missionari diocesani fidei donum nel sito web della diocesi.
  8. ^ Secondo Lanzoni, questo catalogo non ha alcun valore storico: infatti non è conosciuto da nessun autore padovano antico e nemmeno dall'autore della Vita di san Prosdocimo (XI secolo); non riporta nomi di vescovi accertati da altre fonti storiche e menziona nomi di vescovi delle diocesi vicine a quella padovana. Fino agli inizi del VII secolo, secondo Lanzoni sono solo due i vescovi documentati da fonti storiche, ossia Crispino e Bergullo. Solo dal XV secolo ai singoli nomi del catalogo furono aggiunti dati cronologici e brevi notizie biografiche fittizie.
  9. ^ Al suo posto il catalogo riporta Calporniano. Secondo Lanzoni l'assenza di san Fidenzio è significativa del fatto che nel XIII secolo questi non era considerato un vescovo di Padova.
  10. ^ Il 29 giugno erano venerati a Padova due santi, Leolino e Ilario, entrambi spesso inseriti nell'antico catalogo; il primo è identificato con Leonino, il secondo con l'Ilario dopo Vero.
  11. ^ a b Assente nel catalogo.
  12. ^ Assente nel catalogo. Secondo Cappelletti, Ursiniano era vescovo di Pedena, mentre studi recenti gli attribuiscono la sede patavina (Daniela Rando, Le origini delle diocesi lagunari, in Storia di Venezia, Vol. 1, Treccani, 1992; Massimiliano Pavan, Girolamo Arnaldi, Le origini dell'identità lagunare, in Storia di Venezia, Treccani, 1992, Vol. 1; Giorgio Arnosti, Lo scisma tricapitolino e l'origine della diocesi di Ceneda Archiviato il 23 marzo 2005 in Internet Archive., in Il Flaminio, 11 (1998), pp. 59-103).
  13. ^ Un vescovo italiano di nome Rodingo, senza indicazione della sede, è menzionato in due documenti dell'840; alcuni autori lo identificano con il vescovo patavino. Cfr. Fedele Savio, Indizio di un placito lombardo o veneto dell'845 circa nella lista episcopale di Padova, in Archivio storico lombardo, serie quarta, anno XXXI, 1904, p. 92.
  14. ^ Nel catalogo un Rosio è menzionato tra Giuseppe e Rodone.
  15. ^ Un vescovo Turingario è menzionato in un diploma spurio di Ludovico II dell'866.
  16. ^ Un Pietro è documentato nell'896; Savio, op. cit., p. 92.
  17. ^ Da Ercorado ad Ardemanno l'ordine dal catalogo padovano è diverso da quello di Cappelletti e Gams, secondo i quali il catalogo è stato manomesso con lo spostamento di alcuni vescovi. Secondo Savio (op. cit., pp. 93-94), la presenza di così tanti vescovi per un periodo relativamente breve è dubbia; inoltre, lo stesso autore fa notare come molti nomi patavini corrispondono, forse non casualmente, a nomi di vescovi contemporanei di altre diocesi: Giuseppe di Ivrea, Liotaldo di Pavia, Adalgisio di Novara, Notingo di Brescia, Bilongo di Verona, Turingario di Concordia, Bodone di Acqui.
  18. ^ Assente nel catalogo. La presenza di questo vescovo, documentata da Cappelletti, è messa in dubbio da Kehr, secondo il quale il successivo vescovo Gaulino è menzionato in un diploma di Ottone I del 964; cfr. Paul Fridolin Kehr, Regesta Pontificum Romanorum, VII, pp. 155-156.
  19. ^ a b c Kehr, op. cit., p. 156.
  20. ^ Kehr, op. cit., p. 156. Assente nel catalogo.
  21. ^ Giovanni Savelli è l'ultimo vescovo riportato nella cronotassi del Liber Regiminum Paduae.
  22. ^ Nominato arcivescovo titolare di Damiata.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]