Vila (folklore)

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«E grida la candida Vila
dal crine del Rùdnico monte,
sopra la Iacèniza lene;
grida e chiama in Tòpola Giorgio
che ristà poggiato all'aratro.»

Le Vile, opera di Bartolomeo Giuliano (1906)

Le villi (o willi, al singolare vila) sono creature fatate femminili, simili alle ninfe greche o agli elfi, ricorrenti soprattutto nella mitologia slava dove sono chiamate vile. A seconda delle varie culture e tradizioni popolari, assumono nomi e caratteristiche diverse.

Creature della notte,[1] controllano le tempeste e gli elementi a loro piacere. Vivono nei prati, negli stagni, nei boschi, sugli alberi, sui monti, sulle nuvole e negli oceani. Possono assumere diverse forme, e apparire ai viaggiatori sotto forma di cigno, cavallo, lupo, cervo bianco o orso, oltre che come bellissime donne.

Secondo alcune fonti le Villi son l'equivalente delle sirene anche se vivono sulla terraferma: sono elementali dell'aria,[1] apparentemente belle fanciulle, ma quando si infuriano svelano il loro vero aspetto mostrando i loro becchi da uccello e la pelle squamosa.

Mitologia slava[modifica | modifica wikitesto]

Nella mitologia dei popoli slavi meridionali le Vile sono spiriti di giovani fanciulle morte prima del matrimonio perché tradite o abbandonate o giovani madri straziate dalla morte dei loro giovani bambini morti prematuramente per motivi ingiusti. Sono esseri vendicativi e spettrali, incapaci di trovare riposo eterno nella morte, che ogni notte tra il crepuscolo e l'alba cercano i traditori d'amore che costringono, con l'aiuto di rametti di vischio apparentemente magici, a ballare convulsamente fino a provocarne la morte per sfinimento o fino a che totalmente indeboliti non vengono gettati in un lago nelle loro vicinanze. Le Vile provano infatti un irrefrenabile desiderio e un amore incredibile per la danza. Alla morte del traditore le Vile si dileguano e con esse svanisce, finalmente placato, il fantasma della fanciulla morta per amore. Nel balletto classico Giselle del compositore francese Adolphe-Charles Adam e nell'opera lirica Le Villi del compositore italiano Giacomo Puccini, esse vengono per l'appunto raffigurate in questo modo.

Mitologia celtica[modifica | modifica wikitesto]

La versione celtica di questa figura si chiama vilia; è una bellissima donna dei boschi, abile seduttrice, detta anche "strega dei boschi".

Sono creature immortali ed eterne. Non sono soggette a malattie né ad invecchiamento, ma possono essere uccise con una lama forgiata con un solo capello provenienti dalla loro chioma. Le Veele sono in grado di parlare alla natura e di assorbire da essa la fonte di vita, ma se si intacca la loro terra natia o le loro acque, queste diventano più deboli e possono arrivare a morire. Sono in grado di parlare con gli animali e con ogni forma di essere vivente che incontrano durante i loro lunghi viaggi. Molto spesso, essendo Dee Minori, sono considerate poco o non vengono mai menzionate in racconti o miti, ma è soprattutto grazie ad esse che la natura e gli animali prosperano, arricchendo il mondo attuale e Ragnarok. Spesso durante il loro cammino lasciando scie di ghiaccio a terra, donando però la vita ai germogli ormai morti. Hanno l'abilità di comprendere le emozioni e di leggere parte del passato e del futuro con un solo tocco della mano sulla spalla di coloro che hanno attorno.

Cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Le vile (con il nome trascritto in inglese veela) sono citate nel quarto romanzo della serie di Harry Potter, Harry Potter e il calice di fuoco: sono rappresentate come donne bellissime che incantano chiunque le guardi. Fleur Delacour è un ibrido Veela (le Veela sono in grado di riprodursi con i maghi).

Esse sono anche citate nel romanzo Il ponte sulla Drina del premio Nobel jugoslavo Ivo Andric, incolpate di ostacolare la costruzione del ponte eponimo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Alessandra Simonetti, Orbs e altri fenomeni luminosi inspiegabili, pag. 65, Roma, Mediterranee, 2008.

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