Tutto il mio folle amore

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Tutto il mio folle amore
Una scena del film
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno2019
Rapporto2,35:1
Generedrammatico
RegiaGabriele Salvatores
Soggettoromanzo di Fulvio Ervas
SceneggiaturaUmberto Contarello, Sara Mosetti
ProduttoreMarco Cohen, Fabrizio Donvito, Francesco Grisi, Benedetto Habib
Produttore esecutivoFerdinando Bonifazi, Daniel Campos Pavoncelli
Casa di produzioneIndiana Production Company, Rai Cinema
Distribuzione in italiano01 Distribution
FotografiaItalo Petriccione
MontaggioMassimo Fiocchi
MusicheMauro Pagani
ScenografiaRita Rabassini
Interpreti e personaggi

Tutto il mio folle amore è un film italiano del 2019 diretto da Gabriele Salvatores.

Il film è liberamente ispirato al romanzo Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas,[1] che racconta la storia vera di Franco e Andrea Antonello, padre con figlio autistico e che hanno fatto un lungo viaggio in moto in sud America.

Il titolo del film è un riferimento al brano Cosa sono le nuvole scritto da Pier Paolo Pasolini e interpretato da Domenico Modugno.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il sedicenne Vincent è affetto da autismo, è stato cresciuto con difficoltà da sua madre Elena e dal marito Mario, che lo ha adottato. Una sera Willy, il padre naturale del ragazzo, che è chiamato il Modugno della Dalmazia, dopo un concerto e con parecchio alcol in corpo, entra di soppiatto in casa di Elena e Mario, che lo accoglie chiamandolo il merda. Svegliato dalle urla della madre Vincent assiste per caso alla discussione. Willy per la prima volta vede il figlio e scopre che non è come immaginava. Elena infuriata lo caccia via.

La mattina seguente Vincent non si trova, scomparso. Si era nascosto sotto un telo nel pianale del pick-up del padre, che, ignaro della sua presenza, lascia le tappe della tournée dove aveva in programma di cantare. Si fermano a pranzare e si scopre che Vincent vuole solo patate. Quando il padre cerca di parlargli lui quasi automaticamente risponde: Vincent Masato, nato a Trieste il 13 luglio del 2003 da Elena Masato adottato dal signor Mario Topoli, tu ti chiami Willy boy e sei il mio papà.

Queste parole alzano un vento che fa muovere le tende del locale e accendono qualcosa in Willy. Seguono varie vicissitudini come la rottura dell'auto, l'acquisto di una moto con cui hanno un incidente, nonché la prima esperienza sessuale e un passaggio di frontiera come clandestini perché Vincent non ha documenti. In questi giorni intensi i due imparano ad avvicinarsi, instaurando un forte legame padre-figlio. Elena e Mario, che li stanno disperatamente cercando, li trovano semi addormentati cullati da delle poltrone gonfiabili in una piscina a una festa di matrimonio dove Willy aveva cantato.

Colonna sonora[modifica | modifica wikitesto]

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film è stato presentato fuori concorso alla 76ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia[2] il 6 settembre 2019[3] e poi verrà distribuito nelle sale cinematografiche italiane dal 24 ottobre dello stesso anno.[4]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Tutto il mio Folle Amore: ecco il poster del nuovo film di Gabriele Salvatores, su badtaste.it. URL consultato il 12 agosto 2019.
  2. ^ "Tutto il mio folle amore", a Venezia il nuovo film di Gabriele Salvatores, su ilmessaggero.it. URL consultato il 12 agosto 2019.
  3. ^ Cristiano Ogrisi, VENEZIA 2019: È IL GIORNO DI GABRIELE SALVATORES E ROGER WATERS!, su Movieplayer.it, 6 settembre 2019. URL consultato il 6 settembre 2019.
  4. ^ Tutto il mio folle amore, su 01distribution.it. URL consultato il 12 agosto 2019.
  5. ^ Il traditore, Il primo re e Pinocchio i film più nominati ai David di Donatello 2020, su comingsoon.it. URL consultato il 18 febbraio 2020.
  6. ^ Cerimonia David di Donatello 2020: David di Donatello, Rai 1, 8 maggio 2020.
  7. ^ Tutto il mio folle amore, su comingsoon.it.
  8. ^ Ciak d’Oro 2020: migliore regia, su ciakmagazine.it. URL consultato il 4 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2020).

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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