Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi

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Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) è stato il tributo relativo alla gestione dei rifiuti nel sistema fiscale italiano. Fu introdotto dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201[1] (cosiddetto "decreto salva Italia"), convertito con legge 22 dicembre 2011, n. 214[2], in sostituzione delle precedenti Tariffa di igiene ambientale (TIA) e Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU). Questo tributo è stato poi sostituito a partire dal 1º gennaio 2014 dalla tassa sui rifiuti (TARI) che è stata istituita dalla legge n. 147 del 27 dicembre 2013.

Il tributo è stato in vigore dal 1º gennaio 2013 e aveva come obiettivo la copertura finanziaria del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti del comune di residenza tramite il rispettivo gettito fiscale: l'importo dipendeva dalla superficie dell'immobile, dal numero dei residenti, dall'uso, dalla produzione media dei rifiuti.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Il pagamento era articolato in quattro rate. Il tributo avrebbe dovuto esordire a gennaio 2013, ma secondo un emendamento alla Legge di stabilità fu spostato prima ad aprile e in seguito a luglio 2013, ex art. 1-bis del D.L. n. 1/2013 ha tenuto conto di due nuovi parametri che ne aggravarono il peso.

Il TARES doveva coprire la parte di costo sostenuto dai comuni, costo che oggi è in media tra i comuni stessi del 79%, con picchi del 91%[di cosa?]. Il Tares doveva finanziare anche i “servizi indivisibili” forniti dall'ente locale: l'illuminazione pubblica, l'istruzione, la manutenzione delle strade, la polizia locale, le aree verdi.
Le risorse necessarie a coprire queste spese venivano dall'aumento di 30-40 cent al metro quadro. Il corrispettivo per i servizi indivisibili ha portato un incremento di circa il 14% per una famiglia di tre componenti, incremento che in caso d'adozione dell'aliquota massima poteva arrivare al 19%.

Con sentenza n. 4223/2017, il Consiglio di Stato[3] dichiara l'illegittimità di una maggiore tassazione delle seconde case, essendo i comuni tenuti dalla legge a basare la tassaziome sui consumi effettivi o presumibili.

Gettito[modifica | modifica wikitesto]

Le stime della CGIA di Mestre[4] e del Servizio Politiche Territoriali UIL[5] parlano di un gettito tra gli 8 e i 10 miliardi, incassati dagli Enti Locali, di cui 7-8,5 a copertura del servizio di smaltimento rifiuti e 1-1,2 per i servizi indivisibili[6][7].

Presupposti di applicazione[modifica | modifica wikitesto]

Il TARES interessa chiunque possieda/detenga locali suscettibili di produrre rifiuti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, articolo 14, in materia di "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici."
  2. ^ Legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici."
  3. ^ Tassa sui rifiuti: irragionevole la maggiorazione per i non residenti, su altalex.com, 27 dicembre 2017. URL consultato il 3 marzo 2018. La sentenza: Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 6 luglio, depositata il 6 settembre 2017, n. 4223.
  4. ^ TARES: senza modifiche costerà 2 miliardi in più della TARSU (PDF), su cgiamestre.com. URL consultato il 15 dicembre 2013.
  5. ^ Loy: La TARES costa più dell'IMU sulla prima casa, su uil.it, 13 dicembre 2013. URL consultato il 15 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2014).
  6. ^ Massimo Morici, Imu e Tares, quanto sono costate alle imprese, su panorama.it, 28 agosto 2013. URL consultato il 22 marzo 2023.
  7. ^ Cgia: dalla Tares 8 mld allo Stato Gettito più alto rispetto a Tarsu, su repubblica.it, 9 gennaio 2013. URL consultato il 15 dicembre 2013.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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