Alleati della seconda guerra mondiale

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Gli Alleati della seconda guerra mondiale (spesso semplicemente Alleati) furono tutti i Paesi che si coalizzarono contro le potenze dell'Asse durante la seconda guerra mondiale.

      Alleati

      Alleati dopo l'attacco di Pearl Harbor

      Potenze dell'Asse

      Paesi neutrali

Le tre potenze principali che svolsero un ruolo decisivo nel conflitto furono gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica e il Regno Unito; la turbolenta alleanza tra queste tre potenze venne denominata da Winston Churchill la Grande Alleanza, mentre i tre capi, lo stesso Churchill, Franklin Delano Roosevelt e Josif Stalin sono passati alla storia come i Tre Grandi.[1]

I "Tre Grandi" alla conferenza di Teheran del novembre 1943: da sinistra, il leader dell'Unione Sovietica Iosif Stalin, il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt ed il primo ministro britannico Winston Churchill
I leader partecipanti alla campagna del Pacifico, il generalissimo Chiang Kai-shek, Franklin Delano Roosevelt, e Winston Churchill alla conferenza del Cairo nel 1943

Utilizzo del termine[modifica | modifica wikitesto]

Anche se convenzionalmente vennero chiamati col nome di «Alleati»; l'espressione non fu mai formalmente utilizzata dai membri della coalizione. Al contrario, nel dicembre del 1941 il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt scelse per i paesi alleati il nome di "Nazioni Unite".[2] La successiva Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1º gennaio 1942 è alla base della nascita dell'ONU.

Paesi costituenti[modifica | modifica wikitesto]

In senso stretto, gli Alleati sono stati il Regno Unito, assieme ai Paesi che componevano l'Impero britannico, e gli Stati Uniti con i Paesi loro alleati. La Francia, nonostante la parentesi che va dalla sconfitta del 1940 alla liberazione del 1944, è considerata parte degli Alleati, come dimostra il fatto di aver ottenuto al termine del conflitto una zona di occupazione della Germania e di essere stata inclusa nel consiglio di sicurezza dell'ONU in qualità di potenza vincitrice.

Storicamente viene inclusa tra gli Alleati anche l'Unione Sovietica, sebbene nell'estate del 1939 il governo sovietico avesse concluso, stante la stagnazione dei colloqui con Regno Unito e Francia per un patto in funzione antitedesca, un accordo di non aggressione con la Germania, conosciuto come Patto Molotov-Ribbentrop, il quale regolava anche le relative "zone di influenza" dei due Paesi e permise agli stessi di spartirsi il territorio polacco nell'ottobre successivo. L'operazione Barbarossa scattata il 22 giugno 1941 mutò completamente le prospettive politiche e strategiche, spingendo l'Impero britannico e l'Unione Sovietica a un'alleanza formale. Sul piano ideologico e di politica internazionale i sovietici rimasero sempre lontani dalle concezioni delle democrazie occidentali, mentre sul piano militare la collaborazione tra le tre maggiori potenze alleate fu spesso difficile e minata dalla diffidenza reciproca.

Viene inclusa, inoltre, la Cina, già in guerra col Giappone prima dell'inizio del conflitto e divenuta cobelligerante dopo l'attacco di Pearl Harbor. La coalizione di guerra delle quattro nazioni, divenne anche nota con la definizione, coniata da Franklin Delano Roosevelt, di "quattro potenze", corrispondeva ai quattro principali alleati della seconda guerra mondiale: il Regno Unito, gli Stati Uniti, l'Unione Sovietica e la Cina.[3][4]

Cronologia della partecipazione alla guerra[modifica | modifica wikitesto]

Le Nazioni Unite furono un'alleanza strutturale, la prima nella storia a proseguire i suoi scopi tramite un'organizzazione internazionale anche dopo il termine della guerra. I suoi 51 membri entrarono nel conflitto in tempi differenti.

Dopo l'invasione della Polonia[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la strana guerra[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'invasione dell'Unione Sovietica[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'attacco di Pearl Harbor[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la dichiarazione delle Nazioni Unite[modifica | modifica wikitesto]

  • Bandiera dell'Iraq Iraq: 16 gennaio 1942 (occupato dagli Alleati nel 1941)
  • Bandiera del Perù Perù: 12 febbraio 1942
  • Bandiera del Messico Messico: 22 maggio 1942
  • Bandiera del Brasile Brasile: 22 agosto 1942
  • Etiopia: 14 dicembre 1942
  • Bandiera della Bolivia Bolivia: 2 aprile 1943
  • Iran: 9 settembre 1943 (occupato dagli Alleati nel 1941)
  • Bandiera dell'Italia Italia: 13 ottobre 1943 (cobelligerante, dopo aver abbandonato le potenze dell'Asse)[5]
  • Bandiera della Colombia Colombia: 26 novembre 1943
  • Bandiera della Liberia Liberia: 27 gennaio 1944

Dopo lo sbarco in Normandia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bandiera della Romania Romania: 25 agosto 1944 (dopo aver abbandonato le potenze dell'Asse)
  • Bandiera della Bulgaria Bulgaria: 8 settembre 1944 (dopo aver abbandonato le potenze dell'Asse)
  • Albania: 29 novembre 1944
  • Ecuador: 2 febbraio 1945
  • Bandiera dell'Argentina Argentina: 7 febbraio 1945
  • Bandiera del Paraguay Paraguay: 7 febbraio 1945
  • Bandiera dell'Uruguay Uruguay: 15 febbraio 1945
  • Bandiera del Venezuela Venezuela: 15 febbraio 1945
  • Bandiera di San Marino San Marino: 21 febbraio 1945 (all’inizio su un governo di ideologia fascista, ma alla caduta del regime in Italia, si dichiarò nelle potenze alleate)
  • Bandiera della Turchia Turchia: 23 febbraio 1945
  • Bandiera dell'Egitto Egitto: 24 febbraio 1945
  • Bandiera del Libano Libano: 26 febbraio 1945
  • Bandiera della Siria Siria: 26 febbraio 1945
  • Arabia Saudita: 1º aprile 1945
  • Bandiera della Finlandia Finlandia: 3 aprile 1945 (dopo aver abbandonato le potenze dell'Asse)
  • Bandiera del Cile Cile: 11 aprile 1945

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ W. Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. III: La Grande Alleanza.
  2. ^ Lungo Armistizio - Vedasi ad esempio il testo dell'armistizio fra il Regno d'Italia e le Nazioni Unite, su cassibilenelmondo.it. URL consultato il 9 settembre 2018 (archiviato il 16 settembre 2018).
  3. ^ Keith Sainsbury, The Turning Point: Roosevelt, Stalin, Churchill, and Chiang Kai-Shek, 1943: The Moscow, Cairo, and Teheran Conferences, Oxford, Oxford University Press, 1986.
  4. ^ David C. Hendrickson, Townsend Hoopes e Douglas Brinkley, FDR and the Creation of the U.N., in Foreign Affairs, vol. 76, n. 3, 1997, p. 132, DOI:10.2307/20048062. URL consultato il 27 gennaio 2019.
  5. ^ Copia archiviata, su storiaxxisecolo.it. URL consultato il 25 ottobre 2019 (archiviato il 27 ottobre 2019).

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