Tamarindus indica

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Tamarindo
Tamarindus indica
Stato di conservazione
Rischio minimo
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Superrosidi
(clade) Rosidi
(clade) Eurosidi
(clade) Fabidi
Ordine Fabales
Famiglia Fabaceae
Sottofamiglia Detarioideae
Tribù Amherstieae
Genere Tamarindus
Tourn. ex L., 1753
Specie T. indica
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Ordine Fabales
Famiglia Fabaceae
Sottofamiglia Caesalpinioideae
Tribù Detarieae s.l.
Genere Tamarindus
Specie T. indica
Nomenclatura binomiale
Tamarindus indica
L., 1753
Nomi comuni

tamarindo

Il tamarindo (Tamarindus indica L., 1753) è un albero tropicale appartenente alla famiglia delle Fabacee (sottofamiglia Detarioideae[1]). È l'unica specie del genere Tamarindus[2].

Il tamarindo è utilizzato per l'alimentazione, per scopi ornamentali e anche per le sue proprietà medicinali.

Ha una crescita lenta; un antico proverbio orientale dice: "chi pianta tamarindi non raccoglie tamarindi".

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine tamarindo deriva dall'arabo تمر هندي traslitterato in tamr hindī, "dattero dell'India".

Diversi erboristi e medici del primo medioevo scrivevano tamar indi, il latino medievale scriveva tamarindus e Marco Polo scrisse tamarandi.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Tamarindus indica.

Il tamarindo è un albero sempreverde, massiccio. Ha una crescita lenta ed è un albero longevo diventando plurisecolare. In condizioni favorevoli può arrivare anche a trenta metri di altezza e più di sette metri di circonferenza.

Le foglie sono pennato-composte (quindi costituite da numerose foglioline) lunghe fino a 15 cm a fillotassi alterna.

Come accade in altre specie di Mimosoidee, le foglie si richiudono durante la notte. Le foglie sono caduche durante la stagione asciutta solo nei luoghi che hanno una stagione secca particolarmente prolungata.

I fiori sono poco appariscenti, lunghi circa 2,5 cm, gialli con strie rosse o arancioni, riuniti in infiorescenze (racemi). Hanno 5 petali e un calice di quattro sepali caduchi alla fioritura.

Il legno ha durame duro e compatto, rosso scuro, l'alburno è più giallastro.

il frutto è un lomento, ovvero un legume indeiscente, lungo 10–15 cm e leggermente incurvato. Contengono una polpa marrone succosa ed edule e dei semi duri appiattiti e lucenti.

In condizioni normali, l'albero fruttifica non prima del suo sesto-settimo anno d'età.[3]

Pianta e fiori di Tamarindo.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Originario dell'Africa Orientale e India[senza fonte], ma coltivato in molte aree tropicali asiatiche e dell'America Latina.

Usi[modifica | modifica wikitesto]

Uso alimentare[modifica | modifica wikitesto]

Frutti di tamarindo.

Nella cucina occidentale il tamarindo viene utilizzato nella preparazione di bevande rinfrescanti, nella salsa Worcestershire e nella salsa HP, un tipico condimento britannico.

La parte commestibile è polpa che circonda i semi nei frutti. La polpa verde e dura di un frutto giovane è considerata da molti troppo acida, ma viene spesso utilizzata come componente di piatti salati, trasformata in sottaceti o usata per rendere commestibili alcuni igname velenosi in Ghana.[4]

Man mano che il frutto matura diventa più dolce, meno acido e più appetibile. L'acidità varia tra le cultivar e alcune cultivar di tamarindo dolce non hanno alcuna acidità quando sono mature.

La pasta di tamarindo ha molti usi culinari tra cui l'uso nei chutney (in particolare quelli indiani e pakistani), nei curry e negli sciroppi.

Nella cucina thailandese viene utilizzato nella preparazione di svariati piatti, tra i quali il pad thai e alcuni tipi di curry.

In Messico e nei Caraibi, la polpa viene diluita con acqua e zucchero per fare una bevanda denominata "agua fresca".

Uso medicinale[modifica | modifica wikitesto]

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Il principio attivo del tamarindo (tamarindina) è attivo contro Aspergillus niger e Candida albicans. Studi sperimentali dimostrano la sua particolare efficacia contro Staphylococcus aureus, Bacillus subtilis, Escherichia coli e Pseudomonas aeruginosa.[5]

Polpa, foglie e corteccia hanno applicazioni mediche. Per esempio, nelle Filippine e nel Sudan le foglie sono state tradizionalmente usate per tisane utili a contrastare le febbri malariche. In India è usato nella medicina ayurvedica per problemi gastrici o digestivi e contro il mal di denti. In Italia le sue proprietà erano già note ai tempi della Scuola medica salernitana, Pietro Andrea Mattioli (1500) lo definiva utile "per far muovere il corpo".

A basse dosi regola la funzione intestinale, mentre a dosi più alte ha un effetto lassativo.[6]

Altri usi[modifica | modifica wikitesto]

  • Grazie alla sua densità e durabilità, il cuore del legno del tamarindo può essere usato per fare mobili, parquet e soffitti.
  • Le foglie vengono usate in India e in Africa per nutrire bachi da seta dei generi Anaphe o Hypsoides, che producono una seta considerata di qualità superiore.
  • Foglie e fiori trovano applicazione anche come mordenti per stoffe e cappelli di paglia.
  • L'estratto acquoso delle foglie viene utilizzato per combattere il parassita Schistosoma.[5]
  • Gli alberi di tamarindo sono anche molto utilizzati in India - particolarmente nell'Andhra Pradesh - per fornire ombra sulle strade.
  • I frutti del tamarindo sono molto amati anche dalle scimmie.
  • È usato come ingrediente nel cocktail Poko Loko.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) The Legume Phylogeny Working Group (LPWG), A new subfamily classification of the Leguminosae based on a taxonomically comprehensive phylogeny, in Taxon, 66 (1), 2017, pp. 44–77.
  2. ^ (EN) Tamarindus, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 16 aprile 2023.
  3. ^ Tamarindo - Tamarindus indica, su giardinaggio.org. URL consultato il 23 giugno 2018.
  4. ^ El-Siddig, K., Tamarind : Tamarindus indica L., Rev. ed, Internat. Centre for Underutilised Crops, Univ. of Southampton, 2006, ISBN 0-85432-859-9, OCLC 918154743. URL consultato il 9 aprile 2020.
  5. ^ a b Imbabi ES, Ibrahim KE, Ahmed BM, Abu Al Futuh IM, Hulbert P., 1992, Chemical Characterization of Tamarind Bitter Principle, Tamarindineal (Tamarindienal). Fitoterapia 63:537-538.
  6. ^ Roberto Michele Suozzi, Le piante medicinali, Newton&Compton, Roma, 1994, p. 50

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]