Synodicon orientale

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Synodicon orientale
Titolo originaleSynodicon orientale
Frontespizio dell'edizione del Synodicon orientale di Chabot (Parigi, 1902)
1ª ed. originale775
Lingua originalesiriaco

Synodicon orientale è il nome con cui è conosciuta una raccolta di canoni conciliari della Chiesa d'Oriente, scritta in siriaco e databile tra il 775 ed il 790.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

La Chiesa d'Oriente è la Chiesa cristiana, nata in Mesopotamia, che si sviluppò soprattutto durante l'impero persiano dei Sasanidi, divenendo nel tempo una vera e propria Chiesa nazionale. Nel concilio di Beth Lapat del 484, la Chiesa persiana adottò ufficialmente la teologia di Nestorio e di Teodoro di Mopsuestia, già condannata dal Concilio di Efeso (431), sancendo con questa decisione la separazione dal resto della cristianità (l'"œcumene cristiana"). Il catholicos di Seleucia-Ctesifonte si autoproclamò capo della Chiesa d'Oriente, assumendo al contempo il titolo di patriarca.

Da questo momento, la Chiesa nestoriana (nome con cui è ancora oggi conosciuta in Occidente la Chiesa d'Oriente) iniziò a vivere di vita propria e autonoma, con la propria gerarchia, i propri dogmi e la propria disciplina ecclesiastica. La sua forte organizzazione interna le permise non solo di resistere alle varie persecuzioni che dovette subire dai Persiani, ma anche di avviare un'intensa attività missionaria nel continente asiatico, fino all'India e alla Cina.

La disciplina ecclesiastica, formulata nei primi concili della cristianità ed adottata anche dalla Chiesa in Mesopotamia, divenne col tempo impraticabile, e fu riformulata, cambiata o sostituita da nuove normative, stabilite da diversi concili nazionali, sotto l'autorità del patriarca di Seleucia-Ctesifonte. Gli atti e i decreti di questi concili furono più tardi raccolti in una collezione, nota con il nome di Synodicon orientale.

Il manoscritto: datazione e contenuto[modifica | modifica wikitesto]

È difficile stabilire quanti antichi manoscritti in lingua siriaca riportino il testo del Synodicon orientale. Nel monastero di Rabban Ormisda nei pressi di Alqosh, nel nord dell'Iraq, era conservato un codice dell'XI secolo, che riporta vari testi di ordine canonico e di legislazione ecclesiastica, tra cui anche il Synodicon orientale.[1] Questo codice ora si trova nel vicino monastero di Notre-Dame-des-Semences.[2] A partire da questo manoscritto, sono state redatte due copie moderne:

  1. la prima di queste, in versione integrale, fu redatta poco prima del 1869 da Joseph David, all'epoca ausiliare di Mosul dei Siri e in seguito arcieparca di Damasco dei Siri, e oggi conservata nel Museo Borgia nella sede di Propaganda Fide a Roma;[3]
  2. la seconda copia fu eseguita all'epoca del patriarca caldeo Audishu V Khayyat (1894-1899) e contiene solo la seconda parte dell'antico manoscritto, quella nota con il nome di Synodicon orientale; questa copia è conservata oggi nella Biblioteca nazionale di Francia.[1]

L'antico manoscritto conservato a Alqosh consta di tre parti, distinte tra loro:[4]

  • una serie di testi eterogenei, tra cui i canoni del concilio di Nicea del 325 e del concilio di Calcedonia del 451, e di altri concili celebrati nell'impero romano nel IV secolo (Gangra, Antiochia, Laodicea, Costantinopoli, Cartagine, ecc.);
  • la seconda parte contiene il Synodicon orientale, ossia gli atti e i canoni di tredici concili della Chiesa d'Oriente, da quello del 410 indetto dal catholicos Isacco a quello del 775 celebrato dal patriarca Hnan-Isho II;[5]
  • la terza parte è un insieme eterogeneo di atti, canoni e disposizioni disciplinari posteriori all'VIII secolo.

Una nota contenuta nella seconda parte del manoscritto riferisce che il "Libro dei Sinodi orientali", come viene chiamato il Synodicon orientale, fu copiato da un antico manoscritto all'epoca del patriarca Mar Elia I, morto nel 1049. Secondo Chabot[6], il Synodicon venne scritto in un'epoca imprecisata tra il 775, anno dell'ultimo concilio menzionato nella raccolta, e il 790, anno di un importante concilio celebrato dal patriarca Timoteo I (ca. 780-823), non accolto nel Synodicon.

Valore dell'opera[modifica | modifica wikitesto]

Jean-Baptiste Chabot ha pubblicato nel 1902 l'unica edizione critica del Synodicon orientale, a partire dalle due copie del manoscritto di Rabban Ormisda, con traduzione in francese. Secondo Chabot[7], il Synodicon è importante per tre motivi principali: prima di tutto perché permette di seguire lo sviluppo e le successive modifiche della dottrina teologica nestoriana a partire dall'esame delle professioni di fede che precedono la maggior parte degli atti dei sinodi; in secondo luogo perché fornisce indicazioni preziose sulla cronologia esatta dei patriarchi di Seleucia-Ctesifonte; infine, le numerose liste episcopali presenti nel Synodicon permettono di ricostruire l'organizzazione ecclesiastica della Chiesa d'Oriente in epoca persiana (V-VIII secolo) e apportano un contributo importante alla storia della Chiesa orientale.

Elenco dei sinodi[modifica | modifica wikitesto]

Il Synodicon orientale riporta gli atti e i canoni dei primi 13 concili della Chiesa d'Oriente, secondo questo elenco:

Sinodo Anno Pagine[8]
I
Concilio del catholicos Mar Isacco
253-275
II
Concilio del catholicos Mar Yahballaha I
276-284
III
Concilio del catholicos Mar Dadisho I
285-297
IV
Concilio del patriarca Mar Acacio
299-308[9]
V
Concilio del patriarca Mar Babai
310-317
VI
Concilio del patriarca Mar Aba I
318-351
VII
Concilio del patriarca Mar Giuseppe
352-367
VIII
Concilio del patriarca Mar Ezechiele
368-389
IX
Concilio del patriarca Mar Ishoʿyahb I
390-455
X
Concilio del patriarca Mar Sabrishoʿ I
456-470
XI
Concilio del patriarca Mar Gregorio
471-479
XII
Concilio del patriarca Mar Gewargis I
480-514
XIII
Concilio del patriarca Mar Hnan-Isho II
515-523

Organizzazione della Chiesa persiana[modifica | modifica wikitesto]

Il concilio del 410 organizzò per la prima volta la Chiesa dell'impero persiano in province ecclesiastiche, sul modello delle province dell'impero bizantino. Questa organizzazione fu sancita e ufficializzata nel canone XXI del concilio[10], che stabiliva il primato del metropolita di Seleucia-Ctesifonte e la divisione in cinque province ecclesiastiche[11], ciascuna suddivisa in diocesi, il cui numero fu stabilito dallo stesso concilio[12]:

Nel concilio del patriarca Giuseppe del 554, si trovano aggiunte altre due province ecclesiastiche[17]:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Chabot, op. cit., p. 11
  2. ^ E. Amann, Dictionnaire de théologie catholique, vol. XI, 1931, col. 158.
  3. ^ Chabot, op. cit., p. 3
  4. ^ Chabot, op. cit., pp. 4-10 e 13-14.
  5. ^ Vedere anche: Chabot, op. cit., Indice dei concili, p. 694.
  6. ^ Chabot, op. cit., pp. 12-13.
  7. ^ Chabot, op. cit., p. 15.
  8. ^ Pagine di riferimento della traduzione in francese del Synodicon nell'edizione di Jean-Baptiste Chabot.
  9. ^ A questo punto il Synodicon orientale inserisce gli atti di un concilio scismatico, tenuto nel 484 dal vescovo ribelle Barsauma di Nisibi; questo concilio, i cui atti non furono approvati dalla Chiesa d'Oriente, non è conteggiato nel Synodicon assieme agli altri concili ufficiali.
  10. ^ Synodicon orientale, ed. Chabot, op. cit., pp. 271-273.
  11. ^ Labourt, op. cit., p. 98.
  12. ^ Synodicon orientale, ed. Chabot, op. cit., pp. 272-273.
  13. ^ Nei successivi concili sono segnalati dipendenti da questa provincia anche i vescovi di Ispahan, di Mihraganqadaq, di Ram Hormizd e di Shahpur Khwast.
  14. ^ Nei successivi concili sono segnalati dipendenti da questa provincia anche i vescovi di Shigar, di Qardu, di Beth Zabdai, di Qube d'Arzun, di Tamanon, di Maiperqat, di Balad e di altre diocesi.
  15. ^ Nei successivi concili sono segnalati dipendenti da questa provincia molti altri vescovi, segnalati nelle regioni di Erbil, Mosul, Amadiya, Aqrah, Hakkâri e Urmia.
  16. ^ Nei successivi concili sono segnalati dipendenti da questa provincia anche i vescovi di Tahal, di Shahrzur, di Khanijar e di Gawkaï.
  17. ^ Labourt, op. cit., p. 326.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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