Stemma di Paternò

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Stemma di Paternò

Lo stemma della Città di Paternò è l'emblema raffigurativo del comune italiano di Paternò, in provincia di Catania. È costituito da uno scudo con sfondo azzurro timbrato con la corona di città, con al centro una torre su una collina verde che ai suoi lati presenta due ceraste dragonali dorate.

Blasonatura[modifica | modifica wikitesto]

Lo stemma riconosciuto con D.P.C.M. del 10 giugno 1951[1] ha la seguente blasonatura:

«di azzurro, alla torre al naturale, merlata alla ghibellina, aperta e finestrata del campo, fondata sulla campagna di verde, sostenuta da due ceraste dragonali, controrampanti d'oro. Ornamenti esteriori del Città.»

Il gonfalone civico

La descrizione del gonfalone, riconosciuto con D.P.R. del 1º luglio 1952[1], è la seguente:

«drappo di colore azzurro riccamente ornato di ricami d'oro e caricato dello stemma comunale con l'iscrizione centrata in oro: Comune di Paternò. Le parti di metallo ed i cordoni sono dorati. L'asta verticale è ricoperta di velluto azzurro con bullette dorate poste a spirale. Nella freccia è rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'oro.»

Storia e leggende[modifica | modifica wikitesto]

L'origine dello stemma civico di Paternò risale probabilmente all'avvento dei Normanni nella città. Pare infatti che il simbolo venne adottato subito dopo la costruzione del Castello (1072), fatto erigere dal conte Ruggero I d'Altavilla sul colle paternese.

Sulla raffigurazione che presenta lo stemma ci sono diverse leggende. Lo storico locale frà Placido Bellia scrisse nel suo manoscritto Storia di Paternò del 1808:

«Sembra una favola inventata dal Volgo, che lo stemma si adottò nei tempi del Conte Ruggero, quando fu ristorata la Torre; ove in una grotta vicina, al rumore dei fabbri muratori, si destarono le due ceraste alate; delle quali una venne uccisa da un arciere e l'altra che volò fino alla gran lapide vicino Lentini, fece determinare il Conte Ruggero ad estender fin là i confini di questo territorio.»

Un'altra leggenda venne spiegata dallo scrittore paternese Antonino Truglio in un articolo pubblicato nel 1968 sul quotidiano La Sicilia. Secondo Truglio:

«I due dragoni alati, che sono raffigurati nell'emblema civico ai lati della torre che simboleggia il Castello, si dice che vivessero nei roveti lussureggianti che prosperavano attorno al vecchio maniero: e quando i Paternesi, per liberare il Castello dal ginepraio, bruciarono i rovi, i due dragoni uscirono dal loro nascondiglio e rimasero per sempre attaccati alle mura del castello, così come ora sono raffigurati nello stemma civico.»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Paternò, su Archivio Centrale dello Stato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • S. Correnti, Paternò, Palermo, Nuova Trinacria, 1973.
  • A. Cunsolo e B. Rapisarda, Note storiche su Paternò, vol. 2, Paternò, Tipolitografia IBLA, 1976.
  • V. La Mantia, Consuetudini di Paternò, Palermo, Giannitrapani, 1903.
  • B. Rapisarda Tripi, Paternò tra due torri, Paternò, Ass. Culturale, "B. Rapisarda", 2002.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]