Alfredo Fusco

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Alfredo Fusco
Tenente pilota MOVM Alfredo Fusco
NascitaTripoli, 5 luglio 1915
MorteBerat, 20 febbraio 1941
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Aeronautica
SpecialitàCaccia
Reparto361ª Squadriglia, 154º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre
Anni di servizio1936-1941
GradoTenente
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Aeronautica di Caserta
dati tratti da Testi delle motivazioni di concessione delle Medaglie d'Oro al Valor Militare[1]
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Alfredo Fusco (Tripoli, 5 luglio 1915Berat, 20 febbraio 1941) è stato un ufficiale e aviatore italiano. Pilota di caccia della Regia Aeronautica durante la seconda guerra mondiale, perse la vita nel febbraio del 1941 nell'eroico tentativo di soccorrere da solo un collega attaccato da un'intera formazione della Royal Air Force e decorato con la medaglia d'oro al valore militare alla memoria.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque in nave il 5 luglio 1915,[1] mentre la sua famiglia si stava trasferendo a Tripoli (Libia),[2] figlio di Sebastiano e Marianna Fusco.[N 1] Dopo aver conseguito il diploma magistrale[3] presso l'Istituto "Regina Margherita" di Torino, appassionatosi al mondo dell'aviazione, decise di arruolarsi nella Regia Aeronautica.[3] A partire dal 1936[3] frequentò il Corso Rex della Regia Accademia Aeronautica di Caserta, dove il suo carattere esuberante gli fece accumulare una lunga serie di punizioni.[3] Nell'ottobre del 1938[3] uscì dall'Accademia con il grado di sottotenente pilota, conseguendo il brevetto di pilota militare il 28 agosto 1939, per entrare in servizio presso il 52º Stormo Caccia Terrestre di stanza sull'aeroporto di Roma-Ciampino.[3]

Promosso tenente pilota in servizio permanente effettivo (s.p.e.) l'8 aprile 1940, entrò in servizio presso la 361ª Squadriglia[4] del 24º Gruppo Caccia,[4] di stanza sull'aeroporto di Berat, in Albania, nell'ottobre dello stesso anno.[4] L'unità era equipaggiata con i caccia Fiat G.50 "Freccia".[2] Il 26 ottobre, due giorni prima dell'inizio dell'offensiva italiana contro la Grecia la sua Squadriglia[5] fu trasferita al 154º Gruppo Autonomo Caccia Terrestre.[5]

La mattina del 20 febbraio[1] 1941 andò in volo insieme ad una formazione di aerei al comando del maggiore Angelo Mastragostino,[2] che aveva il compito di scortare quattro aerei da ricognizione IMAM Ro.37 sulla zona tra Klisura e Tepeleni.[2] Una formazione di sette caccia PZL P.24[3] dell'Ellinikí Vasilikí Aeroporía, la Regia Aeronauica greca, attaccò quella italiana. Ne seguì un violento combattimento, al termine del quale Alfredo Fusco rimase ferito leggermente ad un orecchio,[3] mentre il suo aereo risultò inservibile a causa dei danni riportati.[3]

Nel pomeriggio dello stesso giorno, decollò per primo su allarme per intercettare una squadriglia di 16 bombardieri Bristol Blenheim,[N 2] scortati da sei caccia Hawker Hurricane del No.80 Squadron.[3] Utilizzando addirittura l'aereo del suo comandante per guadagnare tempo, decollò, e una volta in quota si gettò contro i bombardieri. Attaccato a sua volta dai sei[5] caccia, tra cui quello pilotato dall'asso Marmaduke Pattle, il suo aereo venne duramente colpito, ma ripreso il controllo del velivolo invece di atterrare si gettò nuovamente contro la formazione avversaria.[3] Dopo aver centrato gravemente un Blenheim[N 3] fu a sua volta attaccato da due Hurricane, che, superiori per armamento e prestazioni, lo colpirono facendo esplodere l'aereo[2] in volo, uccidendolo sul colpo.[N 4]

A nulla servì l'aiuto prestatogli dal collega di corso in Accademia Livio Bassi[3] che lo raggiunse in combattimento dopo poco e fu anche lui attaccato e colpito dai caccia della RAF.[5] Bassi riuscì ad atterrare pur con l'aereo danneggiato, ma il velivolo prese fuoco ustionandolo molto gravemente[6] al punto da causagli la morte in ospedale il 2 aprile 1941.[3] A entrambi gli sfortunati aviatori[N 5] fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare[1] alla memoria.[5][7]

Ad Alfredo Fusco è stato intitolato il 6º Stormo da interdizione dell'Aeronautica Militare operativo con il velivolo Panavia Tornado attualmente con sede presso l'aeroporto di Brescia-Ghedi.[8] Il comune di Castelforte gli ha intitolato una via, l'Istituto comprensivo, e nel 2006 è stato eretto un monumento in Piazza Medaglia d'Oro.[2]. Roma Capitale, nel 1966, gli ha dedicato una strada nel quartiere della Balduina[9]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Brillante ed audace pilota da caccia, in moltissime azioni ed in acerrimi combattimenti, contribuiva all'abbattimento di dieci apparecchi dimostrando elette doti di combattente generoso e sprezzante del pericolo. Il giorno 20 febbraio, in un combattimento contro una soverchiante formazione da caccia nemica, benché ripetutamente colpito continuava a combattere fino a quando gli avversari non rinunciarono alla lotta. Nel pomeriggio dello stesso giorno, pronunciatasi sul campo una incursione di bombardieri nemici, scortati da numerosi caccia, si levava per primo in volo all'allarme benché fosse in turno di riposo. Conscio del pericolo cui si esponeva prendeva quota immediatamente e da solo impegnava combattimento, attirando contro sé l'intera formazione nemica, riuscendo così a distoglierne l'offesa dall'obiettivo prefisso. Nell'impari lotta, crivellato dalle raffiche dei numerosi caccia di scorta, immolava gloriosamente la sua giovane esistenza. Cielo della Grecia e dell'Albania, novembre 1940 - 20 febbraio 1941
— Regio Decreto 24 ottobre 1941 (Bollettino Ufficiale 1941 disp.45 pag. 2071 e disp.52 pag. 2562)[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il padre era un colonnello del Regio Esercito che era stato trasferito a prestare servizio in Africa settentrionale italiana. La coppia ebbe altri due figli, Matteo, che divenne avvocato, e Olderico, ufficiale d'artiglieria.
  2. ^ Si trattava di velivoli appartenenti ai No.84, 30 e 211 Squadron della Royal Air Force.
  3. ^ Si trattava dell'esemplare matricola L8542 del No.211 Squadron al comando del sottotenente Cox.
  4. ^ Il suo corpo carbonizzato venne rinvenuto sul greto del fiume Devoli.
  5. ^ Inizialmente non venne ritenuto di concedere la Medaglia d'oro a Fusco in quanto era decollato senza autorizzazione sul velivolo di un altro pilota, ma poi si decise di premiare il suo coraggio.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1969, p.177.
  2. ^ a b c d e f Provincia Latina. Il percorso della memorian.9, ottobre-novembre-dicembre 2010, p. 13.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m Mattioli 2007, p. 7.
  4. ^ a b c Dunning 1988, p. 31.
  5. ^ a b c d e Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1977, p. 269.
  6. ^ Domenico Tibaldi, L'aquila nella leggenda (PDF), su provincia.latina.it, 2007, p. 13 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007).
  7. ^ Dal sito dell'AMI.
  8. ^ FUSCO ALFREDO, su aeronautica.difesa.it, www.aeronautica.difesa.it. URL consultato l'8 giugno 2007.
  9. ^ Copia archiviata, su comune.roma.it. URL consultato il 28 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2021).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Chris Dunning, Combat Units od the Regia Aeronautica. Italia Air Force 1940-1943, Oxford, Oxford University Press, 1988, ISBN 1-871187-01-X.
  • Chris Dunning, Solo coraggio! La storia completa della Regia Aeronautica dal 1940 al 1943, Parma, Delta Editrice, 2000.
  • I Reparti dell'Aeronautica Militare Italiana, Roma, Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, 1977.
  • Franco Pagliano, Storia di diecimila aeroplani, Milano, Edizioni Europee, 1954.
  • Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, Testi delle motivazioni di concessione delle Medaglie d'Oro al Valor Militare, Roma, Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, 1969.
Periodici
  • Un monumento e una mostra per l'aquila ribelle, in Provincia Latina. Il percorso della memoria, n. 9, Latina, ottobre-novembre-dicembre 2010, pp. 12-13.
  • Marco Mattioli, L'aquila indomita, in UNUCI, n. 3/4, Roma, Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia, marzo-aprile 2007, p. 7.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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