Specchio ustorio

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Gli specchi ustori sono specchi in grado di concentrare i raggi paralleli provenienti dal Sole in un punto, detto fuoco dello specchio.

Teoria e storia[modifica | modifica wikitesto]

Uno specchio ustore può essere realizzato con uno specchio parabolico, uno specchio, cioè, la cui superficie abbia la forma di un paraboloide di rotazione. Nell'introduzione Diocle riferisce che studi precedenti sull'argomento erano stati compiuti da Dositeo. Diocle non accenna ad Archimede, ma secondo la testimonianza fornita da Apuleio nell'Apologia, Archimede aveva affrontato l'argomento nel suo trattato perduto di Catottrica[1]. Naturalmente la funzione degli specchi ustori può essere svolta con buona approssimazione anche usando un gran numero di specchi piani che riflettano la luce in un unico punto. Si è ipotizzato che questa seconda soluzione (ottenuta magari con specchi indipendenti, ciascuno manovrato da una persona) sia stata quella utilizzata in pratica. Sarebbero usati durante la seconda guerra punica dai Siracusani durante l'assedio portato dai Romani a danno della città di Siracusa nel 212 a.C. .

Gli specchi ustori e l'assedio di Siracusa[modifica | modifica wikitesto]

Specchi ustori di Giulio Parigi del 1600 presso lo stanzino delle matematiche, Galleria degli Uffizi a Firenze

Nell'immaginario collettivo gli specchi ustori sono indissolubilmente legati all'assedio di Siracusa, durante il quale Archimede li avrebbe usati per bruciare le navi romane. L'episodio non è ricordato da Polibio (che è la fonte più attendibile sui congegni bellici ideati da Archimede durante l'assedio), né da Livio né da Plutarco, ma è riferito da varie fonti tarde. Ne parla per primo Galeno[2] e poi Cassio Dione Cocceiano[3] e vari altri autori, tra i quali i bizantini Giovanni Zonara[4] e Giovanni Tzetzes[5]. Essi aggiungono particolari ai racconti più antichi, descrivendo gli specchi ustori come composti da una serie di specchi piani opportunamente orientati. I raggi del Sole concentrati dagli specchi in un unico punto sarebbero stati in grado di bruciare il legno delle navi romane. La struttura è costituita da almeno 24 grandi specchi piani, disposti in una figura esagonale su un graticcio ruotante su un palo fissato al terreno: lo specchio centrale serviva a dirigere il raggio solare riflesso sull'obiettivo, mentre gli specchi laterali venivano fatti convergere con un sistema di cinghie.

La struttura descritta da Zonara e Tzetzes viene rappresentata in una scena nel 1914 del film storico colossal Cabiria, e attraverso questo film ha contribuito alla credenza nell'immaginario collettivo. Altre fonti, non accreditate, riportano la descrizione di specchi in bronzo da toilette in uso all'epoca: un migliaio di donne sugli spalti del porto ciascuna manovrando un singolo specchio con la mano, potevano dirigere il riflesso del sole sulle vele delle navi nemiche di passaggio nello stretto a sud di Siracusa, concentrando in un punto il riflesso di mille specchi dei raggi del sole.

L'antico uso bellico degli specchi ustori potrebbe essere poco credibile per vari motivi. In primo luogo il fatto che ne parlino solo autori tardi rende l'episodio molto sospetto. Alcuni hanno poi ritenuto impossibile ottenere con specchi temperature sufficientemente elevate (il legno ha una temperatura di autoignizione superiore ai 300 °C). Altri hanno sottolineato la difficoltà di costruire uno specchio parabolico con un fuoco così distante come dovevano essere le navi dalle mura di Siracusa. Poiché Archimede riuscì realmente a bruciare navi romane perfezionando armi da getto in grado di lanciare sostanze incendiarie, si è sostenuto che alla base della leggenda vi sia un'errata traduzione di una voce greca, che si sarebbe riferita a "sostanze incendiarie" e sarebbe stata interpretata erroneamente come "specchi ustori". L'esistenza, tuttavia, di antichi trattati sugli specchi ustori e le testimonianze riportate sopra su Dositeo e Archimede suggeriscono la possibilità che la leggenda sia nata sovrapponendo il ricordo delle navi romane incendiate alla reale progettazione di specchi ustori destinati ad usi più pacifici.

Nel romanzo Anarchici e siluri, della scrittrice Joyce Lussu, si immagina che il naturalista anconitano Luigi Paolucci narri la leggenda degli specchi ustori, localizzando l'ultimo rifugio dell'invenzione archimedea in una caverna dell'antica colonia siracusana di Ankón (Ancona)[6].

Interpretazioni moderne e tentativi di ricostruzione[modifica | modifica wikitesto]

Ipotesi sugli specchi

Nel corso della storia, molti scienziati si sono interessati agli antichi specchi ustori. Secondo recenti ritrovamenti in Svezia il popolo dei vichinghi possedeva delle lenti per concentrare i raggi solari.[senza fonte]

Leonardo, ad esempio, cercò, invano, di utilizzare specchi per fondere il bronzo di alcune statue commissionategli. Ma prima di lui Giovanni da Fontana lasciò testimonianze sull'argomento. Anche Galileo ne accennò. Bonaventura Cavalieri intitolò Lo specchio ustorio il suo trattatello sulle coniche, nel quale propose una sua ricostruzione dell'ordigno di Archimede, che avrebbe usato due specchi parabolici.

Nel Settecento Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, tentò di ripetere l'esperienza degli specchi ustori costruendo un modello composto da 148 specchi piani costituenti approssimativamente un paraboloide. La struttura era dotata di leverismi in grado di spostare il fuoco adattandolo alla posizione assunta dal bersaglio. L'esperienza di Buffon ebbe il risultato di concentrare la luce del sole sino a fondere del piombo e dello stagno, ma non dimostrò né replicò l'evento "storico" delle navi incendiate.

Nel 1796, durante la Rivoluzione francese, Étienne-Gaspard Robert propose l'uso degli specchi ustori contro le navi della Marina britannica, ma la proposta non fu approvata.

Nel 1972 l'ingegnere Mario Pincherle ha proposto e interpretato una riproduzione degli specchi ustori riproducendone il funzionamento. Secondo Pincherle la macchina ustoria era composta da migliaia di piccoli specchi che i Siracusani potevano orientare verso le navi nemiche.[7]

Negli anni novanta del XX secolo è stato compiuto un esperimento per valutare la sua effettiva capacità, dirigendo verso una replica di una nave romana (con gli stessi materiali che venivano usati all'epoca) 24 pannelli metallici lucidati in materiale simile a quelli utilizzati dai siracusani come scudi. Dopo pochi secondi il legno cominciò ad emettere fumo, per poi bruciare.[senza fonte]

Nel 2006 è stata ripetuta l'esperienza dal prof. David Wallace del MIT, nel corso di una trasmissione televisiva, ottenendo un parziale successo. Con l'aiuto di 127 specchi da 30 cm egli ha cercato di ripetere l'esperienza di Archimede concentrando l'energia solare su una barca di legno lunga 30 metri, riuscendo a creare una piccola fiamma[8].

Nel 2010, durante la trasmissione televisiva Miti da sfatare (Mythbusters), è stata ricostruita l'esperienza su espressa richiesta del presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Nonostante siano stati usati 500 specchi (sia di bronzo lucidato che moderni di vetro), si è registrato un incremento di appena un centinaio di gradi, molto distante dalla temperatura di autocombustione della stoffa. Nonostante ciò è stato chiaro come l'esperienza sia estremamente fastidiosa per eventuali soldati a bordo delle navi. È possibile che fosse stato questo un elemento vincente della strategia di Archimede, più che una vera e propria arma in grado di bruciare gli scafi.

Usi moderni degli specchi ustori[modifica | modifica wikitesto]

Ad oggi il metodo di concentrazione dei raggi solari viene utilizzato in alcune centrali solari per la produzione di energia elettrica. Un esempio di applicazione è la centrale sperimentale Archimede nei pressi di Siracusa che sfrutta dei metodi innovativi.

Uno specchio parabolico concavo viene usato anche durante la cerimonia di accensione della fiaccola olimpica prima di ogni edizione dei Giochi olimpici [9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Apuleio, Apologia, XVI
  2. ^ De temperamentis,3.2
  3. ^ XV libro della Storia romana
  4. ^ Epitome historiarum, vol. 2, 263, 2-8 (ed. Dindorf) Epitome: gli specchi ustori di Archimede
  5. ^ Chiliades, II, 118-128.
  6. ^ Joyce Lussu, Sherlock Holmes, anarchici e siluri, Robin Edizioni IT, 2000, pp. 95-96, ISBN 9788886312561.
  7. ^ Specchi ustori di Archimede Archiviato il 7 ottobre 2011 in Internet Archive.
  8. ^ Dalla rivista Newton Il MIT riabilita Archimede, gli specchi ustori non solo leggenda
  9. ^ Adnkronos, Accesa in Grecia la fiaccola olimpica dei Giochi di Vancouver 2010, su adnkronos.com. URL consultato il 3 maggio 2010.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Vacca, Sugli specchi ustori di Archimede, Bologna, s. n., 1940.
  • Roshdi Rashed (1990), "A Pioneer in Anaclastics: Ibn Sahl on Burning Mirrors and Lenses", Isis 81 (3), p. 464-491 [464-468]

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