Sopwith Baby

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Sopwith Baby
Descrizione
Tipoidrocaccia
idrobombardiere leggero
Equipaggio1
CostruttoreBandiera del Regno Unito Sopwith Aviation
Bandiera del Regno Unito Blackburn
Bandiera dell'Italia Ansaldo
Bandiera della Norvegia Marinens Flyvebaatfabrikk
Data primo volosettembre 1915
Data entrata in servizio1915
Utilizzatore principaleBandiera del Regno Unito RNAS
Altri utilizzatoriBandiera dell'Italia Regia Marina
Esemplari386[1]
Sviluppato dalSopwith Schneider
Altre variantiFairey Hamble Baby
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza7,01 m (23 ft 0 in)
Apertura alare7,82 m (25 ft 8 in)
Altezza3,05 m (10 ft 0 in)
Superficie alare22,30 (240 ft²)
Peso a vuoto557 kg (1 226 lb)
Peso carico779 kg (1 715 lb)
Propulsione
Motoreun rotativo Clerget
Potenza110 hp (82 KW)
Prestazioni
Velocità max162 km/h (100 mph, 87 kt) al livello del mare
Velocità di salita1,45 m/s (285 ft/min)
Raggio di azione2 h 15 min
Tangenza3 050 m (10 000 ft)
Armamento
Mitragliatriciuna Vickers calibro .303 in (7,7 mm)
Bombe2 da 65 lb (28 kg)

i dati sono estratti da Jane's Vintage Aircraft Recognition Guide[2]

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Il Sopwith Baby fu un idrovolante a scarponi monomotore, monoposto e biplano, sviluppato dall'azienda aeronautica britannica Sopwith Aviation Company negli anni dieci del XX secolo e prodotto, oltre che dalla stessa, su licenza sia in patria, dalla Blackburn Aircraft, che all'estero, dall'italiana SA Aeronautica Gio Ansaldo e dalla norvegese Marinens Flyvebaatfabrikk.

Derivato dal precedente Sopwith Schneider, venne utilizzato come idrocaccia (o più propriamente come idroscout) e come idrobombardiere leggero durante e dopo il termine della prima guerra mondiale.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Le origini del progetto sono da far risalire ad uno sviluppo del Sopwith Schneider, una variante monoposto del Tabloid a carrello fisso realizzata per concorrere, aggiudicandosela, all'edizione del 1914 della Coppa Schneider, il quale entrò in servizio con il Royal Naval Air Service (RNAS), la componente aerea della Royal Navy, dopo l'inizio della Grande Guerra.

Il Baby, altrimenti identificato come Admiralty 8200 Type, fu elaborato dalla Sopwith Aviation per rispondere ad un'esigenza dell'Ammiragliato britannico, ed inizialmente differiva marginalmente dall'impostazione del vincitore della Coppa Schneider.[3]

In seguito all'aggiornamento delle specifiche, rese più restrittive per adeguare la flotta aerea alle mutate prestazioni dei modelli avversari, il modello venne interessato da una serie di modifiche migliorative da parte della Blackburn Aircraft di Leeds.

Dal modello venne inoltre ricavata un'ulteriore variante, il Fairey Hamble Baby, che fu costruita sia dalla Fairey che dalla Parnall.

Il Royal Naval Air Service emise un ordine complessivo per 286 Sopwith Baby dei quali 100 unità vennero realizzate dalla Sopwith a Kingston e 186 dalla Blackburn Aircraft a Leeds, ed il resto della produzione venne realizzata per l'esportazione. Il modello fu inoltre realizzato su licenza, nell'allora Regno d'Italia dalla SA Aeronautica Gio Ansaldo di Torino, che ne costruì 100 esemplari su commissione della Regia Marina[4], e in Norvegia, dalla Marinens Flyvebaatfabrikk, che lo realizzò per conto della Kongelige Norske Sjøforsvaret, la marina militare norvegese.

Utilizzatori[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera dell'Australia Australia
Bandiera del Cile Cile
Bandiera della Francia Francia
Bandiera del Giappone Giappone
Bandiera della Grecia Grecia
Bandiera dell'Italia Italia
Bandiera della Norvegia Norvegia
Bandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi
Bandiera del Regno Unito Regno Unito
Stati Uniti

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ 100 dalla Sopwith, 186 dalla Blackburn e 100 dall'Ansaldo.
  2. ^ Holmes, p. 44.
  3. ^ Lamberton 1960, p. 58.
  4. ^ Alegi 2001, pp. 3-4.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Gregory Alegi, Ansaldo Baby (Windsock Mini Datafile 15), =Hertfordshire, UK, Albatros Publications, 2001, ISBN 978-1-902207-30-8.
  • (EN) J.M. Bruce, Sopwith Baby (Windsock Datafile 60), =Hertfordshire, UK, Albatros Publications, 1996, ISBN 978-0-948414-79-4.
  • (EN) William Green, Gordon Swanborough, The Complete Book of Fighters, 1st Edition, New York, Smithmark Publishing, settembre 1995, ISBN 0-8317-3939-8.
  • (EN) Tony Holmes, Jane's Vintage Aircraft Recognition Guide, London, Harper Collins, 2005, ISBN 0-00-719292-4.
  • (EN) W.M. Lamberton, Fighter Aircraft of the 1914–1918, Herts, UK, Harleyford Publications, 1960.
  • (EN) Gordon Swanborough, Peter M. Bowers, United States Navy Aircraft Since 1911, Annapolis, Maryland, Naval Institute Press, 1976, ISBN 0-87021-968-5.
  • (EN) Michael John H. Taylor, Jane's encyclopedia of aviation, 2nd Edition, London, Studio Editions, 1989, ISBN 0-517-10316-8.
  • I Reparti dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, AM Ufficio Storico - Roberto Gentilli e Paolo Varriale, 1999

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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