Sopra il monumento di Dante

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Sopra il monumento di Dante è una canzone di Giacomo Leopardi.

Fu composta a Recanati, in una decina di giorni, nell'ottobre del 1818, un mese dopo la canzone gemella All'Italia, in occasione della pubblicazione di un manifesto con il quale si rendeva pubblica la decisione di erigere, a Firenze, un monumento in onore di Dante.

Il monumento che ha ispirato Leopardi è stato scolpito da Stefano Ricci tra il 1818 e il 1829 e inaugurato nel 1830. Si tratta del cenotafio di Dante e si trova all'interno della Basilica di Santa Croce. Da non confondere con il monumento situato all'esterno della Basilica, del 1865, scolpito da Enrico Pazzi.

Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze
Monumento a Dante in Piazza Santa Croce a Firenze (1865)
AutoreGiacomo Leopardi
1ª ed. originale1818
Generepoesia
Lingua originaleitaliano

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Per approfondire, leggi il testo Sopra il monumento di Dante che si prepara in Firenze.
Busto ritraente Leopardi

La canzone sviluppa ampiamente la vicenda tragica dei giovani italiani morti nella campagna napoleonica di Russia. Lo stile è più laborioso, ma anche più pregnante e meditato di quello usato nella stesura di All'Italia. Il momento più rilevante per la sua intensità è quello descritto nei versi 155-170, dove è svolto il motivo del «conforto della disperazione», analizzato minutamente dal poeta in alcuni passi dello Zibaldone del 22 agosto e del 3 dicembre 1821:

«L'uomo senza la speranza non può vivere, come senza amor proprio. La stessa disperazione ha in sé la speranza perché non solo resta nel fondo dell'anima un'opinione direttamente contraria a quella che è l'oggetto della disperazione, ma perché l'opinione di soffrir meno e lo sperare di non desiderare più nulla, è mantenuto in vita dalla stessa speranza. La disperazione non esisterebbe senza la speranza e l'uomo non dispererebbe, se non sperasse. La disperazione più debole è quella dell'uomo vecchio, lungamente disgraziato e provato che non ha più niente da sperare. La più forte è quella del giovane ardente, inesperto, che è pieno di speranza e che perciò gode sommamente benché barbaramente della propria disperazione.

Osservate quell'uomo disperatissimo sul punto d'uccidersi. Che cosa credete che egli pensi? Pensa che la sua morte sarà o compianta o ammirata o desterà spavento, o farà conoscere il suo coraggio ai parenti, agli amici, ai conoscenti; che si discorrerà di lui, se non altro per qualche istante con un sentimento straordinario; che la sua morte farà detestare i suoi nemici, l'amante infedele ecc.. Credete che egli non tema? Egli teme che queste speranze non abbiano effetto. Io sono certissimo che nessun uomo è morto in ogni società senza questa speranza e questi timori e dico morto non solo volontariamente. E se egli morendo, anche nel deserto e anche di sua mano, spera sempre che la sua morte quando sarà conosciuta, anche per poco, lo collocherà al centro dell'attenzione.»

Strofe[modifica | modifica wikitesto]

La canzone è composta di 12 strofe, le prime 11 di 17 versi, l'ultima di 13, per un totale di 200 versi. Lo schema metrico è più regolare rispetto a quello della canzone All'Italia e più vicino al modello petrarchesco.

Schema delle strofe dispari: costituite da 13 endecasillabi e 4 settenari
Il verso libero (senza rima) è il 3º;gli altri 16 rimano a due a due.
Schema delle strofe pari: l'unica differenza con le strofe dispari è quella che alcuni versi sono settenari invece che endecasillabi.
Schema dell'ultima strofa: 13 versi (il verso libero invece del 3º è il 4º) inoltre tolto il 2º che rima con il 5º sono tutti a rima alternata (il 1º con il 3º, il 6º con l'8º, il 7º con il 9º e così via).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]