Serve della Santissima Trinità e dei poveri

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Le Serve della Santissima Trinità e dei Poveri (in spagnolo Siervas de la Santísima Trinidad y de los Pobres) sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio: le suore di questa congregazione pospongono al loro nome la sigla SS.T.PP.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La congregazione venne fondata da Dorotea Chávez Orozco (1867-1949) con l'aiuto del sacerdote Miguel Cano Gutiérrez: il 20 febbraio 1892, guarita da una pleurite, la donna promise di consacrare la sua vita al servizio degli ammalati poveri nell'ospedale della Santísima Trinidad di Guadalajara e il 25 dicembre 1897, assieme a due compagne, emise privatamente i voti di povertà, obbedienza e castità.[2]

Il 12 maggio 1905 la congregazione ricevette la prima approvazione dall'arcivescovo di Guadalajara José de Jesús Ortíz y Rodríguez e, con il consenso della Santa Sede, venne eretta in istituto di diritto diocesano il 10 agosto 1911.[2]

Le Serve dei Poveri vennero aggregate all'Ordine dei Frati Minori il 2 ottobre 1939 e il 28 aprile 1962 ottennero il pontificio decreto di lode.[2]

La fondatrice (in religione, madre Maria Vincenza di Santa Dorotea) è stata beatificata da papa Giovanni Paolo II nel 1997.[3]

Attività e diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Le Serve dei Poveri si dedicano all'assistenza agli anziani e agli infermi e prestano il loro servizio negli ospedali e nelle case di riposo.

Sono presenti in otto diocesi del Messico;[4] la sede generalizia è a Guadalajara.[1]

Al 31 dicembre 2005 l'istituto contava 151 religiose in 24 case.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ann. Pont. 2007, p. 1720.
  2. ^ a b c DIP, vol. VIII (1988), col. 1377, voce a cura di G. Rocca.
  3. ^ Tabella riassuntiva delle beatificazioni avvenute nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II, su vatican.va. URL consultato il 20-11-2009.
  4. ^ Siervas de la Santísima Trinidad y de los Pobres. Quiénes somos, su ssantisimatrinidad.tripod.com. URL consultato il 20-11-2009 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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