Sciuscià (film)

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Sciuscià
Rinaldo Smordoni e Franco Interlenghi in una scena del film
Lingua originaleitaliano, inglese
Paese di produzioneItalia
Anno1946
Durata92 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,37:1
Generedrammatico
RegiaVittorio De Sica
SoggettoSergio Amidei, Adolfo Franci, Cesare Giulio Viola, Cesare Zavattini
SceneggiaturaSergio Amidei, Adolfo Franci, Cesare Giulio Viola, Cesare Zavattini, Gerardo Guerrieri (non accreditato)
ProduttorePaolo William Tamburella
Casa di produzioneAlfa Cinematografica
Distribuzione in italianoENIC
FotografiaAnchise Brizzi
MontaggioNiccolò Lazzari
MusicheAlessandro Cicognini
ScenografiaIvo Battelli
Interpreti e personaggi

Sciuscià è un film drammatico italiano del 1946 diretto da Vittorio De Sica.

Considerato uno dei capolavori del neorealismo italiano, opera del noto binomio De Sica / Zavattini (regista il primo, soggettista e sceneggiatore il secondo) fu la prima pellicola ad aggiudicarsi il Premio Oscar al miglior film in lingua straniera, all'epoca consegnato come Oscar onorario con la seguente motivazione:

(EN)

«The high quality of this motion picture, brought to eloquent life in a country scarred by war, is proof to the world that the creative spirit can triumph over adversity.[1]»

(IT)

«L'alta qualità di questo film, mostrata con eloquenza in un paese ferito dalla guerra, è la prova per il mondo che lo spirito creativo può trionfare sulle avversità.»

Il film tratta tematiche legate ai bambini e alla difficile vita che essi sono costretti a portare avanti per sopravvivere al degradato e povero dopoguerra italiano. Sciuscià è un termine della lingua napoletana, ora in disuso, che deriva dall'inglese shoeshine e stava ad indicare i lustrascarpe di strada (ma non i calzolai professionali).[2]

Protagonisti del film sono i piccoli Rinaldo Smordoni e Franco Interlenghi. Per i due ragazzi, letteralmente presi dalla strada, si trattava della prima esperienza davanti alla macchina da presa. Per Interlenghi fu anche l'inizio di una lunga carriera di attore nel mondo del cinema.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe (Rinaldo Smordoni) e Pasquale (Franco Interlenghi) mentre lustrano le scarpe
Pasquale e Giuseppe sul loro cavallo
Giuseppe e Pasquale al commissariato

Pasquale e Giuseppe lavorano come lustrascarpe sui marciapiedi della violenta via Veneto a Roma.

Appena possono corrono a Villa Borghese e con 300 lire affittano un cavallo bianco chiamato Bersagliere e lo cavalcano in due. Con la complicità di Attilio, il fratello più grande di Giuseppe, i due si trovano coinvolti senza volerlo in un furto a casa di una cartomante, alla quale volevano rivendere coperte americane su commissione del "Panza", un uomo che traffica oggetti illegalmente. Prima di essere arrestati e portati in un carcere minorile riescono a realizzare il loro sogno: comprare Bersagliere, che verrà affidato alle cure di uno stalliere.

I ragazzi vengono rinchiusi in celle diverse e sperimentano l'inganno e la vendetta. Il commissario e il direttore del carcere fanno credere a Pasquale che Giuseppe verrà frustato se lui non rivelerà i nomi dei complici del furto presso la chiromante. Pasquale cade nel tranello e parla. Quando Giuseppe, ignorando il motivo per cui lo ha fatto, viene a sapere che l'amico ha fatto il nome del fratello, decide di vendicarsi e rivela a Staffera, l'assistente del direttore, che nella cella di Pasquale è nascosta una lima, della quale in realtà Pasquale non sa nulla. Gli eventi precipitano: durante una proiezione cinematografica, Giuseppe e il suo compagno di cella Arcangeli fuggono dal carcere.

Pasquale, per la paura di perdere Bersagliere, rivela a Staffera dove sono i due evasi e lo conduce alla stalla dove è custodito il cavallo. Su un ponticello nei pressi della stalla, Pasquale affronta Giuseppe e Arcangeli in sella a Bersagliere. Arcangeli fugge mentre Giuseppe, rimasto solo, scende dal cavallo e Pasquale comincia a frustarlo con la sua cintura, finché Giuseppe inciampa, cade dalla spalletta del ponte e muore.

Pasquale, rinsavitosi dalla smania di vendetta, non potrà fare altro che piangere disperato l'amico, urlando al mondo il suo dolore mentre arriva la polizia e Bersagliere si allontana dal ponte.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

I due protagonisti con il commissario (Leo Garavaglia) e la chiromante (Maria Campi)

Riprese[modifica | modifica wikitesto]

Prodotto da Paolo William Tamburella per ALFA Cinematografica, il film fu girato interamente negli studi della Scalera in via Appia Nuova a Roma, nell'autunno del 1945. Tra le location esterne figurano Piazza Cavour, il carcere di Regina Coeli e Porto di Ripa Grande, oggi scomparso.[3]

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film uscì nelle sale cinematografiche italiane il 27 aprile 1946, mentre negli Stati Uniti, reso con il titolo internazionale "Shoeshine", venne distribuito a partire dal 27 agosto dello stesso anno; in Francia dal 26 febbraio 1947 e in tutto il resto del mondo solo dal 1952 in poi.[4]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Incassi[modifica | modifica wikitesto]

Alla sua uscita il film, nonostante le recensioni generalmente positive, fu rifiutato dal pubblico, che in quel momento prediligeva i film americani disimpegnati. Durante la proiezione a Milano, uno spettatore chiese a De Sica: "Le sembra giusto mettere in piazza le miserie del nostro paese?" Solo dopo il suo successo internazionale, Sciuscià ottenne buoni incassi anche in patria.[5]

Fino al 31 dicembre 1952, contro un budget di meno di un milione di lire, il film incassò complessivamente £ 55.800.000 solo in Italia,[6] per arrivare ad un incasso mondiale di oltre 1 milione di dollari, grande successo per l'epoca.[7]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Indro Montanelli, sul Corriere d'Informazione, 28 aprile 1946

Questo è un film che, come Roma città aperta, possiede tutti i titoli per restare a documento di un’epoca.[8]

Luigi Comencini, sull'Avanti!, 28 aprile 1946

Andate a vedere questo film: nessun film americano, dalla liberazione ad oggi, ci ha dato emozioni così forti.

Dino Risi su Milano Sera, 28 aprile 1946

Sciuscià è una storia di oggi, di un’Italia uscita dalla guerra lacera affamata e scalza. Di un’Italia triste e senza sole. Sciuscià è un documento, un’accusa, una parola spesa a servizio della causa del bene. Oltre che un bellissimo film.[9]

Achille Valdata sul periodico torinese Cine-Teatro n. 10 del 15 maggio 1946, affermò:

"(…) Sarà un'opera che nella storia del nostro cinematografo (…) resterà come un aspro documento, una ferma testimonianza di un anormale periodo della vita italiana (…). Gli sciuscià sono stati osservati con occhio paterno, comprensivo, attento da Vittorio De Sica, che ne ha fatti i protagonisti del suo film più arduo e impegnativo; un film che se anche allinea manchevolezze e presenta squilibri narrativi e grigiori troppo accentuati, resta ugualmente il suo migliore, e più convincente e vero. Manchevole è forse il soggetto nel suo nucleo essenziale (…) ma è giusto tuttavia sottolineare l'eloquente evidenza documentaria (…) di tutta la parte descrittiva, suggerita (…) da un regista di straordinaria sensibilità e colta da un obiettivo implacabile a fissare con provata esperienza tecnica gli aspetti più angosciosi d'un ambiente e d'un mondo. Ma dove De Sica appare come non mai ispirato, è nella guida dei piccoli interpreti (…)".[10]

Gianni Rondolino nel Catalogo Bolaffi del cinema italiano vol. 1, scrisse:

«Insieme ai due film Roma città aperta e Paisà, questo di De Sica è stato considerato il terzo capolavoro del neorealismo, sia per il tema affrontato (i ragazzi abbandonati che si danno alla delinquenza in una Roma sconvolta dalla guerra e occupata dalle truppe alleate), sia per lo stile della rappresentazione (una narrazione il più possibile documentaristica con personaggi presi dalla strada e ambienti dal vero). Il film narra la storia tragica di Pasquale e Giuseppe coinvolti in una rapina e chiusi in riformatorio. Qui in attesa di giudizio vengono in contatto con altri ragazzi traviati, sono maltrattati e incompresi, la loro stessa amicizia si raffredda. Alla fine mentre fuggono dal riformatorio verso la libertà rappresentata da un cavallo bianco, Giuseppe muore per colpa dell'amico. Sciuscià segna una profonda cesura nella carriera registica di De Sica, quasi una rottura, stilistica e contenutistica rispetto alle opere del 1940/45. Laddove prevaleva in quei film una leggera vena sentimentale, più spesso comico-sentimentale, qui si fa imperioso uno spirito di denuncia e una profonda sensibilità per i casi più tragici della realtà umana e sociale. Lo stile che non è così secco come quello di Rossellini e ancora si compiace di certi toni un po' facili, acquista tuttavia una maturità d'eloquio che troverà i giusti toni nella tragedia quotidiana di Ladri di biciclette e soprattutto in Umberto D.».[11]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Il film è stato successivamente inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, ossia le 100 pellicole "che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978".[16][17]

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

  • Soltanto nel 2014 il protagonista Rinaldo Smordoni, per la prima volta dopo 68 anni dalla realizzazione del film di Vittorio De Sica, riappare sullo schermo, nel documentario Protagonisti per sempre di Mimmo Verdesca, film vincitore nel 2015 del Giffoni Film Festival nella categoria "miglior documentario", in cui racconta le sue esperienze cinematografiche di giovanissimo attore preso dalla strada e le scelte che hanno caratterizzato la sua vita dopo il grande successo.
  • Nel 2016 sempre Mimmo Verdesca realizza Sciuscià 70, un documentario che racconta nei dettagli l'avventurosa lavorazione del film di De Sica, con nuove testimonianze dei protagonisti, un ricco e inedito materiale d'archivio e riscoprendo i luoghi romani dove il film fu girato. Il film di Verdesca, che celebra anche i 70 anni di Sciuscià, ha vinto il Nastro d'argento speciale del 70° del SNGCI.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Shoe-Shine, su awardsdatabase.oscars.org. URL consultato il 14 ottobre 2019.
  2. ^ Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica, su www.viv-it.org, 2013-04-12GMT01:443600. URL consultato il 12 novembre 2022.
  3. ^ www.davinotti.com, https://www.davinotti.com/forum/location-verificate/sciuscia/50012610. URL consultato il 12 novembre 2022.
  4. ^ Shoeshine (1946) - IMDb. URL consultato il 12 novembre 2022.
  5. ^ D-sign.it, And the Oscar Goes To... - Il Cinema Ritrovato, su distribuzione.ilcinemaritrovato.it. URL consultato il 21 febbraio 2023.
  6. ^ www.webngo.net, Recensione SCIUSCIA' regia di Vittorio De Sica con Franco Interlenghi, Rinaldo Smordoni, Aniello Mele, Bruno Ortenzi, Emilio Cigoli, FilmScoop.it vota e commenta film al cinema, su www.filmscoop.it. URL consultato il 12 novembre 2022.
  7. ^ Shoeshine - Production & Contact Info | IMDbPro, su pro.imdb.com. URL consultato il 12 novembre 2022.
  8. ^ Archivio Corriere della Sera, su archivio.corriere.it. URL consultato il 21 febbraio 2023.
  9. ^ D-sign.it, Antologia critica - Il Cinema Ritrovato, su distribuzione.ilcinemaritrovato.it. URL consultato il 21 febbraio 2023.
  10. ^ Sciuscià. URL consultato il 12 novembre 2022.
  11. ^ Franco Interlenghi, volto del neorealismo, su Centro Sperimentale di Cinematografia. URL consultato il 12 novembre 2022.
  12. ^ (EN) 1946 | Oscars.org | Academy of Motion Picture Arts and Sciences, su www.oscars.org. URL consultato il 12 novembre 2022.
  13. ^ Ex aequo con Un giorno nella vita di Alessandro Blasetti
  14. ^ Sciuscià (1946) Premi e Festival, su mubi.com. URL consultato il 12 novembre 2022.
  15. ^ (EN) Shoeshine (1946) - IMDb. URL consultato il 12 novembre 2022.
  16. ^ Rete degli Spettatori.
  17. ^ Sciuscià - Film (1946), su ComingSoon.it. URL consultato il 12 novembre 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Catalogo Bolaffi del cinema italiano vol. 1 1945/1955, a cura di Gianni Rondolino.
  • I registi italiani, Gremese editore, Roma, 2002.
  • AA.VV., La città del cinema, Napoleone editore, Roma, 1979.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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