Sante Caserio
Sante Geronimo Caserio (Motta Visconti, 1873 - Lione, 16 agosto 1894) fu l'anarchico italiano che pugnalò a morte, nel 1894, il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot.
Nacque da una famiglia contadina. Ebbe numerosi fratelli e il padre morì di pellagra (una malattia provocata dall'alimentazione contadina di allora, costituita quasi esclusivamente di polenta) in un manicomio. Non volendo pesare sulla madre, a cui era molto affezionato, all'età di dieci anni scappò di casa per trasferirsi a Milano. Qui trovò lavoro come garzone di un fornaio. Venne in contatto con gli ambienti anarchici della fine del XIX secolo, fondò anche un piccolo circolo anarchico denominato a pè ("a piedi", nel senso di senza soldi). Pietro Gori lo ricordava come un compagno molto generoso; raccontava di averlo visto, davanti alla Camera del Lavoro, dispensare ai disoccupati pane e opuscoli anarchici stampati con il suo misero stipendio. Venne identificato e schedato durante una manifestazione di piazza, e fu costretto a fuggire prima in Svizzera e poi in Francia.
Il 24 giugno uccise il presidente Carnot durante un'apparizione pubblica a Lione colpendolo al cuore con un coltello dal manico rosso e nero (i colori che simboleggiano l'anarchismo). Dopo l'atto non tentò la fuga, ma corse attorno alla carrozza del moribondo gridando "viva l'anarchia". Fu processato il 2 e 3 agosto e fu giustiziato il 16 dello stesso mese tramite ghigliottina.
Di fronte al tribunale che lo condannò alla ghigliottina tra le altre cose disse:
- «Dunque, se i governi impiegano contro di noi i fucili, le catene, le prigioni, dobbiamo noi anarchici, che difendiamo la nostra vita, restare rinchiusi in casa nostra? No. Al contrario noi rispondiamo ai governi con la dinamite, la bomba, lo stile, il pugnale. In una parola, dobbiamo fare il nostro possibile per distruggere la borghesia e i governi. Voi che siete i rappresentanti della società borghese, se volete la mia testa, prendetela».
Al processo, infatti, non tentò mai di negare il proprio gesto, nè di chiedere la pietà del giudice. Gli fu offerta la possibilità di ottenere l'infermità mentale e in cambio avrebbe dovuto fare i nomi di alcuni compagni, ma Caserio rifiutò ("Caserio fa il fornaio, non la spia"). In cella, mentre attendeva la condanna a morte, gli fu anche mandato il parroco di Motta Visconti per l'estrema unzione, ma egli rifiutò di confessarsi e cacciò il prete. Sul patibolo, infine, un attimo prima di morire gridò rivolto alla folla: "Forza, compagni! Viva l'anarchia!".
Dopo la condanna di Sante Caserio vi furono diversi atti di violenza e intolleranza da parte dei francesi contro i lavoratori italiani, compatrioti dell'assassino del loro presidente. Un anarchico fu arrestato per aver gridato la propria simpatia verso Caserio in un locale pubblico e un carcerato venne percosso violentemente per lo stesso motivo. Il gesto dell'anarchico italiano aveva risvegliato qualcosa nel cuore dei ribelli oppressi di Francia.
Parte di questo testo è stato preso da "Al caffè" (1922) di Errico Malatesta, ora di pubblico dominio.
Bibliografia
Esiste un libro sulla vita di Sante Caserio scritto da Rino Gualtieri: "Per quel sogno di un mondo nuovo" Euzelia editrice Milano.
Canti su Sante Caserio
Sulla figura di Caserio si è in seguito sviluppata una tradizione popolare di canti e di memoria collettiva che dura ai giorni nostri. Numerose sono le canzoni a lui dedicate, in parte tramandate oralmente. Esempi sono "Le ultime ore e la decapitazione di Caserio" di Pietro Cini (nota anche come "Aria di Caserio"), "Partito da Milano senza un soldo" di autore anonimo, "La ballata di Sante Caserio" di Pietro Gori, "Il processo di Sante Caserio".
La Ballata di Sante Caserio
- Lavoratori a voi diretto è il canto
- di questa mia canzon che sa di pianto
- e che ricorda un baldo giovin forte
- che per amor di voi sfidò la morte.
- A te Caserio ardea nella pupilla
- delle vendette umane la scintilla
- ed alla plebe che lavora e geme
- donasti ogni tuo affetto ogni tua speme.
- Eri nello splendore della vita
- e non vedesti che lotta infinita
- la notte dei dolori e della fame
- che incombe sull'immenso uman carname.
- E ti levasti in atto di dolore
- d'ignoti strazi altier vendicatore
- e ti avventasti tu sì buono e mite
- a scuoter l'alme schiave ed avvilite.
- Tremarono i potenti all'atto fiero
- e nuove insidie tesero al pensiero
- ma il popolo a cui l'anima donasti
- non ti comprese, eppur tu non piegasti.
- E i tuoi vent'anni una feral mattina
- gettasti al vento dalla ghigliottina
- e al mondo vil la tua grand'alma pia
- alto gridando: Viva l'anarchia!
- Ma il dì s'appressa o bel ghigliottinato
- che il tuo nome verrà purificato
- quando sacre saran le vite umane
- e diritto d'ognun la scienza e il pane.
- Dormi, Caserio, entro la fredda terra
- donde ruggire udrai la final guerra
- la gran battaglia contro gli oppressori
- la pugna tra sfruttati e sfruttatori.
- Voi che la vita e l'avvenir fatale
- offriste su l'altar dell'ideale
- o falangi di morti sul lavoro
- vittime de l'altrui ozio e dell'oro,
- Martiri ignoti o schiera benedetta
- già spunta il giorno della gran vendetta
- della giustizia già si leva il sole
- il popolo tiranni più non vuole.
Questo canto è stato scritto da Pietro Gori, con musica di A. Capponi.
L'INTERROGATORIO DI SANTE CASERIO (canto anarchico)
Entra la corte. esamina il Caserio e gli domanda se si era pentito:
" Cinque minuti m'avessero dato, un altro presidente avrei ammazzato ".
" Lo conoscete voi questo pugnale? ". " Sì, lo conosco, ci ha il manico arrotondo: nel cuore di Carnot l'ho penetrato a fondo ".
" Li conoscete voi vostri compagni? ". "Sì, li conosco, io son dell'anarchia: Caserio fa il fornaio e no la spia ".