San Martino in Pensilis

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
San Martino in Pensilis
comune
San Martino in Pensilis – Stemma
San Martino in Pensilis – Bandiera
San Martino in Pensilis – Veduta
San Martino in Pensilis – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Molise
Provincia Campobasso
Amministrazione
SindacoGiovanni Di Matteo (lista civica San Martino libera) dal 27-5-2019
Territorio
Coordinate41°52′N 15°01′E / 41.866667°N 15.016667°E41.866667; 15.016667 (San Martino in Pensilis)
Altitudine281 m s.l.m.
Superficie100,66 km²
Abitanti4 490[2] (30-6-2023)
Densità44,61 ab./km²
Comuni confinantiCampomarino, Chieuti (FG), Guglionesi, Larino, Portocannone, Rotello, Serracapriola (FG), Ururi
Altre informazioni
Cod. postale86046
Prefisso0875
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT070069
Cod. catastaleH990
TargaCB
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[3]
Cl. climaticazona D, 1 674 GG[4]
Nome abitantisammartinesi
Patronosan Leo
Giorno festivo2 maggio
PIL(nominale) 59 mln [1]
PIL procapite(nominale) 12 603 [1]
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
San Martino in Pensilis
San Martino in Pensilis
San Martino in Pensilis – Mappa
San Martino in Pensilis – Mappa
Posizione del comune di San Martino in Pensilis nella provincia di Campobasso
Sito istituzionale

San Martino in Pensilis è un comune italiano di 4 490 abitanti[2] della provincia di Campobasso in Molise.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Il centro storico del paese si trova sopra un colle, a un'altitudine di 281 m s.l.m.. Il colle è in parte a strapiombo e ripidissimo verso il lati sud e ovest. L'abitato si estende lungo il lato nord-ovest, meno scosceso e verso est, lungo il lato ripido meridionale, per alcune centinaia di metri e piega poi verso sud e ancora verso est[5].

I confini naturali del territorio del comune sono rappresentati dal torrente Saccione verso est e dal fiume Biferno verso nord-ovest. Attraversa il territorio anche il torrente Cigno, affluente del Biferno, che ha una portata molto maggiore del Saccione. Altri corsi d'acqua minori sono il "vallone Reale" e il "vallone Sassani" (affluenti di sinistra del Saccione).

Nella campagna collinare circostante si coltivano grano, barbabietole, girasoli e sono presenti anche vigneti ma soprattutto ulivi. Del terreno boschivo restano attualmente alcune macchie, del "bosco di Ramitelli", che si estendeva lungo tutto il corso del Saccione, dal mare fino a Rotello. Questa zona conosciuta anche come la bufalara

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il vescovo ed erudito settecentesco Giovanni Andrea Tria, il toponimo di "San Martino" deriverebbe da una chiesa situata sul colle e dedicata al santo vescovo Martino di Tours[6]. La posizione sopra una collina, con due ripidi pendii a sud e ad ovest, avrebbe invece dato origine all'aggiunta "in Pensili": entro le mura del paese vecchio ("Mezzaterra") esisteva la chiesa di "Santa Maria in Pensili"[7] e in alcune fonti medievali il colle era citato anche come in Pisili[8], in Pesule[senza fonte], in Pesile[9] o in Pensulis[10].

Per distinguere il comune di San Martino dai numerosi omonimi del Regno d'Italia, nel 1863[11], si aggiunse al nome la forma erronea[12] latineggiante in Pensilis[13].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Un centro fortificato (castrum Sancti Martini in Pesulo[9]) è attestato in documenti del XII secolo e doveva forse essere sorto intorno a una chiesa dedicata al santo vescovo Martino di Tours[14].

Il Masciotta attesta che durante la dominazione longobarda il castrum faceva comunque parte del ducato di Benevento, non si sa bene se ascritto alla contea di Termoli o a quella di Larino.[15]

In epoca normanna San Martino era in possesso dei conti di Loritello (Rotello), allorché il conte Roberto, figlio di Goffredo d'Altavilla, lo aveva donato all'abbazia di Montecassino nel 1113[16][17][18][19]. Due anni dopo, nel 1115, in una carta riportata ugualmente nella Cronaca Cassinese, l'abate Girardo di Montecassino fa menzione della chiesa di S. Nicolai[9] che si trovava in castro San Martini in Pisili e del celebre Roberto, Comes Comitum di Loritello[20].

Nelle cronache non sono riportati danni al castrum in occasione del grande terremoto del 1125, di cui parla Falcone Beneventano[21].

Tra il 1150 e il 1168 il Catalogo dei baroni attesta che era signore di San Martino un certo "Americ" e che il feudo doveva fornire due militi (e quindi era di discreta importanza)[9][22][23]. È durante questo periodo che viene a incentrarsi la leggenda più significativa del luogo, in base alla quale il conte Roberto II di Bassavilla, signore di Loritello (1154-1182) e di Conversano (1138-1182), ribelle al re Guglielmo I di Sicilia negli anni 1155-1169, rinviene insieme ad altri nobili, durante una battuta di caccia, il corpo di san Leo. L'episodio viene popolarmente considerato come l'origine della tradizionale manifestazione della corsa dei carri.

Viene menzionato come S. Martinum in Pensulis nel 1175 in una sentenza del cardinal Lombardo[24] e in due bolle papali, una di Lucio III (1181) e l'altra di Innocenzo IV (1254), e ancora nella Cronaca Cassinese[25].

In base a quanto riferisce il Tria nelle sue Memorie, nel periodo svevo (1194-1226), dopo Americ (Amerius), il feudo sammartinese passa nelle mani del Conte di Montagano[26]; ma il Masciotta ritiene priva di fondamento la notizia, poiché nel periodo svevo, e buona parte di quello angioino, non vi sono documenti che lo comprovano[27]. Il Sassi, similmente, conferma che l'epoca sveva resta priva di attestazioni documentali successorie, precisando che dopo Domenico Amerio, morto senza lasciare prole, il feudo entra in possesso di Ugone di Molisio, quindi viene ceduto a sua figlia, moglie del Conte di Chyurlia, e infine nel 1190 passa direttamente nelle mani di Tancredi d'Altavilla.[28]

Sotto il dominio degli Angioini, in uno statuto per la riparazione dei castelli della Capitanata, redatto intorno al 1270, a San Martino (S. Martini impensulis) era richiesto di contribuire alle riparazioni della fortezza delle Isole Tremiti (castrum insule Tremitane)[29].

Del periodo angioino il Sassi riporta le seguenti successioni:

  • 1234. Sobrano o Sabrani, famiglia di origine francese
  • 1260. d'Alagna (poi Merletto o Merlotti)
  • 1270. Teodoro, casata di origine tedesca
  • 1296. La signoria passa ad Anna Gentile di Larino, moglie di Ruggero Dragone
  • 1310. Il feudo viene concesso al nobile beneventano Matteo Gesualdo
  • 1336. Tomasella, figlia del ciambellano Pietro di Luo, sposando Pietro d'Aquino, ottenne come dote il feudo direttamente dal re Roberto.
  • In data non precisata la regina Giovanna concede il feudo a Corrado di Montagano.
  • 1343. Giovanni d'Eboli[28]

Nel 1381 il re Carlo III di Napoli lo assegnò in feudo alla moglie, Margherita di Durazzo, che durante le lotte tra il figlio Ladislao e Luigi II d'Angiò lo cedette a Ugolino degli Orsini.[30] Fu poi in possesso della regina Giovanna II, figlia di Margherita e fu unito al vicino feudo di Guglionesi, di cui seguì le sorti.[31]

Nel 1410 risulta il feudo sammartinese concesso dal re Ladislao di Durazzo a Guglielmo Sopramondo (Sanframondo).[28]

Nel periodo aragonese viene acquistato nel 1443 da Marcello di Guglionesi, riscattato poi nel 1454 da Antonello di Sanframondo per mezzo dello Ius del Retroemendo.[28]

Diverse fonti storiche riportano che San Martino subì danni ingenti e una drastica diminuzione della popolazione in seguito al terremoto del 1456[32], che distrusse Larino e altri paesi nelle vicinanze[33][34].

Dopo circa quindici anni (1462-1477) senza feudatari, S. Martino viene affidato a Lorenzo de Lina di Guglionesi dalla regina Giovanna di Trastámara.[28]

Nel 1495 (dal 1512, secondo il Sassi[28]) lo ebbe in feudo Andrea di Capua, duca di Termoli e seguì quindi le vicende del ducato fino all'abolizione della feudalità nel 1806[35]. Nel 1530 ne furono signori i Garofalo di Montemitro. Acquistato nel 1521[36] da Giacomo Della Tolfa, la cui famiglia si fuse nel tempo a quelle dei Frangipane e degli Orsini, passò poi ai Sanseverino, nel 1532 alla famiglia aragonese dei D'Avalos, nel 1566 a quella dei Ceva-Grimaldi, nel 1570 ai D'Aponte e infine ai Di Sangro.[28]

Assai numerose furono le vittime della peste del 1656 che, a cominciare da San Giuliano di Puglia, andò estendendosi rapidamente a tutti i paesi limitrofi: Rotello, Santa Croce di Magliano, Larino, Guglionesi, Montorio... A San Martino, che ne sembrava in un primo momento immune, «il 25 settembre 1656 - scrive il Sassi - ... la peste infierì con tale violenza da ridurre in meno di tre mesi i 215 fuochi (da 1290 a 1505 abitanti) che contava prima del contagio, ad un centinaio appena di persone».[37] Nel territorio sammartinese e nelle zone circostanti il ferale morbo cessò il 26 dicembre 1656, ma continuò spaventosamente a desolare il resto della provincia fino al 1658[37].

All'epoca dei Borboni il paese era tenuto dalla famiglia dei Sanseverino e in seguito da quella dei Pignatelli, Colonna e Cattaneo.[28] Il 9 ottobre 1696 muore Federico Di Sangro, lasciando i suoi feudi, tra cui San Martino, alla nipote Ippolita Maria della famiglia dei Pignatelli. L'eredità è ceduta dunque a sua nipote Isabella di Capua che, morta anche lei nel 1717, passa a suo marito Luigi di Capua e poi nel 1722 alle sorelle Isabella e Giulia di Capua. Quest'ultima, sposando Domenico Cattaneo dei principi di Sannicandro, porta in dote i possedimenti di Termoli e San Martino, i cui discendenti, scrive il Sassi, "ricevono ancora il titolo di Duca di Termoli e Conte di San Martino".[38]

Nel febbraio del 1799, con l'instaurarsi della Repubblica Partenopea, nasce la prima municipalità di San Martino, che sostituisce la precedente universitas con il Mastrogiurato.[28] Le notizie di rinnovamento che giungevano della Rivoluzione francese nel Regno di Napoli si riverberano anche tra i molisani, provocando tumulti, disordini e divisioni fra sanfedisti e liberali (giacobini); tra i sammartinesi fautori del cambiamento spicca la figura controversa di Antonio Maria Belpulsi, considerato uno dei maggiori difensori della Repubblica napoletana, al quale viene assegnato il comando della Legione sannitica.[39][40]

Tra la fine de 1798 e l'inizio del 1799, nell'incertezza della situazione politica che si era venuta a creare, "numerose comitive di ladroni e malviventi - scrive il Sassi - come in ogni altra provincia, portarono in quei giorni il terrore e lo sgomento nei nostri paesi, commettendo omicidi, furti, ricatti ed altri gravissimi eccessi"[41]. Il 3 dicembre 1798, istigati e manovrati dai borboni e dal duca di Casacalenda, gli albanesi di Campomarino, Portocannone, San Giacomo degli Schiavoni, al comando del sammartinese Giovanni Migliaccio, spinti dalla fame e desiderosi di fare bottino, invasero S. Martino, depredando la tesoreria dell'Università, uccidendo il mastrogiurato e il tesoriere. I liberali reagirono a mano armata e, quando la situazione stava per degenerare, gli animi vennero rappacificati dal guardiano del Convento di Maria e Gesù, certo padre Giuseppe De Macchia.[42].

Con la proclamazione della Repubblica Partenopea, nel paese scoppia un'aspra contesa tra l'esiguo numero di liberali e la stragrande maggioranza dei favorevoli alla causa borbonica, sostenuti questi ultimi dalle torme di insorti albanesi, sempre pronti a gridare "viva il Re!" e a far bottino. Placati che furono gli animi, si riuscì a innalzare l'albero della Libertà con tutto i suoi rituali pertinenti. Ma questo breve idillio durò poco, da che già dal mese di febbraio le bande albanesi, che andavano pian piano ricostituendosi, assaltarono Termoli, penetrando nella cittadina, favoriti dal realista Bartolomeo Di Gregorio, commettendo omicidi ed efferatezze.[43] Non meglio andò per Casacalenda, assediata e poi saccheggiata dagli albanesi con l'aiuto di altri contingenti forniti da diversi paesi, tra cui San Martino con 150 uomini[44].

Con il ristabilimento del regno borbonico e poi con i napoleonidi non finì la sequela di vendette ed eccidi d'ogni sorte, mentre le bande degli albanesi erano tutt'altro che acquietate e minacciavano San Martino e i paesi circostanti, impoveriti ancor più dalla carestia e dalla piaga del brigantaggio che durerà fino al 1866. Tra le tante bande di briganti che scorrazzavano nel territorio sammartinese si ricordano quella dei Vardarelli[45] e, alcuni decenni dopo, quella di Ciccognitto[46]

S. Martino fece parte del distretto di Larino e con questo passò nel 1811 dalla Capitanata al contado del Molise. Nel Regno d'Italia fece parte della regione statistica Abruzzi e Molise fino al 1963, quando venne istituita la nuova regione Molise.

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stemma, di campo di cielo, rappresenta san Martino a cavallo, vestito di bianco, con un elmo d'acciaio, impugnante con la mano destra una lancia con la punta all'ingiù, nell'atto di offrire con la sinistra il proprio mantello rosso ad un pellegrino barbuto, anche lui vestito di bianco; il cavallo è bianco e con criniera e briglie nere, passante su un prato verde, accompagnato da un sole raggiante d'oro nel cantone sinistro del capo.

Il gonfalone è un drappo di azzurro.

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo del conte o Palazzo baronale[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo baronale, lato della piazzetta

Secondo una descrizione della fine del Cinquecento[47], il Palazzo del conte sarebbe stato in origine un vero e proprio castello, con ponte levatoio, merlatura, e torri. Il suo antico aspetto sarebbe poi scomparso per le successive suddivisioni tra i comproprietari e le trasformazioni successive[48].

Chiesa di San Pietro apostolo[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di San Pietro apostolo, vista dalla parte del "Ponte"

La chiesa, in stile tardo-barocco presenta un campanile in facciata. Fu costruita al posto di una più antica demolita, in posizione differente agli inizi del Settecento e decorata nel 1728, in occasione della traslazione del corpo del patrono san Leo.[49] In tale occasione fu eretta in collegiata[50].

L'interno (38 m di lunghezza e 12 m di larghezza, per un'altezza di 16 m) presenta ai lati sei altari decorati in stucco con quadri[49], frutto di un unico intervento. Sotto l'altare maggiore è stato deposto il corpo di san Leo.[51].

Nella facciata fu inserita un'iscrizione funeraria romana che era precedentemente riutilizzata come gradino.[52][53]. Subì nel 1893 danni per un incendio causato da un fulmine, tra cui la distruzione di un quadro di Niccolò Malinconico[54] raffigurante La Vergine adorata dai protettori locali[55].

San Leo

Altri monumenti[modifica | modifica wikitesto]

Facciata della chiesa di San Giuseppe
  • Chiesetta di Santa Maria in Pensili: posta in Largo Santa Maria, risale al 1720, edificata fuori dalle mura, ha un aspetto semplice rettangolare, con facciata decorata da portale architravato a timpano di pietra spezzato, sovrastato da una finestra centrale, in sommità vi è il campanile a vela. L'interno è a navata unica, con altarini laterali, e ospita la Confraternita del Santissimo Sacramento.
Torre campanaria della Collegiata di San Pietro apostolo
  • Chiesa di San Giuseppe o di San Martino: in via Porta San Martino, è una delle più antiche chiese del paese, e prende l'attuale intitolazione dalla Confraternita di San Giuseppe che vi ha sede, che la fece ricostruire nel 1728 con materiali dalle cappelle distrutte di Santa Maria e San Giuseppe vecchio. Sul campanile è impressa la data 1410, forse l'anno di completamento della precedente chiesa. La facciata è in stile barocco, tripartita nella parte superiore da due trabeazioni, una delle quali giunge fino alla torre campanaria, in quella inferiore dalla facciata da cinque lesene. L'accesso all'edificio è consentito da una scalinata in pietra, che conduce al portale principale, privo di decorazioni. L'interno è diviso in tre navate da due ordini di colonne, con copertura a botte nella navata principale, e a vela in quelle laterali. Nella controfacciata è collocato l'organo a canne settecentesco; gli stalli del coro sono in noce, non molto lavorati né intarsiato. La decorazione pittorica ottocentesca raffigura episodi del Vangelo e della storia della Chiesa dalle origini alla ricostruzione settecentesca. Vi ha sede la Confraternita della Buona Morte o di San Giuseppe.
  • Chiesa e convento francescano di Gesù e Maria: si trova fuori dal paese, risale al 1490 edificato dai Minori Osservanti, secondo lo storico Franco Valente ad opera di Gentile Verginio Orsini, signore di Avezzano. Gli Orsini sono documentati sin dal XIV secolo a San Martino in Pensilis, nel 1412 Giampaolo e Pardo Orsini, fratelli, ebbero i feudi di Portocannone, Larino e Rotello, e pare che finanziarono l'edificazione di questo monastero; uno stemma infatti è presente nel muro dell'accesso. Il convento dopo le soppressioni ottocentesche fu abbandonato, eccetto la chiesa, e pertanto sino ai primi anni 2000 rimase in grave degrado, sino a quando sono partiti i lavori di recupero, nel 2016 è stato scoperto un prezioso affresco dell'Ultima Cena nel refettorio, della scuola di Leonardo da Vinci. La facciata si presenta molto semplice, del XVIII secolo, con ondulature lievi sulla facciata, il chiostro è la parte che meglio si è conservata nello stile rinascimentale, in pietra tufacea a vista, con più ordini di arcate per il deambulatorio, il pozzo centrale, e le mura scandite in campate con le volte, che presentano affreschi.
  • I conventi benedettini:
    • Convento di San Martino: edificato nell'800 si trovava presso Porta San Martino, menzionato in un atto del vescovo Guglielmo di Larino, che ne riconosce il possesso all'abbazia di Montecassino (1089). Distrutto nel XVIII secolo, il materiale fu prelevato per la ricostruzione della chiesa di San Giuseppe.
    • Convento di Santa Maria di Casalpiano: edificato nell'858 fu donato a Montecassino da Vertefrido di Larino. Le sue rendite devolute all'ospedale di Montecassino insieme a quello di San Benedetto in Pettinari.
    • Convento di San Felice: edificato nel 947 si trovava in Cliternia (Campomarino). Fu distrutto dal terremoto del 1125, e sino al 1278 secondo i documenti si trovava la piccola grotta di San Leo.
  • Monumento ai caduti: opera con blocco in marmo a pianta quadrangolare, con la placca bronzeo coi nomi dei caduti nelle due guerre mondiali. Il blocco è sovrastato da un angelo ad ali spiegate che suona una tromba.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[56]

Dati forniti da G. B. Masciotta

anno 1532 1545 1561 1595 1648 1669   1730 1795 1835 1861 1881 1901 1911
fuochi 166  253  292 215 215 110
abitanti 1500 1500 2642 3966 ---- 4862 5031

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Altre feste tradizionali sono:

  • San Biagio (3 febbraio) con la tradizionale transumanza dei cavalli dall'antica chiesa di San Biagio (nella valle del Biferno) al paese e vengono benedetti dal prete in piazza. E al seguire della processione la benedizione della gola.
  • San Giuseppe (19 marzo) molte persone realizzano nelle proprie case gli altari dedicati a San Giuseppe i quali la sera del 18 marzo, vengono visitati e offrono i screppelle ai visitatori. Il giorno di San Giuseppe, nelle case con gli altari addobbati, vengono offerte "le 13 pietanze" e a tutti i maccarune c'a mejjiche (maccheroni con la mollica); la sera dopo c'è la processione alla quale seguono i tradizionali fuochi di San Giuseppe.
  • Sant'Antonio di Padova (13 giugno) la festa comincia con la prima sera della tredicina. L'ultima sera della tredicina i bambini (da 0 a 3 anni), vestiti da Sant’Antonio (i menachielle), vengono benedetti nella chiesa madre e il giorno di Sant’Antonio partecipano alla processione per le vie del paese.
  • Madonna delle Grazie (2 luglio) viene recitato il rosario tutte le sere della novena, nella chiesa a lei dedicata, al cimitero.
  • Fiera d’agosto (30-31 agosto). La fiera si snoda per tutta via Marina, Piazza Umberto I fino a via Puglia, in un susseguirsi di bancarelle.

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Cucina[modifica | modifica wikitesto]

  • Pampanella: carne di maiale cotta al forno, condita e insaporita con sale, aglio e peperoncino. Prima della cottura vengono spalmati i contenitori con sugna.
  • Galluccio ripieno di interiora con fusilli al sugo, il giorno di ferragosto per tradizione.
  • per la ricorrenza di San Giuseppe i maccheroni con la mollica e le scripelle

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Artigianato[modifica | modifica wikitesto]

Anche l'artigianato non è del tutto scomparso, e si distingue per la lavorazione del cuoio, finalizzata al settore dell'arredamento.[57]

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.

Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
21 dicembre 1983 27 maggio 1989 Antonio Di Maria Partito Comunista Italiano Sindaco [58]
22 giugno 1989 9 aprile 1993 Carmine Troilo Democrazia Cristiana Sindaco [58]
28 maggio 1993 13 giugno 1994 Antonio Mezzalingua Democrazia Cristiana Sindaco [58]
13 giugno 1994 25 maggio 1998 Luigi Di Bernardo Partito Democratico della Sinistra Sindaco [58]
25 maggio 1998 28 maggio 2002 Antonio La Serra L'Ulivo Sindaco [58]
28 maggio 2002 29 maggio 2007 Mario Totaro lista civica Sindaco [58]
29 maggio 2007 7 maggio 2012 Vittorino Facciolla lista civica Sindaco [58]
7 maggio 2012 8 giugno 2013 Vittorino Facciolla lista civica: Unione per San Martino Sindaco [58]
26 maggio 2014 26 maggio 2019 Massimo Caravatta lista civica: Unione per San Martino Sindaco [58]
27 maggio 2019 in carica Giovanni Di Matteo lista civica: San Martino libera Sindaco [58]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Lajatico è il Comune più ricco d'Italia. La mappa dei redditi degli italiani pre-pandemia, in Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2021.
  2. ^ a b Bilancio demografico mensile anno 2023 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
  3. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  4. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  5. ^ Vedi mappa di San Martino in Pensilis
  6. ^ Giovanni Andrea Tria, II, n. 2, in Memorie Storiche Civili di Larino, e de' Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Romana, IV, Roma, 1713, p. 328. URL consultato il 28 aprile 2019.
    «Supponiamo questa Terra riconoscere la sua origine da qualche Chiesa, eretta in essa in memoria di S. Martino, Vescovo Turinese, quale si venera con divozione, come d'un Patrone con rito doppio...»
  7. ^

    «Passando dal Civile all'Ecclesiastico, dee sapersi, come nel tempo, che questa Terra era in fiore, vi erano tre Chiese Matrici con cura d'Anime, e tutte e tre venivano servite dal proprio Arciprete, e da un buon numero di Ecclesiastici. Una sotto il titolo di S. Martino, e supponiamo certamente, che questa sia stata la prima, come quella, che ha dato il nome al luogo, l'altra sotto il titolo di S. Maria in Pensili, e la terza sotto il titolo di S. Pietro, Principe degli Apostoli.»

  8. ^ In effetti il Tria riporta la variante in Pisili (Memorie Storiche Civili di Larino... op. cit., lib. IV, cap. 2, p. 345), ma nella Cronaca cassinese, lib. IV, cap. XLVIII, p. 475, si legge sancti Martini in Pisile
  9. ^ a b c d Franco Valente, San Martino in Pensilis e il suo castello, su francovalente.it, 2007. URL consultato il 26 aprile 2019.
    «S. Nicolai prope portam castri Martini in Pesile (...) S. Nicolai prope portam castri Martini in Pesulo»
  10. ^ Il Tria riporta, tra le altre, le varianti in Pensili, in Pensile, in Pensilis e Pensulis che si trovano in alcuni documenti medievali redatti in lingua latina. Nello specifico: "nella sentenza del Cardinal Lombardo" (ibid., lib.III, cap.3, n.7, p. 180) viene citato S. Martinum in Pensulis; mentre in due bolle, una di Lucio III (ibid., cap. 5, n.3, p. 192) e l'altra di Innocenzo IV (ibid., cap.5, n.14, p. 197) si trova la forma S. Martino in Pensili
  11. ^ Regio decreto del 26 luglio 1863.
  12. ^ Luigi Sassi, Origine e denominazione del paese, in San Martino in Pensilis e i suoi dintorni, 2009, p. 139.
    «Negli atti della cancelleria Angioina, e in quelli dell'Aragonese, S. Martino è costantemente indicato con la corretta denominazione in Pensili che per buon tempo si conserva inalterata, come si rileva da tutte le concessioni e da tutti gli atti pubblici e privati, da parecchi dizionari storici e geografici e dalla Carta topografica di Guillelmus de l'Isle, primario geografo della Reale Accademia di Scienze del Re dei Franchi. Solo verso la fine del secolo XVIII erroneamente si incominciò a scriverli In Pensilis, come tuttora si usa.»
  13. ^ L'aggiunta della forma in Pensilis (-is: nom. sing. m. f., gen. sing. m. f. e n., voc. sing. m. f.) è tuttavia grammaticalmente scorretta in lingua latina, in quanto la preposizione in, se indica stato in luogo, come nel caso dei toponimi, regge unicamente l'ablativo. Quindi, la forma corretta è in Pensili (abl. sing. m. f. n.), che significa 'pensile' o 'pendente'.
  14. ^ Secondo l'ipotesi del vescovo di Larino ed erudito settecentesco Giovanni Andrea Tria, dopo la distruzione di Cliternia Frentana, alla fine del V secolo, i suoi abitanti si sarebbero rifugiati sul colle dell'attuale paese.

    «…e ci persuadiamo, che erettasi la detta Chiesa [dedicata a San Martino vescovo di Tour] colle rovine della nostra famosa Cliternia, di cui parliamo nel lib. I. cap. 4. e se ne rinovano le memorie in questo lib. 4. cap. 4. s. unic. all'intorno di essa si formassero le abitazioni di que' Cittadini di Cliternia…»

  15. ^ Giambattista Masciotta, S. Martino in Pensilis, in Il Circondario di Larino, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, vol. IV, Cava dei Tireni, Arti Grafiche E. Di Mauro, 1952, p. 298. URL consultato il 26 aprile 2019.
    «Durante la dominazione longobarda San Martino fece parte del ducato di Benevento: è dubbio, peraltro, se fosse ascritta alla contea di Termoli od a quella di Larino, delle quali non sono note le circoscrizioni rispettive.»
  16. ^ (LA) Leone Cardinali Episcopo Ostiensi, Chronica Sacri Monasteri Casinensis, a cura di D. Angelus de Nuce Neapolitanus, continuatore Pietro Diacono, vol. IV, Lutetiae Parisiorum, Ex Officina Ludovici Billaine, 1668 [XI-XII sec.], pp. 474-475, capitolo XLVIII. URL consultato il 28 aprile 2019.
    «Tunc temporis, et Robbertus Comes de Lauretello, quadragesimali tempore, causa orationis, ad hoc Monasterium, una cum Oldiberto milite suo, obtulit beato Benedicto quicquid sibi pertinebat in territorio sancti Martini in Pisile»
  17. ^

    «Al tempo dei normanni appartenne alla contea di Loritello (Rotello); e si sa, per di più, che Roberto I d'Altavilla, conte palatino, essendosi nel 1095 recato per le penitenze quaresimali a Montecassino, fece donazione alla badia di quanto egli possedeva a S. Martino; onde l'università diventò feudo ecclesiastico.»

  18. ^

    «Nella Cronaca Cassinese lib. 4. cap. 48. si legge: tunc temporis, cioè nel 1113. allora appunto, quando Pasquale II. celebrò un Concilio in Benevento, Robertus Comes de Lauritello, quadragesimali tempore causa orationis ad hoc Monasterium, parla di Monte Casino, una cum Oldiberto Milite suo, obtulit B. Benedicto quicquid sibi pertinebat in Territorio S. Martini in Pensili, che è luogo di quella Diocesi di Larino...»

  19. ^ Franco Valente, op. cit.
  20. ^

    «Concessi etiam eis Ecclesiam S. Nicolai, qua est in Castro S. Martini cum omnibus, qua ad eam pertinent, cum hominibus, et terris , et universis rebus mobilibus, et immobilibus, seque moventibus. Praeterea tradidi eis, atque concessi totum, et integrum illud, quod fuit Odelberti Fratris nostri, quod utique gloriosus Robertus Comes Comitum

  21. ^ Falcone Beneventano, Chronicon, 1125,1,5.
  22. ^ (LA) Giuseppe Del Re, Normanni, in Cronisti e scrittori sincroni Napoletani editi e inediti, vol. I, Arnaldo Forni editore, 1845, p. 616. URL consultato il 26 aprile 2019.
    «Dominus Americ Sancti Martini tenet Sanctum Martinum quod est pheudum duorum militum»
  23. ^

    «Nel Catalogo del Borrello (338) è menzionato quale feudatario dell'università un Amerius de S. Martino, che tiene S. Martino feudo di due militi: il che vuol dire appunto che il feudo era stato retrocesso dalla Badia al Demanio, e da questo collocato.»

  24. ^ Memorie Storiche Civili ed Ecclesiastiche... op. cit., lib. III, cap. III, n. 7, p. 180
  25. ^

    «Di questa Terra si fa parola nella sentenza del Cardinal Lombardo già trascritta nel lib. 3. cap. 3. n. 7. come pure due Bolle di Lucio III. e d'Innocenzo IV. trascritte, la prima nel cap. 5 del medesimo lib. 3. n. 3. e l'altra nel n. 14. dello stesso cap. 5. se ne parla nella Cronaca Cassinese, come appresso, e altrove...»

  26. ^

    «Passò poi in Persona del Conte di Montagano, ma non sappiamo con qual titolo. Appresso per la sua ribellione, in persona di Andrea di Capua, e si è mantenuta in questa illustre Famiglia sino al presente»

  27. ^

    «Il periodo svevo trascorre privo di notizie di S. Martino e così gran parte di quello angioino; e il Tria, per colmare il vuoto, mette innanzi i Conti di Montagano che ne sarebbero stati titolari. Tutto ciò è erroneo, ed infondato.»

  28. ^ a b c d e f g h i Luigi Sassi, ibid. p. 289 e ss.
  29. ^ Franco Valente, San Martino in Pensilis e il suo castello, su francovalente.it, 2007. URL consultato il 26 aprile 2019.
    «In primis castrum insule Tremitane reparari potest per homines Vene maioris, Vene de Causa, Roiari, Utimi, S. Martini impensulis, Campi marini, Porte Candoni, Loritelli, casalis S. Marie in Sacchono, Alarini, S.Primiani, Mondori, Corneti de Alareno, Olibuli, S.Iacobi de Silva, Guillonisiio, Pittacii, Montis Miculi, Bisacie et baronie sue, que est domini Riccardi de Anglona»
  30. ^

    «Chi fosse signore di S. Martino anteriormente all'avvento di Carlo di Durazzo al trono di Napoli (1381-1386) ignoriamo. È noto però che nel 1381 il novello Re assegnò S. Martino alla propria consorte la regina Margherita: la quale si disfece poi del feudo al tempo della lotta con Ludovico d'Angiò, che contendeva la corona di Napoli al figlio di lei Ladislao. Ella, per far danaro, alienò S. Martino in favore di Ugolino degli Orsini, della potente famiglia laziale già ramificata nel Reame»

  31. ^

    «L'Orsini tenne poco tempo il possesso del feudo; ed invero verso il 1400 il feudo stesso, o perché venduto o perché giacente al demanio, fu dato in camera alla principessa Giovanna di Durazzo (poi Regina Giovanna II): e da quel tempo ebbe le medesime vicende feudali di Guglionesi fino al 1495.»

  32. ^ Il Sassi riferisce che dalla prima numerazione effettuata il 28 febbraio 1448 il paese risultava costituito da 102 fuochi.

    «Il terremoto del 5 dicembre 1456, che devastò quasi tutta la nostra provincia, apportò non pochi danni anche al nostro Comune, tanto che nella numerazione dei fuochi fatta quattro anni dopo (24 maggio 1460) si contavano appena 25 fuochi (150-175 abitanti)»

  33. ^

    «La nostra provincia, scrive uno storico dell'epoca, ne restò quasi del tutto sconquassata. Larino ebbe 1313 vittime e Ururi rovinò completamente. La maggior parte delle case di Termoli, di Campomarino, di Portocanone e di tutti i paesi circostanti, crollò o rimase danneggiata»

  34. ^

    «Con i Tremuoti poi dell'anno 1456 rimase distrutto da' fondamenti Larino colla morte di mille trecento, e tredici persone. Questa dolorosa Istoria si descrive da S. Antonino, Scrittore contemporaneo, nella sua Cronaca (...) Lo stesso nota il Summonte nella Storia del Regno di Napoli (...)»

  35. ^

    «Nel 1495 Andrea di Capua, duca di Termoli, ottenne S. Martino in feudo; e da tale anno, insino al 1806, l'universitas di S. Martino ebbe comuni con Termoli le successioni feudali e titolari, onde il lettore per averne notizie deve ricorrere alla mon. di Termoli»

  36. ^ Lorenzo Giustiniani, Lettera CA, in Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, III, Napoli, Vincenzo Manfredi, 1797 [1797], p. 191. URL consultato il 27-4-2019.
    «Nel 1521 il detto Ferrante duca di Termoli vendé a Giacomo della Tolfa, conte di Sanvalentino, Casacalenda e Sanmartino in Pesole, con patto de retrovendendo per ducati 6000»
  37. ^ a b Luigi Sassi, ibid. p.249
  38. ^ Luigi Sassi, ibid., p. 260
  39. ^ Luigi Sassi, op. cit., p. 313 e segg.
  40. ^ Nino Cortese, Belpulsi, Antonio - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 8 (1966), su treccani.it, 2007. URL consultato il 01-5-2019.
  41. ^ Luigi Sassi, ibid., p. 358
  42. ^ Luigi Sassi, ibid., p. 359
  43. ^ Luigi Sassi, ibid., p. 369 e segg.
  44. ^ Luigi Sassi, ibid., pp. 376, 387
  45. ^ Pietro Colletta, lib.VIII, XXVIII, in Storia del reame di Napoli, I, Nuova edizione, coll'aggiunta del testamento dell'autore e di altri importanti documenti inediti, Bruxelles, Società Libraria Hauman E C., 1847, p. 146 e ss.. URL consultato il 2-5-2019.
  46. ^ Luigi Sassi, ibid., p. 553.
  47. ^ Il Masciotta riportava da un manoscritto del 1590 di"anonimo cronista", conservato fino a pochi anni prima, nel convento di Gesù e Maria quanto segue:

    «Trovasi in dicta terra di S. Martino un antico palazzo in forma di castello ch'è di proprietà et pertinenzia del nostro Ill.mo Signore D. Ferdinando de Capua quarto duca di Termoli. Dicto palazzo è in forma di commoda et insespugnabile fortezza, et è posto nel luogo più sublime di dicta terra. Ha a guardia del lato che è più esposto all'assalto delli nemici, un forte castello quadrato, con contromurali a scarpa, attaccato alle mura di dicta Terra. Si entra nel palazzo con alta e ben costructa sciulia di breccioni (vale a dire rampa), dopo la quale viene il ponte levatoio che cuopre il fosso di sicurezza, che gira tutto intorno al fabbricato. Passato il ponte si trova il primo portone del cortile con sua ritirata e difesa per merli e merloni di pietra massiccia et altre opere ben munite per improvvisi assalti. Dalla corte si passa ad un secondo portone che mette nelle stanzie tutte commode e ben constructe et assai numerose

  48. ^ Giambattista Masciotta notava già ai suoi tempi che...

    «i restauri e le variazioni, cui l'edificio andò soggetto nel tempo, hanno cancellate le tracce della omogeneità dello stile e della vetustà di esso, di guisa che nulla più sussiste di ciò che l'anonimo cronista accenna

  49. ^ a b

    «Ella, come si disse, è dedicata in onore dell'Apostolo San Pietro, e non solamente è stata riformata, e decorata quanto a' suoi Ministri per lo maggior culto Divino , ma ancora è stata abbellita quanto alla fabbrica; imperciocché, distrutta l'antica, ora si vede in altro miglior modo a tre navi, fornita, e ornata tutta di stucco co' suoi pilastri ben fatti. Oltre all'Altar Maggiore vi sono sei altri Altari minori sotto diversi titoli, e tutti di una stessa misura, e fattezza, ornati di stucco all'uso moderno romano, dove i quadri ancora sono dello stesso pennello, e sono proveduti di Sagre Suppellettili, e tutto si è fatto nell'anno 1728. in occasione della ristaurazione di questa Chiesa. per la Traslazione del Corpo del Glorioso S. Leo Confessore...»

  50. ^

    «Nel 1728 la parrocchiale fu eretta dal Tria in Collegiata insigne, con dodici canonici aventi le insegne della cappa o zamparda, e della mozzetta»

  51. ^ Giovanni Andrea Tria:

    «...e quella si farà dalla sua antica Catacomba, posta nella cadente Chiesa di S. Maria in Pensulis alla Chiesa Matrice, sotto il titolo di S. Pietro Apostolo, in una nobile Cassa di Cristallo, che dovrà collocarci sotto l'Altar Maggiore.»

    Giambattista Masciotta:

    «S. Pietro apostolo. - Distrutta la vetustissima chiesa preesistente di tal titolo, la presente fu costruita in sito più adatto, restaurata radicalmente nel secolo XVIII, e decorata con gusto nell'occasione della traslazione del corpo di S. Leo, che dal 1728 vi riposa in una cassa d'ebano con pareti di cristallo sotto la mensa dell'altare maggiore.»

  52. ^

    «Per studio di antichità, che tanto piace a' dì nostri, stimiamo avvertire, come avendo casualmente osservato, che un pezzo di marmo, che va all'alabastro, chi sa come, e onde preso, servisse per scalino della porta picciola di questa Chiesa, per conservarne la memoria, lo facessimo fabbricare nella facciata della sua muraglia, che corrisponde in Piazza, e in esso si legge la seguente Iscrizione di buon gusto romano...»

  53. ^

    «Nella facciata prospiciente sulla piazza è murata una lastra di marmo che porta scolpito un epitaffio dell'epoca romana: lastra di cui avevano fatto gradino per la porta piccola dell'edificio stesso, e che deve l'attuale situazione ad ordini di mons. Tria.»

  54. ^ Secondo il Tria, sull'Altare Maggiore, "dedicato al Principe degl'Apostoli S. Pietro"

    «... si vede un Quadro di mano del celebre Pittore Nicolò Malinconico Napolitano»

  55. ^

    «Nella notte dal 19 al 20 marzo 1893 un fulmine determinò l'incendio della fabbrica; onde molti arredi ed oggetti preziosi andarono in cenere, e perduta andò pure una bella tela di Niccolò Melanconico raffigurante "La Vergine adorata dai protettori locali"»

  56. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.
  57. ^ Atlante cartografico dell'artigianato, vol. 2, Roma, A.C.I., 1985, p. 22.
  58. ^ a b c d e f g h i j http://amministratori.interno.it/

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Andrea Tria, Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino, Roma, 1744
  • Ferdinando Ughelli, Italia sacra sive de Episcopis Italiae et insularium adiacentium, Venezia, 1717-1722.
  • Giambattista Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, volume IV, Il Circondario di Larino, San Martino in Pensilis.
  • Falcone di Benevento, Chronicon Beneventanum, ad annum Christi 1125.
  • Luigi Sassi, San Martino in Pensilis e i suoi dintorni, 2009

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN247005530 · WorldCat Identities (ENviaf-247005530
  Portale Molise: accedi alle voci di Wikipedia che parlano del Molise