Rodolfo Graziani

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Versione del 7 feb 2012 alle 01:00 di FrescoBot (discussione | contributi) (Bot: i simboli corretti degli ordinali sono º e ª e modifiche minori)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Template:Avvisounicode

Rodolfo Graziani

Viceré d'Etiopia
Durata mandato11 giugno 1936 –
21 dicembre 1937
MonarcaVittorio Emanuele III d'Italia
Capo del governoBenito Mussolini
PredecessorePietro Badoglio
SuccessoreAmedeo duca d'Aosta

Ministro della Difesa nazionale e della produzione bellica della Repubblica Sociale Italiana[1]
Durata mandato23 settembre 1943 –
25 aprile 1945
PresidenteBenito Mussolini
Predecessorenessuno
Successorenessuno

Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito
Durata mandato1939 –
1941
PredecessoreAlberto Pariani
SuccessoreMario Roatta

Governatore Generale della Libia
Durata mandato1º luglio 1940 –
25 marzo 1941
PredecessoreItalo Balbo
SuccessoreItalo Gariboldi

Governatore della Somalia italiana
Durata mandato6 marzo 1935 –
9 maggio 1936
PredecessoreMaurizio Rava
SuccessoreAngelo De Ruben

Vicegovernatore della Cirenaica
Durata mandatomarzo 1930 –
maggio 1934
Predecessorecarica istituita
SuccessoreGuglielmo Nasi

Dati generali
Prefisso onorifico
Partito politicoPartito Nazionale Fascista, Partito Fascista Repubblicano
Rodolfo Graziani
NascitaFilettino, 11 agosto 1882
MorteRoma, 11 gennaio 1955
Cause della mortemorte naturale
Dati militari
Paese servito Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
Anni di servizio? - 1943
Grado Generale d'armata
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
voci di militari presenti su Wikipedia

Rodolfo Graziani (Filettino, 11 agosto 1882Roma, 11 gennaio 1955) è stato un generale e politico italiano.

Servì nel Regio esercito italiano durante la prima e seconda guerra mondiale.

Esperto di guerre coloniali, operò con efficacia ma con spietata durezza nella riconquista della Libia (1921-1931) e durante la Guerra d'Etiopia e nella successiva repressione della guerriglia abissina (1935-1937). Durante la seconda guerra mondiale divenne Governatore e comandante superiore in Libia ma venne duramente sconfitto dall'esercito britannico (1940-1941) e sostituito. Dopo un periodo di ritiro accettò da Mussolini l'incarico, nella costituenda Repubblica Sociale Italiana, di Ministro della Guerra che mantenne fino al crollo finale del 1945, partecipando alla dura lotta contro la Resistenza italiana ed ai tentativi di ricostituire un nuovo esercito italiano filo-tedesco.[2]

Primi anni

Nato in una famiglia borghese (il padre era medico condotto), venne indirizzato inizialmente dai genitori verso gli studi religiosi presso il seminario di Subiaco, ma egli preferì la vita militare. Non avendo sufficiente disponibilità economica per frequentare l'Accademia di Modena, svolse il servizio militare di leva nel plotone allievi ufficiali del 94° Fanteria in Roma. Il 1º maggio 1904 fu promosso sottotenente e inviato al 92° Fanteria a Viterbo. Nel 1906 divenne ufficiale effettivo nel Primo Reggimento Granatieri di Roma.

Nel 1908 fu destinato in Eritrea. Qui imparò l'arabo e il tigrino, lingue che successivamente gli saranno molto utili. Morso da un serpente nel 1911, rimase per quasi un anno in assai gravi condizioni di salute. Dopo aver preso parte alla Guerra Italo-Turca, fu nominato capitano e partecipò alla Prima guerra mondiale dove, più volte ferito, venne decorato al valor militare. Nel 1918, a soli 36 anni, divenne colonnello, il più giovane della storia d'Italia. Al termine del conflitto si trasferì a Parma dove, durante il biennio rosso, fu segretamente condannato a morte dal comitato rivoluzionario. Rendendosi conto che correva dei rischi seri, Graziani rinunciò per un anno ad ogni incarico civile e militare per darsi al commercio con l'Oriente, ma con modesti risultati.

La repressione della rivolta in Libia

L'11 gennaio 1930 Graziani è scelto personalmente da Benito Mussolini come governatore della Cirenaica. Nel 1931 venne inviato in Libia a reprimere la ventennale rivolta anti-colonialista guidata da ʿOmar al-Mukhtār: egli spostò il suo quartier generale a Zuara e riuscì a riprendere il controllo, anche politico, della Cirenaica, catturando il capo libico al-Mukhtār e facendolo condannare a morte dopo un processo sommario il 16 settembre 1931. Graziani aveva capito che la rapidità nei movimenti e negli spostamenti era fondamentale per non dare tregua al nemico e nel fare ciò fu fondamentale l'apporto della cavalleria indigena e dei meharisti integrati nelle "colonne mobili".[3].

Nel corso della campagna fece uso di dure misure anche contro i civili, ritenuti potenziali fiancheggiatori dei resistenti. Nota la vicenda della deportazione di centinaia di migliaia di appartenenti alle tribù nomadi della Cirenaica, che furono rinchiuse in campi di concentramento appositamente preparati. Nei campi si registrerà un altissimo tasso di mortalità, a causa delle terribili condizioni igienico-sanitarie e della scarsità di cibo e acqua che costò la vita a decine di migliaia di persone. La tecnica (già sperimentata dai britannici nella guerra boera) di trasferire le popolazioni civili per impedire ogni appoggio ai resistenti si trasformò in uno strumento di pulizia etnica. Nel marzo del 1934 Graziani fu sostituito in Cirenaica dal nuovo governatore fascista Italo Balbo.

La campagna d'Etiopia (il fronte sud)

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'Etiopia.

La conquista di Neghelli

Rodolfo Graziani dal 1935 al 1936 comandò le operazioni militari contro l'Abissinia partendo dalla Somalia Italiana, sul fronte meridionale. I primi scontri li sostenne proprio mentre Badoglio era impegnato nella Battaglia dell'Amba Aradam. Le truppe di ras Destà mossero infatti verso Dolo per attaccare l'armata di Rodolfo Graziani. A Graziani era stato ordinato di mantenere una difesa attiva al fine di mantenere impegnata nel sud il maggior numero di truppe nemiche e di non passare all'offensiva. Prontamente informato del movimento delle truppe di ras Destà, lo attese pronto allo scontro. Sulle colonne abissine in marcia fu scatenata l'aviazione che le decimò. Fu in questa occasione che furono usati per la prima volta i gas asfissianti.

La seguente offensiva italiana ne disperse i resti. il 20 gennaio 1936 Graziani occupò la città di Neghelli. Dopo la vittoria su Ras Destà, contro Graziani, furono schierate le truppe al comando di Wehib Pascià, un generale turco al servizio dell'imperatore etiopico. Wehib cercò di attirare Graziani in una trappola facendolo spingere il più possibile nel deserto dell'Ogaden. Ma nello svolgere tale operazione i reparti italiani al comando di Guglielmo Nasi e del generale Franco Navarra inflissero gravissime perdite agli abissini da far fallire l'operazione e da mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza dell'armata abissina.

L'impiego dei gas

Il 26 dicembre la brutale uccisione del pilota Tito Minniti, che caduto in territorio nemico, era stato torturato, evirato e infine decapitato fu presa a pretesto per l'utilizzo dell'iprite; alcuni recenti studi riconducono in ultima analisi la responsabilità sull'uso di tali ordigni (vietati dalla convenzione di Ginevra del 1925) direttamente a Mussolini, che in diversi ordini telegrafati ai due comandanti al fronte ne avrebbe autorizzato l'uso in caso di estrema necessità.[4][5].

Le bombe all'iprite di cui sono un esempio le C500T, dove T era l'abbreviazione di 'Temporizzata': un meccanismo a spoletta le faceva esplodere circa a 250m di quota in modo che ne venisse aumentato il raggio d'azione. Furono utilizzate sul fronte sud comandato da Graziani, nei pressi di Dolo. Graziani il 27 ottobre 1935, poco prima di attaccare la piazzaforte di Gorrahei, ricevette questo telegramma da Mussolini: "Sta bene per azione giorno 29. Autorizzo impiego gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico o in caso di contrattacco". I gas tossici non vennero però utilizzati nell'attacco di Gorrahei quanto alcuni giorni dopo. Il 24 dicembre Graziani inviava tre Caproni 101 bis ad Areri con la missione di bombardare le truppe di ras Destà, che vennero investite di iprite e fosgene. Gli attacchi si ripeterono il 25, 28, 30 e 31 dicembre con un lancio complessivo di 125 bombe. In un dispaccio telegrafico del 10 gennaio 1936 al generale Bernasconi, Graziani proclamava che «Le ultime azioni compiute hanno dimostrato quanto sia efficace l'impiego dei gas. Al riguardo, S.E. il Capo del Governo, con telegramma odierno n.333, me ne autorizza l'impiego nella contingenza attuale, che ha carattere campale e definitivo per l'armata di ras Destà.»[6].

Le proteste internazionali non tardarono e Mussolini criticò l'operato di Graziani e proibì pubblicamente l'uso di aggressivi chimici. Ciò nonostante l'iprite fu utilizzata ancora sul fronte nord da Badoglio in almeno due occasioni. Il 30 dicembre 1935 in un bombardamento italiano a Malca Dida, eseguito secondo gli espliciti ordini di Graziani, venne colpito un ospedale svedese causando la morte di 28 ricoverati e di un medico svedese[7].

Pure i soldati abissini utilizzarono armi proibite, in modo particolare i proiettili esplosivi Dum-dum, anch'essi vietati dalla convenzione di Ginevra (cfr. Indro Montanelli), che gli vennero forniti regolarmente dal Regno Unito e dalla Svezia. Lo storico britannico James Strachey Barnes, fascista, poi naturalizzato italiano con il nome Giacomo, sostenne all'epoca, come riferisce Arrigo Petacco, riguardo all'uso dell'iprite che gli italiani "lo fecero legalmente quando gli abissini violarono altre convenzioni: l'evirazione dei prigionieri, l'impiego delle pallottole esplosive e l'abuso del simbolo della Croce Rossa"[8].

Graziani stesso, nel suo libro Fronte sud del 1938 sostenne la tesi dell'uso del gas per rappresaglia, allo scopo di motivare il suo operato.

L'occupazione di Harar e Dire Daua

Il 15 aprile 1936 Benito Mussolini ordinò a Graziani di raggiungere ed occupare Harar. Graziani raggiunse Dagahbùr, il 25 aprile. Poi le piogge ne rallentarono maggiormente l'avanzata sull'obiettivo prefissato giungendo a Dire Daua poche ore dopo il passaggio dell'imperatore in viaggio verso l'esilio. Graziani, al fine di intercettare il treno che portava in esilio l'imperatore sconfitto e prenderlo prigioniero, chiese più volte il permesso di bombardare i binari per bloccare il treno ma il permesso gli fu negato dal Duce in persona.[9]. Dopo l'occupazione di Harar Graziani fu nominato Maresciallo d'Italia e marchese di Neghelli.

Viceré d'Etiopia

Nominato viceré d'Etiopia, in seguito alla rinuncia di Badoglio, Graziani in questa veste fece costruire numerosi edifici pubblici avvalendosi della manodopera e delle risorse locali. A ciò si affiancò anche una dura opera di repressione da parte degli italiani. Furono istituiti campi di prigionia, erette forche pubbliche e uccisi i rivoltosi.[10]. Ras Destà appena catturato fu passato per le armi.[11]. Graziani ordinò di uccidere i ribelli catturati gettandoli dagli aerei in volo.[senza fonte] Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate.

L'attentato ad Addis Abeba contro Graziani e la rappresaglia

Il 19 febbraio 1937, fu organizzata una cerimonia per festeggiare la nascita del principe di Napoli Vittorio Emanuele di Savoia. La cerimonia, alla quale erano stati invitati i notabili locali; si svolse presso il Piccolo Ghebì imperiale.

Nel corso della cerimonia era prevista anche una distribuzione di "Talleri d'argento" ai poveri, cosa che iniziò subito dopo l'arrivo dell'abuna Kirillos. A mezzogiorno, improvvisamente, scoppiò una prima bomba, poi di seguito tutte le altre, fino a raggiungere un numero complessivo di nove.

19 febbraio 1937, Graziani con l'abuna Kirillos nel Ghebì poco prima dell'attentato

Così, anni dopo lo stesso Graziani rievocò l'evento:

«La prima bomba, lanciata sul davanti, ebbe troppo alto percorso e cadde sulla pensilina. Mi balenò in mente che si trattasse di fochi di fantasia che dovessero accompagnare la cerimonia; e dentro di me biasimavo l'ufficio politico per non avermene data notizia. La seconda bomba, anch'essa troppo alta, colpì lo spigolo della pensilina sollevando del polverio. Ritenendo che i fuochi d'artificio fossero fatti dall'alto della terrazza e non avendo ancora l'impressione di che si trattasse, discesi d'impeto le scale che dividevano dal piazzale e mi volsi in su per rendermi conto di ciò che avveniva. M'offersi così, bersaglio isolato e ravvicinato, al gruppo degli attentatori. Fu questo il momento nel quale una terza bomba, caduta a una trentina di centimetri da me, m'investiva in pieno producendomi le trecentocinquanta ferite da schegge che m'offesero il lato destro dalla spalla al tallone. Il colpo m'abbatté a terra. Ma subito cercai di rialzarmi. Il generale Gariboldi ed il federale Cortese mi raccolsero e trasportarono nella prima autovettura. Nello stesso momento nel quale ci mettemmo in moto, un'altra bomba fu lanciata, senza che ci colpisse: all'uscita del cancello del parco, un'altra ancora; e appena fuori fummo investiti da una raffica di mitragliatrice. Nulla era stato trascurato; una preparazione da fare invidia ai più raffinati terroristi»

Graziani, gravemente ferito, fu subito trasportato all'ospedale della Consolata[13]. Subito alcuni complici degli attentatori aprirono il fuoco a cui risposero pesantemente i carabinieri italiani[14] Cominciò immediatamente il rastrellamento di polizia che portò a numerosi scontri a fuoco nelle strade cittadine, mentre nelle ore successive iniziò la rappresaglia, condotta solitamente da civili italiani della colonia. Nell'attentato morirono sette persone di cui quattro italiani e due zaptiè, circa cinquanta furono i feriti ricoverati in ospedale colpiti dalle schegge[15].

Nei giorni seguenti le rappresaglie del governo causarono molti morti tra la popolazione etiopica. almeno 3.000 morti secondo le stime britanniche, 30.000 secondo le fonti etiopiche. Gli accertamenti italiani successivi riportarono il computo dei morti etiopici a più di 300[16] È utile ricordare che sebbene le fonti italiane fossero ampiamente giustificazioniste, quelle britanniche e francesi, che erano allora ostili all'Italia, sono state ritenute esagerate in senso opposto[senza fonte]. Graziani restò ricoverato in ospedale 68 giorni dei quali, i primi giorni li trascorse in condizioni critiche.

In seguito, Graziani ordinò ai soldati italiani di compiere un'incursione nel famoso monastero etiope di Debre Libanos, dove gli attentatori si erano rifugiati per breve tempo[senza fonte], e fece massacrare indiscriminatamente i monaci e le suore del monastero. Lo storico Angelo Del Boca, computava il numero del vittime del massacro a 449, ma un nuovo documento redatto da un ricercatore inglese e da uno etiope sostiene che gli uccisi furono "fra 1.200 e 1.600 monaci. Moltissimi erano giovani e ragazzi, catechisti e diaconi. Tra le vittime delle rappresaglie anche indovini e cantastorie colpevoli di aver predetto la fine del regime".[17]

Nel novembre 1937 il Duca d'Aosta fu nominato viceré d'Etiopia e Graziani nel febbraio dell'anno seguente rientrò in Italia.

La seconda guerra mondiale

La campagna del Nordafrica

Rodolfo Graziani (al centro)

Nel 1938 il suo nome compare tra i firmatari del Manifesto della razza in appoggio alle leggi razziali fasciste. Il 3 novembre del 1939, a Seconda guerra mondiale già iniziata, Graziani divenne capo di stato maggiore dell'esercito: questa carica lo rendeva però direttamente dipendente da Mussolini, dal Re Vittorio Emanuele III di Savoia e dallo stesso Badoglio, col quale non correva buon sangue. Anche se contrario all'ingresso dell'Italia nel conflitto, poco dopo la dichiarazione di guerra (10 giugno 1940) Graziani partecipò ad alcune operazioni minori contro la Francia. Il 24 giugno i francesi chiesero l'armistizio e quattro giorni dopo Graziani tornò a Roma, dove ricevette la notizia della morte di Italo Balbo. Costretto a succedergli nella carica di governatore della Libia, gli venne ordinato dal Duce di invadere l'Egitto.

L'attacco, difficile per le carenze logistiche e di armamento delle forze italiane scarsamente motorizzate, iniziò il 25 agosto sotto la minaccia di Mussolini di ritorsioni verso di lui. Dopo una inutile avanzata fino a Sidi El Barrani (poco contrastata dai mobilissimi reparti inglesi del generale O'Connor), le forze di Graziani rimasero ferme per quattro mesi organizzando grandi e inutili campi trincerati nel deserto mediocremente collegati tra loro e con modeste riserve mobili. La controffensiva inglese del 9 dicembre 1940 (Operazione Compass) travolse completamente lo schieramento italiano: le truppe britanniche, molto inferiori numericamente ma totalmente motorizzate e con alcune centinaia di potenti carri armati Matilda e Cruiser, aggirarono e circondarono le truppe italiane ottenendo un successo clamoroso. Graziani venne completamente sorpreso e non fu in grado di organizzare una difesa efficace; impiegando a gruppi le sue consistenti forze (invece di radunare tutte le sue truppe e organizzare reparti corazzati di riserva), venne progressivamente battuto dalle forze britanniche a Bardia, Tobruk e Beda Fomm (gennaio-febbraio 1941); fu una disfatta totale; oltre 130.000 soldati italiani venero catturati[18], tutto il materiale venne perduto, i resti della 10ª Armata ripiegarono sulla posizione di El Agheila perdendo tutta la Cirenaica.

A seguito di un telegramma inviatogli da Graziani, Mussolini disse indignato a Ciano:

«Ecco un altro uomo col quale non posso arrabbiarmi perché lo disprezzo»

Graziani mostrò gravi carenze di condotta tattica e strategica ed ebbe anche un crollo morale: disperando della salvezza anche della Tripolitania, il maresciallo sollecitò ora (dopo averlo ripetutamente rifiutato) l'arrivo della forze meccanizzate tedesche proposte da Hitler (Afrika Korps)[20].

L'11 febbraio del 1941 venne destituito da Mussolini (molto contrariato per la sconfitta e per la condotta militare del maresciallo). Graziani lasciò la Libia e tornò in Italia: subito alcuni potenti uomini politici chiesero ed ottennero un'inchiesta contro di lui (Roberto Farinacci lo accusò privatamente di "codardia")[senza fonte]. Nel novembre 1941 fu così nominata una commissione d'inchiesta con a capo l'ammiraglio Paolo Thaon di Revel. Nel marzo 1942 questa concluse i propri lavori senza prendere alcun provvedimento. Per oltre due anni Graziani rimase senza nessun incarico.

La Repubblica Sociale Italiana

Con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana divenne Ministro della Difesa; il primo ad offrigli questo incarico nella neonata entità filo-tedesca fu Barracu il 22 settembre, ma sulle prime Graziani rifiutò[21]. Il giorno seguente il gerarca sardo lo incontrò a Roma e gli richiese di far parte della nuova compagine governativa "altrimenti" così gli si sarebbe rivolto "il vostro rifiuto potrebbe essere giudicato paura"[22]. Graziani accettò la sfida.

Trai suoi primi atti da ministro vi fu l'approvazione di una legge che imponeva l'arruolamento obbligatorio ed un severo addestramento in Germania; tali provvedimenti, tuttavia, ebbero scarso successo ed anzi rafforzarono la resistenza partigiana, che attirava più facilmente i tanti renitenti alla leva. Graziani firmò inoltre il bando di richiamo alle armi delle classi 1922 e 1923." Gli iscritti di leva arruolati ed i militari in congedo che durante lo stato di guerra e senza giustificato motivo,non si presenteranno alle armi nei tre giorni successivi a quello prefisso,saranno considerati disertori di fronte al nemico,ai sensi dell'articolo 144 CPM e puniti con la morte mediante fucilazione al petto " 7 Febbraio 1944.Per sottolineare il carattere militare e nominalmente apolitico del suo incarico, dal 6 gennaio 1944 il dicastero da lui tenuto non si chiamò più Ministero della Difesa Nazionale bensì "Ministero delle Forze Armate".

Graziani si impegnò a fondo affinché le forze armate della RSI fossero unitarie e fossero definibili come apolitiche, dipendenti quindi non dal Partito Fascista Repubblicano ma dal comando centrale[23]. Per imporre il suo piano, minacciò più volte le dimissioni[24] e si recò anche nel quartier generale di Hitler in Germania per conferire con il Führer il 9 ottobre[25]: lo stesso Graziani riportò il non certo incoraggiante commento che il dittatore tedesco gli fece appena lo vide: "Sono spiacente che proprio a voi debba toccare questo ingrato compito"[26].

Sfruttando anche la sua notorietà, Graziani riuscì a condurre in porto un compromesso a lui favorevole: tranne le Brigate Nere di Pavolini, con il quale ebbe forti scontri, riuscì ad avere il controllo di tutte le forze armate della RSI (controllo invero a volte solo nominale, visto che nell'impiego operativo esse furono di fatto subordinate ai comandi militari tedeschi[27]). Il 14 agosto 1944, quando con decreto legislativo il Duce fece entrare la Guardia Nazionale Repubblicana all'interno dell'Esercito Nazionale Repubblicano[28], si può dire che Graziani avesse vinto la sua "battaglia" diplomatica.

Graziani dal 2 agosto 1944 assunse il comando dell’Armata "Liguria" con il LXXV Armee Korps e il "Lombardia" Korps e, dall’1 dicembre 1944 al 28 febbraio 1945, del "Gruppo Armate" comprendente la 14ª Armata, che con il LI Gebirgs Korps e il XIV Panzer Korps combatté sulla linea gotica, specialmente nella Garfagnana.

Graziani ottenne nella Garfagnana toscana, tra il fiume Serchio e le Alpi Apuane, di bloccare con la Divisione Alpina Monterosa i reparti brasiliani e le forze della 5ª Armata americana, riuscendo tra il 25 e 30 dicembre 1944 (con l'operazione denominata "Wintergewitter", detta in italiano "Offensiva di Natale" o "Battaglia della Garfagnana") a respingere le forze alleate obbligandole a ripiegare fino quasi al mare. Nell'occasione vennero anche catturati diversi prigionieri e ingenti quantità di viveri e materiale bellico: si trattó dell'unica azione nella quale le forze italo-tedesche riescono a far arretrare gli Alleati nel 1944.

Ultimi anni

Con le truppe anglo-americane ormai alle porte, la sera del 29 aprile 1945 Graziani si arrese a Milano al IV Corpo d'armata statunitense. Dopo un mese di reclusione a Roma, in giugno fu inviato in Algeria, quale prigioniero di guerra presso il 211 POW Camp di Cap Matifou ed il 16 febbraio 1946 venne rinchiuso nel carcere di Procida. Nel periodo di detenzione egli scrisse tre opere: "Ho difeso la patria", "Africa settentrionale 1940-41" e "Libia redenta". Nel frattempo, la sua adesione al Movimento Sociale Italiano non migliorò la situazione ed il 5 giugno 1948 si aprì contro di lui un processo che lo condannò a 19 anni di carcere, di cui però 17 gli furono condonati. Si riconobbe che l'imputato non fosse in grado di incidere sulle decisioni del Governo della RSI, anche se Graziani durante la RSI fu ministro della Difesa e responsabile del bando con cui erano condannati a morte i renitenti alla leva e i partigiani (il famoso bando Graziani, appunto).

Nel 1952 si iscrisse al MSI, di cui divenne presidente onorario un anno dopo. Nel gennaio del 1954, durante il congresso di Viareggio, pronunciò un discorso nel quale tracciava le sue idee per rilanciare il movimento. Accusato di golpismo dai detrattori e di mancanza di attinenza con la realtà da altri suoi camerati, preferì ritirarsi dalla vita politica con profondo dispiacere.[senza fonte] Negli ultimi giorni della sua vita, sentendo vicina l'ora della fine, si trasferì da Affile a Roma, preferendo morire nella "città eterna".

Curiosità

Nel 1980 un film, Il leone del deserto, di coproduzione Usa e Siria, fu dedicato alla lotta di liberazione libica contro il colonialismo italiano: nella pellicola, che sembra in parte prodotta grazie al finanziamento di Muʿammar Gheddafi, si narrano in maniera molto dettagliata alcune tecniche di guerra adottate. All'epoca vi fu un procedimento contro tale film per "vilipendio delle Forze Armate". La pellicola non è mai stata distribuita in Italia, finché, in occasione della visita del leader libico Gheddafi in Italia, è stato trasmesso dall'emittente satellitare Sky nel giugno del 2009. Il regista, Moustapha Akkad, fu ucciso in Giordania nel 2005 in un attentato di terroristi filoiracheni.[2]

Tra gli interpreti Rod Steiger impersona Mussolini, Oliver Reed impersona Graziani ed Anthony Quinn impersona il leader della resistenza libica ʿOmar al-Mukhtār.

Giuni Russo nell'album Energie (1981) ha intitolato Lettera Al Governatore Della Libia una canzone scritta con Franco Battiato e Maria Antonietta Sisini. Successivamente Franco Battiato ha inciso lo stesso brano (nell'album dal vivo "Giubbe Rosse" - EMI 1989) modificando leggermente il testo con un riferimento esplicito a Graziani (definito "idiota").

Citazioni di Graziani

  • Io mi sono sentito fascista dalla nascita[29]

Opere

Libri: Verso il Fezzan, Tripoli 1929; La situazione cirenaica, Bengasi 1931; Cirenaica pacificata, Milano 1932; La riconquista del Fezzan, ibid. 1934; Pace romana in Libia, ibid. 1937; Il Fronte Sud, ibid. 1938; Ho difeso la Patria, ibid. 1947; Africa settentrionale 1940-1941, Roma 1948; La Libia redenta. Trent'anni di passione italiana in Africa, Napoli 1948.

Onorificenze

Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valore militare (2 volte) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di bronzo al valore militare (2 volte) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia militare al merito di lungo comando (20 anni) - nastrino per uniforme ordinaria
Croce d'oro per anzianità di servizio (40 anni) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa delle operazioni militari in Africa orientale (ruoli combattenti) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-turca - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915 – 18 (4 anni di campagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa italiana della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
Predecessore Vicegovernatore della Tripolitana Successore
Domenico Siciliani 1930 - 1934 Guglielmo Nasi
Predecessore Governatore Generale della Somalia Italiana Successore
Maurizio Rava 6 marzo 1935 - 9 maggio 1936 Unito al governatorato dell'AOI
Predecessore Governatore della Somalia Italiana
(come parte dell'AOI)
Successore
Titolo inesistente 9 maggio - 22 maggio 1936 Angelo De Ruben
Predecessore viceré d'Etiopia Successore
Pietro Badoglio 11 giugno 1936 - 21 dicembre 1937 Amedeo di Savoia
Predecessore Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano Successore
Alberto Pariani 1939 - 1941 Mario Roatta
Predecessore Governatore della Libia Successore
Italo Balbo 1º luglio 1940 - 25 marzo 1941 Italo Gariboldi

Note

  1. ^ La Stampa, 24 settembre 1943, p. 1, "Mussolini ha costituito il nuovo governo fascista", elenco dei ministri.
  2. ^ Video di Graziani nella RSI
  3. ^ Domenico Quirico, Lo squadrone bianco, Milano, Mondadori, Le Scie, 2002, pp. 309-310 "Aveva intuito la strategia giusta per battere la guerriglia che ci aveva angosciato per vent'anni: mobilità, rapidità negli spostamenti, bisogna essere più veloce del nemico, non dargli tregua, arrivare sempre prima di lui. E gli ascari eritrei e libici, i meharisti e la cavalleria indigena servirono perfettamente allo scopo; integrati nelle "colonne mobili" diedero un apporto fondamentale alla repressione della rivolta libica, grazie alle autoblinde, ai camion, all'aviazione che consentivano di spingersi nel cuore dei santuari nemici dove fino ad allora l'asprezza del deserto aveva fermato perfino l'impeto degli ascari."
  4. ^ Bernard Bridel. Les ambulances à Croix-Rouge du CICR sous les gaz en Ethiopie su Le Temps (in francese)
  5. ^ «Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco.» «Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini».
  6. ^ Comando delle Forze Armate della Somalia, La guerra italo-etiopica, cit., vol III, allegato n.313, p 401.
  7. ^ Andrea Molinari, La conquista dell'impero. 1935-1941 La guerra in Africa Orientale, Hobby & work; pagina 99
  8. ^ Arrigo Petacco, "Faccetta nera" storia della conquista dell'impero, p. 118
  9. ^ Arrigo Petacco, "Faccetta nera" storia della conquista dell'impero, p. 165 "Viaggiando lentamente sull'altipiano fradicio di pioggia (Graziani aveva chiesto al Duce il permesso di farlo bombardare, ma gli era stato negato), il convoglio giunse a Dire Daua dove il negus, nonostante le notizie allarmistiche circa la vicinanza degli italiani, volle fermarsi per salutare il suo vecchio amico Edwin Chapman Andrews, console britannico a Harar".
  10. ^ «Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini.» «Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V.E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini.»
  11. ^ Giuseppe Mayda, "Storia Illustrata", Anno XI, n. 114, maggio 1967, nell'articolo "Graziani il Maresciallo dal pugno di ferro", p. 74 "Quindi Graziani allestì campi di concentramento, fece passare per le armi i capi rivoltosi. Ras Destà venne fucilato appena catturato."
  12. ^ Rodolfo Graziani, Una vita per l'Italia, Milano, Mursia, 1994, p. 78
  13. ^ Beppe Pegolotti,L'attentato a Graziani, articolo su "Storia illustrata", 1971 p. 99 "Quando Graziani era caduto a terra, un capitano dei carabinieri gli aveva salvato la vita freddando, con due colpi di pistola, due attentatori nell'atto di lanciargli contro altre bombe. Dopo lo scoppio della nona bomba, ci fu una sequenza serrata di altri lanci che però non produssero danni perché gli ordigni, ancora con la linguetta attaccata, risultarono inoffensivi."
  14. ^ Beppe Pegolotti, L'attentato a Graziani, articolo su "Storia illustrata", 1971 pag 99 "Ci fu una breve sparatoria contro il Piccolo Ghebì. Erano alcuni complici, capeggiati da un armeno, che sparavano all'impazzata, allo scopo di facilitare la fuga dei lanciatori."
  15. ^ Angelo Del Boca Gli italiani in Africa Orientale III, Milano, Mondadori, 2000 p. 83: "I morti sono sette: un carabiniere, due soldati di sanità, due zaptiè, un tecnico italiano che aveva curato l'impianto degli altoparlanti e il chierico copto che reggeva l'ombrello dell'abuna. Il termine, che significa "padre nostro", è usato per riferirsi rispettosamente a un prete copto. I feriti, più o meno gravi, sono una cinquantina, fra i quali il vice-governatore generale S.E. Armando Petretti, i generali Liotta, Gariboldi e Armando, i colonnelli Mazzi e Amantea, il governatore di Addis Abeba S.E. Siniscalchi, l'on. Fossa, il federale Cortese, l'abuna Cirillo, l'ex ministro etiopico a Roma Afework e i giornalisti Appelius, Pegolotti, Poggiali e Italo Papini. Il più grave di tutti è il generale Liotta, che ha perso l'occhio destro e al quale debbono amputare una gamba. Quanto a Graziani, egli è stato investito da 350 schegge, ha perso molto sangue, ma dopo che il capitano medico Tarquini lo ha operato per allacciargli l'arteria femorale destra, le sue condizioni vengono giudicate soddisfacenti"
  16. ^ Beppe Pegolotti,L'attentato a Graziani, articolo su "Storia illustrata", 1971 pag 100 testimonia Beppe Pegolotti, presente agli avvenimenti che "c'è da dire che ci fu molta esagerazione da parte dei corrispondenti esteri, circa il numero degli uccisi, che fu fatto ascendere addirittura a tremila. L'eccidio fu pesante. Ma gli accertamenti stabilirono il numero in circa trecento. Si ebbero, purtroppo, diversi casi di esecuzione sommaria, ai quali tuttavia le truppe rimasero estranee. I cadaveri furono lasciati per tre giorni sui margini delle strade, nei prati antistanti i "tucul". Il mercato indigeno fu distrutto dalle fiamme, incendiati furono anche certi gruppi di "tucul" dove erano stati trovati fucili e munizioni."
  17. ^ Andrea Semplici, La strage cancellata, in "Nigrizia", 1997, n. 2, pp. 19-21. [1]
  18. ^ E. Bauer Storia controversa della seconda guerra mondiale, volume 3, DeAgostini, 1971.
  19. ^ Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943, p. 488, BUR, Milano 1990.
  20. ^ Descrizione esaustiva della condotta del maresciallo in Africa in R.Canosa Graziani, Oscar Mondadori 2004; G. Rochat Le guerre italiane. 1935-1943, Torino, Einaudi, 2005.
  21. ^ F. W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1968, p. 559
  22. ^ R. Graziani, Ho difeso la patria, Milano, Gruppo Ugo Mursia, 1986, p. 375
  23. ^ F. W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1968, p. 579
  24. ^ F. W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1968, p. 585
  25. ^ F. W. Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Torino, Einaudi, 1968, p. 581
  26. ^ R. Graziani, Ho difeso la patria, Milano, Gruppo Ugo Mursia, 1986, pp. 430-431
  27. ^ Gianni Oliva, L'Ombra Nera, Milano, Mondadori, 2007, p. 13
  28. ^ Qui il testo del decreto
  29. ^ Biografia nel sito dell'ANPI

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni