Ingiuria

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Delitto di
Ingiuria
Fonte Codice penale italiano
Libro II, Titolo XII, Capo II
Disposizioni art. 594
Competenza giudice di pace
Procedibilità a querela
Arresto non consentito
Fermo non consentito
Pena
  • (comma 1) reclusione fino a 6 mesi o multa fino a 516 euro
  • (comma 3) reclusione fino a un anno o multa fino a 1 032 euro

L'ingiuria è l'offesa all'onore e al decoro di una persona. Per la legge italiana un tempo era illecito penale, poi ridotto a illecito civile.

Nel diritto romano[modifica | modifica wikitesto]

Il reato discende dalla persecuzione penale della contumelia del diritto romano. La sola invettiva tra presenti, punita più severamente, era una fattispecie dell'iniuria, che, già prevista dalla Legge delle XII tavole, trovò poi la sua regolazione in una lex Cornelia de iniuriis[1].

Ordinamento italiano[modifica | modifica wikitesto]

Da delitto contro la persona a illecito civile[modifica | modifica wikitesto]

L'ingiuria era contemplata dall'art. 594 del codice penale: l'offesa all'onore o al decoro di una persona presente era punita con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 516 euro. La stessa pena si sarebbe applicata a chi avesse commesso il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa, mentre la pena era della reclusione fino a un anno o della multa fino a 1.032 euro se l'offesa fosse consistita nell'attribuzione di un fatto determinato. Le pene erano poi aumentate qualora l'offesa fosse stata commessa in presenza di più persone.

La fattispecie faceva parte dei delitti contro l'onore, un gruppo di reati classificati al Capo II del codice penale italiano (artt. 594-599) per la comune caratteristica di offendere attingendo il valore sociale della persona offesa.

La norma incriminatrice è stata abrogata dal d.lgs. 7/2016, emanato dal Governo Renzi, che ha disposto la depenalizzazione dell'ingiuria, per la quale è prevista una mera sanzione pecuniaria civile.

Questa può essere irrogata solo dal giudice civile all'interno di una causa di risarcimento per danni promossa dalla persona offesa.

La sanzione va da 100 a 8.000 euro nel caso di ingiuria semplice, mentre per l'ingiuria aggravata la sanzione va da 200 a 12.000 euro.

La presenza della persona offesa costituisce l'elemento di discrimine rispetto alla diffamazione, ancora prevista come fattispecie delittuosa.

La fattispecie delittuosa[modifica | modifica wikitesto]

Bene giuridico tutelato[modifica | modifica wikitesto]

In senso soggettivo la dignità è il sentimento e l'idea che ciascuno ha di sé. Per decoro si intende il rispetto e la stima di cui ciascuno gode presso il gruppo sociale. Ambedue i concetti possono essere ricompresi all'interno della reputazione, che fino al 2016 riceveva tutela penalistica[2] [3][4][5] e successivamente, invece, va incardinata nell'ambito della tutela dal danno morale.

Consumazione e tentativo[modifica | modifica wikitesto]

L'illecito è a consumazione istantanea ed il momento consumativo si identifica comunemente con la percezione dell'offesa da parte del soggetto passivo dell'espressione offensiva dell'onore e del decoro. Il tentativo è ritenuto in dottrina ammissibile, ad esempio, nell'ipotesi di uno scritto diretto all'offeso che, idoneamente spedito o presentato per la trasmissione, venga fermato prima del recapito.

Ritorsione e provocazione[modifica | modifica wikitesto]

L'articolo 599 del codice penale, limita anche per questa fattispecie la punibilità, ad esempio «se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori», ed esclude la punibilità per offese arrecate «nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso».

La cosiddetta ritorsione è quindi causa di non punibilità speciale per il delitto di ingiuria, e trova verosimilmente fondamento in ragioni di mera opportunità che inducono lo Stato a rinunciare a punire uno o entrambi gli offensori per comportamenti di uguale o simile gravità.[6][7]

La cosiddetta provocazione, comune sia all'ingiuria che alla diffamazione, è invece variamente configurata in dottrina quale causa di esclusione della colpevolezza, ovvero causa di giustificazione o, infine, quale causa di non punibilità in senso stretto.

Ai sensi dell'art 596 del codice penale l'autore dell'ingiuria non è ammesso a provare la verità dei fatti (esclusione della prova liberatoria) se non in casi espressamente previsti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Spiegazione storica delle Istituzioni dell'imperatore Giustiniano: col testo, la traduzione, e le spiegazioni sotto ciascun paragrafo, preceduta da una esposizione generale del diritto romano, secondo i testi anticamente conosciuti, o più recentemente scoverti, Stab. tip. di P. Androsio, 1856. URL consultato il 2 ottobre 2021.
  2. ^ Sia pure all'interno di un'evoluzione giurisprudenziale volta a recepire i cambiamenti degli stili di vita
  3. ^ Vaffa... non è più un'ingiuria la Cassazione: è nel linguaggio comune - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 2 ottobre 2021.
  4. ^ Cassazione. Il 'vaffa' è ancora ingiuria. Va considerato il tono e il contesto in cui la parola è pronunciata, su Studio Cataldi. URL consultato il 2 ottobre 2021.
  5. ^ Da "clandestini" a "zingaro" le parole vietate per sentenza, su ilGiornale.it, 25 febbraio 2017. URL consultato il 2 ottobre 2021.
  6. ^ Si veda Corte di Cassazione penale, sez. V, sentenza datata 21 novembre 2007, n. 43089 riportata in Altalex Massimario.
  7. ^ Si veda Corte di Cassazione penale, sez. V, sentenza 21 gennaio 2008, n. 3131 riportata in Altalex.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bianchini Ivano, Ingiuria, offensività, scriminante del diritto di critica, Macerata, 2006, pagg.298.
  • Santalucia, Diritto e processo penale nell'antica Roma, Milano, 1998.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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