Ritanna Armeni

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Ritanna Armeni (Brindisi, 12 luglio 1947) è una giornalista, saggista e conduttrice televisiva italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ritanna Armeni fu in gioventù tra i simpatizzanti della formazione extraparlamentare Potere Operaio[1]. Diventò giornalista professionista nel 1976 e, in seguito, redattrice di Noi donne, per poi collaborare alla nascita del quotidiano il manifesto.

Dopo aver svolto incarichi giornalistici per conto de Il Mondo, vari telegiornali e radiogiornali Rai, Rassegna Sindacale e Rinascita[1] approdò al quotidiano l'Unità: la collaborazione durò dal 1990 al 1998, anno in cui lei divenne portavoce dell'allora segretario di Rifondazione Comunista e futuro Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti.

Collabora con il Corriere della Sera Magazine e, in qualità di editorialista, con il quotidiano di Rifondazione Comunista, Liberazione. Dal settembre 2004 al febbraio 2008 ha condotto, assieme a Giuliano Ferrara, Otto e mezzo, in onda su La7. Attualmente[quando]collabora con Il Riformista, RED TV e la rivista Rocca.

Nel 2005 divenne protagonista di una polemica con il giornalista Marco Travaglio, che la accusò, con riferimento a una puntata di Otto e mezzo di essersi «accucciata sulle ginocchia di Ferrara». Queste dichiarazioni hanno suscitato la rabbia di Ritanna Armeni che ha definito Travaglio «un maschilista» che «usa parole di tono squadristico... Invece di contestarmi politicamente, ha preferito soffermarsi sul mio essere donna». La polemica era stata lanciata dalle colonne de l'Unità, tramite la rubrica Bananas, successivamente chiamata Uliwood Party.[2]

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Ha una figlia, la filologa romanza Marta Rovetta.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ritanna Armeni intervistata da Claudio Sabelli Fioretti
  2. ^ Liberazione contro l'Unità: siete diventati maschilisti, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 7 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 31 marzo 2012).
  3. ^ Archivio Premio Giovanni Comisso, su premiocomisso.it. URL consultato il 3 ottobre 2019.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN3934772 · ISNI (EN0000 0000 6326 4354 · SBN CFIV027705 · LCCN (ENn85358195 · GND (DE138707375 · J9U (ENHE987007382756305171 · WorldCat Identities (ENlccn-n85358195