Rhinolophus hildebrandtii

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Ferro di cavallo di Hildebrandt
Immagine di Rhinolophus hildebrandtii mancante
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Superordine Laurasiatheria
Ordine Chiroptera
Sottordine Microchiroptera
Famiglia Rhinolophidae
Genere Rhinolophus
Specie R.hildebrandtii
Nomenclatura binomiale
Rhinolophus hildebrandtii
Peters, 1878

Il ferro di cavallo di Hildebrandt (Rhinolophus hildebrandtii Peters, 1878) è un pipistrello della famiglia dei Rinolofidi diffuso nell'Africa orientale e Africa meridionale.[1][2]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Pipistrello di medie dimensioni, con la lunghezza totale tra 101 e 143 mm, la lunghezza dell'avambraccio tra 60 e 67 mm, la lunghezza della coda tra 28 e 49 mm, la lunghezza del piede tra 12 e 16 mm, la lunghezza delle orecchie tra 26 e 36 mm e un peso fino a 34,9 g.[3]

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

La pelliccia è lunga, soffice, densa e lanuginosa. Le parti dorsali variano dal grigio al bruno-grigiastro con la punta dei peli più scura, mentre le parti ventrali sono leggermente più chiare. Le orecchie sono lunghe. La foglia nasale presenta una lancetta lunga, triangolare, con i bordi diritti e la punta arrotondata, un processo connettivo arrotondato, una sella cosparsa di lunghi peli, con i bordi concavi vicino alla base e paralleli verso l'estremità larga e arrotondata. La porzione anteriore è larga, copre completamente il muso, ha due fogliette laterali e un incavo centrale profondo alla base. Il labbro inferiore ha un solo solco longitudinale. Le membrane alari sono bruno-grigiastre scure, la prima falange del quarto dito è relativamente lunga. La coda è lunga ed inclusa completamente nell'ampio uropatagio. Il primo premolare superiore è piccolo e situato fuori la linea alveolare. Il cariotipo è 2n=58 FNa=62.

Ecolocazione[modifica | modifica wikitesto]

Emette ultrasuoni ad alto ciclo di lavoro con impulsi a frequenza costante di 35-38 in Malawi, 40 kHz in Sudafrica, di lunga durata e con massima energia sulla seconda armonica delle quattro solitamente presenti.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Comportamento[modifica | modifica wikitesto]

Si rifugia singolarmente o in piccoli gruppi fino a 50 individui nelle grotte, fessure e cavità tra le rocce, miniere abbandonate, tane abbandonate di oritteropi e proteli, grandi cavità di alberi e sotto i tetti di capanne ed edifici. I siti possono essere completamente bui o leggermente illuminati. Solitamente rimane aggrappato con i piedi alle pareti delle grotte, più raramente in contatto con esse. Raggiunge uno stato di torpore durante il giorno a temperature esterne tra 21 e 24 °C. Nella notte si apposta tra il fogliame a circa 2-4 metri dal suolo.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

Si nutre di insetti come coleotteri e falene catturati in prossimità del suolo ed individuati da posatoi specifici.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

Gli accoppiamenti avvengono in luglio, le nascite alla fine di ottobre, l'allattamento dura per più di tre mesi. Danno alla luce un piccolo alla volta.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Questa specie è diffusa nell'Etiopia centrale, Sudan del Sud meridionale, Uganda, Kenya centro-occidentale e meridionale, Tanzania nord-orientale, Ruanda settentrionale, Repubblica Democratica del Congo meridionale, Zambia, Malawi, Zimbabwe, Mozambico occidentale e meridionale, Sudafrica settentrionale. Un individuo catturato in Nigeria potrebbe appartenere a questa specie.

Vive nelle savane alberate semi-aride e nelle foreste ripariali e montane.

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

La IUCN Red List, considerato il vasto areale e la popolazione presumibilmente numerosa, classifica R.hildebrandtii come specie a rischio minimo (Least Concern)).[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Jacobs, D. 2008, Rhinolophus hildebrandtii, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Rhinolophus hildebrandtii, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ Happold & Happold, 2013.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Meredith & David C.D.Happold, Mammals of Africa. Volume IV-Hedgehogs, Shrews and Bats, Bloomsbury, 2013. ISBN 9781408122549

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