Ratafià

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Ratafià
Origini
Luoghi d'origineBandiera dell'Italia Italia
Bandiera della Spagna Spagna
Bandiera della Francia Francia
Bandiera della Svizzera Svizzera
RegioniPiemonte
Abruzzo
Valle d'Aosta
Lazio
Molise
Catalogna
Aragona
Isole Baleari
Cantone Ticino
Zona di produzioneAndorno Micca

Villa Santa Maria

Dettagli
Categoriabevanda
RiconoscimentoP.A.T.
Settorebevande alcoliche, distillati e liquori

Il termine ratafià, denominato localmente anche ratafia o rataffia, indica qualsiasi tipo di liquore composto da un infuso a base di succhi di frutta e alcol. Esistono diverse tradizioni locali, principalmente in Italia, Spagna, Francia e Svizzera.

Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il ratafià piemontese viene prodotto su tutto l'arco alpino dov'è bevanda tradizionale (conosciuta e prodotta anche sul versante francese delle Alpi). Storica è la produzione ad Andorno Micca, paese della provincia di Biella, dove già nel 1600 il ratafià veniva prodotto con ciliegie nere nel monastero di Santa Maria della Sala. Successivamente la lavorazione divenne caratteristica di alcune famiglie del paese, che dal 1880 è sede dello storico liquorificio Rapa Giovanni.[1] Altrettanto storica è anche la produzione del Ratafià prodotto nell'Antica Distilleria Alpina Bordiga in Cuneo dal 1888.

In Abruzzo e Molise, il ratafià è un liquore diffuso in tutta la regione a base di amarene e di vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano[2]. È tradizionalmente prodotto ponendo, in proporzioni variabili secondo la ricetta locale, amarene mature intere o snocciolate e zucchero dentro recipienti di vetro esposti al sole per circa 30 giorni, al fine di favorire la fermentazione. Al prodotto così ottenuto si aggiunge poi il vino rosso, lasciando macerare e agitando periodicamente il tutto per almeno altri 30 giorni, ma si può arrivare anche a 5-6 mesi. Il prodotto è poi filtrato e imbottigliato. In alcuni casi dopo la filtrazione si aggiunge dell'alcool per aumentarne la gradazione.

Nella Valle del Liri, al confine tra Lazio e Abruzzo, viene aggiunta anche qualche goccia di caffè insieme alla cannella ed alla vaniglia. È un liquore dal gusto dolce e piacevole, con una gradazione alcolica variabile secondo la tecnica di produzione: da 7-14% vol. a 20-22% vol. con l'aggiunta di alcool. Il colore è rosso più o meno intenso e ha l'odore caratteristico di amarene e frutti di bosco. È normalmente consumato giovane, per apprezzarne la maggiore freschezza degli aromi. La preparazione e l'uso del Ratafia rientrano nella secolare tradizione contadina tramandata di generazione in generazione. Come riferisce Alessio de Berardinis in "Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori" (Teramo 1868)

«Il nome [...] gli fu dato da quell'uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine "Pax rata fiat!"»

A parte queste ipotesi, forse pittoresche e fantasiose, il liquore era usato, più prosaicamente, per sancire gli accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.

Nel Canton Ticino e in Catalogna il Ratafià è un liquore di noci verdi macerate nella grappa, e non di frutta fermentata (che in Italia viene chiamato nocino).[3][4]

Altri Paesi[modifica | modifica wikitesto]

Ratafia dels Raiers, tipico della Catalogna

Si producono bevande simili in altri paesi europei, in particolare in Spagna (Paese in cui è bevanda tradizionale al nord della Catalogna, Aragona,[5] e le Isole Baleari[6]), Francia e la Svizzera.

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Da alcuni il termine è fatto risalire a tafià, un'acquavite delle Antille ricavata dalla canna da zucchero, ma è più verosimile la spiegazione popolare paretimologica che lo fa derivare dal latino rata fiat, letteralmente "fatto l'accordo/affare" (da cui i termini italiano "ratificato" e francese "ratifié"), evidentemente allusivo alla bevuta di questo liquore come suggello di un contratto verbale, atto sostitutivo della più comune stretta di mano.

In piemontese "rata fià" significa "gratta fiato".[senza fonte]

Nei media e nelle letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Il ratafià è citato, oltre che in Diavolo Rosso, nell'omonimo brano dell'album "Aguaplano" del cantautore Paolo Conte.

Lo scrittore Angelo Brofferio dedica al ratafià di Andorno una lunga lettera al parroco di Veglio, composta nel 1848 ed in seguito introdotta nell'opera antologica Tradizioni italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia dell'Italia e mandate alla luce per cura di rinomati scrittori italiani.[7] Il ratafia' è citato anche nella filastrocca di Rodari "L'invenzione dei francobolli" (Filastrocche in cielo e in terra).

In vari brani del romanzo Marina Bellezza della scrittrice Silvia Avallone i personaggi consumano ratafià di Andorno, a volte anche in quantità eccessive.[8]

In un episodio della serie TV "The Paradise" la responsabile del reparto abbigliamento femminile Miss Audrey offre un bicchierino di ratafià alla commessa Denise.

In "Le anime morte" di Nikolaj Gogol', il protagonista, nel capitolo terzo, consuma del ratafià.

Il cantautore piemontese Paolo Conte cita il ratafià nella canzone Diavolo Rosso, contenuta nell'album Appunti di Viaggio (1982).

«Girano le lucciole
Nei cerchi della notte
Questo buio sa di fieno e di lontano
E la canzone forse sa di ratafià»

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Il Piemonte ha ottenuto dal ministero il riconoscimento del ratafià tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani; il medesimo riconoscimento è stato quindi conseguito dal prodotto denominato ratafia (o rataffia) dell'Abruzzo e dal ratafià prodotto in Valle d'Aosta.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Via G. Cantono, 13 - 13811 - Andorno (BI), su liquorificiorapa.it. URL consultato l'8 giugno 2020 (archiviato dall'url originale l'8 giugno 2020).
  2. ^ Ival liquori d'Abruzzo, su ivalsas.com.
  3. ^ Nocino (Ratafià) Patrimoine culinaire, su patrimoineculinaire.ch. URL consultato il 31 luglio 2019.
  4. ^ Catalunya.com. URL consultato il 31 luglio 2019.
  5. ^ (ES) Retacía o ratafía, bebida espirituosa de Aragón y Cataluña, su salmorrejo.com. URL consultato il 12 novembre 2022.
  6. ^ (CA) Escapada & Més, su Escapada & Més. URL consultato il 12 novembre 2022.
  7. ^ Angelo Brofferio, Tradizioni italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia dell'Italia e mandate alla luce per cura di rinomati scrittori italiani, Torino, tip. Fontana, 1848.
  8. ^ Silvia Avallone, Marina Bellezza, Milano, Rizzoli, 2013, ISBN 978-88-17-06975-5.
  9. ^ Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Decreto 7 giugno 2012. Dodicesima revisione dell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.142, 20 giugno 2012, 49.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mina Novello, Il ratafià: storia e ricette, DOCBI Centro Studi Biellesi, 2008.
  • Mina Novello, Carlo Greppi, Guido Aquili, Arsümà, ratafià e bramaterra. Ricettario di cucina biellese, Eventi & Progetti Editore, 2006.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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