Raqqada

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Raqqada
Nome originale ﺭﻗﺎﺩة (Raqqāda)
Cronologia
Fondazione 876
Fine 953
Causa distrutta da al-Muʿizz
Amministrazione
Territorio controllato emirato aghlabide
Territorio e popolazione
Superficie massima 10 km²
Localizzazione
Stato attuale Bandiera della Tunisia Tunisia
Località nei pressi di Qayrawan
Coordinate 35°35′46.47″N 10°03′24.84″E / 35.596243°N 10.0569°E35.596243; 10.0569
Cartografia
Mappa di localizzazione: Tunisia
Raqqada
Raqqada

Raqqāda (in arabo ﺭﻗﺎﺩة?, cioè "La soporifera"[1]) fu una città dell'Ifriqiya - oggi non più esistente - che sorgeva nei pressi di Qayrawan.

Fu costituita nell'876 da Ibrāhīm II, settimo Emiro aghlabide, la dinastia militare ereditaria istituita per volere del Califfo abbaside Hārūn al-Rashīd per poter condurre con minori difficoltà logistiche sul posto la lotta contro la forte e ostile presenza dei kharigiti locali.

L'Emiro, grazie al Qaṣr al-Fatḥ (Il palazzo della vittoria) nel quale andò ad abitare, facendola sua reggia, la rese capitale dell'Emirato,[2] abbandonando in tal modo la primitiva residenza di al-ʿAbbāsiyya.

L'area di Raqqāda si estendeva, secondo il geografo al-Bakrī, per circa 10 chilometri quadrati, circondata da mura di mattoni.

Quando gli Aghlabidi furono sconfitti dai Fatimidi, Ubayd Allah al-Mahdi s'insediò nel Qaṣr al-Ṣaḥn ("Il palazzo della corte") fino al 920, quando si trasferì nella sua nuova capitale, appositamente costruita per lui, di al-Mahdiyya.

Questo evento condannò all'insignificanza Raqqāda e nel 953 il colpo mortale le fu inflitto dal quarto Imam fatimide, al-Muʿizz, che ordinò fosse rasa al suolo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Si narra che il nome le fosse derivato dall'ostinata insonnia dell'Emiro Ibrāhīm II e da un inaspettato sonno ristoratore in quello che era allora un semplice borgo poco distante dalla sua residenza abituale di al-ʿAbbāsiyya.
  2. ^ Per brevi periodi funse da capitale, in un periodo successivo a Ibrāhīm II, anche la neo-costituita città di Tunisi (in arabo Tūnus), sorta adiacente alle antiche rovine di Cartagine.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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