Aleksandar Ranković

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Aleksandar Ranković

Vicepresidente della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
Durata mandato30 giugno 1963 –
1º luglio 1966
PresidenteJosip Broz Tito
Predecessorecarica istituita
SuccessoreKoča Popović

Ministro dell'Interno della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia
Durata mandato2 febbraio 1946 –
14 gennaio 1953
PredecessoreVlada Zečević
SuccessoreSvetislav Stefanović

Capo dell'OZNA
Durata mandato13 maggio 1944 –
marzo 1946

Vicepresidente dell'Assemblea Popolare della Repubblica Popolare di Serbia
Durata mandatonovembre 1944 –
gennaio 1946

Vice-primo ministro della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia
Durata mandato1º aprile 1949 –
18 aprile 1963
PredecessoreJaša Prodanović
SuccessoreSvetislav Stefanović

Dati generali
Partito politicoLega dei Comunisti di Jugoslavia
Aleksandar Ranković
NascitaDraževac kraj Obrenovca, 28 novembre 1909
MorteRagusa, 20 agosto 1983
Dati militari
Paese servito AVNOJ
Forza armata Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia
Anni di servizio1941-1945
GradoColonnello generale
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneFronte jugoslavo (1941-1945)
Comandante diOZNA
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Aleksandar Ranković, detto Leka (grafia cirillica: Александар Ранковић; Draževac kraj Obrenovca, 28 novembre 1909Ragusa, 20 agosto 1983), è stato un politico e antifascista jugoslavo. Fu il capo dell'OZNA e stretto collaboratore di Josip Broz Tito, fu anche vicepresidente della Jugoslavia dal 1963 al 1966.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Di famiglia serbo-ortodossa, fu assieme a Tito, Đilas, e Kardelj uno dei quattro uomini più potenti di tutta la Jugoslavia dell'immediato dopoguerra. Divenne un personaggio di spicco della politica jugoslava quando Tito, il 7 marzo 1945, inaugurò un governo di unità nazionale, al cui vertice sedevano i suoi stretti collaboratori.

A Ranković spettò il ruolo di capo dei Servizi segreti jugoslavi (Odeljenje za zaštitu naroda, OZNA). In particolare Ranković si curò di eliminare meticolosamente gli oppositori politici, nei quali rientravano anche parte del clero cattolico e ortodosso, oltre a chiunque fosse portatore (o presunto tale) di idee nazionali anti-jugoslave; in questa veste fu anche il diretto responsabile, in subordine allo stesso Tito, del massacro degli Italiani di Venezia Giulia e Dalmazia tramite l'infoibamento e le altre modalità ugualmente feroci (lapidazioni, annegamenti, percosse prolungate fino alla morte, ecc.) perpetrato sotto la direzione dell'OZNA.[senza fonte] Nell'estate del 1948 si ruppero i rapporti tra l'URSS e la Jugoslavia, con l'espulsione della Jugoslavia dal Cominform. Si trattò della prima crisi interna del Blocco sovietico; Ranković ricoprì in questa fase una parte di sostegno alla causa titina.

Nel dibattito politico interno della Jugoslavia, Ranković sostenne, accanto a un nazionalismo panserbo, la tesi di un socialismo centralizzato, contrario al modello dell'autogestione integrale. Nel 1956 scoppiò lo scandalo Đilas, che diede il via a un periodo di riforma ed epurazione dei quadri dirigenti del Partito. Nel 1966 Ranković, fino ad allora capo onnipotente dell'UDBA, fu allontanato dal suo incarico, accusato di abuso di potere e di aver ordito un complotto. Tuttavia non fu intentato nessun processo ai suoi danni. All'allontanamento di Ranković seguì una riforma dell'UDBA (polizia segreta) e del KOS (servizi segreti militari).

Giudizi[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la sua morte nel 1983 la figura di Ranković fu letta da diverse prospettive. Il nazionalismo serbo degli anni novanta sostenne la tesi del complotto anti-serbo ordito da Sloveni e Croati, con cardini in Tito (croato) e Kardelj (sloveno). Ranković (serbo) fu riproposto in veste di vittima, benché nel 1966 si fosse rivelato colpevole di attività spionistiche ai danni di istituzioni statali, di esponenti politici e di semplici cittadini[senza fonte].

Da parte croata invece Ranković fu incriminato come colui che perseguì una campagna di serbizzazione dei Servizi segreti jugoslavi. Si sottolineò come egli fosse stato il principale responsabile per il terrore messo in atto dalla Polizia segreta (UDBA) e per le esecuzioni di massa dopo la Seconda guerra mondiale, ai danni di Croati, Sloveni, Musulmani e Albanesi del Kosovo[senza fonte].

Note[modifica | modifica wikitesto]


Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sekulić Zoran, Pad i cutnja Aleksandra Rankovića (“La caduta e il silenzio di Aleksandar Ranković”), Belgrado, Dositej, 1979.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Vicepresidente della RSF di Jugoslavia Successore
carica istituita 1963-1966 Koča Popović
Predecessore Ministro degli Affari interni della RSF di Jugoslavia Successore
Vlada Zečević 1946-1953 Svetislav Stefanović
Predecessore Capo dell'OZNA Successore
1944-1946
Predecessore Vicepresidente dell'Assemblea Popolare della Repubblica Popolare di Serbia Successore
1944-1946
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