Quaestiones finitae

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Le quaestiones finitae sono esercizi retorici, su particolari casi giuridici: in ogni epoca di sviluppo del diritto, sono stati attinti dalla concreta esperienza dei tribunali coevi, ma anche da casi storici e immaginari.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nell'antichità[modifica | modifica wikitesto]

Venivano condotte in base a norme del diritto romano, ma anche greco e, sempre più spesso, in base a norme inventate, il che ne incrementò gli aspetti romanzeschi e irreali.

Erano anche chiamate causae, secondo la dicitura scelta dallo stesso Cicerone: egli per primo ne canonizzò il metodo, nei suoi studi, richiamando il termine ellenico "ipotesi" (dal greco hypothéseis). Si contrapponevano però alle quaestiones infinitae, appartenenti a discipline diverse da quella giuridica: anche esse erano in voga ai tempi della gioventù e degli studi di Cicerone.

Nel Medio Evo[modifica | modifica wikitesto]

L’attività dei Glossatori, cioè dei giuristi di scuola che tra la fine dell’XI e la prima metà del XIII secolo si preoccuparono di corredare l’intero testo del Corpus iuris civilis giustinianeo di un apparato continuo di glosse marginali, contrariamente a quanto si pensa comunemente, non fu un’attività puramente ‘esegetica’, perché usavano tutti gli strumenti grammaticali e dialettici e soprattutto "la formulazione di quaestiones (‘problemi, quesiti’), che solo alla fine del Duecento cominceranno a essere raccolte autonomamente, dando vita a una letteratura che più avanti sfocerà nella stagione dei grandi Commentatori"[1]. "Altre questioni, relative alla portata di uno o più testi di legge apparentemente discordanti (quaestiones legitimae), vennero discusse dai Glossatori in opere scritte con taglio dialogico: così taluni scritti di Rogerio, così le eleganti Quaestiones de iuris subtilitatibus (...) A loro volta, le questioni discusse in classe da Bulgaro (il primo ad essersi cimentato in questo genere di esercitazione didattica) furono raccolte da un allievo; in seguito, Giovanni Bassiano, Pillio ed Azzone, tra gli altri, composero raccolte di questioni (...) Le questioni presentano casi teorici e di scuola o anche casi effettivamente verificatisi (quaestiones de facto emergentes), gli uni e gli altri scelti in modo da appassionare gli studenti al ragionamento giuridico"[2].

In epoca moderna[modifica | modifica wikitesto]

Il metodo attinto dalla pratica forense[3] valorizza i casi esemplari in ambito anglosassone, dove dal diritto comune si è mutuato il sistema di insegnamento per cases and questions[4].

Tuttavia, la rappresentazione simulata di un vero e proprio processo è utilizzata anche al di fuori dell'ambito formativo: con il mock trial gli avvocati negli Stati Uniti d'America si preparano anche per un processo reale, persino impiegando volontari come attori per mettere alla prova schemi accusatori o difensivi o per sperimentare la reazione di una giuria-tipo.

Differenze[modifica | modifica wikitesto]

Un processo postumo può essere condotto a scopo pedagogico o esemplare (e quindi coincide con un mock trial), ma nella storia si sono verificati - in circostanze straordinarie e tendenzialmente su decisione politica[5] - anche giudizi post mortem per motivi concreti[6]: la dichiarazione legale che l'imputato è stato colui che ha commesso il crimine (e quindi implicitamente che il crimine è stato accertato), per assolvere una parte già condannata[7] o per rendere giustizia a favore dei familiari delle vittime.

Anche il moot trial - senza un reale interesse alla statuizione in concreto, ma per la proclamazione per esempio di un principio di diritto - può essere intrapreso exempli causa per dei discenti[8]; quando però ha la sua formale proposizione in giudizio, può dare luogo all'inammissibilità come lis ficta. Si possono infine fondere le due ipotesi processuali (postumo e moot) quando, dopo molti anni da condanne ingiuste, "forse è giusto annullare le condanne inflitte e mai ritirate"[9].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ D. Quaglioni, La giustizia nel Medioevo e nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 2004, pp. 36-37.
  2. ^ A. Padoa-Schioppa, Italia ed Europa nella storia del diritto, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 144-146.
  3. ^ SIMULAZIONE DI PROCESSO DINANZI ALLA CORTE EDU, Università di Messina, 2/5/2018 Archiviato il 6 luglio 2018 in Internet Archive..
  4. ^ Hillman William, New Cases and Questions under Article 9, Commercial Law Journal, Vol. 84, Issue 3 (March 1979), pp. 99-102.
  5. ^ Vedansi i processi a Farinata degli Uberti o a Bonifacio VIII, dopo il loro decesso.
  6. ^ Come per il processo in contumacia, la procedura è molto controversa, anzi aggiungendo ai motivi di discutibilità del giudizio la completa impotenza della parte defunta di difendersi al processo: vedasi le critiche al Sinodo di cadavere di papa Formoso o quelle al secondo processo contro Sergei Magnitsky.
  7. ^ Vedasi ad esempio l'esonero da accuse di Giovanna d'Arco o di Francesco Maria Carafa, dopo la loro morte.
  8. ^ Nel 1966 Giovanni Leone inscenò "in puro spirito accademico" un processo a Celestino V: Mattia Feltri, Mal seme d'Adamo, La Stampa, 2 febbraio 2021.
  9. ^ Nel caso di Dante Alighieri, però, "la sua memoria non ne ha alcun bisogno", secondo Aldo Cazzullo, Dante e l'accusa di corruzione? Non c'è bisogno di assolverlo, Corriere della sera, 31 gennaio 2021.

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