Provincia di Piacenza

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Template:Provincia La Provincia di Piacenza è una provincia dell'Emilia-Romagna di circa 280 mila abitanti.

Confina a nord e a ovest con la Lombardia (Provincia di Lodi, Provincia di Cremona e Provincia di Pavia), ad ovest con il Piemonte (Provincia di Alessandria), a est con la Provincia di Parma, a sud con la Liguria (Provincia di Genova).

Geografia

La provincia piacentina

La Provincia di Piacenza si estende nella Pianura Padana a sud del fiume Po, nella parte occidentale della regione Emilia-Romagna. A sud confina con la provincia di Genova (Liguria) tramite l'Appennino Ligure.

Il secondo fiume più importante dopo il Po è la Trebbia. I torrenti principali sono il Nure, il Tidone e l'Arda.

Lo stesso argomento in dettaglio: Appennino piacentino.

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Piacenza.
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Bobbio.

Piacenza antica

Anche se alcuni documenti attestano l'esistenza della città di Piacenza già in epoche preistoriche, la sua fondazione è datata 218 a.C., anno in cui i Romani crearono (su probabile preesistente insediamento celtico), sulla riva destra del Po, la prima e dunque più antica colonia romana, Placentia, avamposto militare contro le invasioni dei Galli. Grazie alle grandi opere (disboscamento, bonifica del territorio, costruzione della Via Emilia, arteria principale della Pianura Padana) realizzate dai coloni romani che vi si stabiliscono, Piacenza diviene in breve tempo una città sempre più importante, centro del sistema viario romano, tanto che lo stesso Giulio Cesare fissa qui, per un breve periodo, il suo quartier generale.

Piacenza medievale

Devastata durante le invasioni barbariche, la città subisce le dominazioni bizantina e gotica, per divenire dapprima capoluogo di un ducato longobardo e, in conseguenza all'avvento dirompente del Cristianesimo, dominio dei vescovi. L'anno Mille rappresenta anche per Piacenza un momento di sviluppo demografico, sociale ed economico, in cui la città, grazie alla sua posizione strategica, assume un ruolo di primo piano per il traffico di merci e di uomini. Diventata nel 1126 un libero comune, conosce in questi anni il suo massimo splendore, che culmina nell'adesione alla Lega Lombarda e nella sconfitta del Barbarossa, sancita dalla Pace di Costanza del 1183.

Piacenza nel periodo delle Signorie

Con la crisi delle istituzioni comunali, Piacenza diventa il terreno di scontro delle più facoltose famiglie della città, che si fronteggiano per assumerne la guida. In questo travagliato periodo si susseguono al potere numerose dinastie, gli Scotti o Scoto, i Pallavicino, i Visconti e gli Sforza. Una famiglia nobiliare che faceva parte dei capitanei del Vescovo di Piacenza, furono i Confalonieri, che avevano il privilegio di accompagnare l'insediamento del nuovo vescovo in Cattedrale con un ben descritto cerimoniale, e questo privilegio era riservato espressamente al "più anziano della stirpe" dei Confalonieri. La casata vanta un insigne avo: San Corrado Confalonieri, eremita del Terzo Ordine di San Francesco, nato in Calendasco nel 1290 e morto in fama di santità nella grotta 'dei miracoli' presso Noto in Sicilia.

I Farnese a Piacenza

Dopo numerosi anni di scontri e diatribe fra Stato e Chiesa, la città diviene, insieme a Parma, territorio della Chiesa. Con il nuovo nome di Ducato di Parma e Piacenza, viene assegnata ai Farnese, che ne restano regnanti per quasi due secoli.

I Borbone a Piacenza e la sconfitta di Napoleone

All'estinzione della nobile casata dei Farnese, segue un periodo burrascoso ed incerto in cui, in diciotto anni, si susseguono sei governi, periodo che si conclude solamente quando il trono passa nelle mani dei Borbone di Spagna. Dopo cinquant'anni di relativa tranquillità, la città viene conquistata dalle armate di Napoleone. In tale periodo vengono avviate importanti riforme e l'intera provincia viene annessa all'impero napoleonico integralmente. La dominazione francese dura solo quattordici anni, fino alla sconfitta del Bonaparte ed al Congresso di Vienna del 1814, che sancisce un nuovo assetto politico e territoriale europeo.

Maria Luigia d'Austria

In questa nuova Europa, il ducato di Parma e Piacenza viene assegnato a Maria Luigia d'Austria. Sovrana molto amata dai suoi sudditi, Maria Luigia riesce a valorizzare Piacenza dal punto di vista culturale ed artistico, come nessun altro aveva fatto. Alla sua morte Piacenza chiede ed ottiene, prima fra tutte le città, l'annessione al Piemonte, guadagnandosi per questo il titolo di "Primogenita".

L'affrancamento dall'Austria

Dopo la sconfitta di Custoza, la città cade nuovamente sotto la dominazione austriaca che, caratterizzata da una forte repressione nei confronti dei patrioti, crea profondi malcontenti fra la popolazione e sfocia nella seconda guerra di indipendenza. Questo scontro significherà per Piacenza l'affrancamento dall'Austria e l'annessione al regno sardo, poi regno d'Italia.

La nascita industriale

Negli anni immediatamente successivi, la città rimane esclusa dal processo di sviluppo economico che coinvolge molti centri italiani e solo verso la fine del XIX secolo cominciano a nascere anche qui le prime sporadiche realtà industriali, e si fa presto strada un nuovo soggetto sociale, il ceto operaio; da questo momento, Piacenza diventa parte attiva del processo di sviluppo economico che sta travolgendo l'intero Paese e anche qui inizia a godere di un nuovo benessere, mai conosciuto prima.

La Grande Guerra

Se la prima guerra mondiale porta a Piacenza, sede di un importante stabilimento bellico, ricchezza e lavoro, il prezzo che la provincia deve pagare per questa nuova prosperità è rappresentato dal sacrificio dei numerosi soldati caduti in battaglia.

Il Fascismo a Piacenza

Durante gli anni successivi, caratterizzati dal regime fascista, la città registra un forte sviluppo architettonico, con la costruzione di nuovi quartieri residenziali e popolari. L'agricoltura resta il settore trainante e non si registrano significativi cambiamenti nel sistema economico. Con il declino del regime fra la popolazione cresce il malcontento per la difficile situazione sociale, e trovano spazio numerose brigate partigiane.

Il Dopoguerra

L'eccezionale ripresa economica che Piacenza conosce negli anni cinquanta, porta la città a godere di uno sviluppo industriale senza precedenti nel campo dell'agricoltura e dei trasporti, di un significativo aumento demografico e del boom urbanistico che ne consegue. Sulle colline del Piacentino vengono scoperti e perforati i primi pozzi petroliferi d'Italia (per la terza volta al mondo, dopo Romania e Stati Uniti). In pianura, presso la località di Cortemaggiore, viene individuato un giacimento di metano particolarmente significativo in grado di dare una spinta decisiva al boom italiano del Dopoguerra. Nasce in quella occasione il cane a sei zampe della Supercortemaggiore, allora simbolo e motivo d'orgoglio per una nazione in forte crescita, oggi marchio di Eni (la principale multinazionale italiana).

Economia, trasporti

La struttura dell'economia è prevalentemente industriale con piccole e medie imprese, soprattutto manifatturiere. Seguono il settore commerciale, la produzione di servizi alle imprese e il settore delle costruzioni. Punti di eccellenza sono presenti nella robotica e nell'automazione industriale. Rilevanti per qualità e quantità sono il settore agricolo e le attività di trasformazione ad esso collegate.

Personaggi celebri

Piacenza e la sua provincia vantano una lunga serie di personaggi celebri, dalla storia ad oggi.

Tra i più importanti nativi del capoluogo, di ieri e di oggi, si ricordano San Gerardo di Piacenza, piacentini erano i genitori dell'umanista Lorenzo Valla che nacque a Roma, il papa Gregorio X, il beato Giovanni Battista Scalabrini (fondatore dell'ordine degli Scalabriniani), il cardinale e primo ministro di Spagna Giulio Alberoni, il letterato Pietro Giordani, i pittori Gustavo Foppiani, Armodio, Carlo Berté, lo scrittore e politico Melchiorre Gioia, lo stilista Giorgio Armani, l'economista Giacomo Vaciago, i calciatori Filippo e Simone Inzaghi, il sociologo Francesco Alberoni, il fotografo Oliviero Toscani nato a Milano ha dichiarato origini piacentine, il regista televisivo Beppe Recchia, il modello Manuel Casella, la showgirl Barbara Chiappini ed i cantanti Gianni Pettenati, Franco Bagutti, Fiordaliso e Mariangela.

Diversi sono anche i piacentini celebri della provincia. Tra di essi si ricordano: San Corrado Confalonieri di Calendasco, i cardinali Ersilio Tonini di San Giorgio Piacentino e Agostino Casaroli (Cardinal Segretario di Stato del Vaticano, equivalente alla carica di Ministro degli Esteri) di Castel San Giovanni, il regista Marco Bellocchio proveniente da Bobbio, il fisico Edoardo Amaldi (uno dei "ragazzi di via Panisperna") di Carpaneto Piacentino, l'attuale Capo di Stato maggiore dell'Esercito Italiano Fabrizio Castagnetti di Lugagnano Val d'Arda, il patriota partecipante alla spedizione dei mille di Garibaldi, Giuseppe Vecchio di Trebecco, il pattinatore di Gossolengo Ippolito Sanfratello (vincitore della medaglia d'oro alle Olimpiadi invernali di Torino 2006), l'attrice Isabella Ferrari e la ballerina Mia Molinari entrambe originarie di Ponte dell'Olio. Secondo alcuni studiosi, il navigatore Cristoforo Colombo sarebbe originario di Bettola, paese dal quale proviene il politico Pier Luigi Bersani, attuale ministro per lo Sviluppo Economico. In ambito musicale, si ricorda il compositore Alfonso Fratus De Balestrini, oltre a diversi membri della famiglia Guadagnini di Borgonovo Val Tidone, famosi liutai, tra i quali Lorenzo Guadagnini (1685 - 1746) che spesso si firmò Placentinus e Giovanni Battista Guadagnini (1711 - 1786), il più importante rappresentante della famiglia.

Giuseppe Verdi, nato in terra parmense a Roncole frazione di Busseto, da una famiglia d'origini piacentine, raggiunte fama e ricchezza andò a risiedere nella tenuta acquistata a Sant'Agata di Villanova sull'Arda, in provincia di Piacenza, dove sperimentò tecniche agricole d'avanguardia, diede il suo contributo ad iniziative socio assistenziali e rivestì pure la carica di consigliere provinciale.

Tradizioni

La zona della provincia più conservatrice per quanto riguarda il folklore è l'area dell'Appennino, cioè quella rimasta più isolata da certe influenze esterne e dalla modernità. Il patrimonio delle tradizioni di buona parte dell'Appennino piacentino è riconducibile a quello dell'area delle Quattro province. Con questo nome si definisce un territorio prevalentemente montuoso suddiviso amministrativamente tra le province di ben quattro regioni distinte: Genova (Liguria), Piacenza (Emilia-Romagna), Pavia (Lombardia) e Alessandria (Piemonte), dove la gente ha mantenuto per secoli usi e costumi molto simili. Ciò è evidente soprattutto per quanto riguarda la musica, i balli e le feste popolari. Le alte valli piacentine comprese in questo territorio sono la Val Trebbia, la Val Tidone, la Val d'Aveto e, soprattutto, la Val Boreca, mentre la Val Nure risente in maniera minore di questo patrimonio e la Val d'Arda ne è esclusa.

Musica e balli

Lo stesso argomento in dettaglio: Danze delle quattro province.

La musica dell'Appennino piacentino, in particolare nell'area delle Quattro province, è tradizionalmente eseguita con piffero dell'Appennino, müsa (simile alla piva più comune in Val Nure) e fisarmonica. Il clarinetto è quasi del tutto sparito negli ultimi decenni. La müsa, una cornamusa appenninica ad un solo bordone, è forse lo strumento più caratteristico e che attira le maggiori curiosità. Al giorno d'oggi vi sono solo un paio di costruttori e anche i suonatori sono rimasti in pochi. Lo strumento cadde in disuso ad inizio del XX secolo, soppiantata dalla più moderna fisarmonica. Negli ultimi anni è ricomparsa ed è tornata ad accompagnare il piffero, unendosi addirittura alla fisarmonica. È possibile ascoltare i suonatori di questi strumenti alle feste da ballo nei paesi e nelle frazioni dell'Appennino piacentino (o in quelli delle tre province limitrofe) o in alcuni festival folkloristici che si tengono in estate.

In occasione di sagre, feste del patrono, festival folkloristici, celebrazioni della Pasqua o del Carnevale è possibile assistere all'esibizione degli strumenti tipici che eseguono musiche da ballo come la giga (a due o a quattro), la monferrina o l'alessandrina. Esisteva un tempo anche la bisagna, danza scomparsa e recentemente ricostruita nel comune di Ferriere. Qualcuno l'ha ricordata come un ballo eseguito coi bastoni (come il morris celtico), dopo che per anni era riproposta solo come musica per piffero essendo andati perduti i passi. Altre fonti non citano l'uso dei bastoni. Curioso è il bal dal frì o bal dal ferì (ballo del ferito), un ballo di gruppo in forma ludica.

Festività e celebrazioni

Sull'Appennino è possibile ancora assistere alle feste legate al ritorno della primavera. Si tratta del calendimaggio, che generalmente si svolge la sera del 30 aprile. Una festa di natura pagana, di probabile origine celtica (forse collegata a Beltaine), diffusa in quasi tutta l'Europa e che in Italia sopravvive nelle zone montane. Nell'Alta Val Trebbia piacentina questo evento è noto anche come Carlin di maggio, mentre sui monti della Val Tidone è celebrato come festa d'la galëina grisa (festa della gallina grigia).

Da aprile a ottobre ha luogo un'infinità di sagre paesane in tutta la provincia. In questi appuntamenti si possono degustare i piatti ed i prodotti tipici, tra cui la "burtlëina", i "chisulén" (anche noti come torta fritta), i salumi DOP (la coppa, il salame e la pancetta), il salame cotto e gli spiedini accompagnati dai vini tipici locali DOC dei Colli Piacentini, fra tutti il rosso Gutturnio.

Infine, il 13 dicembre Santa Lucia da Siracusa: come in altre località della Lombardia, del Veronese e del Trentino, anche nel Piacentino questo giorno è molto atteso dai bambini, cui la Santa durante la notte farà visita con l'asinello per dispensare loro dolci e doni di ogni sorta.

Cucina e gastronomia

Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina piacentina.

La gastronomia piacentina vanta di diversi piatti tipici che col tempo sono diventati molto noti anche al di fuori della provincia stessa, come i pisarei e fasö e i tortelli alla piacentina (con le code, ovvero chiusi "a caramella" secondo l'abitudine cittadina, quadrati in provincia).

Un baluardo della gastronomia piacentina sono i salumi dei quali i tre più famosi, contrassegnati dal marchio DOP, sono il salame piacentino, la coppa piacentina e la pancetta piacentina. Il Piacentino è l'unica provincia italiana ad annoverare ben tre salumi DOP. Altri non contrassegnati D.O.P. sono la mariola (grosso e corto salame), il salame gentile e il lardo che, pestato (pistä d' gras), viene anche usato come ingrediente in diversi piatti.

Essi costituiscono un immancabile antipasto, ma altri celebri sono il salame cotto, i ciccioli (chimati graséi in piacentino), la bortellina (burtlëina in piacentino) della Val Nure, Val Trebbia e Val Tidone (sorta di frittella di farina, accompagnata coi salumi o coi formaggi), il chisulén o torta fritta (tipica di solo di alcuni comuni della Bassa Val d'Arda, ma comunissima in altre province dell'Emilia-Romagna a volte col nome di gnocco fritto) sempre in abbinamento coi salumi, il batarö (focaccina della Val Tidone), la polenta fritta e la gustosa torta di patate della montagna.

Le salse più note sono la salsa di noci e il pesto di matrice ligure sull'Appennino (zona che ha sempre risentito dell'influenza di Genova e della Liguria), la salsa di prezzemolo e la salsa di fegatini alla Farnese.

Tra i primi piatti vi sono i già citati pisarei e fasö (gnocchetti di pane e farina con condimento di sugo ai fagioli) e tortelli alla piacentina, gli anolini o anvëin (pasta fresca con ripieno di carne) in brodo, gli anolini all'uso di Castell'Arquato e della Val d'Arda (variante di quelli appena citati), i panzerotti alla piacentina (cilindretti di pasta fresca al forno ripieni di ricotta, bietole e grana padano), i tortelli di zucca (differenti da quelli di Mantova e Cremona), i tortelli di castagne tipici della montagna, i malfatti di Bobbio, i maccheroni fatti con l'ago da calza (macaron cun l'agùcia) di Bobbio, le mezze maniche dei frati (sorta di grossi maccheroni ripieni), le tagliatelle o le trofie con salsa di noci tipiche della montagna e della Liguria, il risotto alla Primogenita, il risotto coi funghi, il riso e verza (con costine di maiale), il risotto coi fegatini, il risotto coi codini di maiale.

Comunissimi tra i secondi sono l'anatra e la faraona arrosto, la pìcula d' caval (pìcula di cavallo), lo stracotto d'asina, la bomba di riso di Bobbio, le lumache alla bobbiese, il tasto o tasca (punta di vitello ripiena) variante della cima alla genovese che è di casa sull'Appennino Piacentino, la delicata anguilla in umido, l'anguilla marinata nota come burattino o büratëin, gli zucchini ripieni dell'Appennino mostrano chiare tracce liguri e, tra i secondi più poveri, il merluzzo in umido e la famosa polenta disponibile in tantissime varianti (concia, con ciccioli, con la pìcula ecc.).

I formaggi D.O.P. sono il Grana Padano conosciuto in tutto il mondo e il Provolone Val Padana, ma in montagna vengono ancora prodotti formaggi con latte di pecora, capra e vacca (famoso quello da cui escono i vermi saltaréi).

Non esiste una grande tradizione dolciaria, comunque i dessert non mancano: i turtlìt (tortelli dolci), le crostate, il latte in piedi, il buslàn (ciambella) e i buslanëin (ciambelline) e la spongata molto comune in Val d'Arda, una torta probabilmente di origine ebraica diffusa anche in provincia di Parma. Comunissima sulle tavole del Piacentino, così come in altre zone della Lombardia e dell'Emilia, è la torta sbrisulona nata però a Mantova.

Come si nota da questo lungo elenco di ricette della provincia, un riconoscimento va al paese di Bobbio che può vantare un buon numero di ricette locali, se non una propria cucina.

Enologia

Lo stesso argomento in dettaglio: Colli piacentini.

Molto diffusa nel Piacentino è anche la viticoltura (ci sono documentazioni che affermano la conoscenza della vite nel territorio tra il 2000 e il 700 a.C.), che apporta alla provincia di Piacenza vasta notorietà nel campo dell'enologia. Infatti diversi sono i vini prodotti sui colli piacentini, tra i quali vini bianchi come: Malvasia, Ortrugo, Trebbianino Val Trebbia; e vini rossi come: Bonarda, Gutturnio e Barbera, e altri ancora, che hanno ottenuto il riconoscimento di vini DOC. I vini DOC del Consorzio Colli Piacentini sono ben 21: Gutturnio, Gutturnio Classico, Gutturnio Superiore, Gutturnio Riserva, Barbera, Bonarda, Bonarda Spumante, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero, Ortrugo, Trebbianino Val Trebbia, Monterosso Val d'Arda, Malvasia, Sauvignon, Val Nure, Chardonnay, Pinot Grigio, Pinot V.S.Q.P.R.D., Vin Santo, Vin Santo di Vigoleno, Novello.

Comuni principali (per numero di abitanti)

Valli principali

Borghi storici

Collegamenti esterni

Informazioni

Gastronomia e alimentazione

Arte, cultura e turismo

Media

Tradizioni

Trasporti

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