Prioninae

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Prioninae
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Phylum Arthropoda
Subphylum Tracheata
Superclasse Hexapoda
Classe Insecta
Sottoclasse Pterygota
Coorte Endopterygota
Superordine Oligoneoptera
Sezione Coleopteroidea
Ordine Coleoptera
Sottordine Polyphaga
Infraordine Cucujiformia
Superfamiglia Cerambycoidea
Famiglia Cerambycidae
Sottofamiglia Prioninae
Latreille, 1802
Tribù

vedi testo

Prioninae Latreille, 1802 è una sottofamiglia di insetti cerambicidi che annovera tra le più grandi specie di coleotteri conosciuti.
Diffusi in tutti i continenti, con particolare abbondanza nelle regioni tropicali, sono presenti anche in Europa, con specie dalle dimensioni più ridotte, ma sempre tra i più grandi coleotteri locali[1].

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

Titanus giganteus (Linneo, 1758), il più grande cerambicide del mondo
Il prionino lucanoide Neandra brunnea (Fabricius, 1798)

La maggior parte delle specie ha un aspetto robusto, spesso largo ed appiattito, colorazione nera o bruna, capo grande e prognato, antenne relativamente corte e protorace sempre dotato di una carena laterale e talvolta di numerosi denti.
Alcune tribù sudamericane tropicali (Mallaspini) presentano invece vistose colorazioni metalliche e disegni a colori contrastanti.
Le ali, studiate estesamente da Saalas[2], sono dotate di una cella nella regione anale (come quella dei Lepturinae), che scompare in alcuni gruppi più evoluti (Parandrini).
Le dimensioni possono essere ragguardevoli, raggiungendo i massimi conosciuti per i coleotteri. Altri insetti, come ad esempio i fasmidi, possono raggiungere lunghezze superiori, ma sono tuttavia inferiori come massa corporea.
Titanus giganteus (Linneo, 1758) dell'Amazzonia i cui maschi adulti raggiungono 16,8 cm (massimi riscontrati), Macrodontia cervicornis (Linneo, 1758), anch'essa amazzonica, raggiunge i 15 cm, Xixuthrus terribilis Thomson, 1877 delle Figi 13,5 cm, e moltissime sono le specie tropicali oltre i 10 cm.
Alcune specie si sono adattate alla vita sotto le cortecce, evolvendo caratteri analoghi a quelli dei lucanidi come corpo appiattito, grandi mandibole, pecilandria, riduzione delle antenne e sviluppo di paraonichi. Tra queste specie ricordiamo i rappresentanti delle tribù Mallodontini, Cantharocnemini, Eurypodini e Parandrini.

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Le larve dei Prioninae, carnose e spesso di grandi dimensioni, sono sempre dotate di zampe minute. Molte specie sono anche facilmente riconoscibili per avere il capo dotato di quattro denti al bordo anteriore del clipeo.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Adulto[modifica | modifica wikitesto]

I Prioninae sono notturni o crepuscolari. Durante il giorno si rintanano sotto le cortecce, o nelle vecchie gallerie larvali dei tronchi d'albero. Alcuni possono venire attirati dalla luce dei lampioni stradali.

Larva[modifica | modifica wikitesto]

Le larve compiono il loro sviluppo - spesso della durata di alcuni anni - all'interno di grossi tronchi d'albero, di piante perlopiù deperite o morte.
Le loro grandi dimensioni e la loro facile reperibilità, dovuta al fatto che molte di esse vivono in tronchi marcescenti, ha fatto sì che le larve di molte specie vengano utilizzate come cibo da alcune popolazioni indigene delle regioni Tropicali. Gli stessi Romani apprezzavano la larva del prionino Ergates faber, che essi chiamavano cossus, un nome passato poi ad altre specie di insetti (Cossidae).

Sistematica[modifica | modifica wikitesto]

I Prioninae comprendono le seguenti tribù:[3]

In Italia sono presenti soltanto cinque specie:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Lameere A., 1913 - Cerambycidae: Prioninae - Coleopterorum Catalogus 52, S. Schenkling, Berlin, 108 pp.
  2. ^ Saalas U., 1936 - Über das Flügelgeäder und die phylogenetische Entwicklung der Cerambyciden - Annales Zoologici Societatis Zoologicae-Botanicae Fennicae Vanamo 4 (1): 1-193.
  3. ^ (EN) Bouchard P. et al, Family-group names in Coleoptera (Insecta), in ZooKeys 2011; 88: 1-972.

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