Tertium non datur

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Principio del terzo escluso)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Tertium non datur (tradotto: «Una terza cosa non è data») è una locuzione che sta a significare che una terza soluzione (una terza via, o possibilità) non esiste rispetto a una situazione che paia prefigurarne soltanto due. Si potrebbe leggere quindi come: «Non ci sono altre possibilità eccetto queste due».

L'articolazione della frase, nella sua secchezza e laconicità, è piuttosto semplice: datur è la terza persona singolare passiva del verbo dare (quindi «è dato») e tertium figura come aggettivo neutro sostantivato, in quanto riferito a res, ovvero «cosa»: quando la parola res è sottintesa, l'aggettivo prende il genere neutro. La negazione non compare con lo stesso uso che ne fa la lingua italiana.

Enunciato

A
V F V
F V V

Logica e principio del terzo escluso[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Principio di bivalenza.

L'espressione entra nella formulazione del principio logico del terzo escluso che afferma che due proposizioni formanti una coppia antifatica (p e ¬p) devono avere valore di verità opposto, ovvero non esiste una terza possibilità (Tertium non datur). Esso si trova già formulato nella Metafisica di Aristotele.

In altre parole, non è possibile che due proposizioni contraddittorie siano entrambe non vere, in quanto esso afferma che il valore di verità di una proposizione è sempre opposto a quello della proposizione contraddittoria. Il principio del tertium non datur è più generale del principio di non-contraddizione o di consistenza e implica che se una proposizione è vera, non lo è il suo contrario, fatto che a priori non esclude che entrambe possano essere non vere. Il principio si differenzia anche dal principio di bivalenza che afferma che una proposizione è vera o è falsa.

Le teorie sui fondamenti della matematica, in particolare la scuola intuizionista, non ne danno oggi per scontata l'autoevidenza. La logica fuzzy rifiuta questo principio perché i valori di verità sono presi nell'intervallo chiuso tra vero e falso nel campo dei numeri reali, violandone la polarità. In tutte le logiche in cui i valori di verità sono polari questo principio conserva ancora tutta la sua validità, come si dimostra in logica binaria.

Nella logica proposizionale[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambito della logica proposizionale, il principio del terzo escluso è formalizzato nel modo seguente:

,

dimostrata dai seguenti passaggi:

Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) P assunzione (A)
2 (3) Introduzione della disgiunzione (IV) 2
1,2 (4) Introduzione della congiunzione (I) 3 , 1
1 (5) Reductio ad absurdum (RAA) 2 , 4
1 (6) Introduzione della disgiunzione (IV) 5
1 (7) Introduzione della disgiunzione (IV) 6 , 1
(8) Reductio ad absurdum (RAA) 1 , 7
(9) Doppia negazione 8

La tesi era già dimostrata in corrispondenza della riga (6), che tuttavia dipendeva ancora da un'ipotesi, quella assunta nella riga (1). Il principio logico, invece, è universalmente vero e non dipende da alcuna ipotesi, nemmeno quelle assunte in ordine alla tesi da dimostrare. I passaggi dalla riga (7) alla riga (9) comprese sono necessaria per escludere la dipendenza della tesi da qualsivoglia assunzione.

Dal principio del terzo escluso, discendono le due seguenti leggi logiche:

(1*)
(2*)

Inoltre, mediante altri teoremi, si dimostra anche che [1] (3*), verità logica che, ponendo , permette di derivare la legge di identità a partire dal principio del terzo escluso assunto come premessa. Se invece si pone , allora si ha che , che è la prima delle due leggi della doppia negazione. Si noti a questo punto che la parte a destra dell'ultima espressione di sequenza è una legge della logica proposizionale, la sua premessa è in realtà universalmente valida ed è una riscrittura del principio del terzo escluso. La seconda legge di identità afferma che .
Si dimostra anche che è valido il reciproco della precedente proprietà, cioè [2] (4*): ponendo di nuovo , si ha che , e per la (1*) si ha che .

Tradotti in parole, la prima legge afferma che se una cosa implica il suo contrario, allora non può esistere. Ciò smentisce seccamente il noto proverbio secondo il quale i contrari si coimplicherebbero a vicenda, nonché il divenire dell'uno nell'altro reciprocamente. Il corrispondente detto latino è: contraria reciprocantur seu convertuntur.
La seconda legge afferma che un ente non può essere la causa di un effetto e della sua negazione logica, interpretata nella metafisica come il suo contrario o opposto. Ciò ha rilevanti implicazioni logiche e matematiche nella fattibilità della dialettica degli enti secondo Hegel: tesi, antitesi e sintesi.

Data la loro importanza, si riportano in breve le rispettive dimostrazioni:

Tesi:
Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) P assunzione (A)
1,2 (3) modus ponendo ponens (MPP) 1 , 2
2,3 (4) Introduzione della congiunzione (I) 2, 3
1 (5) Reductio ad absurdum (RAA) 2 , 4

La dimostrazione procede per assurdo. Nella riga (2) viene assunta la negazione della tesi da dimostrare, che è . Per la regola della doppia negazione (passaggio omesso) si ha che . Si arriva ad una contraddizione nella riga (4), che per il principio di non-contraddizione non può essere vera. Allora, si può applicare la regola della riduzione all'impossibile, che, in presenza di una contraddizione, impone di negare l'assunzione che la causa, vale a dire la riga (2). Negando la negazione della tesi nella riga (2), la tesi risulta verificata.

La dimostrazione della seconda legge è la seguente:

Tesi:
Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) assunzione (A)
3 (3) P assunzione (A)
1,3 (4) Q modus ponendo ponens (MPP) 1 , 3
1,4 (5) assunzione (A) 1 , 4
1,3,4 (6) Introduzione della congiunzione (I) 4 , 5
3, 1, 4[3] (7) Reductio ad absurdum (RAA) 3 , 6

La dimostrazione procede per assurdo. Viene assunta come ipotesi la negazione della tesi da dimostrare che è . Tale ipotesi diviene per la regola della doppia negazione il cui passaggio viene normalmente omesso nel procedimento per assurdo. L'applicazione del modus ponendo ponens alle due premesse nelle righe (4) e (5) conduce alla contraddizione della (6), passaggio necessario per concludere l'impossibilità e irrealtà dell'ipotesi alla riga (3) che viene quindi negata alla (7). Come volevasi dimostrare.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Edward John Lemmon, Elementi di logica con gli esercizi risolti, Laterza, 2017, p. 65, ISBN 978-88-420-2772-0
  2. ^ Edward John Lemmon, Elementi di logica con gli esercizi risolti, Laterza, 2017, p. 66 (dimostrazione n. 49), ISBN 978-88-420-2772-0
  3. ^ Deriva dall'unione delle assunzioni della (3) che è la f.b.f stessa e quelle della (6) che sono le righe identificate nell'insieme (1,3,4)

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàGND (DE4179179-4 · BNF (FRcb120453787 (data)