Primo acquerello astratto

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Primo acquerello astratto
AutoreVasilij Kandinskij
Data1910
TecnicaAcquerello, matita e inchiostro di china su carta.
Dimensioni49,6×64,8 cm
UbicazioneCentro Pompidou, Parigi

Primo acquerello astratto è un dipinto a matita, acquerello e inchiostro di china su carta (49,6×64,8 cm) datato 1910, ma realizzato nel 1913 da Vasilij Kandinskij. È conservato nel Centre Pompidou di Parigi.

La critica fa iniziare l'Astrattismo da questo quadro.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'acquerello si presenta come uno schizzo informe ricongiungibile a uno scarabocchio infantile, con un impeto ed una libertà espressiva propri dei bambini che non provengono da un'antecedente esperienza visiva e concreta, ma dal bisogno istintivo di esprimersi graficamente. Fa parte della prima fase astrattista di Kandinskij e dunque si basa su contorni poco segnati, su un uso pastoso del colore, senza un disegno preparatorio, e si contraddistingue per l'impostazione gestuale della composizione. L'immagine è caratterizzata da una profusione di diversi grafismi e macchie colorate: alcune grosse velature espanse e trasparenti, situate in particolare nella parte alta del foglio, sembrano introdurre nella superficie bianca un senso di profondità fluttuante. La parte unificante è lo sfondo bianco della carta, inteso come il confine della forma colorata. L'artista rappresentò e concepì lo spazio come liquido, neutro, in cui le linee e i segni leggeri a matita e a penna fluttuano sulla superficie con un andamenti ritmicamente concitati e simboleggiano la sonorità interiore derivante dalla scomposizione delle forme naturali.[1][2][3][4]

Le forme e i segni che galleggiano sulla tela assomigliano a dei microrganismi biologici o a delle cellule viventi, infatti le amebe e le cellule compaiono spesso nei dipinti di Kandinskij. I colori, prevalentemente primari, divengono espressione dell'anima, e ogni tono assume un proprio effetto psichico. Nell'elaborazione di queste sue teorie ha un ruolo anche la dottrina teosofica, di cui Kandinskij era un conoscitore e alla quale si accostarono in seguito vari pittori astrattisti. Il campo dell'opera è privo di prospettiva, senza centro, né ordine apparente. Infatti il caos compositivo è soltanto apparente, poiché scaturisce dalla volontà di creare combinazioni tra colori caldi e freddi nella composizione cromatica, tra forme circolari e lineari. Per Kandinskij l'arte è paragonabile alla musica, perché non imita la natura, ma è astratta, è pura espressione dell'interiorità.[1][4]

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

Fu lo stesso Kandinskij a rivelare in una sua dichiarazione la nascita dell'arte astratta. In questo acquerello si è proposto di sperimentare il primo contatto verso l'astrazione, avvalendosi di una tecnica che permette maggiore scioltezza espressiva e rapidità, e probabilmente è un'opera eseguita nella fase di gestazione della Composizione VII dipinta in quel periodo. Kandinskij inizia a domandarsi quale significato percettivo e sonorità interiore possano avere le forme e i colori in sé per sé, cominciando così una disamina sulle funzioni emotive che i diversi elementi del linguaggio figurativo possiedono in sé stessi. Infatti, da questo momento le forme e i colori del mondo reale sono filtrati dalla sensibilità dell'artista, fino ad assumere una connotazione personale: Kandinskij le fa spostare sulla tela, avvicinare o allontanare dallo spettatore, le fa muovere dalla superficie, suscitando e amplificando sensazioni contrastanti o armoniose, di dramma o di quiete. Si tratta di forme non-oggettive, sempre meno riconoscibili, che non si trovano in natura, ma sono il risultato di un'operazione mentale dell'artista plasmata dal suo filtro interiore, ossia un processo di astrazione.[1][2][5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Gillo Dorfles, Angela Vettese, Eliana Princi e Gabrio Pieranti, Capire l'arte 3. Dal Neoclassicismo a oggi, Atlas, 2016, p. 248.
  2. ^ a b Gillo Dorfles, Annibale Pinotti, Marcello Ragazzi e Cristina Dalla Costa, Le arti, Atlas, 1999, p. 323.
  3. ^ Giorgio Cricco e Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell'arte 3, Zanichelli Editore, 2021, p. 270.
  4. ^ a b L. Colombo, A. Dionisio, N. Onida e G. Savarese, Opera. Architettura e arti visive nel tempo, Bompiani, 2016, p. 144.
  5. ^ Matteo Chini, La biblioteca dell'arte. Kandinskij, Giunti Editore, 2005, p. 58.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gillo Dorfles, Annibale Pinotti, Marcello Ragazzi e Cristina Dalla Costa, Le arti, Atlas, 1999, p. 323, ISBN 88-268-0709-4.
  • Gillo Dorfles, Angela Vettese, Eliana Princi e Gabrio Pieranti, Capire l'arte 3. Dal Neoclassicismo a oggi, Atlas, 2016, p. 248, ISBN 978-88-26-81420-9.
  • Giorgio Cricco e Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell'arte 3, Zanichelli Editore, 2021, p. 270, ISBN 978-88-08-34199-0.
  • L. Colombo, A. Dionisio, N. Onida e G. Savarese, Opera. Architettura e arti visive nel tempo, Bompiani, 2016, p. 144, ISBN 978-88-915-1709-8.
  • Matteo Chini, La biblioteca dell'arte. Kandinskij, Giunti Editore, 2005, p. 58.

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