Prestere

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Pagina del bestiario di Aberdeen (folio 68 recto) in cui viene data una stringata descrizione del prestere[1].

Il prestere o prestero (dal latino prester) è un serpente leggendario descritto nei bestiari medievali.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Il prestere, secondo la classificazione medievale, appartiene alla categoria degli aspidi, ossia dei serpenti dal morso velenoso[2]. In particolare, il veleno del prestere provoca nel corpo della vittima un gonfiore abnorme (con un effetto simile all'idropisia[3]), tale che essa viene uccisa dalla semplice dilatazione dei tessuti, i quali iniziano subito a putrefarsi[1]. Alberto Magno colloca il prestere nel primo ordine degli aspidi, ossia di quelli dal morso più velenoso, che risulta fatale entro tre ore e per il quale non si conoscono cure[4].

La caratteristica più peculiare del prestere è la bocca, che emette vapori e che esso tiene sempre aperta, anche quando si muove, cosa che fa con rapidità[1][3].

Riferimenti storici[modifica | modifica wikitesto]

Lucano, con un verso che sarà poi ripreso da gran parte dei bestiari in epoca medievale, nomina il prestere nella Farsaglia fra altri serpenti reali e leggendari:

(LA)

«Oraque distendens avidus fumantia prester [...]»

(IT)

«E l'insaziabile prestere, che spalanca la sua bocca fumante [...]»

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

  • Il prestere compare nel novero degli animali, reali e leggendari, che formano la cornice del portale della chiesa ne Il nome della rosa, romanzo di Umberto Eco[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c
    (LA)

    «Prester aspis semper ore patenti et vaporanti currit [...]. Hic quem percusserit distenditur, enormique corpulentia necatur, extuberatum enim putredo sequitur.»

    (IT)

    «Il prestere è un aspide che si muove rapido con la bocca sempre aperta e vaporante [...]. Chi ne è morso si gonfia ed è ucciso dall'abnorme dilatazione stessa del corpo, ed infatti il corpo enfiato si putrefà subito dopo.»

  2. ^ Il bestiario di Aberdeen (XII secolo) spiega:
    (LA)

    «Aspis vocata quod morsu venena immittit et spargit. Ios enim Greci venenum dicunt, et inde aspis quod morsu venenato interimit. [...] Huius diversa genera et species et dispares effectus ad nocendum.»

    (IT)

    «L'aspide è così chiamato perché con il suo morso inietta il veleno e lo sparge [nel corpo della vittima]. Infatti la parola greca per veleno è ios, e da questa deriva aspide, perché esso uccide con il morso velenoso. [...] Esistono vari generi e specie di aspidi, diversi per gli effetti con cui nuocciono.»

  3. ^ a b
    (LA)

    «Prester ut dicit Jorach serpens est de genere aspidum ordinis primi inter serpentes qui semper vagatur ore aperto et fumante: et quaecumque percusserit, tanta corpulentia et tumore [distenditur] sicut ydropicus, quam exuberans sequitur putredo et sic moritur.»

    (IT)

    «Il prestere, come dice Jorach, è un serpente dal gruppo del primo ordine degli aspidi tra i serpenti, che sempre vaga con la bocca aperta e vaporante: e chiunque morderà, [si gonfierà] a dilatazione e tumefazione tali come fosse idropico, e al gonfiore segue la purulenza e così la morte.»

  4. ^
    (LA)

    «Secundum inductas veneni operationes, in tres ordines dividuntur serpentes ab antiquis Graecorum sapientibus. [...] acuitatis vehementissimae quorum morsus curam non recipit et infra tres horas interficit.»

    (IT)

    «Relativamente agli effetti prodotti dal veleno, i serpenti sono classificati in tre ordini dagli antichi sapienti greci. [...] [Gli appartenenti al primo ordine sono quelli] il cui morso, di violentissima acutezza, non conosce cura e uccide entro tre ore.»

  5. ^ «[...] civette, basilischi, ypnali, presteri, spectafichi, scorpioni[...]». Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani (collana Tascabili Bompiani), 2007 (ed. originale 1980), pag. 52, "Primo giorno - Sesta. Dove Adso ammira il portale della chiesa e Guglielmo ritrova Ubertino da Casale". ISBN 978-88-452-4634-0.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]