Portale:Celti/B

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I popoli della Gallia al principio del 58 a.C.
Statere gallico in oro rinvenuto presso Parigi (verso)
(LA)

«Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur»

(IT)

«La Gallia è, nel suo complesso, divisa in tre parti: la prima la abitano i Belgi, l'altra gli Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua prendono il nome di Celti, nella nostra, di Galli»

Galli era il nome con cui i Romani indicavano i Celti che abitavano in epoca antica la regione della Gallia, corrispondente grossomodo ai territori attuali di Francia, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi, Germania lungo la riva orientale del Reno e Italia settentrionale a nord del fiume Rubicone.

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Politicamente disomogenei, i Galli erano frazionati in varie tribù tra loro spesso in conflitto ed estese in una vasta regione dell'Europa occidentale chiamata, in età antica, Gallie. Esse includevano la Gallia Cisalpina (corrispondente grosso modo all'odierna Italia settentrionale), la Gallia Narbonense (Francia meridionale), l'Aquitania (Francia sud-occidentale), la Gallia Lugdunense (Francia centro-settentrionale), la Gallia Belgica (Francia nord-orientale e Belgio) e l'Elvezia (Svizzera e aree alpine limitrofe).

Tribù della Gallia Cisalpina
Tribù della Gallia Narbonense
Tribù della Gallia belgica
Tribù dell'Aquitania
Tribù dell'Elvezia e delle regioni alpine
Statua celebrativa di Ambiorige
Raffigurazione di Vercingetorige, sul probabile sito di Alesia

I Galli trovarono momenti di unità solo sotto la pressione della minaccia romana, in particolare durante la Conquista della Gallia condotta da Gaio Giulio Cesare. Sotto la pressione dell'esercito romano, i Galli seppero costruire alleanze di tribù, come quella stretta intorno agli Eburoni di Ambiorige, e infine trovare una guida riconosciuta dell'intero popolo nella figura di Vercingetorige. Alla conclusione delle campagne cesariane, tuttavia, l'intera Gallia fu assogettata al dominio di Roma.


La campagna di sottomissione dei popoli delle regioni che oggi formano l'attuale Francia (ad esclusione della parte meridionale, ovvero della Gallia Narbonense, già sotto il dominio romano dal 121 a.C.), il Belgio, il Lussemburgo e parte di Svizzera, Paesi Bassi e Germania, fu portata a termine da Gaio Giulio Cesare dal 58 al 51/50 a.C. e da lui narrata nel De bello gallico, che resta la principale fonte per questi eventi. Sebbene Cesare tenda a presentare la sua invasione come un'azione di difesa preventiva di Roma e dei suoi alleati gallici, molti studiosi ritengono che la sua sia stata una guerra imperialista a tutti gli effetti, da lui premeditata e ricercata, per mezzo della quale si proponeva di accrescere il suo potere e il suo prestigio.

Poco o nulla sappiamo da parte gallica di cosa fu per le popolazioni celtiche questa guerra che, in definitiva, ne decretò la fine della libertà tribale. Decine, forse centinaia di migliaia di Celti furono deportati in tutta Italia, e paradossalmente, la conquista romana permise ai Galli di aprirsi una strada verso l'Italia centrale e meridionale, dove, al tempo del loro massimo splendore, si erano trovati il cammino sbarrato da Etruschi e Latini. Alcuni storici hanno ipotizzato che nei dieci anni della campagna, la Gallia abbia perso oltre un milione di abitanti. Plinio il Vecchio, attenendosi ai calcoli dello stesso Cesare, parla di 1 192 000 morti. Le cifre forniteci potrebbero essere inferiori, come esatte. Alla storia, rimane una guerra terribile, combattuta per quasi un decennio, nella quale, né da una parte, né dall'altra si risparmiarono le crudeltà.

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Guerre, battaglie e roccaforti dei Celti

Sconfitti e sottomessi interamente a Roma nel I secolo a.C., i popoli gallici vennero ripartiti in varie province romane e sottoposti a un processo di latinizzazione e, dopo le Invasioni barbariche e lungo tutto il corso della storia della Gallia tardo-antica e altomedievale, anche di germanizzazione.