Pietro Ricchi

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Pietro Ricchi o Righi, detto il Lucchese (Lucca, 6 gennaio 1606Udine, 15 agosto 1675) è stato un pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Pietro Ricchi: Judita

Come attestato dal Libro de' battezzati del battistero di San Giovanni, nacque da Antonio e da Margherita Paladini. Nel suo testamento è citato un fratello minore, Riccardo, che fu anch'egli pittore.

Le informazioni attorno ai suoi primi decenni di vita ci sono tramandate in buona parte da Filippo Baldinucci. Secondo questi, inizialmente il padre lo avviò agli studi letterari e lo fece entrare nella bottega di un modesto pittore locale (di cui non si conosce il nome). Più tardi fu affidato al più noto Ippolito Sani, passando poi, tra il 1620 e il 1623, allo studio fiorentino di Domenico Passignano.

Tra il 1624 e il 1627 fu a Bologna presso Guido Reni, venendo tuttavia influenzato da altri pittori come Giovanni Andrea Donducci.

Trascorse un periodo di tempo in Francia, in particolare in Provenza, Lione e Parigi; come testimonianza del soggiorno francese rimangono le decorazioni a fresco in alcune sale di palazzi e ville magistralmente eseguite (con ogni evidenza e probabilità) con l'aiuto di un altro importante pittore lucchese: Paolo Biancucci. Negli anni 1632-1633, eseguì le decorazioni a fresco nello château de Fléchères (Fareins, Ain, Francia). Poi, intorno al 1634, si spostò a Milano e poi a Brescia, dove nel Museo Diocesano è conservata la sua opera più vecchia giunta fino a noi, La Vergine con Santi. Ma è con le opere successive che raggiunse una maggiore maturità artistica sotto l'influenza dell'arte lombarda del diciassettesimo secolo, sviluppando uno stile più espressivo con effetti drammatici di chiaroscuro (San Raimondo di Peñafort, 1641; L'assunzione della Vergine, 1644; Il massacro degli Innocenti, 1647).

Su commissione di Marco Contarini degli scrigni lavorò a Vigna Contarena alle tele: Giuditta con la testa di Oloferne, Giaele e Sisara, Davide e Golia, Sansone in lotta con i Filistei

Subì l'influenza del brillante stile barocco di Gian Giacomo Barbelli (1590–1656), come si può vedere negli affreschi della Vita della Vergine.

Nel 1650, lavorò a Venezia dove si trovano alcune sue composizioni, ispirate dalle opere del Veronese, che si distinguono per la drammaticità della resa luministica e i colori cangianti (La Vergine appare ad un membro della famiglia Querini, 1657; L'adorazione dei Magi, 1658). Prese spunti anche da Tintoretto, Francesco Maffei, Pietro Liberi, Nicolas Régnier e Sebastiano Mazzoni. Nel 1663 si trasferì a Vicenza. Collaborò con Giulio Carpioni.

Le sue ultime opere, caratterizzate da un elegante manierismo, presentano brillanti colori e un raffinato stile figurativo (Estasi di san Francesco, 1660; Estasi di santa Teresa, 1665 c.).

Dopo il 1672 si stabilì ad Udine, dove lavorò negli ultimi anni della sua vita.

Furono suoi allievi Francesco Monti e Federico Cervelli[1].

Molte sue opere sia a fresco che a olio si trovano in Brescia.

Sembra che utilizzasse la pratica di ungere d'olio le tele per poter lavorare più speditamente. Questo fatto, oltre all'uso di colori non sempre di buona qualità, fece sì che parecchie delle sue opere andassero perdute[2].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Pilkington, p. 193.
  2. ^ Ticozzi, p. 239.
  3. ^ Google Bilder
  4. ^ Emilio Spada, Santuario Madonna del Castello in Carpenedolo, Brescia, 1980.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l Opere d'arte di Pietro Ricchi detto Lucchese, su ArteAntica.eu. URL consultato il 22 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 23 febbraio 2010).
  6. ^ Pietro Ricchi in the Museum of Arts, Indianapolis, su imamuseum.org. URL consultato il 22 febbraio 2010.
  7. ^ Città di Gardone Val Trompia - Portale istituzionale del Comune di Gardone Val Trompia - Chiesa parrocchiale di S. Marco Evangelista (sec. XVI), su www.comune.gardonevaltrompia.bs.it. URL consultato il 19 gennaio 2023.
  8. ^ Cesare Rota Nodari, Itinerario d'Arte tra le chiese di Almenno San Bartolomeo, Press R3, 2007.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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