Pietro Pajetta

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La lapide dedicata ai partigiani caduti a Tavigliano (BI)

Pietro Pajetta (Taino, 7 febbraio 1914San Giuseppe di Casto, 24 febbraio 1944) è stato un partigiano italiano comunista e miliziano antifascista nella Guerra di Spagna.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Cugino di Giuliano Pajetta e di Gian Carlo Pajetta, è chiamato alle armi ed inviato in Libia nel 1935 come bersagliere. Congedato col grado di ufficiale nel 1937 ed espatriato clandestinamente, va a combattere in Spagna con le Brigate Internazionali. Nella Guerra di Spagna partecipa alle cruente battaglie avvenute in Estremadura e a Caspe, viene ferito durante la ritirata dei miliziani antifascisti dall'Aragona e perde la mano destra nella battaglia dell'Ebro. Dopo la Retirada (cioè l'esodo, nel 1939, dei miliziani antifascisti che avevano combattuto in Spagna, principalmente verso la Francia), nel 1941 entra nella Resistenza Francese e a Parigi finisce in carcere perché esponente del Partito Comunista.

Dopo l'8 settembre del 1943 riesce a tornare in Italia e comincia il lavoro col CLN Alta Italia nelle Brigate Garibaldi. Diventa nel prosieguo comandante della 2ª Brigata Garibaldi, operante nel Biellese, con il nome di battaglia di Nedo. Nel 1944 cade in un agguato nei pressi del Monte Casto, perdendo la vita.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Gli verrà intitolata la XII divisione d'assalto Garibaldi "Piero Pajetta Nedo".

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani del Biellese. Comandante di brigata garibaldina conduceva con valore i suoi uomini nelle aspre lotte contro un nemico superiore per numero e per mezzi. Sempre primo nella mischia, sempre presente ove più forte era il pericolo, di esempio e di incitamento, sosteneva alla testa del suo reparto numerosi combattimenti, infliggendo al nemico gravi perdite. Durante una ricognizione si scontrava con un reparto tedesco e benché in condizioni di inferiorità rifiutava la resa e con le armi in pugno accettava la lotta finché cadeva crivellato di colpi. Comandante eroico ed animatore appassionato, ha fatto del suo olocausto monito ed esempio alle genti.»
— Monte Casto (Vercelli), 21 febbraio 1944

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]