Pietro Selvatico

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Ritratto di Pietro Selvatico, c. 1850

Il marchese Pietro Selvatico Estense (Padova, 27 aprile 1803Padova, 26 febbraio 1880) è stato un architetto, critico d'arte e storico dell'arte italiano.[1]

Sostenitore dello stile neogotico applicato all'architettura religiosa, progettò chiese e restauri di chiese nel Veneto e nel Trentino, ma è noto soprattutto per la critica e storia dell'arte, la storia e teoria del restauro, la ricognizione dei beni artistici.[1][2]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Pietro nacque nel 1803 dal marchese Benedetto Bartolomeo[1] - appartenente ad una nobile famiglia padovana, insignita nel 1758 del titolo marchionale dal duca di Modena Francesco III d'Este con facoltà di aggiungere il cognome Estense - e della nobil donna Maria Bolgeni[3]. Iniziò a studiare giurisprudenza a Padova (senza laurearsi) nel 1819-1820, frequentando le lezioni di Lodovico Menin, per poi dedicarsi all'architettura, sotto la guida di Giuseppe Jappelli, di cui fu amico.[1] Ben presto, in parallelo all'attività di architetto, cominciò a collaborare a pubblicazioni d'arte e letteratura.[1]

Non fu coinvolto nei moti del 1848, parteggiando secondo alcune voci per gli austriaci.[1]

Dal 1849 insegnò estetica e storia dell'architettura all'Accademia di Belle Arti di Venezia, di cui fu anche preside.[1] Presiedette la commissione imperiale per la conservazione dei Monumenti artistici e storici delle provincie venete[1] e spese ogni energia per la conservazione degli affreschi giotteschi nella cappella degli Scrovegni e per la valorizzazione dei beni artistici della sua città. Nel 1867 fondò l'Istituto d'Arte di Padova, che porta il suo nome.[4]

Fu tra i pochi critici italiani dell'epoca romantica a sostenere la tradizione.[2]

Ebbe un ruolo di primo piano nel dibattito che fece da sfondo al concorso per la facciata di Santa Maria del Fiore, a Firenze; in proposito, contribuì in maniera determinante all'affermazione del disegno tricuspidale di Emilio De Fabris e influenzò notevolmente la genesi del progetto definitivo.[5]

Fu molto legato al suo allievo Camillo Boito, che è considerato il suo successore.[1] Morì a Padova nel 1880.[1]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

(elenco parziale)[2]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Sull'architettura e la scultura in Venezia dal Medio Evo ai nostri giorni, 1847.
  • Storia estetico-critica delle arti del disegno, 1852-56.
  • Scritti d'arte, 1859.

Architetture[modifica | modifica wikitesto]

La cappella funeraria di Villa Pisani a Vescovana, in provincia di Padova

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j Del Negro 2015,  p. 300.
  2. ^ a b c d e Pietro Selvatico, in Sapere.it, De Agostini. URL consultato l'8 febbraio 2022. Modifica su Wikidata
  3. ^ Francesco Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titolati nobili delle provincie venete, Venezia 1830, pp. 268-269
  4. ^ Luigi Gaudenzio, La Regia Scuola d'Arte "Pietro Selvatico" di Padova, Le Monnier, 1943.
  5. ^ C. Cresti, M. Cozzi, G. Carapelli, Il Duomo di Firenze 1822-1887. L'avventura della facciata, Firenze 1987.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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