Piero Martinetti

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«Di sé soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro secolo»

Piero Martinetti

Piero Martinetti (Pont Canavese, 21 agosto 1872Cuorgnè, 23 marzo 1943) è stato un filosofo e storico della filosofia italiano.

Fu professore di filosofia, in particolare filosofia teoretica e morale; si distinse per essere stato uno dei pochi docenti universitari, nonché l'unico filosofo universitario italiano, che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al Fascismo.[2] Purtuttavia, non sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti (1846-1921) e di Rosalia Bertogliatti (1846-1927).

Studi[modifica | modifica wikitesto]

Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo Botta di Ivrea, si iscrisse all'Università degli Studi di Torino, dove ebbe come insegnanti Giuseppe Allievo, Romualdo Bobba, Pasquale D'Ercole[3], Giovanni Flechia[4] e Arturo Graf[5]. Si laureò in filosofia nel 1893 all'età di 21 anni[6], con una tesi su "Il Sistema Sāṃkhya Studio sulla filosofia indiana"[7] discussa con Pasquale D'Ercole, docente di filosofia teoretica. La tesi viene pubblicata a Torino da Lattes nel 1896 e, grazie all'interessamento di Giuseppe Allievo, risultò vincitrice del Premio Gautieri.[8]

Dopo la laurea Martinetti si recò, per due semestri, presso l'Università di Lipsia[9], dove poté venire a conoscenza del fondamentale studio di Richard Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato[10]. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi indianistici, iniziati a Torino con Giovanni Flechia e Pasquale D'Ercole."[11][12]

L'insegnamento[modifica | modifica wikitesto]

Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino (1899-1900)[13], Correggio (1900-1901), Vigevano (1901-1902), Ivrea (1903-1904) e, ultimo, al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905).

Nel 1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla metafisica. I Teoria della conoscenza, che, dopo il conseguimento nel 1905 della libera docenza in Filosofia teoretica all'Università di Torino, gli consentì di vincere il concorso per la cattedra di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che nel 1923 diventò Regia Università degli Studî), nella quale insegnò dal novembre del 1906 al novembre del 1931.

Nel 1915 divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere[14], fondato nel 1797 da Napoleone sul modello dell'Institut de France.

Il rifiuto del conflitto politico e la critica della guerra[modifica | modifica wikitesto]

Martinetti fu una singolare figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come ai contrasti politici che viziarono il suo tempo[15]; Egli non aderì né al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce[16]. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è

«sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione [...] strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze.[17]»

Nel 1923, in seguito a quelle che qualificò come "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la successiva nomina di Mussolini a presidente del Consiglio il 31 ottobre 1922), rifiutò la nomina a socio corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei[18].

La Società di studi filosofici e religiosi[modifica | modifica wikitesto]

Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920, Martinetti promosse a Milano la nascita della Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di amici in "piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico"[19], a cui parteciparono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e intellettuale italiano dell'epoca Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati, oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo comune di Il compito della filosofia nell'ora presente, segnarono la sua rottura con Giovanni Gentile.[20] In seguito ad una denuncia per «vilipendio della eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2 febbraio 1926, dovette scrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione[21].

Il Congresso Nazionale di Filosofia del 1926[modifica | modifica wikitesto]

Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società Filosofica Italiana", organizzò e presiedette il "VI° Congresso Nazionale di Filosofia"[22].

L'evento fu sospeso dopo solo due giorni dal rettore Luigi Mangiagalli a causa della presenza di agitatori politici fascisti e cattolici, e quindi, chiuso d'imperio dal Questore. Da un lato incise l'opposizione di P. Agostino Gemelli[23], fondatore e rettore dell'Università Cattolica, che faceva parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica), ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori[24]; dall'altro, la partecipazione fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti, scomunicato "expresse vitandus" (espressamente da evitarsi) dal Sant'Uffizio[25], che dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congresso[26].

Come scrive Pier Giorgio Zunino:

«Le minute cronache del congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime.»

Il 31 marzo 1926 Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli[27]:

«Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore a chiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del pensiero.»

La Rivista di filosofia[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1927 Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale.[28]. Tra i collaboratori della rivista vi furono: Ennio Carando, Maria Venturini, Norberto Bobbio, Ludovico Geymonat, Luigi Fossati (che ufficialmente ne era il direttore responsabile), Gioele Solari, Alessandro Levi, Giulio Grasselli, Cesare Goretti[29].

Il rifiuto del giuramento di fedeltà al Fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Nel dicembre 1931, quando il ministro dell'educazione nazionale Balbino Giuliano impose ai professori universitari il Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin dal primo momento[30]:

In una lettera a Guido Cagnola del 21 dicembre 1931[31] Martinetti scrive:

«Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà fascista e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis (lo storico), Levi Della Vida (l'orientalista), Volterra (il matematico), Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.»

E in un'altra lettera ad Adelchi Baratono del 27 dicembre 1931[32]:

«Io non ho voluto giurare (e così credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza? Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i persecutori.»

Come scrive al proposito Fabio Minazzi[33]:

«Martinetti ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto dalla dittatura fascista, nel 1931, da tutti i docenti universitari italiani. Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di Martinetti non può allora essere certamente negato, in sintonia con Franco Alessio, il carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi all'imposizione del regime fascista. In questa prospettiva Martinetti non ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di docente e di filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso significato civile, culturale e anche filosofico.»

Scrive in proposito Amedeo Vigorelli[34]:

«Una certa retorica resistenziale si è impadronita anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei tratti originali del suo antifascismo […] L'atto di Martinetti non era cioè solo un monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non sempre si ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»

Il ritiro[modifica | modifica wikitesto]

In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione d'autorità[35], e dal 1932 fino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia[36], ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita.[37] In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione alla metafisica e continuata nel 1928 con La libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo (1934); Il Vangelo è del 1936; Ragione e fede venne completato nel 1942. Martinetti propose come suoi successori Adelchi Baratono per l'insegnamento della filosofia e Antonio Banfi per l'insegnamento della Storia della Filosofia all'Università degli Studi di Milano[38].

L'antifascismo di Martinetti[modifica | modifica wikitesto]

Lontano da ogni forma di impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo 1928, a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!"[39]. Nel 1934 scriveva: "Come persuadersi che uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema rovina?"[40] Martinetti si scagliava nei suoi appunti contro il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di pensiero, non vi è più pensiero" (1937)[41].

A questo proposito Amedeo Vigorelli evidenzia[42]

«il valore pedagogico, di educazione alla libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui informalmente diretta»

L'arresto e il carcere[modifica | modifica wikitesto]

Martinetti fu arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che avrebbe poi portato all'arresto e alla condanna al confino di Franco Antonicelli, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Michele Giua, Carlo Levi, Massimo Mila, Augusto Monti, Cesare Pavese, Carlo Zini e di due studenti, Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, e all'ammonizione di Norberto Bobbio), e dal 15 al 20 maggio 1935 fu incarcerato a Torino[43] per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi.[44] Al momento dell'arresto, a detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia".[45].

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Il suo declino fisico cominciò nel settembre 1941, in seguito a una trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto[46]. Alla fine del 1942 subì una prima operazione alla prostata. "L'11 gennaio 1943 la sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno per procedere alla seconda."[47]. Martinetti fu ricoverato all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì il 23 marzo 1943, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo.[48]

Il funerale e la cremazione[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante "l'invito del parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato"[49], una decina di persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti alla stazione, da dove partì in treno per Torino, per la cremazione[50].

L'eredità intellettuale[modifica | modifica wikitesto]

In prossimità della morte Martinetti lascia la sua biblioteca privata in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti[51]. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi nel 1955 alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato dell'Università di Torino, presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia.[52]

La sua casa di Spineto è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della sua opera a livello internazionale.

Filosofia[modifica | modifica wikitesto]

La filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico che fu Africano Spir (1837-1890), il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato, sul quale scrisse molti studi e un denso saggio monografico steso verso il 1908-1912 (rimasto inedito e pubblicato postumo nel 1990) e al quale fece consacrare il terzo numero del 1937 della Rivista di filosofia[53], filosofo che fu come lui profondamente inattuale.[54].

Come scrive Emilio Agazzi:

«Il Martinetti professò una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da considerarla "immortale": in essa infatti vedeva un tentativo d'un rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia.[55]»

Scrive al proposito Franco Alessio[56]:

«Il carattere speculativo dell'interpretazione di P. Martinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di A. Spir esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella costruzione dell'idealismo trascendente di P. Martinetti la speculazione di A. Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di P. Martinetti si trovano nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo condusse P. Martinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato da quello di P. Martinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale.[57]»

Come scrive Amedeo Vigorelli[58]:

«La lettura di Martinetti insiste sul nucleo metafisico del suo [di Spir] pensiero, che gli pare incarnare "la forma pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero essere - l'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il divino - e l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."»

Si può così dire che in Martinetti[59]:

«il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica realtà metafisica assoluta - si afferma in conclusione - è l'"Unità formale assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale unità è solo un'espressione simbolica.»

Della filosofia di Spir, Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant «nessun filosofo serio può non essere, in etica, "kantiano"».

Nel volume Filosofi dell'esistenza e della libertà, il pensatore cattolico Augusto Del Noce, la cui Weltanschauung si situa peraltro agli antipodi di quella martinettiana, ha enfatizzato l'anticlericalismo come presunta matrice del percorso ideale di Martinetti, aggiungendo che questi, il quale diffidava da ogni tentativo di "organizzare" in un sistema o in un codice simbolico la riflessione sulla condizione umana, giunse perciò a rigettare, oltre al Cattolicesimo, sia il marxismo che la Massoneria.

La riflessione religiosa[modifica | modifica wikitesto]

L'antologia Il Vangelo - scrive Martinetti -

«lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato.»

Il risultato di questo ordinamento logico è l'espunzione - in quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immune - del Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse.
Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, né resuscitato in senso fisico dalla morte, né apparso in modo oggettivo ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il prossimo.

Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale fraternamente unita, egli scrive:

«In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della vita eterna.[60]»

Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato (1934)[61], come Martinetti scrive a Guido Cagnola:

«Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle 17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so. Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il decreto definitivo di sequestro.»

Nell'opera accusa il cristianesimo di essere diventato una religione dogmatica, oppressiva e antispirituale.[62]

Con decreto del 3 dicembre 1937 Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica[63].

La rinascita del pensiero filosofico-religioso martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in virtù della rinnovata proposta ermeneutica del filosofo Alessandro Di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo (Genova 1998) e Pietà verso gli animali (Genova 1999); in particolare l'interpretazione elaborata da Di Chiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione spirituale dei quaccheri.

La nonviolenza[modifica | modifica wikitesto]

L'aspirazione a un superamento della violenza nella natura e nell'umanità, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di un suo compimento (se non in una prospettiva escatologica, rispetto alla quale non vi sarebbe alcuna certezza), è un elemento importante del pensiero di Martinetti. Lo dimostrano, ad esempio, le centinaia di pagine che, in Gesù Cristo e il Cristianesimo, incrociano e valorizzano il pacifismo cristiano dalle origini al tolstojsmo e ad Albert Schweitzer, così come lo dimostra il suo interesse per l'opera del pastore riformato e teologo francese Wilfred Monod (1867-1943), cristiano con propensioni "neo-catare e fondatore di quella "Fraternité spirituelle des Veilleurs" che ancor oggi pratica una disciplina quotidiana incentrata sulle Beatitudini. Ma in lui era sempre presente un senso pratico, che nasceva dal disincanto rispetto alla realtà naturale e alle contingenze storiche: quando nel 1938 Aldo Capitini gli fece visita, a proposito della nonviolenza Martinetti gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione."[64].

La riflessione sugli animali[modifica | modifica wikitesto]

Negli scritti La psiche degli animali e Pietà verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore:

«Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.[65]»

Martinetti cita le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.

Nel proprio testamento Martinetti dispose che una somma significativa fosse versata alla Società Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.

Scrive al proposito Amedeo Vigorelli:

«La scelta del vegetarianesimo non era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul destino di "perennità" dello spirito.[66]»

La scelta della cremazione[modifica | modifica wikitesto]

Martinetti fu un fautore della cremazione[67] e una testimonianza "ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."[68] Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci."[69] Non è però da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Una "Bibliografia martinettiana" a cura di C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della Rivista di Filosofia a cura di Pietro Rossi: Piero Martinetti nel cinquantenario della morte, 1993, LXXXIV, pp. 521–554.

Dopo questa data, di Martinetti sono stati pubblicati:

  • Il sistema Sankhya: Studio sulla filosofia indiana; Lattes, Torino, 1897.
  • Ragione e fede, a cura di Italo Sciuto, Gallone, Milano, 1997; a cura di Luca Natali, Morcelliana, Brescia, 2016.
  • Il Vangelo, a cura di Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova, 1998.
  • L'amore, a cura di Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, 1998.
  • Pietà verso gli animali, a cura di Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, 1999.
  • La religione di Spinoza. Quattro saggi, a cura di Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano, 2002.
  • La Libertà, Aragno, Torino, 2004.
  • Schopenhauer, a cura di Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, 2005.
  • Breviario spirituale, a cura di Anacleto Verrecchia, UTET, Torino, 2006.
  • L'educazione della volontà, a cura di Domenico Dario Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, 2006
  • Sulla teoria della conoscenza in Kant, a cura di Luca Natali, Franco Angeli, Milano, 2008
  • Pier Giorgio Zunino (a cura di), Piero Martinetti, Lettere (1919-1942), Firenze, Olschki, 2011, ISBN 9788822260666.[70]
  • Gesù Cristo e il Cristianesimo, prefazione di Massimo Cacciari, Castelvecchi, Roma, 2013; edizione critica a cura di Luca Natali, introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, 2014,
  • Il Vangelo: un'interpretazione, Castelvecchi, Roma, 2013
  • Baruch Spinoza, Etica, esposizione e commento di Piero Martinetti, Castelvecchi, Roma, 2014.
  • Il numero, introduzione di Niccolò Argentieri, Castelvecchi, Roma, 2015
  • Luca Natali (a cura di), Le carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, 2018, ISBN 9788822265685.
  • Scritti su Spinoza, a cura di Francesco Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, 2020.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cesare Goretti, "Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f. I, p. 81.
  2. ^ Simonetta Fiori, I professori che dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, 16 aprile 2000. URL consultato il 18 febbraio 2016.
  3. ^ «Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo 2003, p. 121.
  4. ^ «che morì proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: Paviolo 2003, p. 20.
  5. ^ «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Pasquale D'Ercole e Vittore Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi del nostro»: Vigorelli 1998, pp. 46-47.
  6. ^ «Nel breve verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo 2003, p. 20.
  7. ^ La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritava - anche a motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Università di Torino - e forse per questo il giovane studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del Samkhya poté venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Pasquale D'Ercole, docente di Filosofia teoretica [...] Proprio del Samkhya D'Ercole si era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista Italiana di Filosofia diretta da Luigi Ferri»: Vigorelli 1998, pp. 42-44.
  8. ^ Dell'interesse costante di Martinetti per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano nel 1920, pubblicato a Milano nel 1981 da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana. Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti.
  9. ^ "Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a Lipsia (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro herbartiano di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua." Franco Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir, Torino, Albert Meynier, 1990, p. IV-V.
  10. ^ Richard Garbe, Die Samkhya-Philosophie, eine Darstellung des indischen Rationalismus nach der Quellen, Leipzig, H. Haessel, 1894.
  11. ^ Vigorelli 1998, p. 32, nota 4.
  12. ^ La passione - oltre alla profonda conoscenza - per la cultura indiana, emerge con tutta evidenza nella "Nota introduttiva" al celebre romanzo di H. Hesse Siddharta, firmata inizialmente da M. Mila, ma da quest'ultimo attribuita, a partire dall'edizione Adelphi del 1981, in massima parte ai suggerimenti di P. Martinetti, pervenutigli per il tramite di un suo allievo. Franca Ortu, Massimo Mila da Siddarta a Siddhartha – tradurre, su rivistatradurre.it. URL consultato il 16 aprile 2024.
  13. ^ Anno che fu per lui particolarmente duro, vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", a cura di Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno 2004, XXXII, V serie, n. 3, pp. 73-110.
  14. ^ Lettere 2011, pp. 18-19, nota 37.
  15. ^ «Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli 1998, p. 292.
  16. ^ "non si vede in chi e in che cosa un uomo come Martinetti - che, per sua scelta culturale ma anche per disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo - avrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Piero Martinetti negli anni del Fascismo", in: Piero Martinetti, Lettere (1919-1942), Firenze, 2011, p. XIX.
  17. ^ Vigorelli 1998, p. 167.
  18. ^ «Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 26 agosto 1923, in: Lettere 2011, pp. 19.
  19. ^ Vigorelli 1998, p. 202.
  20. ^ Vigorelli 1998, pp. 207-223.
  21. ^ Lettera n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in: Lettere 2011, pp. 51-53
  22. ^ «Il Congresso non ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37, Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti, 14 dicembre 1925, in: Lettere 2011, p.42.
  23. ^ Che accusò Martinetti, ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cfr. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, 2000, p. 192.
  24. ^ Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n. 31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 29 settembre 1925, in: Lettere 2011, p. 33.
  25. ^ Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, 2000, 3.4 Il congresso di filosofia del 1926, pp. 245-263.
  26. ^ «Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso al P. Gemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera n. 46, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 15 marzo 1926, in:Lettere 2011, pp. 49-50
  27. ^ Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi Mangiagalli, 31 marzo 1926, in: Lettere 2011, p.55.
  28. ^ «Quando Martinetti, con il rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse: guardò di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di salute glielo permisero»: Vigorelli 1998, p. 39.
  29. ^ Vigorelli 1998, pp. 299-318.
  30. ^ Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino Giuliano, 13 dicembre 1931, in: Lettere 2011, pp. 101-103
  31. ^ Lettera n. 106, Piero Martinetti a Guido Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere 2011, pp. 105-107
  32. ^ Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere 2011, pp. 107-108
  33. ^ Presentazione a: Davide Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 2009, p. 18.
  34. ^ Vigorelli 1998, pp. 291-292.
  35. ^ «Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Università di Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17 marzo 1932, in: Lettere 2011, p. 114.
  36. ^ «del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, 4 gennaio 1932, in: Lettere 2011, p.109.
  37. ^ Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero Martinetti - agricoltore": Paviolo 2003, p. 68.
  38. ^ «Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere 2011, pp. 107-108
  39. ^ Vigorelli 1998, p. 293.
  40. ^ Vigorelli 1998, p. 296.
  41. ^ Vigorelli 1998, pp. 297-298.
  42. ^ Vigorelli 1998, p. 299.
  43. ^ "Nel registro di entrata delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli, Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici" - alcune schede, peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino, Registro matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere 2011, p. 142, n. 285.
  44. ^ "Martinetti [...] veniva rinchiuso in una cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente scarcerato.", Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, 1993, p. 14.
  45. ^ Paviolo 2003, p. 62.
  46. ^ «Devo darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 2011, p. 231.
  47. ^ Cit. in: Lettere 2011, p. 245.
  48. ^ «Si può comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie. [...] L'atto di morte recita: " il giorno 23 del mese di marzo dell'anno 1943 alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: Paviolo 2003, p. 81.
  49. ^ Paviolo 2003, p. 82.
  50. ^ "Per ultimo desidero di essere cremato e che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale del testamento di Piero Martinetti, 2 novembre 1942.Paviolo 2003, p. 106.
  51. ^ Il testamento di Martinetti, da lui riscritto il 2 novembre 1942, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo 2003, p. 105) fu considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello [...] la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Università di Milano, prese altre vie e sta presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera del 25 settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino Giuseppe Bertogliatti, in: Paviolo 2003, p. 97.
  52. ^ Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti, su fondazionepieromartinetti.org. URL consultato il 17 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2013).
  53. ^ «Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite. La luce - questo passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo sepolcro - volle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere 2011, p. 155..
  54. ^ «io sono sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere 2011, p. 244.
  55. ^ Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli, 2016, p. 123.
  56. ^ «Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli 1998, pp. 66-67
  57. ^ Franco Alessio, op. cit. , p. II.
  58. ^ Vigorelli 1998, p. 69.
  59. ^ Vigorelli 1998, pp. 94-95.
  60. ^ Piero Martinetti, Breviario spirituale, Bresci, Torino, 1972, p. 282.
  61. ^ Lettera n. 143, Piero Martinetti a Guido Cagnola, 17 ottobre 1934, in: Lettere 2011, pp. 136-138
  62. ^ Pangea, Sia lode a Piero Martinetti, il filosofo che preferiva parlare con il proprio asino piuttosto che con i “colleghi”, su Pangea, 16 marzo 2024. URL consultato il 16 marzo 2024.
  63. ^ Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950 (Tesi di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca)
  64. ^ Paviolo 2003, p. 120.
  65. ^ Paviolo 2003, p. 28.
  66. ^ Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini: attualità di un confronto", in: Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano, 2007, p. 174.
  67. ^ "e si conversò a lungo della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, Antifascismo tra i giovani, Célèbes Trapani, 1966, p. 57.
  68. ^ Paviolo 2003, p. 17.
  69. ^ Paviolo 2003, p. 83.
  70. ^ "L'eretico Martinetti, italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, 6 gennaio 2012 Archiviato il 24 settembre 2014 in Internet Archive. sul sito Liberacittadinanza.it
  71. ^ Il Dipartimento di Filosofia "Piero Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano
  72. ^ Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere della Sera, 24 gennaio 2018, p. 19.
  73. ^ Stefania Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte Stella", Corriere della Sera, 8 novembre 2019, Cronaca di Milano, p. 13.
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Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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