Partito Democratico Progressista (Tunisia)

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Partito Democratico Progressista
الحزب الديمقراطي التقدمي
Parti démocrate progressiste
LeaderAhmed Najib Chebbi (1983–2006)
Maya Jribi
StatoBandiera della Tunisia Tunisia
Fondazione1983
Dissoluzione9 aprile 2012 (diventa il Partito Repubblicano)
IdeologiaSecolarismo;[1][2][3] Liberalismo;[4] Socialismo democratico
Sito webwww.pdp.tn/

Il Partito Democratico Progressista (in arabo لحزب الديمقراطي التقدمي?, al-Ḥizb al-Dīmuqrāṭī al-Taqaddumī; in francese Parti démocrate progressiste), abbreviato nell'acronimo PDP, è stato un partito politico tunisino di stampo secolare e liberale.

Storia e profilo[modifica | modifica wikitesto]

Il Partito Democratico Progressista è stato fondato col nome di Raggruppamento Progressista Socialista nel 1983, ottenendo il riconoscimento legale solo il 12 settembre 1988[5] e dandosi nel 2001 la nuova denominazione di Partito Democratico Progressista. Sotto il regime autocratico di Ben Ali fu un partito legale d'opposizione, ma sottoposto alla politica di repressione perseguita costantemente dal regime.[6] Dopo la Rivoluzione tunisina del 2011, divenne una delle principali forze politiche secolari della sinistra democratica.[7] Era all'epoca guidato da Ahmed Najib Chebbi e da Maya Jribi. Il 9 aprile 2012 si è fuso con il Partito Repubblicano.

Il Partito Democratico Progressista ha un quotidiano, al-Mawqif ("La situazione").[5][8]

Sotto il governo di Ben Ali[modifica | modifica wikitesto]

Ai suoi esordi, il Raggruppamento Progressista Socialista (oggi PDP) radunò una vasta gamma di correnti di orientamento marxista e di attivisti filo-democratici afferenti alle correnti islamiche progressiste.[9] Durante il regime di Ben Ali, Najib Chebbi e il PDP furono molestati dalla polizia per anni, e attaccati verbalmente dai media filo-governativi.[10] Dopo aver infruttuosamente partecipato alle elezioni tra il 1989 e il 1999, il partito decise infine di boicottare le elezioni tunisine del 2004 e a quelle del 2009.[11] In questo modo esso non fu rappresentato nel parlamento tunisino. Dopo che l'amministrazione di Ben Ali annunciò che avrebbe imposto al partito di lasciare il suo quartier generale di Tunisi, i suoi leader Najib Chebbi e Maya Jribi avviarono uno sciopero della fame che attirò l'attenzione della stampa e dell'opinione pubblica internazionale, che indusse l'amministrazione a tornare sulla sua decisione originaria.[11]

Dopo la Rivoluzione tunisina del 2010-2011[modifica | modifica wikitesto]

A seguito della Rivoluzione del Gelsomino (2010–2011), il 17 gennaio, il leader del partito Najib Chebbi fu nominato ministro dello Sviluppo Regionale nel governo a interim.[10] In vista della elezione dell'Assemblea Costituente del 2011, il PDP divenne il più importante esponente del centro-sinistra laico e antagonista del partito religioso islamico di Ennahda.[3][7] Nella competizione elettorale, i Democratici Progressisti ottennero finanziamenti tali da consentir loro di condurre una campagna con ampie disponibilità finanziarie. Avversari del PDP affermarono che una parte congrua dei fondi era stata concessa sottobanco da uomini d'affari vicini al potere dittatoriale di Ben Ali.[12]

Alle elezioni per l'Assemblea Costituente del 2011, il PDP si aggiudicò il 3,9% ei voti popolari ed ebbe 16 dei 217 seggi dell'Assemblea Nazionale Costituente, che le fece guadagnare il quinto posto tra tutti i partiti presentatisi. Dal momento che il PDP rifiutò categoricamente di avere qualsiasi relazione politica col vittorioso movimento/partito di Ennahda, esso andò all'opposizione da cui cominciò a muovere varie critiche al governo di coalizione costituito dagli islamisti, dal laico Congresso per la Repubblica (CPR) e da Ettakatol.

Dopo la sconfitta elettorale, il PDP avviò trattative e colloqui altri partiti laici e liberali per formare un "grande partito centrista". La fusione fu realizzata al V Congresso del partito il 9 aprile 2012. Il nuovo partito fu chiamato Partito Repubblicano e comprendeva, oltre al PDP, il partito Afaq Tunus, vari partitini extraparlamentari e indipendenti.[13]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Factbox - How Tunisia's election will work, in Reuters, 22 ottobre 2011. URL consultato il 5 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2013).
  2. ^ Rachel Shabi, From Arab Spring to elections: Tunisia steps into a new era, in The Independent, 21 ottobre 2011. URL consultato il 5 novembre 2014.
  3. ^ a b Sam Bollier, Who are Tunisia's political parties?, in Al Jazeera English, 9 ottobre 2011. URL consultato il 5 novembre 2014.
  4. ^ David Kirkpatrick, Tunisia Postpones Election, Possibly Aiding New Parties, in New York Times, 8 giugno 2011. URL consultato il 5 novembre 2014.
  5. ^ a b Tunisia - Opposition Parties, in Global Security. URL consultato l'11 ottobre 2014.
  6. ^ Angelique Chrisafis, Tunisian elections: the key parties, in The Guardian, 19 ottobre 2011. URL consultato il 5 novembre 2014.
  7. ^ a b Celeste Hicks, Tunisia election: Loving and loathing Islamists, in BBC News, 21 ottobre 2011. URL consultato il 5 novembre 2014.
  8. ^ Tunisia’s Media Landscape (PDF), in International Media Support, giugno 2002. URL consultato il 5 novembre 2014.
  9. ^ Emily Parker, Maya Jribi, in tunisia-live.net, 6 settembre 2011. URL consultato il 7 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2012).
  10. ^ a b Who are Tunisia's main opposition figures?, in Reuters, 17 gennaio 2011. URL consultato il 7 novembre 2011 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2018).
  11. ^ a b Eymen Gamha, Progressive Democratic Party, in tunisia-live.net, 9 ottobre 2011. URL consultato il 7 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2011).
  12. ^ David D. Kirkpatrick, Financing Questions Shadow Tunisian Vote, First of Arab Spring, in The New York Times, 22 ottobre 2011. URL consultato il 7 novembre 2014.
  13. ^ Hichem Benzarti, Un congrès unificateur des forces démocratiques centristes, in La Presse de Tunisie, 10 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 12 aprile 2012).

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