Paradossi deontici

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

L'espressione paradossi deontici è usata nell'ambito della logica deontica per intendere una specifica conseguenza del linguaggio formale adoperato dalle enunciazioni deontiche.

Origine del termine[modifica | modifica wikitesto]

Il significato della locuzione Paradosso deontico è differente da quello comunemente attribuito al termine logico di paradosso. Infatti, mentre là si registrano particolari costruzioni linguistiche con un significato circolare, qua la natura paradossale non è semantica. Sotto questo punto di vista, quelli deontici sono paradossi in senso lato, non strettamente logici[1], delle derivazioni sorprendenti e sgradevoli[2].In questa accezione, si potrebbe considerare l'intera logica deontica una branca complessa e problematica della logica[3], una logica non ancora adeguatamente formalizzata[4].Secondo innumerevoli autori, infatti, è produttrice di costruzione simboliche paradossali[5], per l'appunto i paradossi deontici, e questa natura è tale da porre in questione la sua stessa possibilità teorica[6]. Ora questi ultimi non sono meri analoghi dei paradossi logici (p.e. mentitore; Epimenide; etc.)[7]. Infatti, la loro paradossalità è interna al particolare significato assunto dal linguaggio logico nelle enunciazioni deontiche, che appare ora descrittivo ora prescrittivo di norme, dando luogo ad ambiguità semantiche non facilmente eliminabili e che rendono possibili derivazioni formalmente corrette ma del tutto assurde. Solo così è possibile comprendere come mai si verifichino tanti paradossi in logica deontica e come il loro carattere sia più difficile da affrontare rispetto ai paradossi canonici per i quali, in genere, è sufficiente introdurre un riferimento più specifico per evitare il paradosso in sé.

I paradossi deontici più noti sono i seguenti:

Un tipico paradosso deontico[modifica | modifica wikitesto]

Il paradosso di Chisholm

Si esprime nel seguente modo[8]:

  1. Giovanni deve andare ad aiutare i vicini;
  2. È obbligatorio che se Giovanni va ad aiutare i vicini, deve avvertirli;
  3. Se Giovanni non ci va, non deve avvertirli;
  4. Giovanni non va ad aiutare i vicini.

Queste tre affermazioni, intuitivamente coerenti (possono descrivere una situazione reale), si scrivono in maniera logica come segue: se significa «Giovanni va ad aiutare i vicini» et «Giovanni avverte i vicini»:

Ebbene questa formulazione porta a una contraddizione logica.

Il paradosso di Ross[modifica | modifica wikitesto]

La sua prima formulazione si deve al filosofo danese Alf Ross il quale nel 1941 così commentava il lavoro Imperatives and Logic (1937 - 8) del connazionale Jorgen Jorgensen:

  1. è obbligatorio imbucare la lettera;
  2. se è obbligatorio imbucare la lettera, allora non lo è bruciarla;
  3. è obbligatorio imbucare la lettera o bruciarla;
  4. è obbligatorio imbucare la lettera;
  5. dunque, è obbligatorio bruciarla.

Nelle parole di von Wright:

All thug its modern history deontic logic has been beset by some ‘anomalies' or ‘paradoxes' which have engendered much controversy and discussion. Oldest of these anomalies is presumably the one known as Ross's Paradox. It was first noted by the eminent Danish jurist and legal philosopher Alf Ross and was used by him as a counter-argument against the very possibility of building a logic of norms. As is well known, the ‘paradox' is the fact that the formula OpO(pq) is a theorem of most systems of deontic logic. If one ought to mail a letter, one ought to mail or burn it – to use Ross's famed example. Or, speaking in the language of Seinsollen: If it ought to be the case that a letter is mailed, it ought also to be the case that it is mailed or burnt[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ A. Al – Hibri Cox, Deontic Logic. A Comprehensive Appraisal and a New Proposal, University Press of America, Washington, 1978, p. 2: "paradoxes of deontic logic are not paradoxes in the strict sense".
  2. ^ E. J. Lemmon – P. H. Nowell Smith, Escapism: The Logical Basis for the Ethics, “Mind”, 69, 1960, p. 290: "this [paradox of Good Samaritan] is not a logician's paradox, like Russell's class of paradox; it reveals no logical antinomy or contradiction within the calculus. It is simply that theorem 54, which is obtained by substitution from a truth of logic, gives, when interpreted, a result which is not only surprising, but unpalatable".
  3. ^ G. Sartor, Informatica giuridica. Un'introduzione, Giuffré, Milano, 1996, p. 87.
  4. ^ G. Carcaterra, Il problema della fallacia naturalistica. La derivazione del dover essere dall'essere, Giuffré, Milano, 1969, p. 619.
  5. ^ R. Poli, La logica deontica: dalla fondazione assiomatica alla fondazione filosofica (I), “Verifiche”, 3, 1982, p. 331: "per non semplificare eccessivamente ed erroneamente il reale sviluppo della deontica, mi limiterò a descrivere la tendenza che ruota attorno al von Wright, che, in effetti è anche quella che occupa gran parte del dibattito deontico, e a mostrare che le proposte che la caratterizzano si imbattono in ricorrenti difficoltà derivanti dal continuo generarsi in esse di paradossi".
  6. ^ N. Grana, Logica deontica paraconsistente, Liguori, Napoli, 1990, pp. 13 - 4: "la derivazione nel sistema formalizzato deontico di alcuni paradossi dividono gli studiosi. Il dilemma di Jørgensen, che pone in discussione la legittimità stessa della logica deontica, viene ri-proposto da studiosi che non sono disposti a tollerare i paradossi nella logica deontica e che non credono alla possibilità razionale della stessa".
  7. ^ A. Al – Hibri Cox, Deontic Logic. A Comprehensive Appraisal and a New Proposal, University Press of America, Washington, 1978, p. 21: "Before embarking on an ex position of these paradoxes, it is necessary to dis-cuss first what deontic logicians meant by calling them paradoxes. Except in rare cases none of these paradoxes was developed in such a way as to reveal a logical contradiction. Hence, these are not paradoxes in this strong sense. A survey of the literature reveals that they have been referred to alternatively as puzzles or dilemmas".
  8. ^ A Bit More on Chisholm's Paradox, su plato.stanford.edu. URL consultato il 27 novembre 2009 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2010).
  9. ^ G. H. von Wright, Problems and Prospects of Deontic Logic, in E. Agazzi (ed.), Modern Logic. A Survey, Reidel, Dordrecht, 1980, pp. 415 – 6.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Al – Hibri Cox, Deontic Logic. A Comprehensive Appraisal and a New Proposal, University Press of America, Washington, 1978
  • G. Carcaterra, Il problema della fallacia naturalistica. La derivazione del dover essere dall'essere, Giuffré, Milano, 1969
  • N. Grana, Logica deontica paraconsistente, Liguori, Napoli, 1990
  • E. J. Lemmon – P. H. Nowell Smith, "Escapism: The Logical Basis for the Ethics", Mind, 69, 1960, pp. 289-300
  • Luigi Pizzi, "Una prospettiva di ricerca su condizionalità e paradossi deontici", Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Siena, 3, 1982, pp.177-190
  • R. Poli, "La logica deontica: dalla fondazione assiomatica alla fondazione filosofica (I)", Verifiche, 3, 1982, pp. 329 - 362
  • A. N. Prior, "The Paradoxes of Derived Obligation", Mind, 63, 1954, pp. 64-65
  • G. Sartor, Informatica giuridica. Un'introduzione, Giuffré, Milano, 1996
  • G. H. von Wright, "Problems and Prospects of Deontic Logic", in E. Agazzi (ed.), Modern Logic. A Survey, Reidel, Dordrecht, 1980, pp. 399-423

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]