Palazzo Rosso (Genova)

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Palazzo Rosso
La facciata principale.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLiguria
LocalitàGenova
IndirizzoVia Giuseppe Garibaldi, 18
Coordinate44°24′39.98″N 8°55′55.64″E / 44.411106°N 8.932122°E44.411106; 8.932122
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1671-1677
Inaugurazione1677
Stilearchitettura barocca italiana
Usomuseo
Realizzazione
ArchitettoPietro Antonio Corradi
AppaltatoreRodolfo e Gio Francesco Brignole Sale
ProprietarioComune di Genova
 Bene protetto dall'UNESCO
Le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli di Genova
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturali
Criterio(ii) (iv)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal2006
Scheda UNESCO(EN) Genoa: Le Strade Nuove and the system of the Palazzi dei Rolli
(FR) Scheda

Il palazzo Rodolfo e Gio Francesco Brignole Sale o Palazzo Rosso è un edificio sito in via Garibaldi al civico 18 nel centro storico di Genova, inserito il 13 luglio del 2006 nella lista dei 42 palazzi iscritti ai Rolli di Genova, riconosciuti in tale data Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Ospita la prima sezione dei Musei di Strada Nuova, che comprendono anche palazzo Bianco e palazzo Doria-Tursi, dedicata principalmente alle collezioni d'arte dei Brignole-Sale, in parte ospitate in sale che conservano l'arredo e la decorazione originale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

«Il primo Palazzo che ho visto è stato il palazzo Brignole; facciata rossa, scalone di marmo. Le statue non sono grandi come in altri palazzi ma la manutenzione, i mosaici dei pavimenti e soprattutto i quadri lo rendono uno dei più ricchi di Genova»

Fu costruito tra il 1671 e il 1677 per volontà dei fratelli Rodolfo e Gio Francesco Brignole Sale su progetto dell'architetto genovese Pietro Antonio Corradi che ripropone qui la pianta a U già da questi adottata nel coevo Palazzo Balbi Senarega[1]. Nell'esigenza di edificare un unico palazzo per le due distinte dimore dei due fratelli, fu scartata la soluzione dell'adiacente Palazzo Cattaneo-Adorno, che prevedeva due simmetriche residenze affiancate, mentre si optò per l'edificazione di due piani nobili, ciascuno riservato ad uno dei fratelli.

Giovanni Francesco I Brignole Sale (1643-1693), figlio di Anton Giulio Brignole Sale (1605-1665) e Paolina Adorno (1610 - 1648), immortalati nella celebre coppia di ritratti di Antoon van Dyck, a seguito della morte del fratello Rodolfo divenne proprietario dell'intero palazzo e ne commissionò la decorazione delle sale ai maggiori artisti del secondo Seicento a Genova[2].

Domenico Piola, Allegoria dell'inverno

La decorazione seicentesca[modifica | modifica wikitesto]

I primi interventi decorativi furono realizzati al secondo piano nobile a partire dal 1679 da Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, con la collaborazione di quadraturisti e stuccatori (Antonio ed Enrico Haffner). Fu portato a compimento innanzitutto il salone maggiore e l'affresco sulla volta, Fetonte al cospetto del padre Apollo, capolavoro del De Ferrari, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, di cui nella sala è oggi esposto il bozzetto preparatorio[3].

L'opera dell'anziano Piola e del genero De Ferrari continua nelle quattro sale circostanti, ciascuna delle quali è dedicata ad una stagione dell'anno, ed è considerata dalla critica fra i più alti esiti del barocco genovese. L’Allegoria della Primavera, sempre del De Ferrari, mostra nella volta tra putti e figure che spargono fiori, Venere con Cupido che seduce Marte. Nell'Allegoria dell’Estate, è protagonista Cerere, dea delle messi, contraddistinta da un putto che regge un fascio dorato di spighe, mentre i venti invernali sono scacciati dalla ninfa delle brezze, Aura. Anche qui compaiono la figura di Apollo dio del Sole e il leone, segno zodiacale ricorrente in luglio e quindi simbolo dell’estate, ma anche simbolo araldico dei Brignole, in un gioco di rimandi tra astrologia e celebrazione dinastica[4]. A Piola si devono le sale dell'Autunno e dell'Inverno, realizzate in collaborazione con stuccatore Giacomo Muttone e del quadraturista Sebastiano Monchi, autore degli sfondati prospettici. Qui volteggiano nelle volte Bacco, giovane, imberbe, con Sileno ebbro, baccanti, centauri, satiri e animali cari a Dioniso, nell'Allegoria dell’Autunno, e invece venti freddi, scene di carnevale e di caccia nell'Allegoria dell’Inverno. Il pittore, di ritorno da un viaggio a Parma, realizza leggere e delicate figure che mostrano evidenti rimandi alla pittura di Correggio[5].

Paolo Gerolamo Piola, Loggia di Diana

Al figlio di Domenico Piola, Paolo Gerolamo, è dovuta la cosiddetta Loggia delle rovine o di Diana, che nel 1689 ambienta con assoluta originalità il Mito di Diana ed Endimione sulle volte di un palazzo diroccato. In quest'opera, fra le prime del pittore allora ventitreenne, si avvalse della collaborazione del quadraturista Nicolò Codazzi, autore delle finte architetture in rovina, sulle quali Paolo Girolamo aggiunse le figure di Diana che, sulla volta, contorniata da putti, si cala dal cielo per raggiungere il mitico pastore Endimione raffigurato dormiente a fianco della porta d'ingresso, in compagnia dei cani e di figure di satiri. La loggia, originariamente concepita come una galleria chiusa ornata da lunette affrescate e finestre dai decori rococò, fu sfondata nel corso del restauro degli anni cinquanta[6].

Nel 1691 iniziò la seconda fase decorativa con gli affreschi di Giovanni Andrea Carlone, Lorenzo De Ferrari, Carlo Antonio Tavella, Andrea Leoncini e di Bartolomeo Guidobono. Gli interventi di restauro e completamento decorativo continuarono fino alla metà del XIX secolo.

Nelle nuove sale le svagate fantasie mitologiche cedono lo spazio a complesse tematiche allegoriche. Sulla volta della Sala della Vita dell’uomo Giovanni Andrea Carlone raffigura in successione prospettica le tre Parche, il Tempo, la Giustizia Divina, l'Astrologia e la Sapienza, mentre i fratelli Haffner sono autori della decorazione parietale, con l'Allegoria della Conservazione[7]. Nella Sala delle Arti liberali, Mercurio al centro del cielo getta corone di lauro alle Arti ospitate nelle quattro nicchie sottostanti, fra statue a grisaille che alludono alle quattro parti del mondo. Parzialmente perduta è la decorazione parietale, di cui restano soltanto i paesaggi di Carlo Antonio Tavella, ma non più il finto colonnato che li racchiudeva[8].

La decorazione settecentesca[modifica | modifica wikitesto]

A metà del Settecento continuatore della committenza artistica fu Giovanni Francesco II Brignole Sale (1695-1760), ambasciatore della Repubblica a Parigi, che nel 1746 fu eletto Doge della Repubblica di Genova. In quell'anno ad opera dell'architetto Francesco Cantone venne definito l'attuale aspetto della facciata, caratterizzato da protomi leonine che segnano gli architravi delle finestre dei due piani nobili. Il simbolo richiama l'arma araldica della famiglia, raffigurante un leone rampante sotto un albero di prugne, chiamate in dialetto genovese brignòle[9].

Lorenzo De Ferrari, Salotto delle Virtù Patrie, 1740

Di grande ricercatezza estetica è la decorazione dello studio del Doge Giovanni Francesco II, noto come Salotto delle Virtù Patrie per le complesse simbologie rappresentate nelle pitture. Ne fu autore negli anni quaranta del Settecento Lorenzo De Ferrari (1680-1744), figlio del celebre Gregorio, che finse sulla volta una complessa architettura in grisaille dove ambientare una serie di soggetti ispirati alla Roma antica, esemplari per il committente impegnato nel governo della cosa pubblicaː L'allocuzione di Scipione in Senato, Le Vestali custodiscono il fuoco sacro, Le matrone offrono i loro gioielli alla patria, Il trionfo militare di Costantino, come esempi del Valore rappresentato dall'allegoria al centro dello sfondato prospettico. La tematica edificatoria continua sulle pareti con gli affreschi delle personificazioni di Virtù, e le tempere con episodi tratti dalla storia romanaː La giustizia di Tito Manlio Torquato nel condannare il figlio, la continenza di Publio Cornelio Scipione nel restituire la fidanzata ad Allucio, La fortezza di Muzio Scevola nel punirsi per non esser riuscito a uccidere Porsenna e La religiosità di Numa Pompilio[10].

Di più modesta fattura è la decorazione della sala detta della Gioventù in cimento, realizzata nel 1736 da Domenico Parodi[11].

Nell'alcova, interamente rivestita e arredata con decorazioni rococò, trovano posto i ritratti di Giovanni Francesco II e della moglie Battina Raggi, eseguiti dal pittore di corte di Luigi XIV, Hyacinthe Rigaud (1659 - 1743).

Da residenza privata a museo[modifica | modifica wikitesto]

La residenza rimase di proprietà della potente famiglia dei Brignole Sale per due secoli, fino al 1874, anno in cui fu donato alla città dall'ultima erede, Maria Brignole Sale De Ferrari duchessa di Galliera, per "accrescere il decoro e l'utile" di Genova e con l'evidente intenzione di lasciare ai posteri un segno della stirpe dei Brignole Sale anche con il contributo delle sue importanti collezioni d'arte.

I bombardamenti della seconda guerra mondiale causarono danni gravissimi al palazzo, causandone fra l'altro la perdita della decorazione del salone maggiore. La ricostruzione fu effettuata negli anni cinquanta (1953-1961), condotta dalla direttrice dell'Ufficio di Belle Arti di Genova, Caterina Marcenaro, e dagli architetti Franco Albini e Franca Helg. Il radicale restauro, condotto secondo i criteri del "movimento moderno", portò alla rimozione di tutti gli arredi e le decorazioni ritenute non originali, e alla creazione di un allestimento razionalista in netto contrasto con l'identità storica del palazzo[12]. Le collezioni, smembrate, furono ricollocate nei musei cittadini secondo criteri espositivi didattici. In occasione del restauro furono creati, fra l'altro, la scala elicoidale di Franco Albini, il vasto cortile alle spalle del palazzo, dove fu collocato il celebre portale barocco del convento di san Silvestro, e fu ristrutturato l'ultimo piano del palazzo quale appartamento che la Marcenaro abitò fino alla morte, custodendovi la sua personale collezione d'arte, recentemente aperto al pubblico.

Negli anni novanta, si procedette ad una rimozione di tale allestimento, riportando il palazzo nella sua veste settecentesca in base alle descrizioni storiche, principalmente alla celebre "Descrizione delle pitture, scolture e architetture ecc., che trovansi in alcune città, borghi, e castelli delle due riviere dello stato Ligure" del Ratti[13], ricollocando molti degli arredi originali e molti dei dipinti nelle quadrature settecentesche appositamente create dagli affrescatori per alloggiarli.

La quadreria Brignole Sale[modifica | modifica wikitesto]

Anton Van Dyck, Ritratto di Paolina Adorno Brignole-Sale

Oltre al palazzo, la duchessa di Galliera nel 1874 donò al Comune di Genova la splendida quadreria che, unitamente agli arredi, formava il nucleo storico delle collezioni del museo: oculate acquisizioni e commissioni effettuate per oltre due secoli a dimostrazione dell'ascesa sociale, economica e politica della famiglia Brignole Sale.

A partire dalle prime commissione della prima metà del Seicento ad alcuni grandi artisti come Antoon van Dyck da parte di Gio Francesco Brignole, anche i successori continuarono questa politica apportando un significativo ampliamento delle ricche collezioni d'arte anche grazie alle eredità ricevute (in particolare quelle di due diversi rami dei Durazzo).

Oggi la quadreria si caratterizza sia per i ritratti fiamminghi sia per i dipinti di Guido Reni, di Guercino, di Mattia Preti, di Bernardo Strozzi, sia da tavole e tele d'ambito veneto del XVI secolo, fra le quali meritano d'essere ricordate le opere di Palma il Vecchio e del Veronese.

Negli anni 1953-1961 furono effettuati importanti restauri, grazie ai quali gli spazi espositivi vennero più che raddoppiati in funzione di una diversa sistemazione della quadreria, inserendo anche opere non pertinenti il nucleo storico, come la collezione di ceramiche e quella numismatica in precedenza ubicate altrove. Di diversa provenienza era anche la collezione tessile, per la quale nell'occasione venne realizzato un deposito. Inoltre trovarono sistemazione nel mezzanino fra il primo e il secondo piano nobile del gabinetto disegni stampe, la collezione topografica e la collezione cartografica.

Dopo il 1992 è stato attuato un nuovo ordinamento, privilegiando il recupero e l'esposizione di tutte le opere appartenute alla collezione Brignole-Sale, in precedenza in parte spostate in Palazzo Bianco e in parte in deposito. A partire dal 2004 sono stati aperti il miradore, l'appartamento ideato da Franco Albini e Franca Helg per Caterina Marcenaro[14] e gli ambienti dedicati agli ultimi Brignole-Sale, con mobili provenienti dalla residenza parigina della famiglia, l'Hôtel Matignon, e quelli ottocenteschi del palazzo, realizzati dell'ebanista inglese Henry Thomas Peters.[15]

Opere principali[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. Colmuto, Profilo stor.-crit. di Palazzo Rosso, in Genova, Strada Nuova, Genova 1967, pp. 239 s.
  2. ^ Proposal for the inscription of Genoa Le Strade Nuove and the System of the Palazzi dei Rolli in the Unesco World Heritage List, Volume I - Dossier, p. 168 e segg.
  3. ^ Palazzi in luce, Associazione amici dei musei liguri e di Palazzo Ducale, Genova, 2015
  4. ^ Càndito Cristina (2014), Spazi statici e spazi dinamici a Palazzo Brignole-Rosso a Genova, in G.M. Valenti (a cura di), Prospettive Architettoniche. Conservazione digitale, divulgazione e studio, Sapienza Università Editrice, Roma, vol. I, pp. 467-490
  5. ^ Gavazza E. Lamera F., La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Sagep Editrice, 1990
  6. ^ Loggia delle Rovine, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, su museidigenova.it.
  7. ^ Fauzia Farneti, Deanna Lenzi, Realtà e illusione nell'architettura dipinta: quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, Alinea Editrice, 2006, p. 159.
  8. ^ Fauzia Farneti, Deanna Lenzi, Realtà e illusione nell'architettura dipinta: quadraturismo e grande decorazione nella pittura di età barocca, Alinea Editrice, 2006, p. 160.
  9. ^ Càndito C. (2014), Spazi statici e spazi dinamici a Palazzo Brignole-Rosso a Genova, in G.M. Valenti (a cura di), Prospettive Architettoniche. Conservazione digitale, divulgazione e studio, Sapienza Università Editrice, Roma, vol. I, p. 472
  10. ^ Il salotto delle Virtù Patrie, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, su museidigenova.it.
  11. ^ Palazzo Rosso, in I Musei di Strada Nuova a Genova, a cura di P. Boccardo - C. Di Fabio, Torino 2004, pp. 71-85
  12. ^ Federico Bucci e Augusto Rossari (a cura di), I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005
  13. ^ Ratti, Carlo Giuseppe: Descrizione delle pitture, scolture e architetture ecc., che trovansi in alcune città, borghi, e castelli delle due riviere dello stato Ligure (Genova, Presso Ivone Gravier, 1780)
  14. ^ Banham, Joanna, e Shrimpton, Leanda,, Encyclopedia of interior design. Volume I-2, A-Z, ISBN 9780203825549, OCLC 909893877. URL consultato il 7 luglio 2018.
  15. ^ Rathschüler, p.75.
  16. ^ Sito web - Italia per Turisti - Pagina di "Palazzo Rosso", su italiaperturisti.it. URL consultato il 13 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2013).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Musei di Strada Nuova a Genova, Skira, Milano 2010. ISBN 978-88-572-0433-8
  • Antonella Rathschüler, Henry Thomas Peters e l'industria del mobile nell'ottocento, Genova, Il Canneto editore, 2014, ISBN 978-88-96430-67-5.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]