Oro di Mosca

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Facciata nord della sede del Banco de España nella calle de Alcalá di Madrid. Le riserve d'oro che si custodivano nell'edificio fino al 1936 furono inviate all'Unione Sovietica durante la Guerra Civile spagnola.

Il termine Oro di Mosca, o anche Oro della Repubblica, si riferisce all'operazione di trasferimento di 510 tonnellate d'oro, corrispondenti al 72,6% delle riserve internazionali del Banco de España, dal loro deposito a Madrid verso l'Unione Sovietica, a pochi mesi dall'inizio della guerra civile spagnola, così come la posteriore gestione relazionata con la vendita all'U.R.S.S. e l'utilizzazione dei fondi ottenuti e i simili invii di beni sequestrati durante la contesa per ordine del governo della seconda repubblica, presieduto da Francisco Largo Caballero, e per iniziativa del suo Ministro delle finanze, Juan Negrín. La parte restante della riserva della Banca, consistente in 193 tonnellate, fu spostata e trasformata in valuta in Francia, operazione conosciuta per analogia come l'Oro di Parigi.

L'espressione "Oro di Mosca", già utilizzata negli anni trenta dalla stampa internazionale, era divenuta popolare in riferimento all'episodio storico spagnolo. Durante la Guerra fredda fu adoperata nuovamente a livello internazionale per la propaganda antisovietica e contraria a partiti e sindacati comunisti occidentali per dequalificare la fonte di finanziamento delle attività di questi ultimi, considerando che i fondi provenivano in larga misura dall'URSS, così che divenne popolare l'espressione "al soldo di Mosca".

L'episodio storico spagnolo è stato, dalla decade del 1970, tema di numerose opere e saggi a partire da documenti ufficiali e privati, ma anche oggetto di dibattito storiografico e forti controversie, specialmente nella stessa Spagna. I disaccordi si centrano sull'interpretazione politica delle motivazioni, la sua presunta utilizzazione, e sugli effetti sullo sviluppo del conflitto, così come la sua influenza posteriore sulla repubblica spagnola in esilio e sulle relazioni diplomatiche del governo franchista con quello sovietico.

La rivoluzione comunista mondiale e il Moscow Gold[modifica | modifica wikitesto]

Anteriormente al 1935, mentre il governo di Josef Stalin orientava parte della sua politica internazionale verso la promozione della rivoluzione mondiale del mondo del proletariato, pubblicazioni in lingua inglese come il TIME[1] utilizzavano l'espressione Moscow Gold per riferirsi ai piani sovietici di intensificare le attività del movimento comunista internazionale, che allora si manifestava timidamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il Time considerava che questa evoluzione della politica sovietica, che nel 1935 si manifestò a favore della partecipazione comunista per la formazione di fronti popolari in diversi paesi del mondo, si doveva in parte alla necessità di Stalin di contrastare le critiche del trotskismo.

L'episodio spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

Contesto: i primi mesi della guerra civile[modifica | modifica wikitesto]

Léon Blum, presidente della Repubblica francese.

A partire dal 19 luglio 1936, a pochi giorni dalla sollevazione militare, tanto il governo di José Giral come il generale Franco, allora responsabili dell'esercito dell'Africa, realizzarono gestioni simultanee in Francia, da una parte, e tramite emissari a Roma e Berlino, dall'altra, per sollecitare appoggio materiale. Con queste iniziative cominciò la progressiva internazionalizzazione del conflitto di fronte alla coscienza comune delle carenze in mezzi e equipaggiamenti militari di ambo le parti per sostenere lo sforzo bellico.[2]

Al principio della guerra civile spagnola la situazione politica della Francia era confusa, con un governo del Fronte Popolare che includeva tra i suoi elementi maggioritari il centrista Partito Radicale. Sebbene Léon Blum, come il Partito Comunista Francese, insistesse per intervenire a favore della Repubblica, i radicali si opposero e minacciarono di ritirare il loro appoggio. A loro si unirono gli avvertimenti britannici sul rischio di ostruire la politica di accomodamento intrapresa dal conservatore Stanley Baldwin. In tal modo, il consiglio dei ministri riunito il 25 luglio 1936 approvò la cancellazione di qualsiasi sovvenzione dalla Francia.[3] Lo stesso giorno in cui si confermava il non-interventismo delle democrazie occidentali, Hitler dava il suo consenso per l'invio di un primo lotto di aerei, equipaggio ed equipaggiamento tecnico in Marocco, mentre il 27 luglio Mussolini avrebbe inviato una partita di aerei da trasporto, materiale che sarebbe stato utilizzato in seguito per il ponte aereo di truppe verso Siviglia stabilito il 29 luglio 1936.[4] Il governo nazista utilizzò un'impresa fantasma, la Società Ispano-Marocchina di Trasporti, come specchietto per le allodole per permettere le sovvenzioni a Franco.

Il 1º agosto 1936 il governo francese presentò la proposta alla comunità internazionale per l'adozione di un "Accordo di non-intervento in Spagna", appoggiata dal Foreign Office tramite la sua ambasciata a Parigi il 7 agosto.[5] L'accordo fu inizialmente sottoscritto anche dall'Unione Sovietica, Portogallo, Italia e dal Terzo Reich, sommandosi al Comitato di supervisione di Londra creato il 9 settembre 1936. Ciò nonostante, queste tre ultime nazioni mantennero il loro appoggio logistico e materiale mentre gli agenti d'affari del governo repubblicano acquisirono rifornimenti in arrivo dal Messico e dal mercato nero.[6]

Aree controllate dai gruppi che si affrontavano verso il settembre 1936

Nel terreno delle ostilità, durante i mesi di agosto e settembre 1936 le forze sollevate ottennero importanti passi avanti, consolidando la frontiera portoghese dopo la Battaglia di Badajoz del 14 agosto e chiudendo quella basco-francese, dopo la entrata a Irún del 4 settembre 1936. Questo avanzamento coincise con un progressivo cambio della politica dell'URSS verso un intervento attivo. Si intraprese allora lo stabilimento di relazioni diplomatiche con la Repubblica spagnola e la nomina del primo ambasciatore sovietico a Madrid, Marcel Rosenberg (in precedenza rappresentante sovietico nella Società delle Nazioni), il 21 agosto 1936.[7]

Sul finire del settembre 1936, partiti comunisti di diversi paesi ricevettero istruzioni dal Komintern e da Mosca per il reclutamento e organizzazione delle Brigate Internazionali, che sarebbero entrate in combattimento durante il mese di novembre. Mentre, il 28 settembre, la fine delle operazioni intorno all'Alcázar de Toledo avrebbe permesso alle forze dirette dal generale Varela di orientare il suo sforzo verso la battaglia di Madrid.

Durante il mese di ottobre del 1936, l'URSS mandò materiale in aiuto del nuovo governo di concentrazione frontepopolare presieduto da Francisco Largo Caballero, che includeva due ministri comunisti, azione che l'ambasciatore sovietico a Londra, Iván Maiskiel, avrebbe giustificato davanti al "Comitato di Non-Intervento" il 23 ottobre 1936, denunciando il precedente sabotaggio italo-tedesco allo stesso e reclamando la restituzione del diritto alla Repubblica di armarsi.[8] Cinque giorni più tardi, il 28 ottobre 1936, salparono da Cartagena quattro cargo sovietici contenenti l'oro evacuato il 14 settembre dal Banco de España.

Situazione delle riserve e status del Banco de España[modifica | modifica wikitesto]

Pochi mesi prima dell'inizio della Guerra Civile Spagnola le riserve mobiliari spagnole erano state registrate dalle statistiche internazionali nel maggio 1936 come le quarte più grandi del mondo.[9] Fu accumulata principalmente durante la prima guerra mondiale, nella quale la Spagna si mantenne neutrale. Grazie agli studi della documentazione del Banco de España (BDE),[10] si conosce che queste riserve si distribuivano principalmente nella sede centrale di Madrid, le delegazioni provinciali del BDE e altri depositi minori a Parigi, dal 1931, essendo costituite per la maggior parte da monete, straniere e nazionali, mentre la frazione di oro antico era inferiore allo 0,01% ed insignificante la quantità d'oro in barre, dato che solo vi erano 64 lingotti.[11]

Sul valore delle riserve mobiliari, questo era conosciuto dalle diverse pubblicazioni ufficiali che venivano emesse regolarmente e così il The New York Times del 7 agosto 1936[12] informava che la cifra di 718 milioni di dollari statunitensi dell'epoca era disponibile nella sede di Madrid. Per lo storico Ángel Viñas, questa cifra corrispondeva a 635 o 639 tonnellate di oro fino oppure a 20,42 o 20,54 milioni di once. Secondo il bilancio del Banco de España del 30 giugno 1936, pubblicato nella Gaceta de Madrid (il Boletín Oficial del Estado dell'epoca) il 1º luglio, le riserve d'oro esistenti, tre settimane prima che iniziasse la contesa, raggiungevano il valore di 2.202 milioni di pesatas-oro, equivalente a 5.240 milioni di pesetas effettive. Viñas calcola che la cifra di 719 milioni di dollari del 1936 corrisponderebbe, attualizzata con gli indici di inflazione, a 9.725 milioni di dollari del 2005. In confronto, le riserve spagnole disponibili nel settembre dello stesso anno erano di 7.509 milioni.[13]

Nel 1936, il Banco de España era costituito come società per azioni (come gli omologhi francese e inglese) con un capitale di 177 milioni di pesetas, il quale si trovava distribuito in 354.000 azioni nominative da 500 pesetas ciascuna. Nonostante non fosse una banca di proprietà statale,[14] l'istituzione era sottomessa al controllo tanto del governo, che designava il governatore, quanto del Ministero delle finanze che nominava vari membri del "Consejo General" del banco.[12]

La Ley de Ordenación Bancaria (LOB) del 29 dicembre 1921 (o Ley Cambó)[15] provò per la prima volta a ordinare le relazioni tra il Banco de España come banca centrale e la banca privata. Nella legge venivano regolate anche le condizioni per la mobilizzazione da parte della banca delle riserve, la quale doveva contare sulla obbligatoria autorizzazione del Consiglio dei ministri. Nella base 7ª dell'Articolo 1º la LOB stipulava la facoltà del Governo di accesso alle entità e sollecitare la vendita dell'oro esclusivamente per influire nel tipo di cambio della peseta ed "esercitare un'azione interventista sul cambio internazionale e sulla regolarità del mercato monetario", nel cui caso il Banco de España parteciperebbe in detta azione con una quantità uguale a quella decisa dal Tesoro Pubblico.

Sebbene autori come Pío Moa[16] considerino che il trasferimento dell'oro violava chiaramente la Legge, in opinione di Ángel Viñas la applicazione della Ley Cambó da parte del governo repubblicano fu stretta, basandosi sulle testimonianze di quello che fu l'ultimo ministro delle Finanze della Monarchia,[17] Juan Ventosa y Calvell, che la giudicava, poco prima del golpe militare, troppo ortodossa,[18] limitando le possibilità di crescita dell'economia del paese. La situazione eccezionale creata dalla ribellione, spiegherebbe per Viñas, che evita di entrare negli aspetti giuridici, il cambio di attitudine rispetto alla Legge Cambó da parte del governo, che passò a esercitare i meccanismi necessari per realizzare una nazionalizzazione parziale scoperta del Banco de España.[19] Altri storici, come Sardá, Miralles o Moradiellos, danno la stessa interpretazione.

L'azione del governo repubblicano sul Banco de España per collocare alla sua direzione persone fedeli alla Repubblica si concretizzò nel Decreto del 4 agosto 1936, che destituì Pedro Pan Gómez come primo vice governatore in favore di Julio Carabias,[20] che 10 giorni più tardi fu seguita dalla destituzione di altri consiglieri e membri dell'alto esecutivo. Dopo il trasferimento dell'oro all'Unione Sovietica, il 21 novembre, si decretò la modifica del Consiglio, che soffrì nuovi fermi e modifiche fino a che il 24 dicembre 1937 nove consiglieri furono sostituiti direttamente da rappresentanti istituzionali.[21]

L'oro di Parigi[modifica | modifica wikitesto]

Real Casa de la Aduana (Madrid), sede centrale del Ministero delle Finanze.

Con l'inizio della guerra, i sollevati posero in marcia la loro macchina statale, considerando illegittime e illegali le istituzioni che rimasero sotto il controllo del governo di Madrid. Così, si costituì anche un Banco de España, con sede a Burgos. Ogni banca affermava di essere quella legittima, tanto nel paese come all'estero.[22] In mano del governo repubblicano rimasero la sede centrale con le sue riserve di oro e le delegazioni più importanti, intanto che quello di Burgos amministrava le riserve e delegazioni provinciali del Banco de España nei territori in sollevazione.[23]

Il 27 luglio il Governo Giral annunciò l'inizio della spedizione in Francia di parte dell'oro, per l'accordo del Consiglio dei ministri del 21 luglio 1936.[24]

I ribelli, informati puntualmente degli invii d'oro dai loro agenti e amici in Francia e nella zona republicana,[25] affermarono che queste spese erano molto lontane dalle previsioni della menzionata Ley Cambó. Pertanto, le considerarono illegali. Così, la Junta de Defensa Nacional di Burgos emesse il 25 agosto 1936 un decreto, il nº 65, dichiarando nulle, secondo quanto li riguardava, le operazioni di credito realizzate dal governo del fronte popolare in base a questa riserva:

«Decreto numero 65: Interessa a questa giunta, nell'ordine morale, evidenziare, una volta di più, lo scandalo che dinanzi alla coscienza universale ha prodotto l'uscita dell'oro dal Banco de España, decretata dal cosiddetto Governo di Madrid. Incombe segnalare, principalmente, le conseguenze di queste operazioni in ambito giuridico, perché effettuate in aperta infrazione di precetti fondamentali della vigente Ley de Ordenación Bancaria, ed è evidente che conducono alla loro nullità per manifesta illegalità, che deve raggiungere nei suoi effetti le persone nazionali o straniere che abbiano partecipato ad essa, con indipendenza dalla responsabilità criminale, già regolata in un altro Decreto. È logico complemento di questa dichiarazione, il prevenire i danni che possano pregiudicare, con misure cautelative, che devono essere adottate con l'urgenza che la difesa degli interessi nazionali esige.

In mio potere, come Presidente della Junta de Defensa Nacional, e d'accordo con essa, decreto quanto segue:
Articolo primo. Si dichiarano nulle tutte le operazioni che si fossero verificate o che si verifichino con la garanzia dell'oro estratto dal Banco de España, a partire dal diciotto luglio scorso, e quando possibile si eseguiranno quante azioni corrispondenti in Diritto, per il riscatto dell'oro riferito, sia quale sia il luogo nel quale si trovi.
Articolo secondo. Senza pregiudicare la responsabilità criminale definita nel Decreto numero 36, i valori, crediti, diritti e beni di ogni tipo che posseggano in Spagna le persone o entità nazionali o straniere che siano intervenute o intervengano direttamente o indirettamente nelle operazioni di cui all'articolo precedente, saranno immediatamente soggetti a embargo, al fine di assicurare le responsabilità di qualunque tipo che derivino da tali atti..
Burgos, 25 agosto 1936.
Miguel Cabanellas

Vincent Auriol, ministro delle finanze, e Émile Labeyrie, governatore della Banca di Francia, permisero entrambi queste operazioni per aiutare economicamente la Repubblica, tanto per le loro convinzioni antifasciste quanto per la convenienza di rafforzare le loro riserve e la stabilità del franco.[26] La creazione del Comité de No Intervención non paralizzò l'invio dell'oro in Francia e il governo di Largo Caballero, costituito a settembre, proseguì con detta politica. Londra e Parigi ignorarono le proteste dei sollevati circa l'uso indebito dell'oro.[27]

Fino al marzo del 1937 vennero inviate 174 tonnellate di oro fino (193 lorde) alla Banque de France, equivalenti al 27,4% di tutte le riserve spagnole, per essere convertite in valuta con la quale pagare gli acquisti di armi e viveri.[28] Queste spedizioni si giustificarono con un decreto riservato del 30 agosto, in ragione della gravità provocata dall'insurrezione armata, e al fine di "poter sviluppare la lotta con l'estensione e intensità che esiga lo schiacciamento dell'esecrabile ribellione". Per accordo del Consiglio dei ministri, si autorizzava "il Ministro delle Finanze per disporre, nel Centro Oficial de Contratación de Moneda, si situi in una o più volte, per conto del Tesoro, all'estero, a disposizione della rappresentanza diplomatica, consulare o persona che designarà in ogni caso, la quantità di franchi francesi che stimi precisa per far fronte alle spese di necessità che la campagna imponga.".[29]

Durante l'ultimo anno di guerra, 40,2 tonnellate depositate a Mont de Marsan furono trattenute giudizialmente, reclamate dal governo franchista all'essere riconosciuto dalla Repubblica francese e infine recuperate al termine della guerra, in quello che fu l'unico reclamo dell'oro che ebbe successo da parte dei nazionalisti.[30]

L'ordine del trasferimento e le sue motivazioni[modifica | modifica wikitesto]

Il 13 settembre si firmò un decreto riservato del Ministero delle Finanze, emesso per iniziativa del nuovo ministro, Juan Negrín, secondo cui si autorizzava il trasferimento delle riserve metalliche dal Banco de España e prevedeva una futura restituzione dei conti alle Corti che mai avvenne:[31]

«Ministro delle Finanze Eccelentissimo. Sgr:
In data 13 corrente mese, sua eccellenza il presidente della Repubblica ha firmato il seguente decreto riservato: La anormalità che nel paese ha prodotto la sollevazione militare consiglia al Governo di adottare quelle misure precauzionali che considera necessarie per meglio salvaguardare la riserve metalliche del Banco de España, base del credito pubblico. L'indole stessa della misura e la ragione della sua adozione esigono che questo accordo rimanga riservato. Fondato su tali considerazioni, d'accordo con il Consiglio dei Ministri, e su proposta del Ministro delle Finanze, vengo a disporre, con carattere riservato, quanto segue:

  • Art. 1º: Si autorizza il Ministro delle Finanze ad ordinare, nel momento in cui lo ritenga opportuno, il trasporto delle giacenze d'oro, argento e banconote contenute in quel momento nella sede centrale del Banco de España, al luogo che egli stimi di maggior sicurezza e con le maggiori garanzie
  • Art. 2º: Il Governo darà conto quando opportuno alle Cortes di questo decreto.

Madrid, 13-9-36.»

Il decreto è firmato dal presidente della Repubblica, Manuel Azaña, il quale avrebbe affermato in seguito di ignorare la destinazione finale delle riserve. Secondo la testimonianza di Largo Caballero, Azaña fu informato più tardi in ragione del suo stato emotivo e del carattere riservato dell'operazione:[33]

«"Di questa decisione conveniva rendere edotte molte persone? No. Un'indiscrezione sarebbe stata la pietra dello scandalo internazionale [...] Si decise che non lo sapesse né il Presidente della Repubblica, il quale si trovava allora in uno stato spirituale davvero lamentevole, di conseguenza lo sapeva solo il Presidente del Consiglio dei Ministri [lo stesso Largo], il Ministro delle Finanze [Negrín] e quello di Marina y Aire [Indalecio Prieto]. Ma i primi due sarebbero stati gli unici avrebbero dovuto intendersi con il governo russo.".»

Diversi autori, come Viñas, hanno segnalato che la decisione di trasferire l'oro fuori da Madrid venne motivata dalla rapida avanzata dell'esercito in Africa, che dal suo arrivo nella penisola aveva realizzato una rapida avanzata verso la capitale, trovandosi, nel momento di prendere la decisione, già a Talavera de la Reina, a 116 chilometri da Madrid, senza che nessuno degli sforzi compiuti per fermarlo o rallentare la sua avanzata avessero successo, nemmeno parziale. Tuttavia, le truppe sollevate non sarebbero arrivate fino a due mesi dopo, non per la resistenza delle forze repubblicane, ma a una decisione dello stesso Franco, che decise una deviazione per una missione di soccorso a Alcázar di Toledo, in un'operazione di prestigio che lo consolidò politicamente e gli permise di ascendere a capo di stato il 29 settembre 1936. La capitale avrebbe resistito fino al termine della guerra, e lo stesso governo repubblicano non si trasferì a Valencia fino al 6 novembre.

Uno dei protagonisti dei fatti, Largo Caballero, giustificò posteriormente, durante il suo esilio francese, l'invio dell'oro nel Patto di Non Intervento e la defezione della democrazia rispetto alla Repubblica, e la minaccia dei sollevati su Madrid.[35] Nonostante ciò, il suo compagno, il socialista Luis Araquistáin, lo attribuì posteriormente alla coazione sovietica.[36]

Si parlò anche del pericolo FAI, e dell'intenzione degli anarchici di assaltare il Banco de España e trasferire le riserve a Barcellona, il bastione della CNT e la FAI, non solo per mantenerle in salvo, ma anche per comprare materiale di guerra per loro conto.[37] Questo piano era stato preparato da Diego Abad de Santillán, uno dei più ardenti detrattori di Negrín, anche se tale estremo è considerato falso dallo storico libertario Francisco Olaya Morales, che pensa che l'oro si trasferì a Cartagena no per motivi di sicurezza, ma con l'intenzione premeditata di mandarlo a Mosca.[38]

Sebbene la maggior parte degli storici considerino Negrín l'artefice della spedizione dell'oro (per iniziativa propria o d'accordo con i sovietici, a seconda delle interpretazioni), non è chiaro chi ebbe l'idea di portare le riserve fuori dal paese. Lo storico britannico Antony Beevor cita versioni che attribuiscono all'aggregato commerciale sovietico Arthur Stashevski il suggerimento a Negrín di tenere un «conto corrente in oro» a Mosca, considerando la minaccia che pendeva su Madrid e la necessità di comprare armi e materie prime.[39] Ma cita anche Gabriel Jackson e Víctor Alba, i quali nel loro libro Juan Negrín attribuiscono l'idea allo stesso Negrín, sostenendo che l'idea prese di sorpresa i sovietici e che Negrín dovette spiegare attentamente l'idea all'ambasciatore Rosenberg.[40] Il suo amico e compagno Mariano Ansó lo difendeva affermando:

«"non poté essere né fu l'artefice dell'invio in Russia dell'oro spagnolo; fu tutt'al più un cooperante di minor importanza del Lenin spagnolo e dei suoi consiglieri aulici, alla testa dei quali figurava Luis Araquistáin"»

Anche secondo Martín Aceña,[42] fu Stashevski colui che propose a Negrín di depositare l'oro a Mosca, intanto che Walter Krivitsky, generale dell'Esercito Rosso e incaricato dell'intelligence militare in Europa Occidentale all'epoca, in seguito fuggito negli Stati Uniti, afferma che quando Stalin decise di intervenire in Spagna, non volle rischiare niente, ma si assicurò che esistesse sufficiente oro per pagare l'aiuto alla Repubblica..[43]

In ogni caso, non fu che fino al giorno seguente, lunedì 14 settembre, che il Consiglio del Banco de España (molto ridotto dopo l'inizio della guerra) fu informato della decisione di espropriare l'oro e trasferirlo.[44] Dato che il trasferimento era iniziato ore prima della sessione informativa, il Consiglio della Banca non poté impedire dette misure. Ciò nonostante, i due unici consiglieri rappresentanti gli azionisti del Banco de España che non erano passati dalla parte dei ribelli, José Álvarez Guerra e Lorenzo Martínez Fresneda, presentarono le loro dimissioni.[45] Martínez Fresneda espresse la sua più energica protesta aggiungendo il trasferimento era illegale, dato che l'oro era di esclusiva proprietà del Banco de España, e né lo Stato né il Governo potevano disporre di esso; in più segnalò che l'oro garantiva per legge la convertibilità dei biglietti della Banca, e, per tanto, doveva rimanere nella cassa di sicurezza della Banca:

«Verso la metà di settembre [del 1936], secondo informazione personale e diretta del señor Martínez Fresneda all'Assessore Capo, il giorno 14, si convocò un Consiglio straordinario e segreto per il giorno seguente. In esso il signor Governatore rese edotti del fatto che il governo aveva disposto, davanti all'avanzata delle truppe insurrezionaliste, il sequestro di tutto l'oro del Banco, per trasferirlo a luogo o località dove stesse più sicuro che a Madrid, verso la quale si dirigevano le truppe con intenzione di prenderla, e che in effetti era già cominciato il trasferimento. Allora il signor Martínez Fresneda disse che, essendo simultanea la notizia dell'accordo del Governo con l'esecuzione del sequestro e trasferimento dell'oro, non aveva senso discutere su tale accordo per impedirne la realizzazione, dato che già si stava eseguendo, però se non c'era discussione, e lo fece notare nel modo più solenne con la sua energica protesta, era da considerare un accordo illegale e inefficace in diritto.. Era illegale, perché l'oro era di proprietà esclusiva del Banco, né lo Stato né il Governo potevano disporre di esso. D'altra parte, disse, l'oro è la riserva che prevede la legge e che garantisce la convertibilità del denaro, e così se da qualche parte deve stare, dove se non nella nuova cassa del Banco, e precisamente quando si finisca la nuova, che risponde a tutti i criteri di sicurezza, a prova di incendio, di bombe, ecc. e tutto questo dimostra quanto è sfortunato questo accordo. Concluse reiterando la sua protesta e ad essa si sommò con lo stesso vigore sumó il signor Álvarez Guerra (Assessore Capo). Aggiunse che, corollario della protesta e logica conseguenza erano le sue dimissioni che annunciava al Consiglio[46]

Appropriazione dell'oro e trasferimento a Cartagena[modifica | modifica wikitesto]

Vista della stazione di Atocha di Madrid, ancora conosciuta come del Mezzogiorno nell'epoca della guerra civile

Meno di 24 ore dopo la firma del decreto, all'alba del 14 settembre 1936 entrarono nel Banco forze dei carabinieri e milizie, inviati dal ministero delle Finanze d'accordo con i comitati dell'UGT e della CNT. Diresse l'operazione di appropriamento l'allora Direttore Generale del Tesoro e futuro ministro delle Finanze nel governo di Negrín, Francisco Méndez Aspe. Lo accompagnavano il capitano Julio López Masegosa, 50 o 60 metalmeccanici e ferramenta e un gruppo di impiegati di banca appartenenti al Sindacato di Madrid, il cui presidente era Amaro del Rosal, futuro direttore della Caja General de Reparaciones.[47] Il cassiere principale, al vedere che la riserva d'oro stava per essere evacuata, si suicidò nel suo ufficio.[48]

Ottenute le chiavi, vennero aperte le cassette e le camere di sicurezza dove venivano custodite le riserve, e per diversi giorni gli agenti del Governo continuarono ad estrarre tutto l'oro ivi depositato. Il metallo prezioso venne collocato in casse di legno di 30,5 x 48,2 x 17,7 cm, quelle utilizzate abitualmente per il trasporto di munizioni, e fu trasportato mediante camion alla stazione del mezzogiorno, e da lì a Cartagena, dove fu depositato nelle polveriere di La Algameca.[49] Viñas considera la scelta di Cartagena logica, dato che «si trattava di una grande base navale, ben fornita e difesa adeguatamente, un poco distante dal teatro delle operazioni e dalla quale c'era possibilità, nel caso, di trasportare per via marittima le riserve ad un nuovo luogo..»[50]

Il trasferimento su strada ferrata fino a Cartagena fu protetto dalla "Brigada Motorizada" del PSOE come spiega la testimonianza di alcuni presenti.[51] A pochi giorni dall'estrazione dell'oro dal Banco de España, gli stessi funzionari, utilizzando identici procedimenti utilizzati con l'oro, raccolsero l'argento, per una quantità totale di 656.708.702,59 pesetas,[52] che fu venduta agli U.S.A. e alla Francia tra il giugno del 1938 e il luglio dell'anno seguente per una cifra di poco superiore ai 20 milioni di dollari (una parte fu imbarcata dalle autorità francesi).[53]

Con le riserve d'oro in un luogo sicuro, a centinaia di chilometri dal fronte, sembrava che si fosse compiuto il mandato del Decreto Reservado del 13 settembre. I nacionales, accortosi del trasferimento dell'oro, qualificarono il fatto come un furto e protestarono a livello internazionale.[54] Viñas indica che la destinazione finale non era ancora decisa. «Di fatto, immediatamente dopo del suo arrivo a Cartagena quello che si decise fu, precisamente, di aumentare il volume delle spedizioni verso la Francia.»[55] Tuttavia, il 15 ottobre Negrín e Largo Caballero decisero di trasferire l'oro da Cartagena alla Russia.

Il 20 ottobre, il direttore del NKVD in Spagna, Alexander Orlov, ricevette un telegramma cifrato da Stalin,[56] che gli ordinava di organizzare la spedizione dell'oro in Russia e concertò i preparativi con Negrín. Orlov gli disse che avrebbe portato a termine l'operazione con i carri armati sovietici che erano arrivati in Spagna. Posteriormente, nella sua relazione al Senato degli Stati Uniti dichiarò quanto segue:

«Desidero sottolineare che, a quel tempo, il governo spagnolo (...) non controllava completamente la situazione. Dissi francamente al ministro delle Finanze Negrín che se qualcuno si accorgeva di questo, se gli anarchici intercettavano i miei uomini, russi, con i camion carichi di oro spagnolo, li avrebbero uccisi e sarebbe stato un tremendo scandalo politico in tutto il mondo, che avrebbe anche potuto provocare una rivoluzione interna. Per questo (...) gli chiesi se il governo spagnolo avrebbe potuto fornirmi credenziali sotto qualche nome fittizio (...) come rappresentante della Banca d'Inghilterra o dell'American Bank, perché allora (...) avrei potuto dire che l'oro si stava trasportando in America per ragioni di sicurezza. (...) Negrín non pose nessuna obiezione. Pensò che fosse una buona idea. Io parlavo un inglese relativamente buono e potevo passare per straniero. Pertanto, mi diede le credenziali di un uomo chiamato Blackstone e mi convertii nel rappresentante della Bank of America.»

Il giorno 22 ottobre 1936 si presentò a Cartagena Francisco Méndez Aspe, capo del Tesoro e uomo di fiducia di Negrín, che ordinò l'estrazione notturna della maggior parte delle casse d'oro, con un peso approssimato di settantacinque chili l'una, le quali furono trasportate in camion e caricate sulle navi "Kine", "Kursk", "Neva" y "Volgoles". Secondo Orlov:

«Una brigata di carri sovietici era sbarcata a Cartagena due settimane prima e adesso stazionava ad Archena, a 40 miglia. La comandava il colonnello S. Krovoshein, che gli spagnoli conoscevano come Melé. Krovoshein mi assegnò venti camion militari e altrettanti dei suoi migliori carristi (...) I sessanta marinai spagnoli erano stati mandati alla polveriera con un'ora o due di anticipo (...) E così, il 22 ottobre, al tramonto, mi diressi, seguito da una carovana di camion, al deposito delle munizioni (...) La salute di Ménez Aspe era qualcosa di molto serio. Era un uomo molto nervoso. Ci disse che dovevamo interrompere il carico o saremmo morti [a causa di un bombardamento tedesco]. Gli risposti che non potevamo farlo, perché i tedeschi avrebbero continuato a bombardare il porto e la barca sarebbe affondata, cosicché dovevamo andare avanti. Allora fuggì e lasciò solo un aiutante, uno spagnolo molto gradevole che si incaricò di contare le casse d'oro.»

L'oro tardò tre notti ad essere imbarcato, e il 25 ottobre le quattro barche presero la via del mare verso Odessa, porto sovietico del Mar Nero. Accompagnavano questa spedizione, come persone di fiducia, quattro claveros del Banco de España (un clavero era un custode delle chiavi delle casseforti della banca): Arturo Candela, Abelardo Padín, José González e José María Velasco. C'è da indicare, allo stesso modo, que Orlov aveva passato in rassegna 7.900 casse e Méndez Aspe 7.800; la ricevuta finale fu di 7.800,[59] e non si sa se fu un errore o se sparirono 100 casse d'oro.[60]

Il viaggio e l'arrivo a Mosca[modifica | modifica wikitesto]

Moneta d'oro statunitense da cinque dollari: Mezza Aquila del 1914. Le riserve d'oro del Banco de España si trovavano fondamentalmente in forma di monete, tra le quali quelle statunitensi erano molto abbondanti.

Il convoglio si pose in marcia verso l'URSS, e la notte del 2 novembre Stalin si trovò quello che era dentro le tre barche cariche d'oro -il "Kursk" avrebbe ritardato qualche giorno-, concretamente con 5.779 casse di metallo prezioso. Uno dei collaboratori del generale del GPU Walter Krivitsky descriveva così la straordinaria scena nel porto sovietico:

«Tutta la zona prossima al molo fu ispezionata e circondata da cordoni di truppe speciali. Attraverso quello spazio vuoto tra il molo e i binari del treno, i più alti capi dell'OGPU trasportavano le casse d'oro sulla schiena. Durante vari giorni trasportarono l'oro, caricandolo sui camion e portandolo a Mosca in convogli armati. Tentò di darmi un'idea della quantità d'oro che avevano scaricato in Odessa mentre camminavamo per la Piazza Rossa. Indicò la zona circostante e disse: «Se tutte le casse d'oro che impilammo sui moli di Odessa si collocassero qui una a fianco all'altra, coprirebbero completamente la piazza.[61]»

L'oro, custodito dal 173º reggimento del NKVD, venne trasferito immediatamente al Deposito dello Stato di Metalli Preziosi del Commissariato del Popolo per le Finanze (Gokhran), a Mosca, dove fu ricevuto in qualità di deposito d'accordo con un protocollo, datato 5 novembre, con il quale si nominava una commissione ricevente formata dai rappresentanti del Commissariato delle Finanaze, J.V. Margoulis, direttore del Servizio di Metalli Preziosi, O.I. Kagan, direttore del Servizio delle Divise, il rappresentante del Commissariato degli Affari Esteri e l'ambasciatore spagnolo in Unione Sovietica, Marcelino Pascua. L'oro arrivò alla capitale sovietica un giorno prima del 19º anniversario della rivoluzione d'ottobre. Tra i giorni 6 e 7 ebbe luogo l'arrivo e l'accettazione delle casse che contenevano metalli preziosi d'accordo con "la dichiarazione verbale dell'ambasciatore della Repubblica Spagnola a Mosca... e degli impiegati del Banco de España che accompagnavano il convoglio... (dato che) le casse non sono numerate né provviste di bolla d'accompagnamento che recassero l'indicazione di quantità, peso e contrasto del metallo".[62] Secondo Orlov, Stalin celebrò l'arrivo dell'oro con un banchetto al quale assistettero membri della riunione politica nella quale avrebbe detto: «Gli spagnoli non vedranno il loro oro mai più, come neanche vedono le loro orecchie», espressione che prese da un proverbio russo.[63]

L'oro rimase ben custodito nel Gokhran sotto sorveglianza militare, e tra il 9 e il 10 novembre arrivarono le ultime 2.021 casse, quelle che viaggiavano nel "Kursk", e nella seconda data venne firmato il protocollo di rigore. In seguito si procedette al riconteggio di un campione di 372 casse, che sarebbe servito per redigere l'atto di ricezione preliminare, il quale fu redatto il 20 novembre. Si ricontò poi il totale del deposito, per il quale i quattro claveros spagnoli avevano previsto una durata di un anno, lavorando da soli in due turni giornalieri di sette ore; tuttavia, il conteggio, che cominciò il 5 dicembre, terminò il 24 gennaio 1937, nonostante l'averlo effettuato con la massima precisione. Si aprirono 15.571 sacchi, trovando al loro interno 16 classi distinte di monete d'oro: sterline inglesi (il 70%), pesetas spagnole, luigi e franchi francesi, marchi tedeschi, franchi belga, lire italiane, scudi portoghesi, rubli sovietici, corone austriache, fiorini olandesi, franchi svizzeri, pesos messicani, pesos argentini, pesos cileni e, ovviamente, una straordinaria quantità di dollari statunitensi.[64] Il deposito completo arrivava a 509.287,183 chili di monete e 792,346 chili d'oro in lingotti e barre: un totale di esattamente 510.079.529,30 grammi d'oro bruto, che a un valore medio di 900 millesimi equivaleva a 460.568.245,59 grammi d'oro fino (14.807.363,8 once Troy). Il valore di quest'oro era di 1.592.851.910 pesetas-oro (518 milioni di dollari).[65] A parte quello, il valore numismatico delle monete era molto superiore a quello dell'oro che contenevano, sebbene i sovietici non lo calcolarono né lo tennero in conto in qualche modo.[66] Tuttavia, misero una cura straordinaria nell'enumerare le monete che erano false, difettose, o che contenevano meno oro del dovuto. I sovietici non spiegarono mai cosa fecero con le monete rare e antiche, sebbene è dubitabile che le fondessero. Burnett Bolloten ipotizza che è possibile che si separassero tutte le monete di valore numismatico con l'idea di venderle gradualmente nel mercato internazionale.[67]

Terminata la contabilizzazione, il 5 febbraio 1937 l'ambasciatore spagnolo e i responsabili sovietici. F. Grinko, commissario delle Finanze, y N. N. Krestinsky, suo aiutante per gli affari esteri, firmarono l'atto di ricezione definitiva del deposito dell'oro spagnolo, un documento in francese e in russo.[68] Il paragrafo 2, sezione 4 di questo documento stipulava che il Governo spagnolo rimaneva libero di re-esportare l'oro o disporre di esso, e l'ultimo punto includeva una clausola con la quale i sovietici si liberavano da qualsiasi responsabilità qualora fossero le autorità repubblicane a disporre dell'oro. Questa clausola stabiliva che "nel caso in cui il Governo della Repubblica ordinasse l'esportazione dell'oro ricevuto in deposito dall'URSS, o in caso che disponesse dello stesso in altra maniera, la responsabilità assunta nel presente atto dal Commissariato del Popolo per le Finanze sarà ridotta automaticamente, in tutto o in parte in proporzione alle disposizioni del Governo della Repubblica spagnola". Rimaneva chiaro, così, che si trattava di un deposito che la Repubblica poteva impiegare liberamente, cosicché le autorità sovietiche non si assumevano nessuna responsabilità. Bisogna segnalare che l'URSS assegnava la titolarità del deposito allo Stato spagnolo, e non al Banco de España, il suo legittimo proprietario.[69]

Quando il 15 gennaio 1937 il periodico della CNT Solidaridad Obrera denunciò la "malaugurata idea di inviare le riserve d'oro all'estero", l'agenzia governativa Cosmos pubblicò una nota ufficiosa (20 gennaio), affermando che la riserva si trovava ancora in Spagna.[70] Poco tempo dopo, la querelle tra le organizzazioni anarchiche e del POUM con il governo di socialisti e comunisti si manifestarono nei violenti scontri del maggio 1937,[71] che ebbero fine con la sconfitta degli anarchici.

Presto tutti gli implicati nei fatti uscirono di scena. Fu eseguita la condanna a morte di Stashevsky nel 1937 e quella dell'ambasciatore Rosemberg nel 1938; Orlov, temendo di essere il seguente, fuggì quello stesso anno negli Stati Uniti dopo aver ricevuto un telegramma di Stalin. I Commissari del Popolo della Finanza sovietica, Grinko, Krestinsky, Margoulis e Kagan, furono uccisi il 15 marzo 1938, o sparirono in modi diversi, accusati di appartenere al «blocco trotskista-destrorso» antisovietico. In un'esternazione di sarcasmo, anche Grinko venne accusato di fare «sforzi per por affossare il potere finanziario dell'URSS». I quattro funzionari spagnoli inviati per supervisionare l'operazione furono detenuti da Stalin fino all'ottobre del 1938 e solo allora gli si permise di dirigersi in luoghi diversi all'estero: Stoccolma, Buenos Aires, Washington e Messico, rispettivamente. Per quello che riguarda l'ambasciatore spagnolo, Marcelino Pascua, fu trasferito a Parigi.[72]

Uso del deposito[modifica | modifica wikitesto]

Nell'Archivio Storico del Banco de España si conservano i documenti del cosiddetto "dossier Negrín", tra i quali si trovano i registri contabili e informazioni circa i conti dell'operazione e che furono consegnati da suo figlio, Rómulo Negrín al governo di Franco il 18 dicembre 1956. Questa documentazione ha permesso agli investigatori di ricostruire quello che successe dopo la ricezione delle riserve a Mosca,[73] quando i sovietici fusero le monete, trasformandole in barre dal basso contenuto d'oro (chiedendo un prezzo esorbitante per farlo) e approvvigionando, in cambio, i conti bancari della Finanza della Repubblica all'estero.

Negrín firmò 19 ordini di vendita consecutivi tra il 19 febbraio 1937 e il 28 aprile 1938, dirette ai successivi Commissari del Popolo per le Finanze: G.F. Grinko (fino a maggio del 37), V. Tchoula (fino a settembre del 37) e A. Zverev (fino alla fine della guerra). In esse, il valore dell'oncia di oro troy, al valore del giorno nel mercato di Londra, era convertito in sterline, dollari o franchi francesi secondo il cambio della borsa della City. Secondo Martín Aceña, nel 1937 vennero vendute 415 tonnellate brute (374 d'oro fino), tra gennaio e aprile del 1938 altre 58 (52), e, delle restanti, 35 (31) furono separate dal deposito originale per costituire un secondo deposito che garantiva un credito di 70 milioni di dollari. Così, nell'agosto del 1938 restavano 2 tonnellate. La Repubblica ottenne dalle vendite dell'oro un totale di 469,8 milioni di dollari, 131,6 dei quali rimasero in URSS per saldare diversi acquisti e spese. I sovietici trattennero un 2,1% per commissioni e compensi, e un altro 1,2% per il trasporto, la fusione e la raffinazione: in totale, meno di un 3,3%, circa 14,5 milioni di dollari. Il 72% restante, 338,5 milioni, furono trasferiti alla Banque Commerciale pour L'Europe du Nord, o Eurobank, di Parigi, l'organizzazione finanziaria sovietica in Francia, proprietà della Gosbank, la banca nazionale dell'Unione Sovietica.[74] Da Parigi, gli agenti del Tesoro e diplomatici pagarono l'acquisto di armi e materiali acquistati a Bruxelles, Praga, Varsavia, New York e dal Messico, ed altri luoghi.

Con l'oro spagnolo depositato a Mosca, i sovietici cambiarono il carattere del loro aiuto e reclamarono immediatamente al Governo repubblicano il pagamento delle prime spedizioni, che apparentemente erano arrivate come un regalo per combattere il fascismo internazionale.[75] Stashevski reclamò a Negrín 51 milioni di dollari di debito accumulato e le spese di trasporto dell'oro da Cartagena a Mosca. Nella zona sollevata, nemmeno gli aiuti tedeschi e italiani furono disinteressati e dovettero essere pagati, seppure tedeschi e italiani permisero che Franco soddisfacesse il debito una volta finita la Guerra. Autori come Guillermo Cabanellas,[76] Francisco Olaya Morales[77] o Ángel Viñas[78] criticano l'azione e il comportamento dei sovietici:

«L'Unione Sovietica offre il suo aiuto ai repubblicani, ma esige che il pagamento sia effettivo. Cade così tutto l'idealismo. La Russia ha posato il suo sguardo d'avvoltoio sulle riserve accumulate nelle cantine del Banco de España (...) La Russia realizza un contratto mercantile nel quale una delle parti fissava all'altra condizioni capestro. L'Unione Sovietica inviava, concedendogli un alto prezzo, materiale che, in definitiva, sarebbe servito ai russi per provare la loro efficacia.»

Gli storici che hanno avuto accesso all'archivio e al "dossier Negrín" ritengono che si può affermare che i sovietici non abusarono della loro posizione né truffarono gli spagnoli nelle transazioni finanziarie, ma che non fecero concessioni; nelle parole di María Ángeles Pons: "non ottenne niente gratis la Repubblica dai suoi amici russi", infatti, si trovano registrate ogni tipo di spese e servizi fatturati al governo.[79] Tuttavia, autori come Gerald Howson sostengono l'esistenza di una truffa sovietica nella gestione del deposito a Mosca, con l'idea che Stalin avrebbe gonfiato il prezzo del materiale di guerra venduto manipolando i cambi da rubli a dollari e da dollari a pesetas, caricando i tassi di cambio internazionali fino a un trenta e un quaranta per cento.[80] In ogni caso, Negrín non studiò né custodì i comprovanti dell'acquisto di materiale militare per assicurarsi che fosse il necessario, e non quello che i consiglieri sovietici consideravano opportuno, per assicurarne la corretta distribuzione nel fronte e per sincerarsi della sua qualità e prezzo.

Si parla anche del potere diffuso che esercitarono allora i comunisti, approfittando della pressione che poteva esercitare l'Unione Sovietica con il controllo dell'oro. Secondo José Giral, nonostante gli fossero stati pagati tutti gli acquisti di armi, l'Unione Sovietica non inviava nessun materiale se il governo della Repubblica "non accedeva prima che fossero consegnati ai comunisti importanti posti militari e di polizia".[81]

Ángel Viñas arrivò alla conclusione che il deposito aurifero terminò meno di un anno prima del termine della Guerra Civile, speso interamente in pagamenti di armi (includendo i costi dell'operazione). Autori quali Martín Aceña od Olaya Morales criticano i modelli ipotetici di Viñas, che secondo loro sono carenti di prove che li validino al cento per cento, risultando per il momento impossibile affermare se fu così.[82] Se, effettivamente, il deposito fu integralmente venduto ai sovietici, resta comunque senza risposta la questione della spesa di tutte le divise generate dalla vendita dell'oro e trasferite alla Banque Commerciale de l'Europe du Nord di Parigi, dato che non si è trovato nessun documento, sovietico o spagnolo, che si riferisca a tali operazioni. Secondo Martín Aceña "le indagini sull'oro non sono ancora chiuse del tutto".[83]

Le altre spedizioni[modifica | modifica wikitesto]

Oltre alle riserve aurifere del Banco de España, durante la Guerra Civile Spagnola affluì a Mosca una quantità indeterminata di metalli preziosi di origine sconosciuta e proveniente probabilmente dalle confische della Caja General de Reparaciones, in una serie di spedizioni posteriori.

È documentato il caso del mercantile spagnolo Andutz Mendi, di 3.800 t di dislocamento, che attraccò a Istanbul il 14 febbraio 1937 con un carico di casse d'oro. La sua destinazione era Odessa, la stessa del vapore Latymer, che nel novembre del 1938 dichiarò alle autorità greche un carico di "piombo argentifero". Allo stesso modo, si sa che il comunista austriaco Sigmund Rot effettuò vari trasporti di monete d'oro tra la Spagna e Praga, con destinazione Mosca; secondo quella che sarebbe stata dirigente della resistenza francese Dominique Desanti, la nave Cap Pinede sbarcò a Port-Vendres un carico di oro e gioielli che fu aggregato in segreto a un convoglio ferroviario di armi difettose che veniva restituito all'URSS;[84] il comunista Domingo Hungría portò via dal tesoro accumulato nel Castillo de Figueras due camion carichi d'oro e gioielli, il comunista Villasantes, un camion carico di valigie piene di gioielli, e un comandante del Battaglione Speciale di Líster, altri quattro. Non si conosce cosa accadde con questi carichi e il valore che potesse generare la loro vendita all'URSS.[85] Sul finire del 1939, nella Banque Commerciale de l'Europe du Nord vi erano un totale di 1.896 milioni di franchi a nome di colleghi, familiari e agenti del presidente Negrín.[86]

È da chiarire il destino di numerose partite di beni e prodotti: i 2.500 milioni di franchi consegnati al PCF per la creazione di France Navigation, la liquidazione di compagnie e conti bancari, saldi pendenti del governo repubblicano, e debiti di quello sovietico con diverse compagnie spagnole. Così, ad esempio, il governo sovietico addebitava alla Campsa-Gentibus 1,5 milioni di dollari, 800.000 sterline, 4 milioni di franchi, e 41 milioni di pesetas, oltre alle spedizioni non contabilizzate. La CEA e la Mid-Atlantic versarono nelle banche sovietiche di Parigi e Londra un totale approssimato di 75 milioni di franchi, 25,5 milioni di sterline e 36 milioni di dollari dei quali non si seppe più nulla.[87] A questo insieme di flusso finanziario a favore dei sovietici ci sarebbe da aggiungere il valore della confisca da parte sovietica di 9 navi spagnole per un valore approssimato di 8 milioni di dollari.[88]

Conseguenze per la peseta repubblicana[modifica | modifica wikitesto]

Biglietto da 1 peseta emesso dal Consiglio Municipale di Reus nell'estate del 1937.

L'uscita delle riserve d'oro del Banco de España verso Mosca fu uno dei principali fattori della crisi monetaria che soffrì la Spagna repubblicana nel 1937.[89] L'oro e i biglietti furono nella pratica un eccellente mezzo di finanziamento, ma costituirono anche un duro colpo per la moneta coniata e stampata. La credibilità finanziaria del Governo cadeva in contraddizione dinanzi alle affermazioni dei nacionales sull'uscita dell'oro e il pubblico in generale non aveva fiducia. Il decreto del Ministero delle Finanze del 3 ottobre 1936, che esigeva agli spagnoli che consegnassero tutto l'oro in moneta o in solido che possedessero, fece diffondere l'allarme. Nonostante nel gennaio del 1937 il governo smentisse che detto oro fosse stato depositato all'estero, dovette riconoscere che effettuò pagamenti con esso.[90]

Senza una riserva d'oro per avallare dei biglietti in costante svalutazione, si cominciarono ad emettere quantità crescenti di biglietti senza nessuna copertura metallica, incrementando così la carta circolante.[91] Tutto ciò creò un'enorme inflazione e l'accaparramento di metallo prezioso da parte della popolazione; mentre nella «zona nacional» i prezzi sarebbero cresciuti del 40%, nella «zona republicana» arrivarono a crescere fino a 15 volte. Le monete metalliche sparirono e furono sostituite da circoli di cartone o carta. Quasi nessuno desiderava vendere in cambio di biglietti deprezzati, con i quali poco poteva comprare, e ancora di più quando si sapeva che, alla vittoria di Franco, quei biglietti avrebbero perso il loro valore, dato che la totalità di essi faceva parte di nuove serie messe in circolazione dopo il luglio 1936. Dinanzi alla corsa all'accaparramento, lo Stato non seppe - o non poté - reagire e furono i comuni ed altre istituzioni locali che coprirono il vuoto stampando i loro propri buoni provvisori, rifiutati perfino nei comuni vicini.[92] Dalla banca sollevata si sosteneva che tale inflazione era stata causata artificialmente e premeditatamente.[93] In questo modo si otteneva lo scopo di gettare la colpa dei mali al libero mercato e proporre come salvezza la nazionalizzazione di tutti i prezzi, i cambi, e la economia in generale, qualcosa che entrava negli obiettivi dell'autoproclamata Hacienda Revolucionaria della Repubblica. Logicamente, al vedere minacciati i loro interessi e le loro proprietà, il mondo finanziario, tanto spagnolo come internazionale,[94] si posizionò in modo inequivocabile a favore dei nacionales.[95]

L'oro di Mosca nella Guerra Fredda[modifica | modifica wikitesto]

Divisione in esilio[modifica | modifica wikitesto]

Negli ultimi mesi della Guerra civile si produsse nella zona repubblicana un'amara divisione tra le due fazioni: coloro che intendevano resistere a oltranza e allacciare la Guerra civile con la imminente seconda guerra mondiale e coloro che invece pretendevano mettere fine alla guerra tramite un accordo con i "nacionales" che credevano avrebbe evitato mali peggiori. Negrín contava con l'appoggio del solo PCE, mentre il resto dei partiti, inclusa la quasi totalità del PSOE e la fazione prietista di questo, che aveva appoggiato inizialmente Negrín, si opponevano al preseidente del Consiglio dei ministri. Indalecio Prieto aveva rotto pubblicamente con Negrín nell'agosto del 1937, dopo la sua uscita dal Governo, nel quale era ministro della Difesa; nella riunione del comitato centrale del partito accusò violentemente Negrín di avere ceduto dinanzi alla pressione comunista per espellerlo dal governo, accusa che mantenne fino alla fine dei suoi giorni.[96] Già dall'autunno del 1938, l'antagonismo tra socialisti e comunisti aveva provocato anche scontri violenti.

Questa divisione culminò con il colpo di Stato del colonnello Casado, nel marzo 1939, attivamente appoggiato dal PSOE. Il nuovo Consejo Nacional de Defensa espulse i comunisti e i negrinisti dall'apparato statale repubblicano, provocò la fuga di Negrín dalla Spagna e precipitò la fine della Guerra civile dopo aver provato a negoziare la pace con Franco, che solo accettò la resa incondizionata.[97] Accusato di essere una marionetta dei comunisti e di avere condotto la Repubblica al disastro, il problema dell'"Oro de Moscú" fu uno degli argomenti più utilizzati contro Negrín nelle polemiche che seguirono.

Dopo la fine della Guerra, il PSOE iniziò una lenta ricostruzione nella Repubblica spagnola in esilio. Il partito si mosse attorno alla direzione ideologica di Prieto dal suo rifugio nel Messico priista, dove erano esclusi i negrinisti del partito, e l'organizzazione di Tolosa, specialmente dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il PSOE in esilio mise insieme i dirigenti delle tre tendenze nelle quali si era diviso il socialismo durante la contesa, capeggiata da Besteiro, Prieto e Largo Caballero, che riuscirono a superare i loro scontri, con un chiaro orientamento anticomunista e antinegrinista.[98]

Tra gli esiliati, in particolare tra i dissidenti del PCE,[99] si veniva affermando dalla fine della guerra che l'oro, o almeno una parte di esso, non fu convertito in divise per acquistare armi per la Repubblica, criticando l'opacità della gestione di Negrín, che riottenne la documentazione e si negò a rendere conto al governo in esilio.[100] Spiccarono le critiche di uno dei principali implicati, Francisco Largo Caballero, che, secondo Ángel Viñas, costituiscono «uno dei miti che hanno oscurato la figura di Negrín».

Nel gennaio del 1955, nel momento critico del maccartismo, il settimanale statunitense Time informò delle accuse di Indalecio Prieto e di una parte dell'esilio spagnolo in Messico verso Juan Negrín per la sua "complicità" con i sovietici nel "problema dell'oro". Questa circostanza fu sfruttata a suo favore dal governo franchista, tramite le ambasciate negli Stati Uniti, Francia e nel Regno Unito, per rilanciare lo scontro diplomatico con l'URSS e accusarla espressamente di utilizzare l'oro spagnolo sul mercato europeo, sebbene lo stesso settimanale metteva in dubbio la capacità di sostenere tali accuse.[101] Il governo franchista era stato informato nel 1938 che le riserve erano terminate e convertite in divise,[102] ma persisteva nel reclamare all'URSS il reintegro del deposito d'oro:

«Oro spagnolo sequestrato dai rossi e portato in Russia. In data 8 gennaio 1955 si è diretto al Signor Ministro degli Esteri, con una Nota firmata alle Rappresentanze Diplomatiche in diversi paesi di Europa e Stati Uniti d'America denunciando la spoliazione portata a termine dai rossi e i pagamenti che, secondo informazioni di fonte autorizzata, fanno i russi con le riserve d'oro del Banco de España.»

Il dossier Negrín[modifica | modifica wikitesto]

Sul finire del 1956 Juan Negrín morì a Parigi, e suo figlio Rómulo, seguendo istruzioni del padre, consegnò il cosiddetto «Dossier Negrín» all'assessore giuridico del Ministerio de Exteriores, Antonio Melchor de las Heras, "per facilitare l'esercizio delle azioni che possano competere allo stato spagnolo (...) per ottenere la restituzione del citato oro alla Spagna", come testimone del console aggiunto a Parigi, Enrique Pérez Hernández.[104] Le negoziazioni con il governo franchista erano state iniziate dal Ministro della Giustizia e amico di Negrín Mariano Ansó a richiesta dello stesso Negrín, che riteneva che i documenti fossero di proprietà del governo spagnolo, indipendentemente da chi lo reggesse.[105] In un documento datato 14 dicembre 1956, redatto e firmato da Ansó e ratificato dal figlio di Negrín si esprimeva «la profonda preoccupazione [di Negrín] per gli interessi spagnoli dinanzi a quelli dell'URSS» e il suo timore dinanzi a «la debolezza che riduceva la Spagna al livello di vedersi privata di tutta la documentazione giustificativa dei suoi diritti, in un obbligato equilibrio di conti, proveniente, forse, dalla più vasta e importante operazione portata a termine tra i due paesi.» Dopo aver enumerato altri vari problemi che «pesarono nell'animo del signor Negrín», tra i quali la trattenuta da parte sovietica di «importanti e numerose unità della flotta mercantile spagnola», secondo Ansó, Negrín stimava che ''«in un ulteriore regolamento di conti tra Spagna e URSS, il suo dovere di spagnolo lo obbligava a un appoggio incondizionato dell'interesse della nazione».[106]

Il dossier, una serie incompleta di documenti relazionati con il deposito e gestione dell'oro del Banco de España, fu spedito a Alberto Martín Artajo, ministro degli Affari Esteri, e trasferita al vice governatore del Banco de España, Jesús Rodríguez Salmones, che, senza ispezionare i documenti, ordinò che venissero messi nelle casseforti dell'istituzione. Sebbene il trasferimento venne realizzato con la più stretta riservatezza, dato che Negrín aveva condizionato la stessa perché si mantenesse il più assoluto segreto, presto la notizia fu di dominio pubblico, cosa che provocò appassionati dibattiti. Nel suo discorso istituzionale di Capodanno del 1957, Franco riconobbe la crisi economica che colpiva il paese, assieme alla necessità di emissione di moneta che aveva provocato una crescita dei prezzi, così come i problemi derivati dagli scioperi e dalle proteste sociali, duramente represse. Anche, sorprendentemente, inviò un messaggio all'URSS addolcendo il suo tradizionale discorso antisovietico, coincidendo con la perdita di potere dei circoli falangisti in favore dei tecnocrati. Quello stesso mese venne inviata una commissione a Mosca con il mandato ufficiale di trattare sul reimpatrio di spagnoli, che il Time considerò che doveva anche aprire negoziazioni sul ritorno dell'oro.[107]

L'esilio repubblicano contemplò con stranezza e meraviglia come si consegnava allegramente ai franchisti una documentazione che Negrín aveva negato al governo della Repubblica in esilio per più di 15 anni. L'uomo che aveva comandato la resistenza contro Franco riconosceva ora esplicitamente la sua dittatura come la legittima rappresentante degli interessi della Spagna. Il presidente del governo in esilio, Félix Gordón Ordás, scriveva l'8 gennaio del 1957:

«La decisione testamentaria di don Juan Negrín mi ha stupito. Per tanto che provo ad intravedere il movente di tale decisione non ne trovo nessuno soddisfacente. Ne vedo solo due come probabili: un sentimento patriottico o un desiderio di vendetta. Nel primo caso sarebbe stato un colossale errore di valutazione, dato che consegnare il denaro a Franco e a i suoi complici è come buttare acqua nel mare. Nel secondo caso sarebbe esistito un fondo di rovina che mi pare incompatibile con il concetto ch'io avevo dell'illustre scomparso. Con entrambe le ipotesi, ciò che ha realizzato il dottor Negrín è un tradimento alla causa del popolo spagnolo e della Repubblica (...) Il dottor Negrín proclamò così in maniera tanto esecrabile che considerava legittimo Franco...»

Nell'aprile del 1957 il Time diede la notizia che Radio Mosca,[109] così come la Pravda, avevano reso pubblica la posizione ufficiosa del governo sovietico, la quale, in parole di Salvador de Madariaga, chiudeva il capitolo dell'Oro di Mosca con chiavi d'acciaio. Il Mundo Obrero del 15 maggio dello stesso anno raccoglieva una traduzione dell'articolo, firmato da un tale Observador:

«Alcuni giornali stranieri stanno pubblicando articoli sull'oro spagnolo depositato venti anni fa in Unione Sovietica, senza menzionare mai tutto il consumo di quest'oro che fece il Governo repubblicano spagnolo, cosicché depistano l'opinione pubblica creando l'impressione che ancora rimangano quantità non utilizzate di tale oro. Il peso e la verifica dell'oro al momento del suo trasferimento alle autorità sovietiche, venne fatto congiuntamente da rappresentanti sovietici e spagnoli. Il Governo spagnolo stipulò una clausola con la quale avrebbe avuto la facoltà di pagare prestiti all'estero e per effettuare trasferimenti di divise a mezzo della Banca di Stato Sovietica a carico delle riserve d'oro ivi depositate.

Secondo l'informazione ricevuta, il Governo spagnolo effettuò numerosi pagamenti per i suoi acquisti stranieri e dette istruzioni per il trasferimento di divise, che vennero eseguite dalla Banca dell'Unione Sovietica. Secondo i dati della autorità sovietiche, il Governo spagnolo esaurì l'oro depositato in Unione Sovietica. Tutti gli ordini del Governo repubblicano spagnolo venivano correttamente firmati congiuntamente da Francisco Largo Caballero, primo ministro repubblicano spagnolo, e Negrin, ministro delle Finanze. Più tardi, quando Negrín passò ad essere primo ministro, firmava come tale e come ministro delle Finanze. L'ultima lettera di Negrín, datata 8 aprile 1938, prova che si era esaurito l'oro. La lettera chiede in nome del Consiglio dei Ministri della Repubblica spagnola, che venga liquidato tutto l'oro spagnolo che rimane in Unione Sovietica. Così venne fatto.

C'è da menzionare che, su richiesta del Governo repubblicano spagnolo, il Governo sovietico concesse un credito di 85 milioni di dollari, del quale solo vennero pagati 35. Rimane così in piedi un debito [al Governo sovietico] di 50 milioni di dollari. Negrín lo seppe, dato che firmava tutti gli ordini relativi all'oro e ai crediti. Non venne utilizzata nessuna somma a carico dell'oro depositato per il sostentamento degli emigrati e figli di emigrati spagnoli che trovarono rifugio in Unione Sovietica. Queste spese vennero sopportate dall'Unione Sovietica e dalle loro organizzazioni sociali, in particolare dai sindacati.»

La nota non portava prova alcuna e contraddiceva affermazioni rese da importanti membri del governo repubblicano. Così per esempio, Negrín aveva dichiarato a José Giral nel 1938 che ancora rimanevano a Mosca due terzi dell'oro depositato. Allo stesso modo, non trattandosi di un comunicato ufficiale, il governo sovietico poteva smentire quanto affermato se lo avesse ritenuto opportuno. Indalecio Prieto considerava false le dichiarazioni della Pravda, enumerava spese dei fondi spagnoli a beneficio del Partito Comunista Francese e affermava:

«Siamo in presenza di un colossale abbaglio. Quale che sia la mia opinione circa Juan Negrín, lo dichiaro incapace di compiere il macabro scherzo di disporre che alla sua morte -se così dispose- venisse consegnato a Franco un documento che non rappresentava niente di positivo (...) sebbene tutte queste spese vennero fatte a carico dell'oro depositato in Russia, è impossibile il consumo completo di questo. Ripeto che si tratta di un colossale abbaglio. Al fine di chiedere scusa, la Russia avrà falsificato quanti documenti giustificativi gli siano stati necessari, nella stessa forma in cui falsificò tanto e tanti per dare fondamento a processi mostruosi contro nemici del bolscevismo e contro bolscevichi più o meno deragliati. Negrín, dalla tomba, non potrà negare l'autenticità alle sue firme, tracciate da esperti falsificatori.»

Storiografia e mito[modifica | modifica wikitesto]

Pablo Martín Aceña, Francisco Olaya Morales e Ángel Viñas sono stati i tre investigatori spagnoli che più si sono distinti su questo tema, essendo quest'ultimo il primo ad accedere alla documentazione del Banco de España. A livello internazionale, Gerald Howson e Daniel Kowalsky hanno avuto accesso diretto ai documenti degli archivi dell'Unione Sovietica aperti agli investigatori durante gli anni 90 del XX secolo, e loro indagini si centravano sulle relazioni tra l'Unione Sovietica e la Repubblica, e le spedizioni di materiale militare.[112]

Sebbene la decisione di "utilizzare" le riserve d'oro non aveva suscitato un grande dibattito né interesse tra gli storici,[113] la sua destinazione è ancora motivo di controversie. Autori come Viñas, Ricardo Miralles o Enrique Moradiellos difendono la gestione politica di Negrín, tanto di fronte al ministero delle Finanze, come della presidenza del Consiglio dei ministri (Viñas lo considera "il grande statista repubblicano durante la Guerra Civile") e stimano che la spedizione dell'oro all'URSS aveva uno scopo politico, economico e operativo accettato in pieno dal governo repubblicano. Sarebbe stato, secondo questi, l'unica opzione realizzabile dinanzi alla sollevazione e il non-interventismo delle democrazie occidentali, dando la possibilità alla repubblica di sopravvivere in un contesto internazionale avverso. Per questi autori, senza la vendita delle riserve, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di resistenza militare. Dall'altra parte, Martín Aceña stima che la spedizione dell'oro fu un errore che costò alla Repubblica la capacità di finanziamento: l'URSS era un paese lontano, di burocracia opaca e funzionamento finanziario estraneo alle norme e garanzie internazionali, cosìcche sarebbe stato logico mandare l'oro a paesi democratici quali la Francia o gli Stati Uniti.[114] Per quanto riguarda Olaya Morales, anarchico e esiliato durante il franchismo, in tutte le sue opere qualifica la gestione di Negrín da criminale e nega gli argomenti e teorie di Ángel Viñas, considerando il problema dell'Oro un gigantesco inganno e uno dei fattori decisivi della sconfitta repubblicana.

Autori come Fernando García de Cortázar,[115] Pío Moa[116] o Alberto Reig Tapia[117] hanno definito l'episodio spagnolo dell'oro di Mosca come mitico, sottolineando la strumentalizzazione dell'episodio per giustificare la disastrosa situazione della Spagna del dopoguerra. Ángel Viñas si concentra specialmente nella presunta falsità di un mito che considera "franchista", tanto come Pío Moa e Olaya Morales gli contestano che le maggiori critiche alla gestione di Negrín non arrivarono dal franchismo, ma dagli stessi repubblicani, specialmente vecchi compagni di ideologia come Largo Caballero o Indalecio Prieto.

All'inizio degli anni novanta, dopo la decomposizione del sistema sovietico che segnò l'inizio di un periodo di trasformazione dei partiti comunisti dell'Europa occidentale, il termine oro di Mosca fu ripreso in Francia, come l'or de Moscou, nuovamente in una campagna diffamatoria e accuse verso il finanziamento del PCF, diretto allora da Georges Marchais.[118]

Nel 1994 María Dolors Genovés, direttrice dei programmi speciali di TV3, realizzò un valido documentario dal titolo L'Or de Moscou, per questa catena televisiva autonoma.[119]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Rivista Time, 21/11/1938, Loud Pedal, articolo disponibile al sito time.com Archiviato il 16 settembre 2009 in Internet Archive.
  2. ^ (Moradiellos 1999) e (Howson 2000).
  3. ^ (Moradiellos 1999).
  4. ^ Note 14 e 15 in: (Moradiellos 1999).
  5. ^ "Note de la Sous-Direction d'Europe", 8 agosto 1936. DDF, vol. III, nº 108. citata in (Moradiellos 1999).
  6. ^ Note 22, 23, 24 e 25 in: (Moradiellos 1999).
  7. ^ (Kowalsky 2004: Diplomacy).
  8. ^ Nota 27 in: (Moradiellos 1999).
  9. ^ Statistiche della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, Sixième rapport annuel dell'11/5/1936. Si veda (Viñas 2006:112)
  10. ^ (Viñas 2006:111)
  11. ^ (Viñas 2006: 111).
  12. ^ a b (Viñas 2006: 111)
  13. ^ (Viñas 2006: 112)
  14. ^ Non lo sarebbe diventato in tal senso fino alla promulgazione del Decreto-Ley 18/1962 del 7 giugno 1962, sulla "Nacionalización y Reorganización del Banco de España". ( Copia archiviata, su bde.es. URL consultato il 28 settembre 2008 (archiviato dall'url originale il 31 ottobre 2008).).
  15. ^ Aggiornata il 24 gennaio 1927 e modificata dalla Legge del 26 novembre 1931.
  16. ^ (Moa 2001) e (Moa 2003).
  17. ^ Tra il 18 febbraio 1931 e il 15 aprile seguente.
  18. ^ (Viñas 2006: 113); l'autore cita gli articoli di Juan Ventosa in España Económica y Financiera (23/5/1936) e ABC (29/5/1936),
  19. ^ Secondo Viñas, guidato dalla massima "salus patriae, suprema lex" (Viñas 2006: 114).
  20. ^ Pan Gómez sarebbe fuggito nella zona nacional, per occuparse qualche mese dopo dell'organizzazione del nuovo Banco de España di Burgos.
  21. ^ (Sánchez Asiaín 2002: 281).
  22. ^ (Sanchez Asiaín 2002: 249-50).
  23. ^ C'è da segnalare che, quando le due banche riunirono le rispettive giunte di azionisti, in quella ribelle ci furono 154.163 azionisti e in quella repubblicana 31.389. (Sánchez Asiaín 2002: 250).
  24. ^

    «Accordo.
    –Per iniziativa e accordo del Governo della Repubblica, il Sr. Ministro delle Finanze ha autorizzato il Banco de España in data 21 corrente mese alla vendita dell'oro in monete o barre fino alla quantità di venticinque milioni duecento venti mila pesetas in valore nominale, secondo l'azione interventista nel cambio internazionale, a cui si riferisce la 7ª Base della Ley de Ordenación Bancaria, esercitando per questa autorizzazione la facoltà che al Governo concede al paragrafo 10º della 2ª Base del articolo 1º della citata Legge.
    – E al fine di compiere con tale accordo, causa e motivo del presente Accordo, potendo constatare nelle conclusioni stabilite dal Governo e accettate dal Banco de España, si formalizzano i seguenti punti.
    –1ª. Il Banco de España, in compimento dell'autorizzazione concessa dal Governo della Repubblica, secondo comunicazione del Sr. Ministro delle Finanze, data 21 corrente mese, procede, a partire da questo momento, alla vendita dell'oro in monete o barre fino alla quantità di venticinque milioni duecento venti mila pesetas in valore nominale per agire e intervenire nel cambio internazionale e nella regolarizzazione del mercato monetario congiuntamente con lo Stato.
    –2ª. In conformità con la previsione nella Base 7ª della Ley de Ordenación Bancaria, la partecipazione dello Stato e della Banca si intende a metà, e in virtù della richiesta del Ministro delle Finanze, previo accordo del Consiglio dei Ministri, la Banca anticipa allo Stato, in accordo con quanto stabilito nell'ultimo paragrafo della sezione D. della 3ª Base della citata Legge, i dodici milioni seicento diecimila pesetas in valore nominale in oro, importo dell'apporto che gli corrisponde.
    –3ª. Il Governo della Repubblica si obbliga con referenza al diritto di rimborso delle quantità di oro anticipate dal Banco, nel termine più corto possibile da quando cessi la sua applicazione, giudicando le risorse opportune, sempre con l'obbligo di non destinare tali quantità ad altri fini che non siano quelli che hanno dato origine a questo Convegno.
    –4ª. Si intende parte integrante di questo Convegno quanto previsto nella Base 7ª del articolo 1° della Ley de Ordenación Bancaria.
    –5ª. Le spese per qualunque decisione che occasioni lo spostamento dell'oro, così come la sua vendita e le spese che si producono a causa di queste operazioni, si ripartiranno in parti uguali tra il Tesoro e il Banco.
    –6ª. L'accordo del Consiglio dei Ministri al quale si riferisce l'ordinamento del Minestero delle Finanze, contiene, come lo stesso indica, l'autorizzazione esplicita alla quale si riferisce il paragrafo 10° della Base 2ª dell'articolo 1° della Ley de Ordenación Bancaria.
    –7ª. I dodici milioni seicentodiciemila pesetas che il Banco anticipa allo Stato per questo Convegno sono compresi nell'autorizzazione concessa al Ministro delle Finanze fino alla quantità di venticinque milioni duecentoventitremila pesetas in oro per la Legge del due di giugno del millenovecentotrentasei (Gaceta de Madrid, 11 c.m.)»

  25. ^ (Viñas 1976: 101-5).
  26. ^ (Martín Aceña 2001: 28).
  27. ^ (Martín Aceña 2001: 32-3).
  28. ^ Il tesoro repubblicano ricevette 3.922 milioni di franchi (circa 196 milioni di dollari) per tale accordo (Martín Aceña 2001: 74). Si ha notizia anche di altre molte spedizioni di oro, argento e gioielli introdotti nel paese di contrabbando (Olaya Morales 2004a: 460).
  29. ^ (Olaya 2004a: 311-312)
  30. ^ (Martín Aceña 2001: 153-4).
  31. ^ (Bolloten 1989: 261) e (Viñas 1976: 133-4).
  32. ^ (Rosal 1977: 31-2), (Sardá 1976: 433) e (Olaya Morales 2004a: 286-7).
  33. ^ Olaya Morales indica (2004a: 447) che, "ponendosi legalista", questo potrebbe violare l'articolo 76 della Costituzione, che dava facoltà al Presidente di firmare "i decreti, avallati dal Ministro competente, previo accordo del Governo, potendo il Presidente accordare che i progetti di decreto si sommettano alle Corti, se credesse che si oppongono a qualcuna delle leggi vigenti".
  34. ^ Largo Caballero, in: Fundación Pablo Iglesias, Archivo de Francisco Largo Caballero, XXIII, p. 477.
  35. ^

    «Dato che i ribelli erano alle porte della capitale, sollecitò (Negrín) del Consiglio dei ministri autorizzazione per estrarre l'oro dal Banco de España e portarlo in un luogo sicuro, senza dire dove. [...] Come prima misura lo trasferì ai forti di Cartagena. In seguito, temendo uno sbarco, decise spostarlo fuori dalla Spagna. [...] Non c'era altro luogo che la Russia, paese che ci aiutava con armi e viveri. E alla Russia si consegnò.»

  36. ^

    «Dato che sono sicuro che Largo Caballero, del quale ero allora amico intimo, non si trovava in tale stato di disperazione per lo scoppio della guerra, e mi costa anche molta fatica immaginare Negrín preso da tale abbattimento, non mi rimane altra alternativa che tornare all'ipotesi della coazione sovietica, o dichiarare semplicemente che la consegna dell'oro alla Russia fu un'inspiegabile pazzia sotto ogni aspetto»

  37. ^ (Bolloten 1989: 268-9)
  38. ^ (Olaya Morales 2004a: 289-93).
  39. ^ (Beevor: 232)
  40. ^ (Beevor: 716-717).
  41. ^ (Ansó 1976: 317).
  42. ^ (2001: 95)
  43. ^ * La mano de Stalin sobre España Archiviato il 29 aprile 2007 in Internet Archive., per Walter Krivitsky, tradotto dal «The Saturday Post», Filadelfia, ed. in castigliano della Editorial Claridad, Buenos Aires (1946). Raccolto dalla Fundación Andreu Nin.
  44. ^ Casualmente, il 14 settembre fu lo stesso giorno nel quale i sollevati creavano a Burgos il loro proprio Banco de España, il cui Consiglio, presieduto dall'antico vicegovernatore, Pedro Pan Gómez, si fisso come obiettivo fondamentale impedire con tutti i mezzi che la Repubblica facesse uso delle riserve d'oro della banca.
  45. ^ Fernando Schwarz. La internazionalizzazione della guerra civile spagnola, Barcelona, 1971, p. 210; citado por: (Olaya Morales 2004a: 287).
  46. ^ Estratto della relazione in voce pronunciata dinanzi al Consiglio Generale del Banco de España a Burgos nella sessione del giorno 22 settembre 1937; citato da: (Sánchez Asiaín:1999: 114-115)
  47. ^ (Olaya Morales 2004a: 289), (Rosal 1977: 30) e (Viñas 1976: 127)
  48. ^ (Rosal 1977: 33)
  49. ^ (Rosal 1977: 30).
  50. ^ (Viñas 1976: 139).
  51. ^ (Luengo 1974) e (Rosal 1977: 30-1).
  52. ^ Bilancio del 18 luglio 1936.
  53. ^ (Olaya Morales 2004a: 328) e (Viñas 1984: 174).
  54. ^ El Heraldo de Aragón apriva la prima pagina del giovedì 15 ottobre 1936 con la seguente testata: "In una nota ufficiale, il capo di governo dello Stato, generale Franco, protesta contro il furto senza precedenti che realizza il cosiddetto governo di Madrid al disporre liberamente delle riserve nazionali d'oro."
  55. ^ (Viñas 1976: 137).
  56. ^

    «Assieme all'ambasciatore Rosenberg, organizzi con il capo del governo spagnolo, Caballero, la spedizione delle riserve d'oro spagnole in Unione Sovietica... Questa operazione deve portarsi a termine nel più assoluto segreto. Se gli spagnoli le esigono una ricevuta per il carigo, si neghi. Ripeto, rifiuti di firmare qualunque cosa e dica che la Banca dello Stato preparerà una ricevuta formale a Mosca.»

  57. ^ Congresso degli Stati Uniti, Senado, Scope of Soviet Activity, pagine 3431-32; citato da: (Bolloten 1989: 267-8).
  58. ^ Congresso degli Stati Uniti, Senato, Scope of Soviet Activity, pagine 3431-32; citato da: (Bolloten 1989: 269).
  59. ^ (Olaya Morales, 2004a: 294 e 448)
  60. ^ Indalecio Prieto segnalò che la quantità totale di casse immagazzinate a la Algameca furono 13.000, delle quali ne vennero trasportate solo 7.800. Anche Virgilio Botella (2002), che fece parte del gruppo che aveva in carico il controllo e la vigilanza dell'oro, parla di 13.000 casse. Tuttavia, tutti gli studi sul tema (Sardá [1970], Ruiz Martín [1970], Viñas [1976], Howson [1998] o Martín Aceña [2001]) coincidono nel dire che il numero di casse immagazzinate fu di 10.000.
  61. ^ Walter Krivitsky, In Stalin's Secret Service, págs. 112-13; citato da: (Bolloten 1989: 270).
  62. ^ Testualmente nel protocollo del 7 novembre.
  63. ^ Congreso degli Stati Uniti, Senato, Scope of Soviet Activity, pp. 3431, 3433-34; citato in: (Bolloten 1989: 280-1)
  64. ^ (Martín Aceña 2001: 26).
  65. ^ Questa cifra è quella che si dà nell'ultimo Bilancio del Banco de España come oro in custodia del Ministero delle Finanze.
  66. ^ (Viñas 1976: 210).
  67. ^ (Bolloten 1989: 270-1).
  68. ^ (Olaya Morales 2004a: 294), (Viñas 1976:210)
  69. ^ Originale dell'Atto nell'Archivo Storico del Banco de España.
  70. ^ (Olaya Morales 2004a: 296)
  71. ^ Juan Eslava Galán, La gabbia di grilli repubblicana, capitolo di Una historia de la guerra civil que no va a gustar a nadie, ISBN 84-08-06511-4
  72. ^ (Bolloten 1989: 273), (Martínez Amutio 1974: 58) e (Prieto 1997: 130).
  73. ^ (Pons 2006: 368)
  74. ^ ).(Martín Aceña 2001: 120-1), (Pons 2006: 368), (Sardá 1970: 435).
  75. ^ Secondo Luis Araquistáin:

    «Io fui il primo che nel 1937 commise l'indiscrezione di dire pubblicamente in una conferenza a Barcellona, che il materiale inviato dalla Russia si pagava splendidamente con l'oro spagnolo depositato in quel paese. Alcuni comunisti chiesero allora che venissi processato per questo motivo, che per loro era un delitto di alto tradimento o qualcosa di simile»

  76. ^ a b (Cabanellas 1978: 765)
  77. ^ (Olaya Morales 2004a: 298-309).
  78. ^ (Viñas 1976: 180).
  79. ^ (Pons 2006: 369).
  80. ^ (Howson 2000), descritto nel capitolo «Oro y armas» da La Spagna repubblicana e l'Unione Sovietica: politica e intervento straniero nella Guerra Civile spagnola, 1936-39 Archiviato il 28 settembre 2007 in Internet Archive., relazione di Ann Talbot nel Congresso Internazionale sulla Guerra Civile Spagnola, organizzato dalla Sociedad Española de Conmemoraciones Culturales.
  81. ^ (Olaya Morales 2004a: 308); Claudio Sánchez Albornoz, De mi anecdotario político, Buenos Aires, 1972, p. 150.
  82. ^ (Martín Aceña 2001: 77) e (Olaya Morales 2004a: 300)
  83. ^ (Martín Aceña 2001: 150).
  84. ^ Gauchier, Roland: Histoire secréte du P.C. Français. París, 1974. p. 274; citato da: (Olaya 2004a:302).
  85. ^ (Olaya Morales 2004a: 301-2) e (Gordón Ordás 1967: II, 30).
  86. ^ (Olaya 2004b: 272).
  87. ^ (Olaya 2004a: 303-6 e 2004b: 272-3).
  88. ^ (Olaya 2004a: 307).
  89. ^ (Santacreu Soler 1986: 22-3 e 48).
  90. ^ (Santacreu Soler 1986: 47-9).
  91. ^ Il 30 aprile 1938 si fissò la cifra di nuovi biglietti in circolazione nell'area repubblicana in 12.754 milioni di pesetas, un incremento del 265,8% rispetto ai 3.486 del 17 luglio 1936. Per tutto ciò relazionato con la confusione della moneta repubblicana, si veda Martorell Linares (2001).
  92. ^ (Santacreu Soler 1986: 50-2 e 67-9).
  93. ^

    «Il nuovo Stato Spagnolo deve affrontare apertamente il problema che nell'economia nazionale ha prodotto il fatto insolito e scandaloso del saccheggio dell'oro e dei biglietti del Banco de España. Senza turbamenti a reiterare le proteste a livello internazionale, e fare in modo di canalizzare gli sforzi per conseguire il recupero di quel metallo, si stima che sia arrivato il momento perentorio di adottare misure energiche, con forza coattiva, per impedire che coloro che trattarono di disarticolare la circolazione fiduciaria possano consumare e aggravare i loro funesti propositi, arricchendosi con gli stessi titoli di credito che depredarono»

    «L'esperienza vissuta nelle zone liberate dal dominio marxista ha confermato in continuazione, e in modo progressivo, quante informazioni si avevano sul grado dell'inflazione rossa.»

    Secondo la Causa General:

    «Questa condotta del Fronte Popolare al governo, carente di scrupoli morali e patriottici e di senso di responsabilità, sembra concepita sotto un doppio progetto: deliberato proposito di affondare nella rovina la Spagna, di modo che il Governo chiamato a reggere il paese dopo la vittoria si trovasse davanti a difficoltà insuperabili; e una preveggente visione del suo divenire privato da parte dei capi politici, con il fine che il loro esilio fosse esente da penalità, sebbene questa esenzione fosse a costo della miseria e sofferenza di milioni di spagnoli di tutte le fazioni. — Si rifletta, con tali precedenti, qual è stata la grandezza dell'opera realizzata dal Caudillo e dal suo Governo per salvare la Spagna dalla rovina economica, per ricostruirla e collocarla nella prospera situazione presente.»

  94. ^ Basti ricordare l'appoggio di Juan March, Ford e Texas Oil alla fazione ribelle, o le facilitazioni per ottenere credito.
  95. ^ Una relazione presentata alla plenaria del PCE nel marzo del 1937 da José Díaz mostrava apertamente la posizione di quella partita:

    «...c'è da concentrare tutte le energie, tutto il rigore, contro i veri nemici, contro i grandi industriali, contro i grandi commercianti, contro i pirati della banca, che naturalmente, dentro il nostro territorio sono già liquidati in gran parte, sebbene rimangano ancora alcuni che bisogna liquidare con rapidità, perché loro sì che sono nostri veri nemici e non i piccoli industriali e commercianti».»

    Rispetto all'interpretazione che si faceva di queste opinioni, scriveva Francesc Cambó (uomo di grande influenza nel mondo finanziario) a Parigi, il 20 gennaio 1937: ((CA) ) «En els rojos, no es pensa més que en el robatori... y, per a robar, s'assassina. Al començ s'assassinava per rancúnia, per maldat, per bestialitat... Ara, llevat dels assassinats entre ells, els crims dels rojos són comesos en fred, impulsats per l'afany de rapinya... acompanyat del menyspreu a la vida humana». (Cambó 1982: 31).

  96. ^ (Juliá: 274)
  97. ^ (Graham: 277-303).
  98. ^ (Juliá: 295).
  99. ^

    «L'URSS non si è nemmeno preoccupata di riconoscere il Governo repubblicano in esilio. Questo permette, tra le altre cose, di evitare di ascoltare i reclami di restituzion dell'oro depositato dal Governo del Dr. Negrín nelle casseforti della Banca Centrale sovietica. Centinaia e migliaia di milioni di pesetas-oro formano il tesoro sequestrato dal Governo dell'URSS al Governo repubblicano spagnolo in esilio. Questo tesoro permetterà di dare un aiuto vigoroso alla lotta degli antifranchisti per la liberazione della Spagna. Stalin ne nega la restituzione. Stalin sta aiutando Franco nella stessa proporzione con la quale sottrae possibilità di lotta ai democratici spagnoli.»

  100. ^ El destino del oro del Banco de España Archiviato l'8 febbraio 2007 in Internet Archive., di Indalecio Prieto; México D.F., 1953; raccolto dalla Fundación Andreu Nin.
  101. ^ Rivista Time,31/1/1955, Moscow's Gold Standards. Disponibile all'indirizzo: Time.com Archiviato il 30 novembre 2010 in Internet Archive.
  102. ^ In una relazione del Banco de España di Burgos si diceva quanto segue:

    «Finito totalmente l'oro e impossibilitato per ragioni facili da capire per il commercio estero mediante il baratto di merci, le possibilità di importazione della zona rossa si sarebbero viste completamente dissanguate. Sebbene mancò questo studio dei dati necessari per documentare come si deve quest'ultima affermazione, non per questo dubitiamo della fondamentale veracità della stessa.»

  103. ^ Asuntos pendientes de recuperación en reivindicación de bienes; Dirección general de Política Económica, Archivio del Ministerio de Asuntos Exteriores, Madrid, legajo R 9562, expediente 6, citato da: (Olaya Morales 2004a: 283).
  104. ^ (Moa 2001: 506)
  105. ^ (Ansó 1976: 313-30).
  106. ^ (Ansó 1976: 325-9).
  107. ^ Times 14/1/1957, Dreams of Gold, in time.com Archiviato il 17 settembre 2009 in Internet Archive.
  108. ^ (Olaya 2004b: 408:10).
  109. ^ Time, 15/4/1957, All Gone, in time.com Archiviato il 30 settembre 2007 in Internet Archive.
  110. ^ (Madariaga 1979: 529) e (Olaya Morales 2004a: 301).
  111. ^ (Prieto 1967: 146-47)
  112. ^ (ES) La apertura degli archivi sovietici e la guerra civile spagnola Archiviato il 16 febbraio 2003 in Internet Archive., di Stanley Payne.
  113. ^ A eccezione di Pío Moa.
  114. ^ (Martín Aceña 2001:121 y 159)
  115. ^

    «Franco e il suo regime coltivarono un silenzio spesso sull'olocausto nazista e le migliaia di spagnoli che erano andati a finire nei campi di sterminio. (...) Le riserve del Banco de España, che la Repubblica aveva dovuto divorare fino all'ultima oncia per comprare armi e viveri in tutto il mondo e così non cadere sui campi di battaglia, che Negrín aveva trasferito in Russia e convertito in aerei, carri armati, artiglieria e fucili con i quali combattere l'esercito ribelle e i suoi alleati, quelle riserve d'oro del Banco de España si trasformarono in un attimo, agli occhi degli spagnoli del dopoguerra, nel bottino di guerra dei repubblicani, in un mitico racconto di avarizia e delinquenza che avrebbe permesso ai vincitori di mettere a tacere la voce dolorosa dell'esiliato.
    La gente sempre chiede colpevoli, e Franco e i suoi giullari centrarono tutti i mali e le disgrazie del dopoguerra in un nemico concreto, visibile, fucilabile: il massone, il rosso, il politico liberale, il comunista... che aveva insanguinato i campi della penisola, saccheggiato il tesoro della Spagna e si era nascosto dai suoi crimini all'estero.»

  116. ^ (Moa 2003)
  117. ^ (Reig Tapia 2006).
  118. ^ Giornale L'Humanité, 6/3/1992, TF1 PERSISTE SUR L'OR DE MOSCOU, disponibile sul sito humanite.presse.fr
  119. ^ Scheda del documentario L'Or de Moscou Archiviato il 12 aprile 2012 in Internet Archive. (in catalano).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia in spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

  • Ansó, Mariano, Yo fuí ministro de Negrín: memorias, Madrid, Planeta, 1976, ISBN 84-320-5621-9.
  • Beevor, Antony, La guerra civil española, Barcelona, Crítica, 2005, ISBN 84-8432-665-9.
  • Bolloten, Burnett, La Guerra Civil Española: revolución y contrarrevolución, Madrid, Alianza, 1989, ISBN 84-206-8703-0.
  • Botella Pastor, Virgilio, Entre memorias. Las finanzas del Gobierno republicano espannol en el exilio, Sevilla, Renacimiento, 2002, ISBN 84-8472-050-0.
  • Cabanellas, Guillermo, La Guerra y la Victoria, Madrid, Giner, 1978, ISBN 84-7273-099-9.
  • Cambó, Francesc, Meditacions. Dietari (1936-1946), Barcelona, Alpha, 1982, ISBN 84-7225-207-8.
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  • Gordón Ordás, Félix, Mi política fuera de España, México, Talleres Gráficos Victoria; due tomi., 1965.
  • Graham,, El PSOE en la Guerra Civil. Poder, crisis y derrota (1936-1939), Barcelona, Debate, 2005, ISBN 84-8306-609-2.
  • Howson, Gerald, Armas para España. La historia no contada de la guerra civil española, Barcelona, Península, 2000, ISBN 84-8307-304-8.
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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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