Noi donne

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Noi donne
StatoBandiera dell'Italia Italia
Linguaitaliano
Periodicitàmensile
Fondazione1944
EditoreCooperativa Libera Stampa
Record vendite600.000
Evento collegato al recordanni settanta
ISSN0029-0920 (WC · ACNP)
Sito webwww.noidonne.org
 

Noi donne è una rivista mensile italiana fondata nel 1944. È stata organo dell'Unione Donne in Italia fino al 1990[1]. Ha ospitato nel corso della sua storia molte delle principali voci del femminismo italiano.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La rivista nasce a Parigi nel novembre 1937 come foglio clandestino, per iniziativa delle antifasciste in esilio Teresa Noce e Xenia Silberberg che si faceva chiamare Marina Sereni[2][3]. Ebbe anche diffusione clandestina in alcune regioni italiane attraverso fogli ciclostilati o anche scritti a mano. Quando nel 1943 nascono in Italia i Gruppi di difesa della donna la rivista viene da loro distribuita[4].

Nel luglio del 1944 Noi Donne esce dalla clandestinità ed è stampato a Napoli sotto la direzione di Laura Bracco, con l'aiuto di Nadia Spano e la collaborazione di Rosetta Longo. Successivamente la redazione e l’amministrazione vengono trasferite a Roma e a Laura Bracco si affianca questa volta a Vittoria Giunti, insegnante che usciva dalla lotta antifascista clandestina. Dal novembre 1945 diviene l'organo dell'UDI sotto la direzione di Vittoria Giunti,[4].

Secondo Marisa Rodano gli scopi del giornale erano chiari: essere un giornale per tutte le donne, costituire un legame per tutte le energie femminili vogliose di battersi per sconfiggere il fascismo e partecipare direttamente alla costruzione di un’Italia diversa, far conoscere la lotta delle donne nell'Italia occupata, sollecitare nell'Italia liberata lo sviluppo di un movimento di donne.

La tecnica utilizzata dalla rivista consisteva in un foglio politico che, allo stesso momento però, non rinunciava a parlare di temi che “tradizionalmente le donne sono abituate a trovare nei periodici ad esse diretti: narrativa, moda, cucina...”.

Fra le scelte editoriali assunte sin dai primi anni ci fu quella dell'interclassismo: la rivista intendeva combattere per i diritti delle donne mettendo da parte le divisione di classe. Un'altra scelta di fondo fu quella di dare la precedenza all'aspetto economico della questione femminile, e quindi innanzitutto alla lotta per la parità salariale, e poi a quelle per l'abolizione del licenziamento per matrimonio o per l'ammissione alle carriere statali. Prima degli anni settanta Noi Donne era l'unico settimanale che portasse avanti la battaglia per l'emancipazione femminile[5].

Tra le collaboratrici e i collaboratori di Noi donne si possono citare Ada Gobetti, Camilla Ravera, Nadia Gallico Spano, Anna Maria Ortese, Marguerite Duras, Giovanna Pajetta, Umberto Eco, Gianni Rodari, Maria Antonietta Macciocchi, Ellekappa, Franca Fossati, Pat Carra, Roberta Tatafiore, Cristina Gentile, Ida Magli, Mariella Gramaglia, Bia Sarasini, Silvia Neonato, Anna Maria Crispino, Nadia Tarantini, Patrizia Carrano, Maria Rosa Cutrufelli, Valentina Savioli, Adriano Sofri, Rosi Braidotti.

Inizialmente mensile, negli anni successivi la periodicità diventerà quindicinale e poi settimanale sotto la lunga direzione di Giuliana Dal Pozzo e di Miriam Mafai.

Nel 1969 cambiò la forma giuridica del periodico, in quanto si trasformò in cooperativa delle redattrici[5]. Nel corso degli anni settanta la rivista ebbe il suo momento di massima distribuzione, arrivando a punte di seicentomila copie a numero grazie alla diffusione militante[6]. Il giornale fu protagonista delle battaglie per la parità di salario, per il divorzio, l'aborto e la tutela della maternità. Durante la direzione di Giuliana Dal Pozzo e di Miriam Mafai la periodicità diventò quindicinale e poi settimanale prima di tornare ad essere mensile nel 1981, mantenendo tale modulazione fino al dicembre 2016 quando, sospese le edizioni in versione cartacea, si potenziano le varie declinazioni diffuse virtualmente: dal sito al settimanale on line fino ai social.

In seguito al IX Congresso dell'UDI nel 1973 cambiò anche l'impostazione della rivista, che fino ad allora era stata ispirata ad una visione marxista e perciò si occupava prevalentemente dei problemi economici delle donne. Negli anni settanta Noi Donne iniziò a trattare anche i temi più tipici della riflessione femminista, come la critica dei ruoli sociali, maschile e femminile. Per contribuire su questi temi divennero collaboratrici del periodico esperte come Carla Ravaioli e Elena Gianini Belotti[5].

La crisi economica portò prima a un tentativo di restyling nel 1998[7], poi a una drastica riduzione della tiratura, infine alla dolorosa scelta di uscire dalle edicole e di ridimensionare la produzione, cosa che portò moltissimi a credere erroneamente che nel gennaio 2000 la rivista avesse chiuso[8].

Noi Donne nel terzo millennio[modifica | modifica wikitesto]

Il giornale arriva alle soglie del 2000 nel pieno di una pesante crisi finanziaria che viene superata, grazie ad una profonda riorganizzazione, e grazie ad un riassestamento interno e ad un riposizionamento nel mercato editoriale. Tale fase è stata espressione della generosità e professionalità che tante amiche hanno messo a disposizione di una rinnovata rete di contatti e contaminazioni avviata sotto la direzione di Tiziana Bartolini.

Attualmente è reperibile per abbonamento o presso le librerie Feltrinelli[9].

Il sito e il settimanale on line, sono la conferma dell’impegno al servizio di un progetto editoriale di genere che ha mostrato di saper essere dinamico, aperto alle innovazioni anche tecnologiche e sensibile alle potenzialità della rete e dei social media.

Direttori[modifica | modifica wikitesto]

In ordine cronologico le giornaliste che hanno diretto ‘Noi Donne’ dal 1944:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ noi donne.org (archiviato dall'url originale il 23 dicembre 2010).
  2. ^ Cristina Carpinelli, Noi Donne": 70 anni di icone al femminile, su academia.edu, 21 aprile 2015.
  3. ^ Michela Turno, L'Udi nelle carte dell'Istituto Gramsci Toscano: un altro tassello (1944-1983), in Alessandra Contini e Anna Scattigno (a cura di), Carte di donne. Per un censimento regionale della scrittura delle donne dal XVI al XX secolo, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2007.
  4. ^ a b Alessandra Contini, p 3.
  5. ^ a b c Laura Lilli, La stampa femminile in Valerio Castronovo e Nicola Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana del neocapitalismo, Bari, Laterza, 1976, pagg. 253-304
  6. ^ "Noi donne": chiude la rivista della sinistra femminile, Corriere della Sera, 5 gennaio 2000.
  7. ^ "Noi donne" cambia, addio bibbia del femminismo, Corriere della Sera, 27 febbraio 1998.
  8. ^ Chiude "Noi donne", 50 anni di informazione al femminile, La Repubblica, 4 gennaio 2000.
  9. ^ ND NOIDONNE. Il Mensile (archiviato dall'url originale il 23 dicembre 2010).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]