Nicola Filotesio

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Nicola Filotesio detto Cola dell'Amatrice (Amatrice, 9 settembre 1480 o 1489Ascoli Piceno, 31 agosto 1547 o 1559) è stato un pittore, architetto e scultore italiano, figlio di Mariano Filotesio.

«Un fare ardito che porta alla grandiosità ed alla solennità classica, per trasnodare qualche volta negli ardimenti di un barocco avanti lettera.»

«[..] maestro raro e del miglior che fosse mai stato in quei paesi [...]»

Vita e opere

Nicola Filotesio fu il vero nome dell’artista meglio conosciuto come Cola dell’Amatrice. La sua nascita è stabilita, con buona approssimazione, a Filetta, piccola frazione del comune di Amatrice, in provincia di Rieti, nell’anno 1489 (o intorno al 1480), e morì, ad Ascoli Piceno, nell’anno 1559 (o 1547).
Spesso è indicato nelle cronache a noi pervenute come una persona freneticamente dedita al lavoro creativo, ma al tempo stesso come figura tormentata e complessa. Cola operò in diverse località dell’Italia Centrale, ma soggiornò e lavorò principalmente nella città marchigiana di Ascoli Piceno. Fu allievo di Dionisio Cappelli, ed il suo genio artistico toccò l’eccellenza nella pittura e nell’architettura, sebbene si dedicò anche alla scultura. Le sue opere pittoriche e le sue tavole erano molto simili a quelle del ‘300 ed i suoi grandi affreschi ricordano le opere raffaelliane. La sua impronta contraddistingue il vigore della nuova edilizia dell’Ascoli Rinascimentale, in particolare nei disegni di alcune finestre.

Isolato dai più grandi centri urbani del tempo e poco valorizzato dalla ristrettezza del suo ambiente, mantenne comunque sempre un forte legame con la sua città natale, tanto da firmare le sue opere come "Cola Amatricius", nome con cui fu conosciuto dai più.

Dai dipinti giovanili si può notare una formazione che trae le radici dalla cultura umbro-romana, a cui si unirono poi elementi specifici di quella abruzzese. I suoi primi lavori furono il polittico per la chiesa di San Bartolomeo alle Piagge vicino Ascoli Piceno(1509), la "Pala dei Campli" (1510), "La pala di Falignano" (1512), "La pala di San Vittore" (1514).

Giunse ad Ascoli Piceno nei primi anni del XVI secolo, con la speranza di affermarsi dopo la scomparsa di Carlo Crivelli, e assunse come aiuto Guidotto, nipote dell'orafo Pietro Vannini.

Si impegnò nel 1516 a dipingere, entro due anni, una tavola per l'altare maggiore della Chiesa di San Francesco (Ascoli Piceno) per 250 ducati d'oro (lo stesso anno a Perugia, Raffaello per una pala venne ricompensato con 200 ducati).

Fermatosi ormai stabilmente ad Ascoli Piceno, acquistò una casa da Giovanni Albanese detto "Re di Coppe", a 140 ducati, ottenendo così la residenza e la cittadinanza ascolana nel 1518; nello stesso periodo sposò Maria, giovane fanciulla rinomata in città per la sua bellezza.

Già con "La pala di San Vittore" si erano cominciati a vedere importanti miglioramenti (caratteristica che lo accompagnò per tutta la sua carriera, un miglioramento continuo scaturito dall'esperienza "sul campo", sia nella pittura che nell'architettura e l'urbanistica), ma è a partire dal 1519 che raggiunse la piena maturità con "La sacra famiglia" e con "L'assunzione e i quattro Santi".

Tra il 1518 e il 1533 Cola si dedicò più attivamente all'architettura; venne a contatto con il Bramante e con il suo allievo Raffaello Sanzio, di cui poté sperimentare l'arte nel territorio ascolano, ricco di testimonianze del periodo romano.

Dopo vari lavori di restauro nella città di Ascoli, nel 1525 realizzò la facciata della chiesa di San Bernardino a L'Aquila, modificando un progetto di Michelangelo Buonarroti della chiesa di San Lorenzo che non fu mai realizzata (ne resta però un modello in legno); il progetto sarebbe stato offerto a Nicola dallo stesso Michelangelo. Cola decise poi di trasferirsi nella stessa città di L'Aquila dal 1527 al 1529 aprendo tra l'altro una bottega.

Nel 1529 venne richiamato ad Amatrice, sua città natale, vittima del sacco degli Spagnoli in conseguenza dei conflitti tra Aragonesi e Angioini: il consigliere di guerra Alessandro Vitelli lo incaricò di ricostruire la città. Nicola poté così cimentarsi anche nell'ingegneria urbanistica, appresa, insieme all'architettura, sul campo piuttosto che dai libri (già nel 1525 aveva ristrutturato l'acquedotto di Ascoli Piceno), vista l'impossibilità di accedere ai rari manoscritti del suo tempo.

Tornato nuovamente ad Ascoli, nel 1532 divenne direttore dei lavori per la facciata del Duomo.

Il natale del 1535 fu un periodo difficile per la città di Ascoli, infatti il Papa inviò un contingente guidato dal commissario pontificio Quieti per catturare Astolfo Guiderocchi, amico di Cola, reo di aver ucciso sotto i suoi occhi Michele Recchi di Castignano. Non riuscendo nel tentativo e vista la resistenza della nobiltà ascolana, Quieti dette fuoco al Palazzo dei Capitani del Popolo, in cui si erano rintanati gli ascolani. Nel rogo (a cui per altro scampò Vincenzo Parisani detto "il Malizia", capo dei rivoltosi), tutto venne bruciato (anche l'archivio comunale), tranne un crocifisso di legno che rimane illeso. Alcuni giorni dopo, il vescovo nominò proprio Cola come uno degli esperti incaricati di verificare l'autenticità del sangue che, secondo alcune voci, sarebbe miracolosamente uscito dal costato del crocifisso.
Gli eventi cittadini colpirono da vicino Cola solo pochi mesi dopo, il 10 marzo 1536, quando il papa Paolo III decise di bandire dalla città tutti i sostenitori di Guiderocchi. Nicola, essendo amico del ricercato, decise di fuggire insieme alla moglie. Poco fuori dalla città, in prossimità del torrente Chiaro, i due si resero conto di essere inseguiti da parecchie guardie, attratti più dalla bellezza della donna che da Nicola; così, per salvare l'onore e il marito, Maria decise di buttarsi da un'altura.

«più per cagione di lei che bellissima giovane era, che per altro, ella si risolvé, non vedendo di poter in altro modo salvare a sé l'onore ed al marito la vita, a precipitarsi da un'altissima balza in fondo [...]»

Nel 1537 si occupò di progetto e realizzazione della diga di Biselli (Norcia). Purtroppo il crollo della diga nel 1540 costrinse Nicola a difendersi da richieste di risarcimento e dalle immancabili critiche.

Partecipò alla costruzione della Rocca Paolina a Perugia a partire dal 1542. Nel 1549, in una delle sue ultime fatiche, gli venne affidata la costruzione del nuovo portale monumentale del Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli.

Morì intorno al 1559 ad Ascoli Piceno senza lasciare né una scuola né un allievo.-

Elenco opere

Ancora oggi, sono considerate di dubbia attribuzione la realizzazione della Loggia dei Mercanti, parte del Palazzo dell'Episcopio e Palazzo Malaspina, nonché la sua partecipazione al restauro della Cartiera Papale.

Bibliografia

  • Giorgio Vasari. Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri. Edizione del 1568 edita a Firenze per i tipi della Giunti, Vol. V p. 213, Aggiunte p. 264;
  • Luigi Lanzi. Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo. Firenze, Sansoni, 1968, p. 262.
  • Giovanni Rosini. Storia della pittura italiana esposta coi monumenti. Pisa, Niccolò Capurro, 1845, pp. 37, 38.
  • Francesco Milizia. Opere complete di Francesco Milizia risguardanti le belle arti. 1, Opuscoli diversi. Bologna, Cardinali e Frulli, 1826, pp. 69, 70;
  • Angelo Signorini. L'archeologo nell' Abruzzo ulteriore secondo ovvero prospetto storico intorno i monumenti antichi e moderni ... della provincia e città di Aquila. Aquila, Tip. Grossi, 1848, p. 189;
  • Giorgio Giorgi. Cronaca Ascolana. Ascoli Piceno, Edizione Libreria Rinascita, 1996, pp. 124, 125, 126;
  • Secondo Balena, Ascoli nel Piceno - storia di Ascoli e degli ascolani, Società Editrice Ricerche s.a.s., Via Faenza 13 Folignano, Ascoli Piceno, stampa Grafiche D'Auria, edizione dicembre 1999, pp. 425, ISBN 88-86610-11-4;

Voci correlate

Collegamenti esterni