Necessitudo

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Il termine latino necessitudo [1] non si riscontra prima dell'età classica quando è frequente nell'epistolografia e nelle opere di oratoria come in quelle di Cicerone.

La parola richiama quella di necessitas con cui tende a confondersi ma, mentre in ambedue i termini è presente il significato di qualcosa di necessario a cui non si può sfuggire, il lemma necessitudo acquista valore proprio nell'uso specifico riguardante i rapporti di parentela destinatari degli officia:

(LA)

«beneficium est quod alienus det (alienus est qui potuit sine reprehensione cessare; officium est filii, uxoris, earum personarum quas necessitudo suscitat et ferre opem iubet.[2]»

(IT)

«Il beneficium è ciò che dà un estraneo (estraneo è chi avrebbe potuto sottrarsi senza biasimo); l'officium è proprio di un figlio, di una moglie, di quelle persone insomma che sono sollecitate e vincolate da un legame d'obbligo (necessitudo) a fornire prestazioni d'assistenza»

La valenza del termine necessitudo viene confermata da Sesto Pompeo Festo:

(LA)

«necessarium ait esse Opillius Aurelius in quo non sit cessandum: aut sine quo vivi non possit; aut sine quo non bene vivatur; aut quod non possit prohiberi quin fiat. - necessarii sunt, ut Gallus Aelius ait, qui aut cognati aut adfines sunt, in quo necessaria officia conferuntur, praeter caeteros.[3]»

(IT)

«Opilio Aurelio definisce come necessario quello a cui non ci si deve sottrarre, o senza il quale non si può vivere, o non si vive bene o a cui non si può impedire d'accadere. - necessarii sono, come dice Gallo Elio, i parenti di sangue o gli affini, ai quali si prestano i necessaria officia»

Il concetto della necessitudo in alcuni casi riguarda non solo coloro che sono legati da vincoli di parentela di consanguineità o affinità ma anche la familiaritas o l'amicitia impongono ineludibili prestazioni d'aiuto e conforto nei confronti di quelli con cui esiste un legame affettivo.[4]

Necessitudo e benevolentia[modifica | modifica wikitesto]

Quando la necessitudo va oltre il suo campo d'applicazione più specifico, quello della parentela, e deborda in quello dell'amicitia, viene talora associata con la benevolentia.

Ma mentre la necessitudo implica doverosi rapporti di aiuto e sostegno reciproco, la benevolentia si caratterizza per la libertà del rapporto affettivo che si traduce nel fare altruisticamente del bene a colui con cui si è legati da amicitia:

(LA)

«Hoc praestat amicitia propinquati, quod ex propinquate benevolentia tolli potest: ex amicitia tolli non potest: sublata enim benevolentia amicitiae nomen tollitur, propinquitatis manet.[5]»

(IT)

«Per questo infatti l'amicizia è superiore alla parentela, alla parentela si può togliere l'affetto (benevolentia), all'amicizia no: se si toglie l'affetto l'amicizia viene meno, mentre la parentela permane»

Se però la benevolentia non implica la doverosità di prestare officia come nei casi di parentela, tuttavia anch'essa, che è espressione di un libero sentimento, come quello dell'amicizia, implica qualcosa che viene sentito come obbligatorio se si vuole fondare o mantenere il rapporto d'amicizia: se il bene nel confronto dell'amico lo si farà liberamente si tratterà di prestazioni di beneficia, se lo si farà per non rompere l'amicizia allora si tratterà di dare officia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ove non indicato diversamente, le informazioni contenute nella voce hanno come fonte: Renata Raccanelli, L'amicitia nelle commedie di Plauto: un'indagine antropologica, Edipuglia srl, 1998 p.26 e sgg.
  2. ^ Seneca, De beneficiis, 3.18.1
  3. ^ Festo, p.58 L
  4. ^ «Amicitiae necessitudines» (Cic. Sest. 39; Lael. 71; Plin. epist. 5.7.5.
  5. ^ Cic. Lael. 19

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renata Raccanelli, L'amicitia nelle commedie di Plauto: un'indagine antropologica, Edipuglia, Bari 1998
  • Mario Pani, Elisabetta Todisco, Società e istituzioni di Roma antica, Carocci editore, Roma 2005