NGC 2539

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NGC 2539
Ammasso aperto
NGC 2539
Scoperta
ScopritoreWilliam Herschel
Data1785
Dati osservativi
(epoca J2000)
CostellazionePoppa
Ascensione retta08h 10m 38s[1]
Declinazione-12° 49′ 09″[1]
Distanza4440[2] a.l.
(1363[2] pc)
Magnitudine apparente (V)6,5[1]
Dimensione apparente (V)21'
Caratteristiche fisiche
TipoAmmasso aperto
ClasseIII 2 m
Età stimata370[2]/650[3] milioni di anni
Altre designazioni
Cr 176; Mel 83; OCl 611;
Lund 431; H VII-11; h 3114; GC 1630[1]
Mappa di localizzazione
NGC 2539
Categoria di ammassi aperti

Coordinate: Carta celeste 08h 10m 38s, -12° 49′ 09″

NGC 2539 è un ammasso aperto appartenente alla costellazione della Poppa.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Mappa per individuare NGC 2539.

Si trova nella parte settentrionale della costellazione, in un'area completamente priva di stelle appariscenti, ed anzi una delle zone più oscure del cielo; la presenza, 7 gradi a SSW, del ben noto gruppo di M46 e M47 contribuisce a rendere questa zona ancora meno conosciuta ed oscura. In realtà, quest'ammasso è ben visibile anche con un piccolo binocolo, nel quale si presenta come una macchia chiara priva di stelle, dominata però a sud-est dalla stella giallognola di magnitudine 4,76, che parzialmente lo oscura. Un telescopio da 100mm è comunque sufficiente per risolverlo completamente in stelle.

La declinazione moderatamente australe di quest'ammasso favorisce gli osservatori dell'emisfero sud, sebbene si presenti circumpolare solo a partire da latitudini molto elevate; dall'emisfero boreale la sua osservazione risulta penalizzata soltanto dalle regioni situate a elevate latitudini settentrionali ed è osservabile da buona parte delle aree popolate della Terra.[4] Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale è quello compreso fra dicembre e aprile.

Storia delle osservazioni[modifica | modifica wikitesto]

NGC 2539 venne individuato per la prima volta da William Herschel nel 1785 attraverso un telescopio riflettore da 18,7 pollici; suo figlio John Herschel lo riosservò in seguito e lo inserì nel suo General Catalogue of Nebulae and Clusters col numero 1630.[5]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

NGC 2539 è un ammasso moderatamente ricco e compatto, anche se è formato da stelle piuttosto deboli; la sua distanza è stimata attorno ai 1363 parsec (circa 4440 anni luce)[2] ed è quindi situato sul Braccio di Orione, in un suo ramo diretto verso l'esterno e a metà strada fra la Nebulosa Gabbiano e il complesso di Sh2-310.

L'ammasso possiede una sessantina di stelle, tutte comprese fra le magnitudini undicesima e tredicesima, racchiuse in un diametro apparente di 15'; se si considerano le stelle fino alla quindicesima grandezza, il numero di componenti triplica, raggiungendo le 160 unità in un diametro di 21', corrispondenti a 24 anni luce. NGC 2539 si trova a 760 anni luce dal piano galattico, così risulta poco oscurato dalla polvere interstellare; la sua età è stimata sui 650 milioni di anni, rendendosi così molto simile ad altri ammassi ben noti, come le Iadi, il Presepe e NGC 6633. La percentuale di carbonio e azoto determinata nelle sue giganti rosse è risultata essere praticamente identica a quella delle giganti delle Iadi; mancano inoltre stelle dalle caratteristiche esotiche, come le blue stragglers.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d SIMBAD Astronomical Database, su Results for NGC 2539. URL consultato il 22 agosto 2013.
  2. ^ a b c d WEBDA page for open cluster NGC 2539, su univie.ac.at. URL consultato il 22 agosto 2013.
  3. ^ a b Claria, J. J.; Lapasset, E., The giant branch of the open cluster NGC 2539, in Astrophysical Journal, Part 1, vol. 302, marzo 1986, pp. 656-661, DOI:10.1086/164026. URL consultato il 21 agosto 2013.
  4. ^ Una declinazione di 13°S equivale ad una distanza angolare dal polo sud celeste di 77°; il che equivale a dire che a sud del 77°S l'oggetto si presenta circumpolare, mentre a nord del 77°N l'oggetto non sorge mai.
  5. ^ Catalogo NGC/IC online - result for NGC 2359, su ngcicproject.org. URL consultato il 21 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2009).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Libri[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Stephen James O'Meara, Deep Sky Companions: Hidden Treasures, Cambridge University Press, 2007, ISBN 0-521-83704-9.

Carte celesti[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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