Mutuno Tutuno

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Un denario coniato da Quinto Tizio che forse rappresenta un anziano e barbuto Mutuno Tutuno

Mutuno Tutuno (in latino Mūtūnus Tūtūnus o Mūtīnus Tītīnus) era una divinità matrimoniale fallica dell'antica religione romana, abbastanza similare a Priapo. Il suo tempio era posto sul colle Velia e durò probabilmente dalla fondazione di Roma sino al I secolo a.C.

Stando alle testimonianze dei padri della Chiesa, si pensa che le spose romane durante i riti matrimoniali cavalcassero il fallo di Mutuno per prepararsi all'amplesso.[1] Arnobio afferma che le matrone romane erano in qualche modo obbligate a salire in groppa (inequitare) all'“orribile fallo” di Tutuno,[2] anche se altre fonti specificano che le spose imparavano, tramite questo rito, a non essere imbarazzate dal sesso.[3] Festo, il grammatico del II secolo d.C., è l'unica fonte latina classica che si riferisca al dio,[4] per questo la descrizione del rito portata avanti dalle fonti cristiane è probabilmente fallata da ostilità o pregiudizio.[5]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Fascinus da Clunia

A differenza di Priapo, rappresentato in forma umana, ma con un'erezione vigorosa ed innaturale, Mutunus sembra essere identificato meramente dal fallo, come il fascinus del misterioso genitore di Servio Tullio. Il nome del dio è collegato a due rare parole latine popolane riferentesi al pene: mūt(t)ō e mūtōnium.[6] “Mutto” era anche usato come cognomen.[7] Lucillio è il primo a segnalare l'esistenza di entrambe le forme: at laeva lacrimas muttoni absterget amica (con la mano sinistra la ragazza asciuga le lacrime di Mutto).[8] Mūtōnium può aver sostituito la prima forma in un secondo momento, dacché la si ritrova fra i graffiti di Pompei.[9] Orazio, in una sua satira, immagina un dialogo dell'animo di un certo Villio con il padrone stesso: Huic si muttonis verbis mala tanta videnti / diceet haec animus: “Quid vis tibi? Numquid ego a te / magno prognatum deposco consule cunnum / velatumque stola, mea cum conferbuit ira?” (A lui, che tanti mali ha subito, se il cuore gli dicesse, con le parole del muttō, così: “Che vai cercando? Sono forse io che ti chiedo una fica discesa da un console illustre e velata di stola quando la mia rabbia ribolle?”)[10] Sia Lucillio che Orazio, quindi, personificano il muttō.[11] Mūtūniātus, usato da Marziale e nel Corpus Priapeorum,[12] descrive un uomo "dotato".[13] Sia la parola Mūtūnus che Tūtūnus sono reduplicative. Tītīnus deriva forse da tītus, un'altra espressione popolare per il pene.[14]

Culto[modifica | modifica wikitesto]

Il tempio di Mutuno Tutuno sul colle Velia non è stato localizzato. Stando a Festo esso fu distrutto per far spazio ad un bagno privato per il pontifex Gneo Domizio Calvino, anche se si trattava di una delle costruzioni più antiche.[15] Il tutto porta a chiedersi perché Calvino ebbe il permesso di eliminare un tempio così venerabile. I padri della Chiesa associavano Mutuno a gruppi di altri Dei, probabilmente sulla base di un lavoro teologico perduto di Marco Terenzio Varrone. Robert Palmer ha concluso che il vetusto culto di Mutuno venne affiancato a quello di Libero, che era identificato spesso con Giove, Bacco e Priapo Lampsaco. Egli congettura, inoltre, che Mutuno, nella forma di Libero, ricevette il sacrificio da parte di Giulio Cesare nel giorno del suo omicidio, dando al tiranno dei presagi negativi che il cospiratore Decimo Bruto cercò di far minimizzare ed ignorare. Cesare aveva precedentemente celebrato la sua vittoria della battaglia di Munda nei Liberalia, tenuti il 17 marzo in onore di Libero, e nelle idi di marzo visitò la casa del ‘'pontifex'’ Calvinus, probabilmente ubicata nelle vicinanze dell'antico tempio di Mutuno-Libero. Secondo Palmer questo diede ad Augusto il diritto di riformare il culto tramite il suo programma di ripristino religioso – che spesso nascondeva delle radicali innovazioni. Il dio fu ellenizzato come Bacchus Lyaeus.[16]

Palmer concorda coi numismatici, i quali ritengono che un denario coniato da Quinto Tizio, magistrato monetario tra il 90 e l'88 a.C. circa, rappresenti, nel dritto della moneta, Mutuno come un uomo anziano e barbuto.[17] Il diadema alato è un riferimento a Priapo Lampsaco ed al fallo alato, un motivo decorativo comune nell'arte romana, che funge anche da apotropaico contro il malocchio. Un'altra moneta prodotta da Tizio rappresenta Bacco con una corona di edera; entrambi i denarii hanno una raffigurazione identica di Pegaso sul rovescio della moneta.[18] Michael Crawford, invece, non ritiene che si abbiano le basi necessarie per affermare che si tratti di Mutuno,[19] ma Palmer mette in evidenza l'iconografia comune di Bacco-Libero-Priapo e l'etimologia associativa del nome della gens Titius. Il titus ("pene") con le ali era un gioco di parole comune all'epoca, dal momento che la parola si riferiva anche ad un tipo di uccello.[20] Marco Terenzio Varrone probabilmente aveva associato la parola Titinus ai Sodales Titii (in una collocazione etimologica che includeva anche Tito Tazio, il re sabino contemporaneo a Romolo), alla Curia Titia o alla tribù dei Tiziensi.[21]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ H. J. Rose, The Roman Questions of Plutarch: A New Translation, Oxford, Clarendon Press, 1974 (1924), p. 84.
  2. ^ Arnobio, Adversus nationes, 4, 7 (vedi anche 4, 11): Tutunus, cuius immanibus pudendis horrentique fascino vestras inequitare matronas et auspicabile ducitis et optatis. Confronta Tertulliano, Ad nationes, 2, 11 e Apologeticus, 25, 3. Per la traduzione di pudendis vedi J.N. Adams, The Latin Sexual Vocabulary, Johns Hopkins University Press, 1982 (1990), pp. 55–56.
  3. ^ Lattanzio, Divinarum Institutionum, I, 20, 36: Tutinus in cuius sinu pudendo nubentes praesident ut illarum pudicitiam prior deus delibasse videatur (Tutinus, sul cui grembo siedono senza vergogna le spose, così che sembra che il dio saggi la loro vergogna prima [dell’atto]). Vedi anche Agostino, (in particolare De civitate Dei, IV, 11 e VI, 9) che "several times refers with distaste to the practices associated with" (più volte si riferisce con disgusto alle pratiche associate agli) Dei priapiaci, R.W. Dyson, The City of God Against the Pagans, Cambridge University Press, 1998 (2002), p. 1221.
  4. ^ Jean-Noël Robert, Eros romano: sexo y moral en la Roma antigua, Editorial Complutense, 1999, p. 58.
  5. ^ Ronald Syme, The Augustan Aristocracy, Oxford University Press, 1989, p. 6, n. 37, sottolinea "the mockery of the Christian writers" (la presa in giro compiuta dagli scrittori cristiani); vedi anche il prefato "disgusto" di Agostino per gli Dei priapiaci. W.H. Parker, Priapea: Poems for a Phallic God, Routledge, 1988, p. 135, osserva che il rituale di Mutunus fu "condemned by early Church fathers" (condannato dai primi padre della Chiesa); Joseph Rykwert, The Idea of a Town: The Anthropology of Urban Form in Rome, Italy, and the Ancient World, MIT Press, 1988, p. 159, mette in evidenza che essi parlavano “scathingly” (causticamente) dei rituali fallici. Il pregiudizio di Tertulliano nel raccogliere divinità da deridere (compreso Mutunus) è ricalcato da Mary Beard, John North et al., Religions of Rome: A Sourcebook, Cambridge University Press, 1998, p. 359, n. 1. Il fascinus — identificato da Arnobio come il fallo di Mutunus — "era usato dagli scrittori cristiani nei loro attacchi ai costumi pagani", riferisce Enrique Montero Cartelle, El latín erótico: aspectos léxicos y literarios, University of Seville, 1991, p. 70. Per una discussione più completa – in particolare per Mutunus - vedi Carlos A. Contreras, “Christian Views of Paganism”, Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.23.1 (1980), 974–1022, p. 1013. Quest’articolo in generale afferma che "Arnobius commits the same mistake as other Fathers of applying Christian conceptions to pagan ideas in order to condemn them" (Arnobio commette gli stessi errori degli altri padre della Chiesa, ossia applicare concetti cristiani alle idee pagane in modo da condannarle, p. 1010). Peter Stewart, Statues in Roman Society: Representation and Response, Oxford University Press, 2003, p. 266, n. 24 afferma che "our knowledge of such things comes from Christian writers who are openly concerned to discredit all aspects of pagan idolatry” (la nostra conoscenza di questi argomenti deriva dalle opere degli scrittori cristiani, i quali si dedicano esplicitamente a discreditare tutti gli aspetti dell’idolatria pagana).
  6. ^ J.N. Adams, ’The Latin Sexual Vocabulary, Johns Hopkins University Press, 1982 (1990), p. 62.
  7. ^ CIL, V 1412 (T(itus) Titius T(iti) f(ilius) / Mutto / fieri iussit), 8473 (]etto / [3 T]itius T(iti) f(ilius) Mutto / pater fieri iussit), come citato da Adams. Quinto Tizio, tra le cui monete ve n’è una che si pensa raffiguri Mutunus, può aver usato il cognomen Mutto: T. R. S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, American Philological Association, 1952, vol. 2, p. 454.
  8. ^ Lucilius, frr. 307 e 959 Marx. Kirk Freundenburg ha commentato che muttō è "clearly the least finicky of all personified penises in Roman satire" (nella satira Romana chiaramente il [termine] meno affettato per descrivere un pene umanizzato): Satires of Rome: Threatening Poses from Lucilius to Juvenal, Cambridge University Press, 2001, p. 205. I romani preferivano la mano sinistra per la masturbazione: vedi Antonio Varone, Erotica pompeiana: Love Inscriptions on the Walls of Pompeii, «L'Erma» di Bretschneider, 2002, p. 95.
  9. ^ CIL IV 1939 (Romai fue{e}re quondam // Vibei // opul{l}entiss[i=U]mi / non ideo tenuerunt in manu sceptrum pro mutunio / itidem quod tu factitas cottidie in manu penem tene(n)s), 1940 (Arescusa prudente[r] / sum(p)sit sibi casta mut{h}unium).
  10. ^ Orazio, Sermones, I, 2, 68 sgg. Traduzione di Mario Labate.
  11. ^ Adams, Latin Sexual Vocabulary cit., p. 63.
  12. ^ Marziale, Epigrammata, III, 73, 1 e XI, 63, 2; Corpus Priapeorum, 52, 10.
  13. ^ Craig Arthur Williams, Roman Homosexuality: Ideologies of Masculinity in Classical Antiquity, Oxford University Press, 1990, p. 92.
  14. ^ Adams, Latin Sexual Vocabulary cit., p. 32.
  15. ^ Festo, sub voce Mutinus Titinus, citato e discusso da Lawrence Richardson, A New Topographical Dictionary of Ancient Rome, Johns Hopkins University Press, 1992, p. 264. Vedi anche Ronald Syme, The Augustan Aristocracy, Oxford University Press, 1989, p. 6.
  16. ^ Robert E. A. Palmer, "Mutinus Titinus: A Study in Etrusco-Roman Religion and Topography" in Roman Religion and Roman Empire: Five Essays, University of Pennsylvania Press, 1974, pp. 187–206.
  17. ^ L'identificazione risale almeno a Ch. Lenormant, "Types des médailles romaines", Revue numismatique (1838), pp. 11–12.
  18. ^ Roman Republican Coinage, p. 344, 341/2.
  19. ^ Michael Crawford, Roman Republican Coinage, Cambridge University Press, 1974 (2001), vol. 1, p. 346.
  20. ^ Scoliaste di Persio, 1, 20; Adams, Latin Sexual Vocabulary cit., p. 32.
  21. ^ Palmer, "Mutinus Titinus" cit., p. 190.

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