Museo dell'automobile di Torino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Museo Nazionale dell'Automobile di Torino
L'entrata del museo, prima del restauro
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàTorino
IndirizzoCorso Unità d'Italia, 40 (Italia '61, Nizza Millefonti; Circoscrizione VIII)
Coordinate45°01′54.66″N 7°40′24.53″E / 45.03185°N 7.67348°E45.03185; 7.67348
Caratteristiche
TipoAuto, automobilismo
Istituzione1957
Apertura3 novembre 1960
Direttorevacante
Visitatori105 876 (2021)
Sito web

Il Museo Nazionale dell'Automobile di Torino (acronimo: MAUTO), attualmente intitolato a Gianni Agnelli[1][2][3] (in precedenza al fondatore Carlo Biscaretti di Ruffia), ha sede a Torino ed è considerato tra i più importanti e antichi musei dell'automobile del mondo.[4] Il museo dell'auto è visibile anche su internet tramite un tour virtuale sul sito Google Maps con la funzione Street View.[5]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dalla fondazione al 1960[modifica | modifica wikitesto]

Nato come Museo Nazionale dell'Automobile, prende origine da una proposta avanzata durante il congresso indetto dall'Automobile Club di Torino nel 1932, per celebrare i "Veterani dell'Automobile", ovvero coloro che avevano conseguito la patente di guida da almeno 25 anni. Latori della proposta furono due pionieri del motorismo italiano, Cesare Goria Gatti e Roberto Biscaretti di Ruffia, entrambi cofondatori dell'Automobile Club e della FIAT.

Nel 1933 Giuseppe Acutis, presidente dell'Associazione dei Costruttori di Autoveicoli, invitò Carlo Biscaretti di Ruffia e Giuseppe di Miceli, allora direttore dell'Automobile Club di Torino, ad organizzare una Mostra retrospettiva nell'ambito del Salone di Milano, per sondare l'interesse degli appassionati in vista di eventuali sviluppi. Carlo Biscaretti era stato fin da giovanissimo a fianco del padre Roberto, dedicando alla passione per i motori tutta la sua attività di artista, tecnico e giornalista. Riuscì così ad ottenere in prestito una trentina di vetture che furono presentate al Salone, sollevando grande interesse nel pubblico.

Un'Aquila Italiana e una Temperino custodite dal museo in un'installazione antecedente al restauro

Il 19 luglio 1933 la Città di Torino deliberò di fondare il museo, nominando un apposito comitato promotore ed ottenendo l'approvazione del Capo del Governo, Benito Mussolini, che personalmente impose la denominazione "Museo Nazionale dell'Automobile". Pochi giorni dopo, il podestà di Torino, Paolo Thaon di Revel, affidò a Carlo Biscaretti l'incarico di "ordinatore provvisorio", che sarebbe durato vent'anni. Il problema principale era trovare una sede adatta. Le acquisizioni vennero concentrate inizialmente in un magazzino di via Andorno, nella ex Fabbrica Aquila Italiana (la collezione avrebbe poi cambiato indirizzo altre quattro volte prima di approdare a quello definitivo di corso Unità d'Italia) finché nel 1938 si giunse al trasferimento del materiale esistente, costituito ormai da un centinaio di vetture e telai, una biblioteca e un archivio, nei locali ricavati sotto le gradinate dello stadio comunale, aperti ufficialmente al pubblico nel maggio 1939. La sistemazione non era però molto funzionale. Gli ambienti erano inadatti, con sbalzi di temperatura che scoraggiavano l'affluenza dei visitatori e danneggiavano i materiali.

Durante la seconda guerra mondiale la collezione rimase pressoché intatta sia durante i bombardamenti sia durante la successiva presenza delle truppe alleate, ma la biblioteca e l'archivio andarono in parte distrutti o dispersi. Dopo il conflitto, si ritornò a parlare di una nuova sistemazione e di una strutturazione definitiva dell'ente. L'Associazione dei Costruttori cominciò ad interessarsi del museo e nel luglio 1955 decise di promuovere la costruzione una nuova sede. Il terreno fu trovato in corso Unità d'Italia, di proprietà del Comune di Torino; i finanziamenti furono assicurati dalle fabbriche di automobili e dalla famiglia Agnelli, alle quali si aggiunsero presto le case di pneumatici, le compagnie petrolifere, le banche cittadine ed altri enti.

Dal 1960 al 2011[modifica | modifica wikitesto]

Interni del museo fotografati da Paolo Monti nel 1961 (Fondo Paolo Monti, BEIC)

Mentre cominciavano i lavori per la costruzione, l'Ente venne rifondato e rinominato "Museo dell'Automobile", con rogito notarile del 22 febbraio 1957, poi riconosciuto con decreto del presidente della Repubblica l'8 ottobre dello stesso anno. Carlo Biscaretti di Ruffia fu nominato presidente del consiglio di amministrazione. Alla sua morte, avvenuta nel settembre 1959, il consiglio deliberò all'unanimità che l'istituzione portasse il suo nome, a ricordo del suo impegno per la costruzione del museo.[6] Il museo fu solennemente aperto al pubblico il 3 novembre 1960 poco prima di Expo 1961.[7] Nel corso della sua storia, il museo si è arricchito di nuove sezioni: il centro di documentazione e la biblioteca. Nel 1975 la biblioteca ed il centro si sono notevolmente arricchiti di libri, documenti originali e fotografie, grazie al lascito Canestrini.

Dal 2011 ad oggi[modifica | modifica wikitesto]

L'unica esistente Fiat Turbina del 1954 nel percorso espositivo rinnovato

Negli ultimi anni sono diventati sempre più evidenti i limiti dell'edificio, soprattutto per la mancanza di spazi espositivi, ormai saturi. Nel 2003 viene approvata la ristrutturazione del museo da parte della Città di Torino[8] e il 10 aprile 2007 il museo viene chiuso al pubblico per avviare un grande processo di ristrutturazione che lo riguarderà per 3 anni fino al 19 marzo 2011. Oltre che ad una ristrutturazione dell'edificio e dei suoi spazi interni, sia espositivi che di servizio, in accordo con la Città di Torino viene sensibilmente rivista anche l'organizzazione dell'ente, che viene rifondato. La nuova struttura si presenta quindi completamente rivista sia nella sua organizzazione amministrativa sia negli spazi interni ed esterni; l'area che circonda l'edificio viene rivalutata e all'edificio stesso viene aggiunto un nuovo corpo dal volume superiore a quello preesistente. Gli spazi interni hanno ricevuto un completo rivolgimento dell'allestimento e del percorso espositivo. La collezione viene integrata da ambientazioni e installazioni interattive e viene divisa in tre parti distinte, una per ogni piano. Il quartiere inoltre viene rivalorizzato dal museo stesso con una serie di attività complementari che fanno vivere il Museo dell'Automobile a tutte le ore del giorno e della sera; diventando un elemento trainante del rinnovo urbano del quadrante sud della città.

Il 19 marzo 2011,[9] durante le celebrazioni del 150º anniversario dell'Unità d'Italia in corso in città, alla presenza del presidente Giorgio Napolitano che dopo aver visitato il museo ha dichiarato: "Arte e industria sono la nostra forza",[10] il museo ha riaperto i battenti al pubblico, presentando il nuovo allestimento.[11] Al momento dell'inaugurazione, oltre al presidente Giuseppe Alberto Zunino la nuova gestione era composta anche dal direttore Rodolfo Gaffino Rossi, e dal Consiglio di Amministrazione composto da un rappresentante di Regione Piemonte, Comune di Torino, Provincia di Torino, Automobile Club d'Italia e da Fiat[12], il progetto di ristrutturazione architettonico è stato finanziato dal Comune di Torino, mentre quello museografico è stato finanziato da Regione Piemonte, Provincia di Torino, Automobile Club d'Italia, Camera di Commercio di Torino, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT[13][14]. Il nuovo presidente è l'architetto Benedetto Camerana, mentre il direttore è sempre Rodolfo Gaffino Rossi.[15] Il museo dopo i primi 30 giorni dalla sua riapertura ha ricevuto 40.000 visitatori,[16] 9.200 solo nel primo fine settimana.[17][18]

Il museo[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio[modifica | modifica wikitesto]

1960[modifica | modifica wikitesto]

L'edificio del museo fotografato da Paolo Monti nel 1961

La sede che sorge sulla sponda sinistra del Po a poca distanza dal Lingotto, dal 1960 ospita il Museo dell'Automobile di Torino ed è tra i pochi edifici costruiti appositamente per ospitarvi la collezione di un museo e rappresenta anche un esempio particolare di architettura moderna. Il progetto è opera dell'architetto Amedeo Albertini,[19] autore, a Torino, anche del palazzo SAI, dello stabilimento Lavazza, e degli uffici RIV; le strutture in cemento armato furono calcolate dall'ingegnere Ivailo Ludogoroff. Furono due i fattori presi in considerazione per l'avvio del progetto: la posizione panoramica verso il fiume Po e la collina, ed il particolare carattere del materiale da esporre che non si adattava ad un ambiente raccolto e delimitato ma che evocava già di per sé il concetto di grandi spazi.

L'edificio, nel suo progetto originale del 1960 è caratterizzato quindi da un'imponente facciata rivestita in pietra, di forma convessa sviluppata in lunghezza, che dà l'illusione di essere sospesa su una vetratura sottostante; in verità la facciata è retta da una grossa trave in ferro dal peso di 60 tonnellate e appoggia su quattro grossi pilastri in acciaio inossidabile e calcestruzzo. Tutto l'edificio era stato edificato sopra una collina artificiale ed era costituito da un volume principale largo quanto la facciata ma che tendeva a ridursi mentre si inoltrava verso l'interno della collina. Da questo edificio due moduli laterali sospesi andavano a collegarsi ad un secondo edificio che aveva circa la stessa volumetria del primo e creavano quindi un giardino d'inverno nel cortile interno del museo. Al secondo blocco quindi si staccava (posteriormente spostato di lato) un terzo volume, dalle caratteristiche molto industriali, lucernari sul tetto e mattone a vista, che slanciava la pianta dell'edificio creando una piccola "coda". Una delle caratteristiche più originali è la soluzione di sostentamento delle maniche di collegamento, tra i fabbricati principali e quelli trasversali, che si presentano con un'originale geometria a "V".[20]

2011[modifica | modifica wikitesto]

La carrozza di Bordino in una suggestiva illustrazione dove i cavalli "spariscono" sostituiti dal motore a vapore.

Nel 2011 la sede del museo viene riaperta dopo una corposa ristrutturazione che ha riguardato quasi tutte le parti dell'edificio originale, mantenendole intatte ma pesantemente rivisitate al loro interno. All'edificio originale viene aggiunto un nuovo edificio, il livello della collina viene abbassato e viene quindi modificata la modalità di accesso all'edificio per chi viene dalla strada. Viene aggiunto dello spazio interrato adibito ad ospitare le vetture della collezione non esposte nel museo vero e proprio e la scuola di restauro.[21] Il cortile interno viene trasformato in una grande sala chiusa da una copertura volta a massimizzare l'illuminazione da parte del sole. Lo stile dell'intervento è riconducibile all'architettura high-tech, sia negli esterni, sia negli interni. Tutti i corpi del nuovo edificio vengono rivestiti, solo da un lato, da un nastro laterale staccato dai corpi stessi. La facciata, sebbene abbia ricevuto degli ammodernamenti, è rimasta invariata, così come la "coda" posteriore. In verità gli edifici preesistenti non hanno subito modifiche architettoniche,[22] anche la caratteristica scala principale interna è rimasta inalterata, anche se nel nuovo progetto l'accettazione si trova al ridosso del grande atrio interno dalla quale partono le scale mobili facendo sì che il percorso della mostra inizi dal secondo piano.

L'operazione di ristrutturazione è costata 33 milioni di euro (23 dei quali finanziati dalla Città di Torino che nel novembre 2011 entra tra i soci),[23][24] 2/3 dei quali sono stati spesi per la ristrutturazione dell'edificio e 1/3 per gli allestimenti interni. La riqualificazione del museo ha portato a quasi il doppio gli spazi utili per le esposizioni: dagli 11.000 metri quadri della struttura precedente agli oltre 19.000 m² di quella attuale.[25] Il bando per la ristrutturazione dell'edificio è stato vinto dall'architetto Cino Zucchi di Milano, la Recchi Engineering di Torino e la Proger di Roma,[24][26][27] su un totale di 38 candidati.[28]

Il progetto di allestimento museale è stato ideato dallo scenografo franco-svizzero François Confino con la collaborazione dello Studio LL.TT Cravetto-Pagella Architetti Associati, l'architetto Carlo Fucini e il Light designer canadese François Roupinian.

La mostra[modifica | modifica wikitesto]

Il percorso espositivo[modifica | modifica wikitesto]

Vetture dei primi del Novecento facenti parte della collezione del museo
Il percorso automatizzato a bordo di convogli su rotaia per vedere le fasi d'assemblaggio della Fiat 500.

L'esposizione del museo è stata rivista in occasione della ristrutturazione e, in veste completamente rinnovata,[29] riapre al pubblico nel 2011. Le automobili sono disposte in più di 30 sale allestite con scenografie e installazioni dove le vetture vengono contestualizzate. Sebbene la collezione permanente del museo comprenda più di 200 vetture,[30] di queste ne vengono esposte circa 160; le altre vengono conservate nel cosiddetto Garage ricavato nel piano interrato del nuovo edificio (insieme alla Scuola di restauro) e visitabile su esplicita richiesta.[31] Oltre alle vetture della collezione permanente il museo ha pure un'esposizione temporanea, dove espone concept car, modellini o concept sulla mobilità. L'esposizione espone automobili prodotte tra il 1769 e il 1996 (esclusi i concept e le vetture in esposizione temporanea). I modelli esposti sono originali e appartenenti a 80 case automobilistiche. Le vetture esposte quindi vengono distribuite sui tre piani dell'edificio partendo dal secondo piano; per ogni piano la mostra è caratterizzata da una tematica:

Uno dei tanti allestimenti del museo: una Fiat 600 Multipla auto da viaggio per moltissime famiglie che ha creato il concetto di monovolume.
  • L'automobile e il Novecento: Questa sezione della mostra parla della storia dell'automobile.
  • L'uomo e l'automobile: Al primo piano della struttura viene trattato il rapporto fra uomo e l'automobile.
  • L'automobile e il design: Nell'ultima sezione del percorso espositivo viene trattato il rapporto che c'è fra l'automobile e il disegno industriale.

Il centro documentazione[modifica | modifica wikitesto]

Il centro di documentazione (al quale è dedicata un'area di 800 m²[32] progettata dallo Studio LL.TT) raccoglie al suo interno documenti relativi all'auto. Anche il centro è diviso in sezioni, che riflettono la suddivisione tematica della biblioteca: storia delle fabbriche, biografie, storia delle corse, storia della tecnica, veicoli industriali, carrozzieri italiani e stranieri, saloni dell'automobile, musei dell'automobile. La biblioteca raccoglie circa 7000 testi. È divisa in sette sezioni (storia della locomozione, storia delle marche, delle corse, della tecnica, biografie, circolazione e traffico, economia e varie). All'interno del centro di documentazione è presente anche un'emeroteca.[33]

Il "Garage" e la "Scuola di restauro"[modifica | modifica wikitesto]

Una Alfa Romeo 8C Competizione esposta al museo

Nel piano interrato, creato insieme al nuovo edificio grazie al restauro del 2011, è presente, in un'area di circa 2000 m²[32], il cosiddetto Garage dove vengono conservate il patrimonio del museo non esposto. Queste auto non fanno parte della collezione permanente del museo per motivi logistici. Le auto di questa sezione vengono inserite a rotazione negli anni. Insieme a questa sala il piano interrato ospita anche la Scuola di restauro dove vengono restaurate le vetture per poi essere esposte.[31]

La collezione[modifica | modifica wikitesto]

La collezione permanente del museo conta circa 200 vetture, più alcuni telai e circa una ventina di motori. Le vetture sono di circa 80 marche diverse (molte di queste scomparse) in rappresentanza di dieci paesi (Italia, Belgio, Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi, Francia, Polonia, Spagna, Russia e Stati Uniti d'America).

Tra le varie auto sono presenti anche vetture da competizione e monoposto di formula uno come la Ferrari F310 di Michael Schumacher del 1996, la monoposto Alfa Romeo 179B o la 155 V6 TI famosa per aver dominato nel DTM sin dal suo primo anno di partecipazione.

Mezzi presenti[modifica | modifica wikitesto]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Alcune delle auto presenti nella collezione del Museo.

Altre strutture e servizi[modifica | modifica wikitesto]

La libreria interna al museo.

L'edificio contiene stanze e servizi prettamente legati al museo e per intrattenere attività complementari.[34] Sono infatti presenti servizi correlati come una libreria, un bar e una sala congressi da 150 posti.[32]

[modifica | modifica wikitesto]

MAUTO è il logo del nuovo Museo dell'AUtomobile di TOrino: è stato realizzato dallo studio In Testa, una società che fa capo al gruppo societario fondato da Armando Testa.[35]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Il museo riceve il premio IN/ARCH-ANCE 2011 come miglior edificio di nuova costruzione.[25] Inoltre, nel 2013, il quotidiano britannico The Times inserisce il MAUTO nella classifica dei 50 migliori musei del mondo.[36]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Lapo Elkann al vertice del museo Giovanni Agnelli, su businesspeople.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2014).
  2. ^ inaugurazione museo [collegamento interrotto], su atnews.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  3. ^ museo dell'auto intitolato a Giovanni Agnelli, su motori.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  4. ^ Amedeo Benedetti - Bruno Benedetti, Gli archivi della Scienza. Musei e Biblioteche della Scienza e della tecnologia in Italia, Genova, Erga, 2003, pp. 48-49.
  5. ^ Museo dell'automobile su Google Maps., su maps.google.it.
  6. ^ omniauto.it articolo sul museo nazionale dell'automobile di Torino, su omniauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  7. ^ storia, su visitatorino.com. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2011).
  8. ^ Delibera del 19 dicembre 2003 della Città di Torino per l'approvazione del nuovo statuto e la ristrutturazione del museo, su comune.torino.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  9. ^ comunicato stampa apertura museo (PDF), su museoauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011. (file .pdf)
  10. ^ La Stampa: Napolitano, visita al Museo dell'Auto: "Arte e industria sono la nostra forza", su www3.lastampa.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 21 maggio 2011).
  11. ^ Un nuovo museo dell'automobile per Torino (I): l'inaugurazione, su virtualcar.it. URL consultato il 28 giugno 2014 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2014).
  12. ^ Museo dell'automobile
  13. ^ Comunicato Stampa "Museo Auto rinnovato" (PDF), su museoauto.it. URL consultato il 27 novembre 2015.
  14. ^ Soci e Consiglieri del Museo, su dnaitalia.it. URL consultato il 27 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 25 novembre 2015).
  15. ^ SOCI, CONSIGLIERI DI AMMINISTRAZIONE E DIRETTORE IN CARICA PER IL TRIENNIO 2012/2014, su museoauto.it. URL consultato il 18 novembre 2015.
  16. ^ 40.000 visitatori in 30 giorni, su torino.repubblica.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2014).
  17. ^ Torino: oltre 140 000 visitatori in un fine settimana grazie ai 150 anni dell'Unità d'Italia [collegamento interrotto], su torino.ogginotizie.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  18. ^ museo preso d'assalto da 9000 visitatori, su www3.lastampa.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 24 marzo 2011).
  19. ^ amedeo albertini architetto dell'edificio del 1960, su spaziotorino.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  20. ^ museo automobile di Torino, edificio del 1960, su a-torino.com. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 6 gennaio 2012).
  21. ^ il garage e la scuola di restauro, su museoauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  22. ^ slide concept di progetto (PDF) [collegamento interrotto], su fondazione.ordinearchitetti.mi.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.(file.pdf)
  23. ^ Approvato dal Consiglio comunale il nuovo statuto [collegamento interrotto], su comune.torino.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  24. ^ a b finanziamenti e vincitori, su www3.lastampa.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 10 gennaio 2010).
  25. ^ a b dettagli ristrutturazione e premio, su hubcomunicazione.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2013).
  26. ^ bando vincitori, su europaconcorsi.com. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2011).
  27. ^ dati di progetto e di concorso, su urbancenter.to.it. URL consultato il 14 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014).
  28. ^ sito del concorso per il restauro del museo, su museoauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  29. ^ Filmato audio Spiegazione video del museo, su YouTube. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  30. ^ Filmato audio Servizio sul museo dell'automobile, su YouTube. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  31. ^ a b Garage "Scuola di restauro", su museoauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  32. ^ a b c metri quadri dei locali, su archiportale.com. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  33. ^ Un nuovo museo dell'automobile per Torino (II): lo Spazio Design e il Centro di Documentazione, su virtualcar.it. URL consultato il 28 giugno 2014 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2014).
  34. ^ attività complementari: dichiarazioni del direttore [collegamento interrotto], su rassegnastampa.comune.torino.it. URL consultato il 14 dicembre 2011.
  35. ^ logo MAUTO (PDF), su museoauto.it. URL consultato il 14 dicembre 2011. (file .pdf)
  36. ^ Museo dell'Automobile e l'Egizio tra i migliori del mondo per il Times

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN147274628 · LCCN (ENn93013429 · J9U (ENHE987007265762605171 · CONOR.SI (SL335203939 · WorldCat Identities (ENlccn-n93013429