Monte d'Accoddi

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Coordinate: 40°47′27.93″N 8°26′56.08″E / 40.791092°N 8.448911°E40.791092; 8.448911
Monte d'Accoddi
Complesso prenuragico di Monte d'Accoddi
Altare preistorico di Monte d'Accoddi
Ziqqurat di Monte d'Accoddi
CiviltàPrenuragica
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Comune Sassari
Altitudine65 m s.l.m.
Dimensioni
Superficie17 285 
Scavi
Data scoperta1947
Date scavi1952
Amministrazione
Sito webmusei.sardegna.beniculturali.it/
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 40°47′26.51″N 8°26′56.14″E / 40.790697°N 8.448927°E40.790697; 8.448927

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Monte d'Accoddi, talvolta scritto Akkoddi, è un importante sito archeologico attribuito alla Cultura di Abealzu-Filigosa dell'Italia preistorica e più precisamente della Sardegna prenuragica. Per la concentrazione di differenti tipologie costruttive, il monumento è a tutt’oggi considerato unico non solo in Europa ma nell'intero bacino del Mediterraneo, tanto singolare da essere definito una ziqqurat.

Monte d'Accoddi è situato nella Nurra e più precisamente nel comune di Sassari, in prossimità del vecchio tracciato della Strada statale 131 Carlo Felice, in direzione di Porto Torres, nel terreno in origine di proprietà della famiglia Segni.

Storia del complesso

Il monumento, unico nel bacino del Mediterraneo, faceva parte di un complesso di epoca prenuragica, sviluppatosi sul pianoro a partire dalla seconda metà del IV millennio a.C. e preceduto da tracce di frequentazione riferibili al neolitico medio.

In una prima fase si insediarono nella zona diversi villaggi di capanne quadrangolari, appartenenti alla cultura di Ozieri, ai quali si riferisce una necropoli con tombe ipogeiche a domus de janas e un probabile santuario con menhir, lastre di pietra per sacrifici e sfere di pietra.

Successivamente, genti sempre appartenenti alla cultura di Ozieri costruirono un'ampia piattaforma sopraelevata, a forma di tronco di piramide (27 m x 27 m, di circa 5,5 m di altezza), alla quale si accedeva mediante una rampa. Sulla piattaforma venne eretto un ampio vano rettangolare rivolto verso sud (12,50 m x 7,20), che è stato identificato con una struttura templare, conosciuta come "Tempio rosso", in quanto la maggior parte delle superfici sono intonacate e dipinte in color ocra; sono presenti anche tracce di giallo e di nero.

All'inizio del III millennio a.C. la struttura probabilmente fu abbandonata (sono state rinvenute anche tracce di incendi). Intorno al 2800 a.C. venne completamente ricoperta da un colossale riempimento, costituito da strati alternati di terra, pietre e di un battuto di marna calcarea locale polverizzata. Il riempimento è contenuto da un rivestimento esterno in grandi blocchi di calcare. In questo modo venne creata una seconda grande piattaforma troncopiramidale a gradoni (36 m x 29 m, di circa 10 m di altezza), accessibile per mezzo di una seconda rampa, lunga 41,80 m, costruita sopra quella più antica. Questo secondo stantuario, conosciuto anche come "Tempio a gradoni" ricorda nel suo complesso le contemporanee ziqqurat mesopotamiche. È stato attribuito alla cultura di Abealzu-Filigosa

L'edificio conservò la sua funzione di centro religioso per diversi secoli e venne abbandonato con l'età del bronzo antico: intorno al 1800 a.C. era ormai in rovina e venne utilizzato saltuariamente per sepolture.

Durante la seconda guerra mondiale fu danneggiata la parte superiore dallo scavo di trincee per impiantare sull'altura delle batterie contraeree. Gli scavi archeologici furono condotti da Ercole Contu (1954-1958) e da Santo Tinè (1979-1990).

Il monumento negli anni ottanta è stato oggetto di un pesante intervento di restauro, con scavi, rimozioni di materiale e ricostruzioni arbitrarie sulla rampa e posizionamento di alcuni resti trovati nell'area.

Ipotesi sulle origine del nome e sul monumento

L'Altare e il Menhir (sulla destra)

Sul monumento vi sono tuttora solo delle ipotesi sia sul nome che sulla tipologia del monumento stesso. Il nome akkoddi sembra derivare dal sardo arcaico Kodi che significava: monte e da cui deriverebbe l’altro nome sardo Kodina o Kudina che sta ad indicare un "suolo roccioso". Ma quella riportata sopra è una delle tante ipotesi sull'origine del nome, tuttavia ne esistono diverse ma abbastanza confuse[1]

Pietre sferiche, forse simboleggianti il Sole e la Luna

L’altare preistorico di Monte d’Accoddi ha la struttura di uno ziqqurath[2] e rappresenta il più antico esempio in Europa di questa architettura tipica della Mesopotamia. Il monumento rappresenterebbe la concezione religiosa delle genti mesopotamiche, le quali erano persuase che il cielo e la terra si unissero - per mezzo di un monte - mentre una divinità scendeva tra gli uomini. L'altare sulla torre era perciò considerato il punto di incontro tra umano e divino e si pensa che un gran numero di animali – sicuramente bovini - venissero sacrificati per propiziare la rigenerazione della vita e della vegetazione. Ai piedi della piramide a gradoni sono stati ritrovati dagli archeologi grandi accumuli composti da resti di antichi pasti sacri[3] ed anche oggetti utilizzati durante i riti propiziatori.

Lastra semicircolare con colatoio e fori passanti, utilizzata come altare sacrificale

Numerose sono anche le ipotesi sull'utilizzo che ne veniva fatto[4] Sulle credenze religiose, sui concetti di fertilità e riproduzione legati alla ziqqurath e sulle antiche credenze dell'unione tra il cielo e la terra, ci sono anche le ipotesi dell'archeologo Giovanni Lilliu,[5]

Vi è infine un'ipotesi, proposta dall'astrofilo Eugenio Muroni, secondo la quale la simmetria della ziqqurath riprodurrebbe le stelle della Croce del Sud[6], oggi non visibile dal sito di Monte d'Accoddi, a causa della precessione degli equinozi, ma che 5000 anni fa era sicuramente visibile nel settore nordoccidentale della Sardegna, come confermato dal fisico Gian Nicola Cabizza.[7].

Note

  1. ^ Scriveva Ercole Contu Come l’origine della collinetta, persino il nome, Monte d’Accoddi, risultava piuttosto misterioso...(...)Più problematica appariva la seconda parte del nome, che venne fatta derivare da un’erba (kòdoro, cioè terebinto) o da luogo di raccolta(accoddi) o da corno (la corra) o, addirittura, dall’espressione che in sardo si usa per dire facciamo l’amore?! Solo di recente il Prof. Virgilio Tetti ha potuto accertare che il nome più antico documentato nelle carte catastali è Monte de Code, che significava Monte-collina delle pietre (coda/e significa pietra/e).in E. Contu, Sardegna Archeologica - L'Altare preistorico di Monte D'Accoddi, pag. 37. Si veda online questo studio.
  2. ^ Una migliore interpretazione è suggerita invece dai confronti con il tipo più elementare di torri sacre, provviste di rampe, gradoni ecc., della Mesopotamia: le ziqqurat. (...) il raffronto che pare più significativo, almeno per la maggiore semplicità, è quello con la ziqqurat di Anu, a Uruk. Anche l’epoca potrebbe più o meno corrispondervi. in E. Contu, op. cit., p.65
  3. ^ ....Di conchiglie, persino ancora ammucchiate (quali resti di pasti sacri) accanto a ceneri e carboni, se ne sono trovate in abbondanza in tutta l’area intorno al grande altare a terrazza; e numerosi erano anche i resti pasto di altro tipo, comprendenti più o meno gli stessi mammiferi attuali, domestici e selvatici, e lumache; oltre che ricci di mare, cozze, orate ecc. e persino grandi bocconi conici di mare o Charonia, usati anche come strumento per suono a fiato, cioè come bùccina. in E. Contu, op. cit., p. 55
  4. ^ (...)anche la piramide tronca di Monte d’Accoddi doveva, probabilmente, servire per le feste sacre dell’inizio dell’anno agrario, nelle quali si svolgevano riti propiziatori della fertilità, quali il matrimonio del Cielo con la Terra: raffigurato, questo, da una donna che – secondo Erodoto, storico greco del V sec. av. C. – si univa a un personaggio divino o a chi lo rappresentava. in E. Contu, op. cit., p.66
  5. ^ ..Il tipo di tempio conosciuto - lo ziqqurath di Monte d'Accoddi presso Sassari - è basato sulla concezione vegetativa-uranica dell'albero della vita, un simbolico altissimo albero che avrebbe unito terra e cielo. Sull'alto dello ziqqurath il dio Sole sarebbe sceso a giacersi con la Grande Sacerdotessa, immagine terrena della Dea Madre, o dea della fertilità agraria e umana. Documenti e simboli di queste divinità sembrerebbero una grossa pietra sferica (paragonabile all'omphalos del culto apollineo), e due menhirs di diverso colore: bianco e rosso (colori che stilizzano le carni femminili e maschili); lo sono parecchie statuette femminili marmoree rinvenute tra le rovine dell'edifizio che è in forma di tronco di piramide terrazzata preceduta da una rampa sulla fronte. in Giovanni Lilliu, La società in Sardegna nei secoli - Prima dei nuraghi, pp. 15-16
  6. ^ Eugenio Muroni ha sostenuto nel suo libro Monte d’Accoddi. La dimenticata nave di una patria perduta, 2008
  7. ^ La teoria è supportata anche dalle assonanze cromatiche riferibili al rosso della grande stele antropomorfa riproducente, verosimilmente, la Dea Madre neolitica, stilizzata secondo le forme della costellazione australe e una stele sacrificale in trachite rossa posizionata a fianco del monumento. Entrambe insistono nella stessa posizione che in cielo hanno la stella rossa Gamma in testa della costellazione e la stella Epsilon di lato alla Croce. Un'altra ulteriore conferma si ha dalla posizione di un grande muro megalitico semicircolare,a doppio paramento, innestato nel primo terzo del fianco curvilineo della rampa. Questa figura sembra riprodurre quello che è noto in cielo, nella Via Lattea meridionale, di fianco alla Croce del Sud, come Sacco di Carbone, una piccola nebulosa oscura nota a tutte le popolazioni del sud del mondo.L'altare di Monte d'Accoddi? Ispirato alla Croce del Sud, la Nuova Sardegna, 10 ottobre 2008

Bibliografia

  • Zeppegno L. e Finzi C. Alla scoperta delle antiche civiltà della Sardegna Roma : Newton Compton, 1977, SBL0158332
  • Aa.Vv., Ichnussa. La Sardegna dalle origini all'età classica, Milano 1981.
  • G. Lilliu, La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all'età dei nuraghi, Torino 1988.
  • E. Contu, Monte d´Áccoddi (Sassari). Problematiche di studio e di ricerca di un singolare monumento preistorico, Oxford 1984.
  • S. Tinè, S. Bafico, T. Mannoni, Monte d'Accoddi e la Cultura di Ozieri, in "La Cultura di Ozieri: problematiche e nuove acquisizioni", Ozieri 1989, pp. 19-36.
  • S. Tinè (a cura di), Monte d'Accoddi. 10 anni di nuovi scavi, Sassari 1992.

Collegamenti esterni